NOTIZIE ALLA GERARCHIA SUPERIORE SU INDAGINI DI P.G. IN CORSO, CIRCOLARE 300177 DELLA GDF: VIETATE NELLA FASE COPERTA DA SEGRETO ASSOLUTO - la Redazione del sito

venerdì 01 luglio 2011

Il rapporto tra segreto istruttorio e obbligo di informare la superiore gerarchia rappresenta da sempre una problematica di estrema delicatezza per le forze dell’ordine.

 

L’ordinamento italiano, infatti, non individua una vera e propria polizia giudiziaria, ma individua al contrario solo le qualifiche di ufficiale ed agente di polizia giudiziaria, delineandone i poteri ed i doveri ed attribuendole agli appartenenti delle cinque forze di polizia nazionali e, con forme più limitate,  anche ad altri soggetti della pubblica amministrazione.

 

Si viene quindi a verificare la situazione di conflitto tra gli obblighi derivanti dalla qualifiche di p.g., tra cui il segreto istruttorio, e gli obblighi derivanti dalla dipendenza gerarchica.

 

La questione assume una certa rilevanza, alla luce dei noti fatti di cronaca che hanno interessato esponenti di vertice delle forze di polizia ed, in particolare, della Guardia di Finanza.

 

Ma come si deve comportare il titolare o i titolari di una delega di indagine? Quali e quante informazioni devono partecipare ai propri superiori? E specialmente quando le devono partecipare?

 

Per la Guardia di Finanza, la materia è regolata da alcune circolari interne che disciplinano le comunicazioni tra i Reparti e la gerarchia e, per quanto attiene in particolare alle indagini giudiziarie, dalla CIRCOLARE 300177 DEL 1998 che testualmente dispone:

 

<<3. Esigenze informative e tutela del segreto sulle indagini.

Con particolare riguardo all'attività  di polizia giudiziaria, le richiamate esigenze informative vanno raccordate con il precetto contenuto nell'articolo 329 c.p.p.. che pone l'obbligo del segreto relativamente agli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

La norma va interpretata in relazione con l'art. 114 del C.p.p. che, al primo comma, vieta la: pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche del loro contenuto, ed al secondo inibisce la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.

Si può cogliere in tale combinato normativo la scelta del legislatore di disegnare due tipologie di segreto: l'uno, assoluto, riguardante gli atti e il loro contenuto compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria fino a quando la persona sottoposta ad indagini non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari; l'altro, relativo, che copre l'atto in sà© (non il suo contenuto), vietandone la riproduzione totale o parziale, anche se l'indagato ne sia venuto a conoscenza.

Il segreto assoluto, in particolare, opera nelle fasi delle indagini preliminari iniziate a seguito della iscrizione della notitia criminis e di investigazione diretta a "prendere notizia dei reati" ai sensi degli artt. 55 e 330 C.p.p.. Risultano, così, protetti non solo gli atti consequenziali alla formale iscrizione della notizia di reato, definiti come "atti d'indagine preliminare", ma anche quelli rivolti a prendere conoscenza della notizia medesima.

E' proprio in queste ipotesi che il precetto dell'art. 329 C.p.p. acquista la sua massima portata espansiva, in quanto la polizia giudiziaria e il pubblico ministero possono compiere atti che non implicano la presenza dell'indagato o la loro conoscenza da parte di quest'ultimo. Risultano in tal modo coperti da segreto assoluto sia l'esistenza stessa dell'indagine, sia il singolo atto eseguito. Tale riservatezza si attenua, viceversa, nei casi in cui il procedimento imponga il compimento di attività  alle quali debba partecipare l'indagato o il suo difensore, venendo meno il segreto generale sull'inchiesta e quello assoluto sul singolo atto posto in essere.>>

 

Sotto il profilo applicativo, sembra quindi potersi concludere che gli appartenenti alla Guardia di Finanza, prima di inoltrare la prevista comunicazione, siano tenuti a chiedere all'Autorità  Giudiziaria l'esistenza di eventuali motivi ostativi solo con esclusivo riferimento alla fase dell'indagine coperta da segreto assoluto.

Venuto meno i segreto assoluto, la comunicazione può essere impedita unicamente da specifiche esigenze di segretezza dell'indagine imposte dal pubblico ministero.

 

 

LA REDAZIONE DEL SITO FICIESSE.IT

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