"FINANZA DIVISA IN DUE CORDATE UNA RISPONDE A BERLUSCONI". GLI INQUIRENTI: SEGRETI VIOLATI, SOSPETTI SU TANTI UFFICIALI (La Repubblica)

venerdì 08 luglio 2011


La Repubblica di venerdì 8 luglio 2011, pagina 3

E IL MINISTRO RIVELA AI PM: "FINANZA DIVISA IN DUE CORDATE UNA RISPONDE A BERLUSCONI"

 Gli inquirenti: segreti violati, sospetti su tanti ufficiali


L'interrogatorio di Adinolfi, indagato per la P4: "Fui chiamato dal premier"

di Carlo Bonini

ROMA — L'inchiesta su Marco Milanese documenta qualcosa di più e di più grave di un'umiliante storia di corruzione. Racconta il vincolo di fedeltà  e appartenenza di alti ufficiali della Guardia di Finanza non al Paese, ma a una parte politica, il Pdl. Fotografa generali divisi in «due cordate» che si contendono un rapporto fiduciario con Palazzo Chigi e la cui posta in gioco è, nell'immediato, la nomina del nuovo Comandante Generale. Una cordata che «fa capo al presidente del Consiglio». L'altra che risponde a Milanese, già  ufficiale della Finanza, consigliere del ministro Giulio Tremonti, che del Corpo è vertice politico e funzionale. Entrambe pronte a soffiare notizie coperte da segreto. «La gravità  delle condotte di Marco Milanese», scrive il gip di Napoli, il «commercio» di notizie coperte da segreto di indagine raccolte all'interno della Guardia di Finanza, «coinvolgono direttamente la trasparenza e l'affidabilità  del Corpo». Perchà© — scrive ancora il magistrato — con Milanese «hanno concorso nel tempo alla ripetuta rivelazione di segreti di ufficio ufficiali della Guardia di Finanza in corso di identificazione». Sono affermazioni nette. Prive di beneficio del dubbio. Confermano il salto di qualità  del lavoro della Procura di Napoli, per altro già  compiuto nell'indagine P4, alla ricerca dei responsabili della fuga di notizie nell'inchiesta Bisignani (dove sono indagati il Capo di Stato Maggiore del Corpo Michele Adinolfi e il Comandante per l'Italia meridionale Vito Bardi). Trascinano nella polvere, riprecipitandola nei giorni più bui del caso Speciale e riproponendo intatte le questioni poste da quella vicenda, l'intera Guardia di Finanza. Tratteggiano il suo Stato Maggiore come una tana di "talpe" («in via di identificazione»). Anche perchà© questa «verità » trova conferma, il 17 giugno scorso, nelle parole di Tremonti. II pm Vincenzo Piscitelli lo ascolta come testimone. Vuole sapere dei suoi rapporti e di quelli di Milanese con viale XXI Aprile e, più in generale, di quelli tra i generali di Stato Maggiore e la politica. Al ministro viene fatta ascoltare un'intercettazione telefonica (raccolta nell'inchiesta P4 dai pm Woodcock e Greco) tra Berlusconi e Michele Adinolfi, il capo di Stato Maggiore. E Tremonti, nella sintesi che ne fa il gip nell'ordinanza, offre questa risposta. «Il ministro riferisce dell'esistenza di "cordate" nella Guardia di Finanza, che si sono costituite in vista della nomina del prossimo Comandante Generale (l'ufficiale che dovrà  succedere all'attuale generale Nino Di Paolo ndr.). Precisa come alcuni rappresentanti di quel Corpo siano in stretto contatto con il Presidente del Consiglio. Ma soprattutto, riferisce che Milanese è ancora in stretto contatto con quei vertici, avendo appreso dagli stessi quanto a lui (a Tremonti ndr) riferito ed oggetto di un suo colloquio con il presidente Berlusconi». Milanese, dunque, parla con l'anima "tremontiana" dello Stato Maggiore che lo informa delle mosse di chi, nel Comando, è invece a disposizione del Presidente del Consiglio e di Gianni Letta. Il riferimento è al generale Adinolfi, capo di Stato Maggiore, che, i1 21 giugno, quattro giorni dopo la testimonianza di Tremonti, viene dunque interrogato. Questa volta da Henry John Woodcock e Francesco Curcio, i pm dell'inchiesta P4. E il generale così risponde: «Conosco Letta datanti anni econ lui ho avuto rapporti esclusivamente istituzionali (...) Sono amico di vecchia data di Galliani e ho visto l'onorevole Alfonso Papa (il cane da riporto di Bisignani-ndr) frequentare il Comando Generale e lamentarsi perchà© stavano svolgendo indagini sul suo conto. Non conosco Bisignani». Quindi l'affondo: «A novembre-dicembre 2010, è venuto meno il corretto rapporto di consuetudine tra me e Milanese e più complessivamente tra il gabinetto del Ministro e il comando generale. Non so spiegarmi il perchà©, ma da voci diffuse ho appreso che lui mi ritenga responsabile delle sue vicissitudini giudiziarie». Infine, il riferimento di Tremonti al suo colloquio con Berlusconi. Che, svela Adinolfi, aveva ad oggetto proprio lui, il capo di Stato Maggiore. «Berlusconi mi mandò a chiamare, dicendomi che Tremonti gli aveva fatto una "strana battuta" allusiva, paventando che tramassi ai danni del ministro. Chiamò Tremonti davanti a me e lo rassicurò». Non deve averlo convinto.
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