DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA, PROPOSTI TAGLI DEL 20% ALLE RETRIBUZIONI DEL PERSONALE MA SI PAGANO 17MLN ANNUI PER LA STRUTTURA DI ROMA: A CHI GIOVA QUESTA POLITICA?

venerdì 14 ottobre 2011

La scorsa settimana gli esponenti delle organizzazioni sindacali più rappresentative, in servizio presso la Direzione Investigativa Antimafia, hanno inviato una lettera al ministro Maroni (http://www.laboratoriopoliziademocratica.it/images/documenti/dia12102011.pdf) lamentando con veemenza la drastica riduzione di risorse economiche destinate alla struttura, deputata a coordinare ed effettuare la lotta al crimine organizzato nonchà© l’aggressione ai relativi patrimoni.

 

Il personale della DIA ha appena subito un’ulteriore mortificazione: l’attuale Direttore della struttura, nominato di recente, ha proposto al Dipartimento della P.S. di tagliare anche l’indennità  aggiuntiva percepita da tutti i lavoratori di quella Direzione (ormai diventata parte integrante dello stipendio), taglio che, se attuato, comporterebbe una decurtazione dello stipendio del 20% di redditi (ricompresi tra i 35mila ed i 75 mila euro lordi annui): per comprendere la portata dell’ingiusta proposta, finora nota solo agli addetti ai lavori, bisogna evidenziare che con le recenti manovre per i redditi di dipendenti e pensionati d'oro è stato praticato il taglio del 5% della quota di reddito superiore ai 90mila euro e del 10% quella eccedente i 150mila euro. Per non parlare dei redditi oltre 300mila euro che nel periodo 1° gennaio 2011- 31 dicembre 2013 subiranno un prelievo del 3%.

 

àˆ chiaro che tutto ciò è stato interpretato come una punizione nei confronti di chi, fino ad oggi, ha costantemente raggiunto brillanti risultati di servizio.

 

La Direzione Investigativa Antimafia è stata istituita con la legge 410/91 per dare concretezza ad un preciso disegno del giudice FALCONE, padre nobile della struttura. Dopo anni di attività  di contrasto alla criminalità  organizzata il magistrato aveva maturato la convinzione che la lotta ad un’organizzazione complessa come la mafia, non confinata in ambito regionale ma operativa in ampie zone del nostro territorio ed in contatto con altre associazioni criminali straniere, non potesse prescindere da un effettivo coordinamento delle indagini. Chiamato dall’allora  Ministro di Grazia e Giustizia a dirigere gli Affari penali del ministero, iniziò a lavorare su un progetto di riforma volto a rendere più efficace l'azione della magistratura e delle Forze di Polizia. Questa progettualità  si è concretizzata in due testi legislativi, il primo, del novembre ’91, che prevede la creazione della Direzione nazionale antimafia con il compito di coordinare l’attività  delle neonate Procure Distrettuali facenti capo ai procuratori della Repubblica ed il secondo, del dicembre dello stesso anno, con il quale è stata creata la D.I.A..

 

La legge 410/91 ha inoltre avuto il merito di allineare il sistema di contrasto italiano a modelli organizzativi già  efficacemente collaudati in altri Paesi, dotando il nostro Paese di un organismo omologo a strutture investigative, quali FBI e BKA, con una forte vocazione al contrasto del crimine organizzato.

 

Per il perseguimento di tale obiettivo, la legge istitutiva:

 

à˜     all’articolo 3, ha attribuito alla D.I.A.: “il compito di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività  di investigazione preventiva attinenti alla criminalità  organizzata, nonchà© di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione di tipo mafioso o comunque ricollegabili all’associazione medesima”;

 

à˜     all’articolo 4, ha determinato la dotazione iniziale di personale e mezzi da porre a disposizione della struttura, assicurando la funzionalità  operativa attraverso un concorso unico nazionale per titoli di specifico servizio operativo per funzionari ed ufficiali delle tre Forze di Polizia, l’assegnazione di un’aliquota non superiore al 5% di funzionari ed ufficiali con gli stessi requisiti professionali, nonchà© di altro personale intermedio ed esecutivo;

 

à˜     all’articolo 4, comma 5, ha previsto la creazione di “….appositi ruoli di investigatori speciali del Ministero dell’Interno, determinandone il relativo ordinamento, le dotazioni organiche, gli stati giuridici e le progressioni di carriera, i trattamenti economici in attività  di servizio e di quiescenza…”. 

