ECONOMIA MAFIOSA IN ESPANSIONE A MODENA NELL'INDIFFERENZA DELLE ISTITUZIONI: DURA (MA DOCUMENTATISSIMA) CRITICA DI FRANCO ZAVATTI, VICEPRESIDENTE FICIESSE, CONTRO LA MANCANZA DI INIZIATIVE ANTI C.O. (dalla Gazzetta di Modena)
Di seguito, l’articolo apparso domenica 4 dicembre 2011 sulla prima pagina Gazzetta di Modena con un’importante intervista a Franco Zavatti, dirigente Cgil Emilia Romagna che si occupa di sicurezza e legalità  e vicepresidente del Direttivo nazionale Ficiesse.
Il titolo è della redazione del sito.
GAZZETTA DI MODENA, domenica 4 dicembre 2011, prima pagina
«Debole la lotta alla mafia Pagheremo cara l’inerzia» Franco Zavatti, sindacalista della Cgil che si occupa di sicurezza e legalità  critica la mancanza di iniziativa. «Basta con gli alibi - dice - anche a livello locale si possono combattere le infiltrazioni»
di Giovanni Gualmini
Non c'è più la mafia di una volta. Quella che sparava per il controllo del gioco d'azzardo, come in via Benedetto Marcello negli anni Ottanta. O quella che si limitava a trafficare in droga, a fare estorsioni, a chiedere il pagamento del pizzo. Tutte attività  che ancora oggi garantiscono un buon giro d'affari alle organizzazioni criminali, a Modena come in tutto il nord Italia. Ma la mafia e cambiata. E se ha smesso di sparare, o spara meno, non e detto che sia buon segno.
LE DENUNCE
Franco Zavatti la nuova mafia la intravvede dove altri non guardano. In un certo senso la “studia” dal suo ufficio in Cgil, dove si occupa di legalità  e sicurezza. E lui ad aver segnalato gli strani passaggi di proprietà  di aziende modenesi in crisi, fatte fallite, o intestate a moribondi, o finite all'estero, passando sempre attraverso la stessa famiglia pugliese. O gli appalti al massimo ribasso per lavori pubblici di grande delicatezza, come la rimozione di amianto. Che è come doversi operare al cuore e cercare il chirurgo più a buon mercato, anzichà © il migliore.
à ˆ pessimista, oggi, questo sindacalista con la passione dei lanci con il paracadute («3157, per la precisione»). à ˆ una questione di velocità  . La mafia cambia, modifica la propria strategia più rapidamente di chi dovrebbe combatterla. un po' come certi virus che mutano e sono sempre un passo avanti rispetto a chi cerca di debellarli. E mentre gli affari di mafia galoppano, a Modena le istituzioni trotterellano, cullandosi nell’illusione - lascia intendere Zavatti - che il tessuto sia sano. «Potrà  anche essere sano, ma le cronache dimostrano che non e incorruttibile» commenta il sindacalista.
IL RADICAMENTO
Va piano la politica, nazionale e locale, va piano l'apparato dello Stato, sembra girare a vuoto, talvolta, il sistema investigativo, per mancanza di mezzi. Ma per Zavatti gli alibi non reggono più, come quello della mancanza di coordinamento, o il richiamare le responsabilità  del governo centrale.
«A livello locale si può fare, si può agire per arginare l illegalità  economica». Perchè e questa la nuova mafia, quella degli appalti e dei subappalti, quella che agisce sui mercati non tradizionalmente terreno di conquista delle cosche.
«Siamo passati dalle infiltrazioni mafiose, elementi estranei al nostro tessuto socio-economico, al radicamento, al malaffare che opera inquinando l'ambiente. Agevolato da un sistema indebolito dalla crisi, che lo espone a enormi rischi, dall'usura al lavoro nero, dall'evasione fiscale e contributiva, alla nascita delle coop spurie e delle società  di facciata. Prima qui semplicemente riciclavano il denaro, oggi fanno affari. E sembra che la cosa non riguardi i modenesi e in generale gli emiliani. Basti pensare che ci siamo accorti oggi di San Marino e del suo ruolo di lavanderia finanziaria per i proventi delle attività  della criminalità  organizzata».
