L'EX COMANDANTE D'ARRIGO: "COSI' MILANESE RALLENTO' LA GUARDIA DI FINANZA". SPAZIANTE E IL TRASFERIMENTO (Il Messaggero)

giovedì 15 settembre 2011


Il Messaggero – 13 settembre 2011


L'EX COMANDANTE D'ARRIGO: «COSI' MILANESE RALLENTO' LA GUARDIA DI FINANZA»



di Cristiana Mangani e Massimo Martinelli


ROMA - Il giorno più lungo di Marco Milanese, quello in cui dovrà  spiegare ai colleghi parlamentari di essere una persona per bene, è anche quello in cui viene reso noto il ritratto devastante che Cosimo D’Arrigo, ex comandante della Guardia di Finanza, ha lasciato nei verbali della procura di Napoli solo un mese fa, l’8 agosto. E che ieri è planato sui tavoli della Giunta della Camera che oggi ascolterà  le ragioni dell’ex consigliere politico di Giulio Tremonti. Milanese ci proverà  lo stesso, alle 13,30 di oggi. Così come fece, invano, Alfonso Papa. Anche lui inseguito da un ordine di arresto della procura di Napoli e poi finito a Poggioreale dopo il voto dell’aula di Montecitorio.

Milanese si giocherà  una carta in più, rendendo nota una denuncia presentata ieri a Roma, contro il suo grande accusatore, l’imprenditore Paolo Viscione, le cui dichiarazioni sono alla base della richiesta di ordinanza di custodia cautelare. Una mossa che potrebbe far slittare la decisione, perchà© l’esposto presentato aprirà  la strada a un’inchiesta nella quale i pm romani dovranno accertare chi dei due mente. Come se il deputato dicesse ai suoi giudici in Parlamento: «Non c’è alcuna prova, a questo punto dovete scegliere se credere a me o a chi mi accusa». E aggiunge, anche nel suo esposto: «Non ho ha mai preso soldi da Viscione».

Le nuove accuse
. I componenti della Giunta si preparano a contestargli l’ultima documentazione arrivata dai pm di Napoli: il verbale di interrogatorio del generale Cosimo D’Arrigo, ex comandante generale della Guardia di finanza, sentito in procura l’8 agosto, la perizia sulle cassette di sicurezza bloccate il 5 luglio su autorizzazione della Camera, e le verifiche sui conti correnti a lui intestati. Senza contare il verbale di interrogatorio di Paolo Viscione che, ai magistrati napoletani, ha detto di aver dato soldi e regali all’onorevole in più riprese in cambio di favori, di aver comprato la sua barca a un prezzo fuori mercato, e di essere stato vessato dalle sue continue richieste, finendo in una spirale senza via d’uscita.

Il verbale di D’Arrigo.
Le dichiarazioni di Cosimo D’Arrigo sono considerate importanti dagli inquirenti, e per questo allegate agli atti inviati a Roma. L’ex comandante generale delle Fiamme Gialle spiega i meccanismi interni al Corpo, puntualizzando che non esisteva alcuna cordata contraria al ministro. E sottolinea quanto potente fosse il ruolo di Milanese. «Troppo - dice ai pm - io l’ho conosciuto quando me l’ha presentato Tremonti. àˆ stato lui stesso a dirmi che non potevamo rivolgerci ad altri, e che solo lui aveva la delega in esclusiva per qualsiasi questione generale e funzionale». Questa sua esclusività  nelle nomine e in qualsiasi spostamento o promozione, «ci ha sempre creato problemi di ordine pratico - aggiunge il generale - con complessivo rallentamento delle attività , dato che Milanese era preso da numerosi impegni». D’Arrigo evidenzia quanto fosse poco opportuna la scelta del ministro di delegare tutto a «un uomo che proveniva dalla Guardia di finanza».

