PETROLIO, P2, SPIONI E SPIGOLE: LE CHIAMAVANO FIAMME SPORCHE. DA UNA PARTE FUNZIONARI RIGOROSI, DALL'ALTRA LE MELE MARCE (Il Fatto Quotidiano)
giovedì 14 luglio 2011
Il Fatto Quotidiano – 14 luglio 2011
Il racconto - Trame d'Italia
Il racconto - Trame d'Italia
PETROLIO, P2, SPIONI E SPIGOLE: LE CHIAMAVANO FIAMME SPORCHE
Da una parte funzionari rigorosi, dall'altra le mele marce: storie di inchieste, potere e doppi giochi
di Ferruccio Sansa
“Signor giudice, le posso dare un consiglio? Stia attento a noi, alla Guardia di Finanza". A parlare era il colonnello che con coraggio portava avanti una delle prime inchieste italiane per corruzione. Eccolo il paradosso della Finanza: da una parte investigatori straordinari che, come nel caso Antonveneta, riportano nelle casse dello Stato oltre 400 milioni. Dall'altra ufficiali che lavorano per vanificare le indagini dei loro uomini. Con i "buoni" che devono guardarsi le spalle dai colleghi, dalla politica che si infila dappertutto. Già  , la Finanza è il corpo dello Stato più "ambito", perchà © mette il naso nei grandi affari.
Una storia che comincia nel 1976 con lo Scandalo dei Petroli, su cui indagarono 18 tribunali. A cominciare da Torino, Treviso e Venezia. Si parlò di una truffa all'erario per 2.000 miliardi di lire. Al centro, scrisse Giorgio Galli, un "contrabbando di petrolio che aveva provocato uno scarto del 20% tra il greggio effettivamente consumato e le imposte pagate". Contrabbando, ma anche finanziamenti ai partiti, a cominciare dalla Dc. Un'inchiesta che coinvolse petrolieri come Bruno Musselli, politici come Sereno Freato (infine assolto), ma anche i vertici della Finanza. A cominciare da Raffaele Lo Giudice, comandante generale, e Donato Lo Prete accusati di aver lavorato al fianco dei petrolieri. Anche qui un finanziere pagò la sua onestà  : il colonnello Aldo Vitali, che rivelò lo scandalo.
Poi, nel 1981, arrivò il terremoto P2. I pm Giuliano Turone e Gherardo Colombo affidano l'indagine al colonnello Vincenzo Bianchi che già  aveva seguito la prima inchiesta dei Petroli negli anni 70. Un altro uomo delle Fiamme Gialle che ha fatto della lealtà  alle istituzioni una ragione di vita. "Sequestrate tutto'; ordinano i magistrati. Ma durante la perquisizione a Bianchi arriva una chiamata del generale Orazio Giannini, comandante della Finanza: negli elenchi c'è il suo nome, come quello del suo predecessore, Raffaele Giudice, e del capo di stato maggiore della Finanza, Donato Lo Prete.
Qui la storia degli scandali della Finanza incrocia le sorti di Silvio Berlusconi, anche lui iscritto alla P2. Nel 1979 la Finanza visita i cantieri di Milano 2 e il Cavaliere si spaccia per un semplice consulente di Edilnord, ma la pattuglia si beve tutto e, pur ravvisando irregolarità  valutarie, chiude l'ispezione. Uno dei finanzieri risulterà  iscritto alla P2, mentre il maggiore Massimo Maria Berruti lascerà  le Fiamme Gialle per diventare avvocato della finanza estera della Fininvest.
Ma eccoci a Fiamme Sporche. Il 26 aprile 1994 Pietro Di Giovanni, vicebrigadiere della polizia tributaria di Milano, riferisce un episodio sconcertante al suo comandante, il colonnello Gianluigi Miglioli. Il maresciallo Francesco Nanocchio gli ha fatto uno strano discorso: "Mi hanno contattato quelli dell'Edilnord, dicono che vogliono farci un regalino". Nanocchio consegna due milioni e mezzo a Di Giovanni, che, d'accordo con Miglioli, dà  tutto alla Procura. L'indagine finisce ad Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo, che proprio in quei giorni Berlusconi sta corteggiando perchà © entrino nel suo governo. Non andrà  così: Nanocchio viene arrestato. Non è un finanziere qualunque, ma un investigatore che lavora con il pool Mani Pulite. Lo scandalo esplode: i magistrati scoprono che quasi tutte le grandi imprese di Milano ungono i finanzieri. Gli indagati arriveranno a 600 (500 imprenditori e 100 finanzieri). Con Berlusconi c'è il gotha economico milanese. Tanti sceglieranno il basso profilo (con 130 gatteggiamenti). Il Cavaliere invece la butta in politica.