CAMBIARE PASSO
Miopia politica, disattenzione istituzionale, collaborazione dei professionisti. «Qui ce n'è per tutti ed e ora dimettere le carte in tavola. Certe operazioni non si possono fare senza notai, avvocati, commercialisti, consulenti compiacenti. Senza questi appoggi, un calabrese, un palermitano, un casalese mosso dalle peggiori intenzioni che cosa può fare in un ambiente che non è il suo, che non conosce? Il Cup di Modena, che riunisce i professionisti dei vari Ordini, fa un eccellente lavoro, anche sul fronte della crescita etica. Ma è solo un tassello, il quadro è complesso e richiede uno sforzo collettivo, che non vediamo. Non si tiene il passo e, se non si cambia, pagheremo cara questa inerzia».
L'Emilia Romagna non ha una Dia, ormai unica regione del nord senza una Direzione investigativa antimafia.
«Tutte le forze politiche e sociali dovrebbero muoversi per ottenerne l'istituzione. Così come dovrebbero farsi sentire per avere risorse e strutture efficienti. L'Agenzia delle entrate ha ricevuto, dai Comuni modenesi 10960 segnalazioni qualificate di sospette evasioni fiscali, ma ne ha verificate solo il 16% per cento. Che tipo di messaggio ricevono gli amministratori ed i cittadini? Nella migliore delle ipotesi, di inefficienza. Gli organici delle forze dell'ordine sono inadeguati, il problema è noto: sono stati definiti quando Modena era tutta un'altra realtà  . Oggi abbiamo il nodo autostradale più importante d'Italia, qui è stato aperto un Cie, si contano 90mila extracomunitari regolari. Ci sono stati cambiamenti strutturali rispetto agli anni Ottanta, dunque servono risposte strutturali».
«Degli agenti che escono dai corsi di polizia, a Modena non ne arriva uno, mentre altre province del nord sono, diciamo così, più fortunate, come Varese o Lodi. Alla fine, l'attività  investigativa per forza è alla frutta» aggiunge. Sono esempi che potrebbero suggerire il lamento, ormai ossessivo, “colpa dello Stato centrale”. In realtà  , secondo Zavatti, anche a livello locale si può fare di più, senza ricorrere ad alibi o scaricabarile.
IMPRESE DAL SUD
«Prendiamo il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza. Già  si riunisce poco, ma mi domando: ha mai affrontato la questione delle infiltrazioni mafiose nella provincia di Modena? Un tema quello dell'economia mafiosa, che dovrebbe essere al centro di riunioni periodiche, con il coinvolgimento di tutti i protagonisti, non solo della Procura e delle forze dell'ordine: ci si dovrebbe confrontare con associazioni economiche e produttive, con i sindacati». I fenomeni cambiano. Zavatti ne inanella parecchi. «Fino a ieri, per evitare i rischi di infiltrazione, era ritenuto importante tenere fuori dal sistema le imprese del sud. I dati dell'Osservatorio provinciale sugli appalti dicono che la strategia ha funzionato, almeno fino a un certo punto: se anni fa le imprese provenienti da aree ad alta densità  mafiosa erano otto su dieci, oggi sono una su dieci. Ma oggi la mafia qui non parla calabrese, non ha accento campano, oggi parla emiliano perchà © ha il controllo di aziende locali, intestate a modenesi. E offrono servizi alle nostre imprese che si trovano con l'acqua alla gola. Si è passati dal pizzo al subappalto, dalle estorsioni all'imposizione della manodopera, all'offerta di finanziamenti approfittando della stretta creditizia. Servono nuovi anticorpi. Di cui a fatica vediamo traccia».
