INCONTRO COCER GDF - GEN. DI PAOLO, L'INTERVENTO DEL DELEGATO TAVERNA: SMARRIMENTO E RABBIA NEL PERSONALE, COMANDANTE SI ADOPERI PER INSERIRE NELLA RIFORMA DELLA 121 ALMENO L'ASSOCIAZIONISMO PROFESSIONALE PER I FINANZIERI
Il 21 luglio scorso il Comandante generale della Guardia di finanza, Nino Di Paolo, ha incontrato in una riunione durata quasi sette ore i delegati del Cocer Guardia di finanza, ognuno dei quali ha preso la parola.
Di seguito, pubblichiamo il testo dell’intervento tenuto a braccio da Eliseo TAVERNA, che oltre a essere delegato nazionale, è anche segretario della Sezione Ficiesse de L’Aquila e componente del Direttivo nazionale della nostra Associazione.
Taverna, dopo aver rappresentato la rabbia e il senso di smarrimento dei finanzieri per le notizie diffuse dalla stampa sulla cosiddetta “inchiesta P4”, che ha visto coinvolti anche esponenti di altissimo livello del Corpo, ha evidenziato l’assoluta esigenza, sulla quale ha chiesto espressamente l’impegno del Comandante generale, di approfittare dei lavori in corso sulla modifica della legge 121 del 1981 per introdurre, quanto meno per la Guardia di finanza, organismi di presidio democratico interni all’istituzione autonomi e indipendenti dalla gerarchia militare e pluralisti. Insomma, aggiungiamo noi, o sindacati sulla falsa riga di quelli della Polizia di Stato o un associazionismo professionale come quello recentemente concesso in Spagna alla Guardia Civil (i carabinieri iberici).
Condividiamo completamente e in modo convinto la proposta avanzata da Taverna, che ci risulta sia stata del pari fortemente sostenuta negli interventi di Maurizio Dori e Daniele Tisci, anch’essi dirigenti nazionali di Ficiesse.
Sul punto sembra, però, che il generale Di Paolo non abbia preso, neanche indirettamente, alcun impegno, confermando, a parere di chi scrive, la difficoltà  dell’attuale Comandante ad avvicinarsi alle soluzioni innovative che consentirebbero al Corpo di superare questa difficile fase e aprire una nuova stagione di successi.
Per questo riteniamo che su ciascun singolo delegato Cocer ricada una ancor più speciale e delicata responsabilità  : quella di spingere in modo unito e con tutta la forza possibile affinchà © si rinunci a comportamenti ambigui e criticabili come quelli assunti nei giorni scorsi, quando non si è avuto il coraggio di collocare in incarichi non operativi i generali attualmente indagati dalla Procura di Napoli, come avviene puntualmente per gli appartenenti al Corpo di grado più basso.
Sappiamo che Dori, Tisci e Taverna stanno operando con determinazione in questa direzione e anche Trinx sembra si sia finalmente deciso a scendere dall’Aventino per riprendere a spingere con la forza di un tempo sulla strada dei diritti.
Staremo a vedere se gli altri colleghi si sono dimenticati o non di quando hanno coraggiosamente sfilato in piazza con il cartello “DIRITTI SINDACALI ALLA GUARDIA DI FINANZA”, meritandosi la stima e l’ammirazione di tutti i loro colleghi, se saranno all’altezza di quei giorni, come anche degli impegni solennemente assunti a L’Aquila di fronte a 330 delegati di Cobar e Coir venuti da tutta Italia.
Come seguiremo con grande attenzione il comportamento dei generali Minervini e Bartoloni per capire se gli attuali delegati della categoria ufficiali intendano onorare il documento unitario che hanno sottoscritto nel gennaio 2008 e se ritengano che i finanzieri siano tutti uguali o se quelli con le greche lo siano più degli altri.
Attenzione, ha ragione Taverna: non stiamo scherzando, è in ballo il futuro del Corpo, e l'orgoglio di centinaia di migliaia di persone che indossano o hanno indossato quella divisa e quelle fiamme.
IL DIRETTORE DEL SITO
INTERVENTO DEL DELEGATO COCER ELISEO TAVERNA IN OCCASIONE DELL'INCONTRO CON IL COMANDANTE GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA NINO DI PAOLO DEL 21 LUGLIO 2011
Lei, Signor Comandante Generale, conosce molto bene gli abruzzesi; siamo persone semplici, ma che tendono a dire sempre quel che pensano, senza retro pensieri o secondi fini però, ma soprattutto nell’interesse collettivo.