Spaziante e il trasferimento.
I consigli e i legami di Milanese dettavano la linea anche quando le richieste arrivavano dal più alto in grado delle Fiamme gialle. Soprattutto poi, se bisognava bloccare il trasferimento da Roma di un altro eccellente del corpo, evidentemente vicino al consigliere politico del ministro Tremonti. I pm gli chiedono di fare qualche esempio, e lui ricorda: «Io volevo spostare il generale Emilio Spaziante a Firenze, ma mi fu rappresentata la necessità  che rimanesse a Roma per problemi personali. L’onorevole era il terminale di provvedimenti e richieste individuali e aveva rapporti con ufficiali che lo conoscevano e peroravano la propria causa».

Le cassette di sicurezza.
I pm hanno inviato alla Giunta anche la perizia effettuata dal loro esperto, Luigi Mancini, che ha accertato i ripetuti accessi di Milanese a quelle cassette a metà  dicembre scorso, subito dopo l’arresto di Paolo Viscione. Le cinque cassette del deputato Pdl sono state sequestrate il 5 luglio scorso perchà© gli inquirenti sospettano che all’interno siano transitati gioielli, orologi e denaro, provento dell’attività  di corruzione. Al momento del sequestro erano praticamente vuote. Dalla perizia, però, è risultato che Milanese si è recato alla banca del Credito artigiano a Roma da cinque a dieci volte; alla sede di Milano fino a 17 volte tra luglio e dicembre 2010, quando - sostiene l’accusa - «avrebbe saputo che c’era un’indagine che lo riguardava». E ancora, il perito della procura ha valutato che dal 2006 al 2011, l’ex braccio destro di Tremonti avrebbe incassato una cifra complessiva di un milione e 360 mila euro di emolumenti vari. Il versamento più consistente - spiega la procura di Napoli - è stato di 59 mila euro nel 2007 su 125 mila euro in contanti».

Le mosse della difesa.
L’ex finanziere intende dimostrare che le accuse di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di segreto contro di lui, sono basate solo sulle dichiarazioni dell’imprenditore Paolo Viscione. Per questa ragione, ieri, ha presentato una denuncia in cui lo accusa di essere un calunniatore, contestando i punti più delicati dell’inchiesta: i soldi che gli sarebbero stati portati attraverso un emissario dell’imprenditore, l’acquisto della barca per favorire un manager di Stato, la conoscenza degli esiti dell’inchiesta di Benevento, i suoi redditi e i suoi investimenti. Nella memoria Marco Milanese spiega che Russo, il collaboratore di Viscione, sentito a verbale dal pm Piscitelli, avrebbe negato di avergli mai portato denaro per conto dell’imprenditore. In base a una perizia tecnica eseguita dal commercialista napoletano Stefano Vignone, poi, il Mochi Craft Dolfin 51 (che Milanese avrebbe venduto ad un prezzo esorbitante) non avrebbe avuto il valore di 700 mila euro, bensì di 2 milioni di euro. E pochi giorni fa numerosi faldoni provenienti dagli uffici giudiziari di Benevento sono arrivati in Giunta, su richiesta degli avvocati di Milanese, Franco Coppi e Bruno Larosa.

La perizia difensiva. Nella relazione dell’esperto nominato da Milanese si punta a demolire l’accusa più grave, quella legata alla corruzione. Perchà© anche se faceva mille investimenti, accendeva contratti di leasing, comprava e vendeva yacht, ville e fuoriserie, alla fine per il perito conduceva un tenore di vita «perfettamente compatibile con i redditi da lui conseguiti e con i disinvestimenti operati». «La documentazione - insiste l’esperto - consente di dimostrare la legittima provenienza delle somme spese e/o investite, che porta a escludere, l’utilizzo di denaro per l’effettuazione delle stesse». Inoltre si racconta come Milanese fu costretto a sbloccare un investimento in titoli da circa 510 mia euro per far fronte alle spese. Un dato che per l’esperto striderebbe con l’ipotesi accusatoria di aver posseduto una somma contante di un milione e 200 mila euro, frutto della corruzione.

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