MIGRAZIONI INTERNAZIONALI, IL TRAMONTO DELL'IDEOLOGIA EUROCENTRICA - di Eliseo Taverna
Il multiculturalismo è processo inarrestabile. L’Europa deve recuperare in fretta la “dimensione di ospitalità ” e scrollarsi di dosso la sindrome dell’invasione dei “barbari” per non dare vita al suo interno a tanti ghetti fisici che sono premessa all’emarginazione sociale.
E’ ora di guardarci allo specchio e far cadere il velo dell’ipocrisia, sradicando in fretta dalle nostre menti falsi clichà © e stereotipi che offuscano e alimentano disordine. Da sempre il mondo occidentale, caratterizzato da strutture sociali e politiche che poggiano sui pilastri della razionalità , vive il rapporto con l’Altro, inteso come“differente” e “diverso”, con angoscia e differenza ed anche paura. La sindrome dell’invasione dei “barbari” non nasce certo con l’intensificarsi delle migrazioni internazionali o con i recenti accadimenti che stanno interessando i paesi del Mediterraneo. A questi fenomeni, semmai, potremmo imputare la“responsabilità ” di aver fatto affiorare in maniera più evidente timori e pregiudizi latenti ma anche attribuire il merito di sollecitare una presa di coscienza del mondo politico e istituzionale per scongiurare reazioni autoctone scomposte e degeneri. La percezione sociale dell’Altro come potenziale nemico, in quanto attentatore della sicurezza e del benessere della collettività , è anche però espressione di un paradosso: l’Europa è stata la patria conclamata di invasori per eccellenza, dai conquistadoresai crociati e così mentre assoggettava altre popolazioni, parallelamente procedeva ad erigere una ideologia culturale ed identitaria monolitica che non accettava contaminazioni, considerate come un pericolo costante da contrastare. In tal senso ogni forma culturale diversa dalla propria va ricondotta in qualche modo entro il proprio modello antropologico che si ritiene di valore assoluto. Già venti anni fa, il sociologo Franco Ferrarotti constatava amaramente come “sia difficile estirpare l’idea di un primato europeo a validità planetaria in favore dell’accettazione piena delle culture altre”. Le sue riflessioni conservano tutta la loro valenza in un momento come l’attuale in cui è il concetto stesso di ordine sociale ad essere entrato in crisi. La popolazione non rispecchia più una sostanziale uniformità etnica, linguistica e religiosa. L’idea stessa di nazione, nata tra Settecento e Novecento sui mitici elementi unitari di terra, lingua, razza e religione, è destinata a subire una profonda ridefinizione. Questa progressiva erosione della sfera valoriale, cognitiva, simbolica ed identitaria, conduce alla formazione di società multiculturali attraversate al loro interno da profonde inquietudini e frammentate in tante sub-entità ermetiche al dialogo interculturale e fonte ultima di grande disorientamento. In assenza di risposte istituzionali concrete, vi sono le condizioni per la nascita di ghetti fisici, luoghi riservati a singole comunità etniche e confessionali, preludio all’emarginazione sociale. Costantemente in bilico, sospeso, l’immigrato non è spinto dunque a fare progetti di lungo respiro e per questo è condannato a non integrarsi ed a rimanere nei livelli bassi della piramide sociale. L’atteggiamento eurocentrico (ed etnocentrico) di considerare subalterne le altre culture (che si manifesta nel momento in cui si avverte la difficoltà di decodificare il comportamento altrui) rischia di tralasciare un dato storico fondamentale e cioè che “la civiltà umana – come ricorda lo stesso Ferrarotti – non è una, ma richiede e si nutre del contratto e dello scambio”. Per avere un approccio meno distorto del fenomeno migratorio, allora, dovremmo cominciare a recuperare il concetto della“dimensione dell’ospitalità ”, che si fonda sul rispetto dell’ospite, nell’accettazione della sua identità , così com’è. Riuscire a comprendere i problemi sollevati da questi ospiti di terre spesso lontane, significa in definitiva risolvere i problemi che investono l’intera collettività ed approdare ad una dimensione multiculturale, massima espressione di una società matura e consapevole che cresce nella interazione e nel dialogo. Nell’incontro tra mondi diversi quello che “va salvato – diceva Claude Là ©vi –Strauss – è la diversità , non il contenuto storico che ogni epoca le ha conferito e che nessuna può perpetuare al di là di se stessa”. La sfida che attende il mondo occidentale nei prossimi anni è di realizzare una concreta politica di apertura verso l’Altro mediante un profondo lavoro di autocritica dei propri schemi concettuali e la ridefinizione della propria cultura, relativizzandola e ricollocandola nell’era attuale della globalizzazione. Indietro non si torna. La multietnicità è del resto un fattore che sta sempre più caratterizzando e definendo le società contemporanee. Lo sforzo da compiere è tentare di ricondurre il fenomeno migratorio – inteso quale insieme di processi e relazioni multipolari– entro una dimensione di governabilità fisiologica. Non è impresa facile. L’incontro tra culture diverse rappresenta una fase delicata che pone in evidenza il disagio comunicativo, le difficoltà relazionali, la paura del diverso, l’intolleranza reciproca. Prendono forma stereotipi e pregiudizi. L’identità dell’immigrato vacilla perchà © sottoposta di continuo ad una moltitudine di stimoli e prove di “idoneità ” e “fedeltà ” ai valori della società di accoglienza. E’ inevitabile, quindi, che la sensazione che l’ospite avverte è di oggettivo smarrimento, di scarsa visibilità ed integrazione sociale. L’impressione è quella di non essere considerati, di non essere neppure visti, quasi si fosse trasparenti. Che bello sarebbe se un giorno (non troppo lontano) ognuno di noi potesse dire come Montesquieu: “Sono un uomo per natura e francese per caso!”.