Intanto ai vertici del comando Nord-Ovest arriva il generale Sergio Acciai, altro nome nella lista P2. L'inchiesta prosegue: vengono arrestati il maresciallo Livio Ballerini, il nuovo capo della Dia milanese, il colonnello Angelo Tanca, e il generale Giuseppe Cerciello, comandante uscente del Nucleo di Milano. Tanca confessa 53 tangenti. Ma non parla di quelle della Fininvest, anzi, in carcere avvicina Ballerini per invitarlo a tacere sulla tangente intascata insieme per una verifica alla Mondadori.
Ma l'inchiesta fa paura. E gli uomini della Finanza si muovono sui due fronti. Da una parte c'è chi indaga. Dall'altra, come appureranno le indagini, c'è un brigadiere che smania per ottenere un posto nella aziende del Cavaliere e cerca notizie contro i pm. Ma a muoversi è soprattutto il fedelissimo Berruti, che sarà  condannato per favoreggiamento e dunque portato in Parlamento con Forza Italia. Lui ha accesso a Palazzo Chigi. Lui, secondo i pm, si impegna a contattare i finanzieri coinvolti nella verifica Mondadori (accusa respinta da Berruti). Un lavoro che, però, non riesce fino in fondo. Ma intanto arriva il cosiddetto decreto salva-ladri per impedire l'arresto di corrotti e corruttori. Decreto poi ritirato a furor di popolo con il conseguente arresto dell'ufficiale pagatore delle tangenti berlusconiane: il responsabile dei servizi fiscali Fininvest, Salvatore Sciascia, anche lui ex finanziere. E, pure Sciascia, condannato e promosso deputato di Forza Italia.
II resto è cronaca recente. A cominciare dal caso Roberto Speciale: nel 2006 l'allora viceministro Vincenzo Visco chiede al Comandante del Corpo di avvicendare quattro ufficiali in Lombardia. Speciale rifiuta, lascia capire che si tratta di persone impegnate nell'inchiesta Unipol che tocca il centrosinistra. Non è così, anzi emerge che la mossa di Visco sarebbe stata suggerita da "criticità  " emerse nel comando della Lombardia. Ma la guerra non è finita: il "Giornale" di casa Berlusconi pubblica le famose intercettazioni di Piero Fassino: "Abbiamo una banca?". Una clamorosa fuga di notizie quando i dialoghi non erano stati nemmeno sbobinati. Una vicenda per cui è stato rinviato a giudizio Paolo Berlusconi, mentre il Cavaliere è indagato. Manca un tassello: la talpa che ha rivelato i colloqui al "Giornale". Nessun nome, ma il sospetto che venga dalle Fiamme Gialle.
Nel frattempo, però, anche Speciale è approdato in Parlamento (Pdl). Con qualche intoppo, come la condanna in appello a diciotto mesi per lo "spigola-gate". Speciale viaggiava sugli Atr42 della Finanza con i familiari. Un volo in particolare finisce nel mirino: un trasporto da Pratica di Mare alla scuola alpina della Finanza, a Predazzo. Sull'aereo un carico di spigole.
“Signor giudice, le posso dare un consiglio? Stia attento a noi, alla Guardia di Finanza". A parlare era il colonnello che con coraggio portava avanti una delle prime inchieste italiane per corruzione. Eccolo il paradosso della Finanza: da una parte investigatori straordinari che, come nel caso Antonveneta, riportano nelle casse dello Stato oltre 400 milioni. Dall'altra ufficiali che lavorano per vanificare le indagini dei loro uomini. Con i "buoni" che devono guardarsi le spalle dai colleghi, dalla politica che si infila dappertutto. Già  , la Finanza è il corpo dello Stato più "ambito", perchà © mette il naso nei grandi affari.
Una storia che comincia nel 1976 con lo Scandalo dei Petroli, su cui indagarono 18 tribunali. A cominciare da Torino, Treviso e Venezia. Si parlò di una truffa all'erario per 2.000 miliardi di lire. Al centro, scrisse Giorgio Galli, un "contrabbando di petrolio che aveva provocato uno scarto del 20% tra il greggio effettivamente consumato e le imposte pagate". Contrabbando, ma anche finanziamenti ai partiti, a cominciare dalla Dc. Un'inchiesta che coinvolse petrolieri come Bruno Musselli, politici come Sereno Freato (infine assolto), ma anche i vertici della Finanza. A cominciare da Raffaele Lo Giudice, comandante generale, e Donato Lo Prete accusati di aver lavorato al fianco dei petrolieri. Anche qui un finanziere pagò la sua onestà  : il colonnello Aldo Vitali, che rivelò lo scandalo.
Poi, nel 1981, arrivò il terremoto P2. I pm Giuliano Turone e Gherardo Colombo affidano l'indagine al colonnello Vincenzo Bianchi che già  aveva seguito la prima inchiesta dei Petroli negli anni 70. Un altro uomo delle Fiamme Gialle che ha fatto della lealtà  alle istituzioni una ragione di vita. "Sequestrate tutto'; ordinano i magistrati. Ma durante la perquisizione a Bianchi arriva una chiamata del generale Orazio Giannini, comandante della Finanza: negli elenchi c'è il suo nome, come quello del suo predecessore, Raffaele Giudice, e del capo di stato maggiore della Finanza, Donato Lo Prete.