Sono anche certo, che l’avere di fronte a me una persona del suo spessore morale ed intellettuale mi aiuterà  nel mio intento e non lascerà  spazi a fraintendimenti.
Lei signor Comandante Generale ha avuto l’onore e anche l’onere di essere stata la prima “fiamma gialla” a ricoprire questo prestigioso incarico ed il suo nome, per la sua storia personale e professionale, ha agevolato questo percorso ed è tuttora spendibile in tutte le sedi. Ogni qualvolta ci capita di parlare con esponenti politici, ci vengono partecipate numerose attestazioni di stima nei suoi confronti, a volte anche da persone che non la conoscono personalmente.
Sono convinto che la vicenda che stiamo analizzando sia molto più complessa e delicata di quello che sembra e, quindi, ritengo che in questi casi - se veramente si vuole il bene della nostra Istituzione - le cose vadano dette chiaramente e senza alcuna riserva.
Entrando nel merito della vicenda, ritengo che la norma che ha consentito la nomina di un Comandante Generale appartenente al Corpo era auspicata da tutti ma, a suo tempo, fummo in pochi a sentire il dovere o l’esigenza di manifestare alcune perplessità  . Ritenevamo, infatti, che insieme a questa importante innovazione dovessero arrivare le auspicate tutele, ossia il riconoscimento di un’organizzazione autonoma ed esterna all’Amministrazione che, se da un lato poteva garantire le indispensabili garanzie al personale, dall’altro avrebbe potuto costituire una sorta di presidio democratico, di fatto con funzione di deterrenza, che potesse fornire gli anticorpi per evitare o attenuare gli spiacevoli fenomeni che si sono verificati.
Guardando quello che oggi è accaduto, dobbiamo tutti prendere atto che i nostri timori e le nostre perplessità  si sono rivelate fondate.
Rimettere solo ed esclusivamente nella disponibilità  della politica, infatti, la nomina di un Comandante Generale di un corpo di polizia economico-finanziario, peraltro a status militare, che esplica il suo ruolo in vicende che s’intrecciano con le delicate attività  delle grandi banche, dei mercati finanziari e dell’imprenditoria, senza che questo potere -esterno ed interno - fosse bilanciato con la concessione di un organismo di tutela del personale, si è rivelato un limite della democrazia.
Quello che temevamo, pertanto, si à © puntualmente verificato. Probabilmente eventi fisiologici, che seppur mi hanno colpito per la particolarità  delle dinamiche con le quali si sono svolti, non mi hanno colto di sorpresa, come credo che non abbiano scalfito l’intelletto di molte altre persone che seguono la vita politica e sociale di questa nazione. Eventi, che rispecchiano dinamiche e logiche caratterizzanti l’andamento della società  in cui viviamo.
Una società  in crisi, ormai alla deriva, dove i valori si sono impoveriti e che non privilegia il più capace, quello più onesto o più bravo, ma privilegia lo scaltro, il furbo, il lobbista, spesso anche il disonesto. Società  , perlopiù guidata da una classe politica che tende a fagocitare e spesso a distruggere tutto quel che trova sul proprio cammino, con logiche sempre meno attinenti all’esigenza del Paese.
E la Guardia di Finanza è uno spaccato di questa società  , con persone che vi lavorano e che spesso mostrano le proprie virtù, ma talvolta anche i propri vizi e le proprie patologie.
E’ chiaro che nel momento in cui un ufficiale generale ha svolto quarantacinque anni di servizio nel Corpo, con sacrifici personali e familiari, ed è in possesso degli stessi titoli che hanno gli altri pretendenti alla carica di Comandante Generale, non accetta certo facilmente che l’unico parametro che può fare la differenza possa essere esclusivamente l’appartenenza o la vicinanza ad una o all’altra parte politica. Ed allora, è naturale che possa scattare la rincorsa spasmodica per accreditarsi con chi detiene il potere.
Ed allora, chi fa in modo che questo non accada?
Io Le dico con molta franchezza che non voglio vestire i panni del moralista o del moralizzatore; siamo esseri umani con pregi e difetti e come tali à © anche fisiologico che possiamo commettere degli errori. Certamente, però, quello che è emerso da questa vicenda - al di là  delle eventuali responsabilità  penali che, ovviamente, dovranno essere chiarite nelle sedi competenti e per le quali tutti auspichiamo un esito positivo – non è certo un quadro edificante. E questo è il pensiero di molti.