ELISEO TAVERNA
Segretario Nazionale
Organizzazione Civica Ficiesse
NOTE
IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, GIORGIO NAPOLITANO, IN OCCASIONE DELLA “GIORNATA INTERNAZIONALE DEL MIGRANTE”(dicembre 2010).
“MIGRANTI, RICCHEZZA IRRINUNCIABILE PER L’ITALIA”
«L'Italia è oggi un Paese di immigrazione. Un’immigrazione che costituisce ormai parte integrante della popolazione. Sono già molti i figli di immigrati nati qui, è ampia la presenza di bambini e ragazzi nelle scuole, sono numerosi gli immigrati che comprano casa. L’immigrazione contribuisce a ridurre carenze di popolazione in età produttiva e di manodopera, in particolare per alcuni tipi di lavori e di qualifiche. Solo la presenza di immigrati consente alle imprese di produrre e alle famiglie di essere aiutate nella cura dei propri cari. Inoltre gli immigrati rappresentano oggi una quota significativa non solo dei nuovi occupati, ma anche dei nuovi imprenditori… Bisogna ricordare sempre questi dati fondamentali. Non si devono sottovalutare le difficoltà da affrontare e i problemi da risolvere, ma questa attenzione non deve oscurare l’imprescindibile contributo che l’immigrazione sta dando e darà al nostro Paese e l’esigenza di facilitare l’integrazione fondata sul rispetto reciproco, sul riconoscimento dei diritti di quanti sono giunti in Italia e vi risiedono laboriosamente osservandone le leggi».
L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, GIORGIO NAPOLITANO, NEL CORSO DELLA CERIMONIA AL QUIRINALE SUI 'NUOVI CITTADINI ITALIANI', (NOVEMBRE 2011).
“IMMIGRATI, NON DELUDERE FEDE IN ITALIA”
"Senza il contributo degli immigrati all'economia del nostro paese, anche il fardello del debito pubblico diventa più difficile da sostenere". Gli immigrati rappresentano "un'energia vitale di cui l'Italia ha bisogno" e "non comprendere la portata di questo fenomeno e quanto sia un necessario contributo per il paese significa non saper guardare la realta". Senza immigrazione l’Italia "avrebbe meno potenzialità di sviluppo" "Se noi desideriamo che i nipoti e i pronipoti dei nostri immigrati all'estero mantengano un legame con l'Italia, non possiamo chiedere a chi è immigrato in Italia di ignorare le proprie origini… Importante è che vogliano vivere qui e si impegnino a rispettare la lingua, i valori nazionali, i doveri civici del nostro paese"… "Pur mantenendo un legame con le loro origini, esprimono la volontà di essere italiani: non dobbiamo deludere questa fede sull'Italia"… "Pure nei giorni così complessi e impegnativi che stiamo vivendo" alle "classi dirigenti italiane" affinchà © "mai dimentichino le responsabilità che hanno verso i giovani nel loro presente e nel loro futuro e non escludendo i nuovi cittadini italiani”. Il nostro Paese “deve diventare il più rapidamente possibile un Paese aperto ai giovani, deve offrire opportunità non viziate da favoritismi e creare per il lavoro sistemi assunzione trasparenti" che smentiscano "la convinzione che le raccomandazioni servano più dell'impegno personale".