Qui la storia degli scandali della Finanza incrocia le sorti di Silvio Berlusconi, anche lui iscritto alla P2. Nel 1979 la Finanza visita i cantieri di Milano 2 e il Cavaliere si spaccia per un semplice consulente di Edilnord, ma la pattuglia si beve tutto e, pur ravvisando irregolarità  valutarie, chiude l'ispezione. Uno dei finanzieri risulterà  iscritto alla P2, mentre il maggiore Massimo Maria Berruti lascerà  le Fiamme Gialle per diventare avvocato della finanza estera della Fininvest.
Ma eccoci a Fiamme Sporche. Il 26 aprile 1994 Pietro Di Giovanni, vicebrigadiere della polizia tributaria di Milano, riferisce un episodio sconcertante al suo comandante, il colonnello Gianluigi Miglioli. Il maresciallo Francesco Nanocchio gli ha fatto uno strano discorso: "Mi hanno contattato quelli dell'Edilnord, dicono che vogliono farci un regalino". Nanocchio consegna due milioni e mezzo a Di Giovanni, che, d'accordo con Miglioli, dà  tutto alla Procura. L'indagine finisce ad Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo, che proprio in quei giorni Berlusconi sta corteggiando perchà © entrino nel suo governo. Non andrà  così: Nanocchio viene arrestato. Non è un finanziere qualunque, ma un investigatore che lavora con il pool Mani Pulite. Lo scandalo esplode: i magistrati scoprono che quasi tutte le grandi imprese di Milano ungono i finanzieri. Gli indagati arriveranno a 600 (500 imprenditori e 100 finanzieri). Con Berlusconi c'è il gotha economico milanese. Tanti sceglieranno il basso profilo (con 130 gatteggiamenti). Il Cavaliere invece la butta in politica.
Intanto ai vertici del comando Nord-Ovest arriva il generale Sergio Acciai, altro nome nella lista P2. L'inchiesta prosegue: vengono arrestati il maresciallo Livio Ballerini, il nuovo capo della Dia milanese, il colonnello Angelo Tanca, e il generale Giuseppe Cerciello, comandante uscente del Nucleo di Milano. Tanca confessa 53 tangenti. Ma non parla di quelle della Fininvest, anzi, in carcere avvicina Ballerini per invitarlo a tacere sulla tangente intascata insieme per una verifica alla Mondadori.
Ma l'inchiesta fa paura. E gli uomini della Finanza si muovono sui due fronti. Da una parte c'è chi indaga. Dall'altra, come appureranno le indagini, c'è un brigadiere che smania per ottenere un posto nella aziende del Cavaliere e cerca notizie contro i pm. Ma a muoversi è soprattutto il fedelissimo Berruti, che sarà  condannato per favoreggiamento e dunque portato in Parlamento con Forza Italia. Lui ha accesso a Palazzo Chigi. Lui, secondo i pm, si impegna a contattare i finanzieri coinvolti nella verifica Mondadori (accusa respinta da Berruti). Un lavoro che, però, non riesce fino in fondo. Ma intanto arriva il cosiddetto decreto salva-ladri per impedire l'arresto di corrotti e corruttori. Decreto poi ritirato a furor di popolo con il conseguente arresto dell'ufficiale pagatore delle tangenti berlusconiane: il responsabile dei servizi fiscali Fininvest, Salvatore Sciascia, anche lui ex finanziere. E, pure Sciascia, condannato e promosso deputato di Forza Italia.
II resto è cronaca recente. A cominciare dal caso Roberto Speciale: nel 2006 l'allora viceministro Vincenzo Visco chiede al Comandante del Corpo di avvicendare quattro ufficiali in Lombardia. Speciale rifiuta, lascia capire che si tratta di persone impegnate nell'inchiesta Unipol che tocca il centrosinistra. Non è così, anzi emerge che la mossa di Visco sarebbe stata suggerita da "criticità  " emerse nel comando della Lombardia. Ma la guerra non è finita: il "Giornale" di casa Berlusconi pubblica le famose intercettazioni di Piero Fassino: "Abbiamo una banca?". Una clamorosa fuga di notizie quando i dialoghi non erano stati nemmeno sbobinati. Una vicenda per cui è stato rinviato a giudizio Paolo Berlusconi, mentre il Cavaliere è indagato. Manca un tassello: la talpa che ha rivelato i colloqui al "Giornale". Nessun nome, ma il sospetto che venga dalle Fiamme Gialle.
Nel frattempo, però, anche Speciale è approdato in Parlamento (Pdl). Con qualche intoppo, come la condanna in appello a diciotto mesi per lo "spigola-gate". Speciale viaggiava sugli Atr42 della Finanza con i familiari. Un volo in particolare finisce nel mirino: un trasporto da Pratica di Mare alla scuola alpina della Finanza, a Predazzo. Sull'aereo un carico di spigole.