GENERALI CHE FANNO PEDINARE IL LORO MINISTRO. COME DICEVANO I PADRI FONDATORI: FINANZA CORROTTA, NAZIONE INFETTA (Editoriale del Direttore de L'Espresso)

venerdì 29 luglio 2011


LA CHIAMAVANO QUESTIONE MORALE. FINANZA CORROTTA, NAZIONE INFETTA


L'Espresso – 29 luglio 2011

Al di là  delle Vicende giudiziarie è su un problema che la sinistra deve interrogarsi: se non sia stato sbagliato qualcosa nei rapporti tra partiti, e istituzioni. E di conseguenza cambiare profondamente

LA CHIAMAVANO QUESTIONE MORALE

di Bruno Manfellotto*

Come sembra lontana l'Italia di Enrico Berlinguer e della questione morale, di tangentopoli e delle mazzette, della diversità  che i comunisti rivendicavano orgogliosamente a simbolo della loro estraneità  a un sistema e che i loro nemici negavano per dimostrare invece che nella notte soia della commistione consociativa tra affari e politica tutti i gatti sono bigi.

Oggi che i sospetti si abbattono di nuovo sui post comunisti e sul Pd e le inchieste toccano non solo qualche cacicco di periferia - i Pronzato, i Morichini. le Katiuscia Marini - e un parlamentare di peso come Tedesco, ma anche un pezzo da novanta come Filippo Penati, ras del milanese ed ex braccio destro del segretario, Pier Luigi Bersani sbandiera ancora una diversità  ("Corriere della Sera", martedì 26 luglio), ma è costretto ad aggiungerci un aggettivo: diversità  si, ma politica». Del resto, chi se la sentirebbe ora di giurare sull'estraneità  di uomini del Pd ad affari, impicci, pastette? Nemmeno il leader, che infatti s'impegna a tenere aperti quattro occhi sulle possibili zone grigie dell'apparato.
Potrebbe essere l'occasione per una svolta. Vera. All'insegna del "tutto ciò che non è vietato è legittimo", l'Italia di Berlusconi ci ha assuefatti a tollerare comportamenti altrimenti inammissibili. Sotto i nostri occhi sono sfilati cricche, escort, conflitti d'interessi, leggi ad personam, parlamentari comprati e venduti, giudici corrotti, logge segrete. Siamo venuti a sapere perfino di generali della Finanza che fanno pedinare il ministro dell'Economia, il loro ministro, e comunque lo braccano, lo controllano, ne fanno oggetto di pressione per la vittoria di questa o quella lobby interna al Corpo. Altro che tintinnar di sciabole: Finanza corrotta, Nazione infetta, verrebbe da dire citando i padri fondatori.
In questo mare di corruzione evidente o strisciante, siamo stati indotti a pensare che si possa parlare di questione morale solo in presenza di reati e codice penale, e che dunque sia già  qualcosa schivare gli strali della magistratura. E si, ma non basta, e qui non ci si riferisce solo al tatto che per chi si candidi a governare domani in alternativa a chi governa oggi, i comandamenti dovrebbero essere rigore, efficienza e severità  in ogni atto, in ogni gesto: piuttosto, evocare oggi la questione morale dovrebbe significare una profonda riflessione sul rapporto che si è consolidato in questi anni tra partiti, economia, istituzioni e che ha scandito, nel peggiore dei modi, la trasformazione della società  italiana.
Gli anni Novanta furono quelli delle privatizzazioni imposte dall'incoercibile deficit di bilancio: passavano di mano banche, aziende, holding pubbliche. I Duemila hanno visto completare lo smantellamento di interi settori industriali e la vendita di immensi patrimoni immobiliari. Nell'uno e nell'altro caso, c'è stato chi a sinistra ha pensato che la politica - dall'opposizione o dai governo - volesse dire partecipare da protagonisti alla distribuzione dei pani e dei pesci.
Intorno a proprietà  da conquistare e poteri da riequilibrare si è raffinato un sistema che ha visto in azione imprenditori vogliosi di vendere o di comprare; politici pronti a studiare leggi, varare piani regolatori e sponsorizzare cordate; istituti bancari, appena privatizzati e fusi, pronti a finanziare operazioni o a raccoglierne poi le spoglie sotto forma di partecipazione. Non è dunque un caso che a sinistra quella prima stagione abbia coinciso con l'affare BnI-Unipol ("Abbiamo una banca.); e la seconda porti il nome di Filippo Penati e lo leghi alla dismissione dell'area degli ex stabilimenti Falck di Sesto San Giovanni.
Al di là  delle vicende giudiziarie, dunque, è su una questione che dovrebbe comunque misurarsi oggi tutta la sinistra: se certificare la propria esistenza in vita (politica) significhi solo essere invitati al gran ballo della partecipazione ai potere, rischiando di assumere vizi e tic che non le dovrebbero appartenere, o non piuttosto immaginare e preparare - finalmente - un Paese diverso.

*Direttore de L'Espresso

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