E’ con la stessa franchezza, però, che voglio evidenziare lo stupore ed il sentimento di smarrimento e di rabbia che il personale del Corpo sta vivendo in questi giorni a causa di queste note vicende che, purtroppo, sono rimbalzate in modo cruento agli onori della cronaca.
La sensazione, che abbiamo in molti, è che il concetto di militarità  ed etica militare siano ormai rimasti, purtroppo, solo una dichiarazione di principio e un mezzo di dissuasione e persuasione che, all’occorrenza, finisce per essere usato come un macigno solo su chi svolge onestamente il proprio lavoro.
Rivedere e recuperare questi concetti, che possono sembrare filosofici, ma che hanno ancora un impatto determinante sulla vita quotidiana del personale è senz’altro una priorità  . Per molti appartenenti al Corpo l’essere militari - nell’accezione più ampia e nobile della parola - non è mai stato un peso anzi, è stato visto, se interpretato correttamente, potenzialmente come un valore aggiunto.
Oggi, però, in troppi hanno l’impressione che questo concetto sia stato completamente snaturato -soprattutto dai dirigenti- che dovrebbero dare l’esempio. Ed allora, che senso ha andare avanti su questa strada se non si recupera, al più presto, il significato intimo di questo corpusdi norme e prassi, ma soprattutto uno stile di vita sobrio, corretto ed attinente al delicato ruolo che si è chiamati a svolgere.
Con D.M. 28 giugno 2011, il Ministro dell’Interno ha istituito una commissione per l’analisi, lo studio e la formulazione di proposte di modifica della L. 121/81 al fine di svolgere un’attività  di ricognizione sullo stato della sicurezza. Ecco, noi Le chiediamo di sfruttare quest’occasione per agevolare quel processo, da tempo rivendicato, che possa portarci ad ottenere un’organizzazione di tutela del personale esterna ed autonoma dall’Amministrazione.
Un scelta certamente molto difficile da metabolizzare e condividere per chi come Lei del Corpo ha, comprensibilmente, una visione diversa, che Le deriva dalla storia personale e professionale che ha caratterizzato il suo percorso per più di quarantacinque anni di onorato servizio.
Le cose cambiano però e anche velocemente. Ed oggi, bisogna avere la consapevolezza del cambiamento e la capacità  di dover recepire le richieste che provengono dalla base per poterle adattare all’evoluzione del Corpo e del sistema paese, ma soprattutto bisogna avere il coraggio di fare alcune scelte determinanti in questo momento storico.
Siamo consapevoli che quello che Le stiamo chiedendo è un impegno estremamente delicato e gravoso. Ma la storia, probabilmente, un giorno gliene renderà  merito.
Qualcuno ha detto che ci sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare un obbligo, una sfida morale ed un imperativo categorico dal quale non ci possiamo sottrarre. Ecco, io credo che questo sia il momento nel quale bisogna parlare, ma soprattutto agire per il bene della nostra Istituzione e per le persone che con onestà  e dedizione vi lavorano ogni giorno.
Voglio concludere con un sillogismo, utilizzando alcune frasi importanti che amava ripetere il filosofo Hegel, appunto per darle la dimensione del clima che oggi si respira all’interno del Corpo. La Guardia di Finanza è come una famiglia con tanti figli e Lei svolge il ruolo del padre. Egli, però, deve saper ascoltare e non solo imporre. Con questo non voglio assolutamente sostenere che Lei non sappia ascoltare, anzi sono note le sue particolari capacità  d’ascolto e di dialogo, ma oggi è giunto il momento di avere una capacità  straordinaria - quasi sovrumana – che la illumini e Le consenta di recepire ed agevolare il soddisfacimento delle pressanti richieste di maggiori tutele che provengono, in questo momento, dal Consiglio Centrale di Rappresentanza e dai Consigli di Base ed Intermedi confluenti, in rappresentanza del personale del Corpo. Perchà © quando in una famiglia, soprattutto in momenti difficili, il padre non ascolta ed impone le proprie idee, i figli si ribellano e diventano violenti. Ovviamente, mutuando il concetto, in questo caso mi riferisco ad una ribellione intellettuale e psicologica, che finirà  per portare il personale del Corpo a non riconoscersi più nel modello organizzativo, nei principi e nei valori di questa Amministrazione e dei dirigenti che la rappresentano. E questo sarebbe la fine per la nostra Istituzione.