 

Ulteriori norme hanno assegnato alla D.I.A., per lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali, altro personale con gli stessi requisiti professionali, proveniente dal disciolto Ufficio Alto Commissario per il Coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa e dei Servizi Centrali ed Interprovinciali delle Forze di Polizia.

 

Nel corso degli anni, il citato dettato normativo istitutivo della D.I.A. è stato completamente disatteso. C’è stato, inoltre, un progressivo e sistematico depauperamento di risorse finanziarie e tecnologiche, rendendo molto più complesso il perseguimento degli obiettivi istituzionali.

 

A chi giova questo vero e proprio attacco ad una struttura creata precipuamente per combattere un fenomeno, come quello mafioso, estremamente pervasivo nella nostra società ?

 

Le mafie continuano ad accrescere il loro impressionante volume d’affari, a fronte di organizzazioni ormai sempre più strutturate secondo criteri imprenditoriali, vengono riproposti modelli di contrasto inefficaci, consistenti nell’adozione di “misure tampone” verso eventi che appaiono gestiti come se si versasse in continue situazioni emergenziali: a tale incomprensibile logica risponde la creazione di sempre più numerosi, settoriali, gruppi di lavoro chiamati ad occuparsi di singole realtà  criminali, parcellizzando l’attività  antimafia, come sta accadendo nel caso degli appalti per la ricostruzione dell’Aquila, nel caso dell’Expo Milano 2015, e della TAV, lavori pubblici per i quali sono stati creati, presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale, nuovi organismi interforze con notevole dispendio di risorse economiche nonchà© di personale. Presso i citati organismi interforze, c’è anche un’aliquota di personale D.I.A. che fa parte di una struttura già  interforze ed ha al suo interno un “Osservatorio Centrale sugli Appalti” (O.C.A.P.), che opera in tale settore da almeno quindici anni.

 

Le strutture esclusivamente create per il contrasto alla mafia purtroppo in Italia hanno vita breve e, periodicamente, o vengono soppresse (vedi l’Alto Commissario Antimafia) o sono sottoposte a volontà  di riforme che hanno come effetto immediato l’azzeramento delle conoscenze, del know how sviluppato nel corso degli anni. Anche nel caso della D.I.A. è emersa l’evidente volontà  di devitalizzare la struttura investigativa tant’è che nel tempo si è assistito ad una costante riduzione dei fondi, passati dai 28 milioni di euro nel 2001 agli attuali 15 milioni di euro nel corrente anno, di cui 5 accordati in un secondo momento, ed attinti dal fondo “spese impreviste”, non sufficienti neanche a pagare le spese correnti ed i contratti in corso, stimate in 9 milioni di euro.

 

A dispetto di tutto questo, grazie alla sola professionalità  raggiunta dagli operatori D.I.A. nel corso degli anni, i risultati conseguiti sono stati e sono di tutto rispetto e sono evidenti. Solo in materia di sottrazione dei beni alle mafie, dal 2009 al 2011 (primo semestre), è stato raggiunto l’importo di  5,7 miliardi di euro di beni sequestrati e di 1,2 miliardi di euro di beni confiscati. Cifre che  rendono quindi la D.I.A., in termini economico-finanziari, “un’azienda in attivo”, che contribuisce in maniera consistente ad implementare le risorse del Ministero del’Interno e della Giustizia attraverso il FUG (Fondo Unico Giustizia).

 

Le iniziative che hanno determinato l’accorata lettera al Ministro da parte dei sindacati di base della D.I.A., sono un’ulteriore tappa del disegno di rendere sempre più inoffensiva la D.I.A.? Prima di mettere le mani nelle tasche dei dipendenti, il vertice avrebbe potuto proporre risparmi di spesa conseguenti ad una gestione più oculata delle risorse. Per il solo stabile che ospita proprio la D.I.A. con la D.C.S.A. e la D.C.P.C., all’estrema periferia di Roma, il Ministero dell’Interno paga un canone di locazione di  circa 17 milioni di euro l’anno. Se in una qualsiasi famiglia in ristrettezze economiche si cominciasse a tagliare dalle necessità  quotidiane dei suoi componenti e non dagli sperperi, chiunque avrebbe difficoltà  e diffidenza ad accettare simili strategie.    


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