SENZA ARGINI
Il settore privato non ha argini di alcun tipo. «Servirebbero controlli sui cantieri fatti da strutture che però la crisi ha depotenziato, tanto che secondo gli ultimi dati - confermati anche dal prefetto di Modena - un cantiere ogni tre controllati presenta irregolarità  più o meno gravi. Si arriverà  mai alle cinquemila ispezioni che era l'obiettivo auspicato del piano regionale?». E nel pubblico il quadro non è migliore. «Prendiamo gli appalti al massimo ribasso. I dati sono preoccupanti. In nove mesi, nel Modenese, su 300 appalti pubblici solo 30 sono stati assegnati con il criterio dell'offerta economica più vantaggiosa, che prende in considerazione diversi parametri, non soltanto i costi. Vuol dire che in 270 casi si è scelto il massimo ribasso. E 40 offerte presentavano ribassi di oltre il 20%, una soglia, per cosi dire, di allarme. Se consideriamo gli 80 appalti più sostanziosi, oltre i 200mila euro, solo una dozzina è stato assegnata con l'offerta economica più vantaggiosa. Non va bene. I Comuni hanno l'illusione di risparmiare, ma tutto il sistema sconta questa deriva». Sugli appalti pubblici esiste un protocollo del 2007, sottoscritto in prefettura, che suggerisce a 200mila euro la soglia oltre la quale non si dovrebbe assegnare un appalto pubblico con il sistema del massimo ribasso. «Ã ˆ un protocollo largamente disatteso, e in questo caso lo stesso prefetto dovrebbe assumere le proprie responsabilità  - dice Zavatti - Come Cgil sosteniamo che si dovrebbe ridurre entro il 2012 del 50% il ricorso al massimo ribasso. Un obiettivo raggiungibile anche con l'istituzione delle Stazioni uniche appaltanti. Ogni Comune, anche il più piccolo, fa i propri appalti, disattendendo talvolta le norme e più spesso gli impegni assunti. Se in Calabria la Sua à  regionale, per ovvi motivi, qui basterebbe provinciale, o a livello di Unioni di Comuni».
QUI NIENTE “SUE”
E qui si tocca un altro capitolo del fare, e del non fare, locale. Perchà © un decreto del 2006, il cosiddetto Codice dei contratti, parla proprio di Stazioni uniche appaltanti. E vengono ribadite da una circolare di ottobre dell'allora ministro Maroni «che invita ad attivarle dandone informazione al ministero ogni sei mesi. E pure un decreto del giugno scorso sollecita le amministrazioni pubbliche a creare le Sua come passo necessario contro la mafia, parole testuali. A quanto ci risulta, la prefettura non si e mossa. Quei decreti a Modena non valgono?». Un protocollo firmato, a livello nazionale da tutte le associazioni di categoria prevede la costituzione dell'Albo dell'autotrasporto proprio in funzione antimafia, dal momento che le organizzazioni criminali hanno nel trasporto di merci un nuovo business. «Non mi risulta sia stato fatto nulla. Qualche cifra: in Italia ci sono 48mila imprese di autotrasporto che risultano prive di mezzi. Non hanno nà © camion, nà © furgoni. Strano, no? In Emilia in queste condizioni abbiamo 2600 imprese, a Modena fra le 4 e le 500. Andrebbero cancellate dall' albo. Ma non si fa». La domanda nasce spontanea: chi fornisce i mezzi a una azienda che opera sul mercato dei trasporti senza possedere neanche un Apecar?
IL POOL INTERFORZE
Ma i capitoli dolenti, quelli che fanno pensare a una sottovalutazione dei pericoli, sono tanti. E toccano un po' tutte le istituzioni. Anche quelle in prima linea nella lotta alle infiltrazioni mafiose e che proprio di questa attività  hanno fatto una delle loro bandiere. «Prendiamo la Procura della Repubblica. Quando il procuratore capo Vito Zincani arrivò a Modena, dimostrò di conoscere bene la situazione e i rischi derivanti dal capitale mafioso circolante in una provincia ricca come la nostra. Parlò della creazione di un pool investigativo interforze. Sembrava l'uovo di Colombo, ma da allora nulla. Il pool non esiste. Se il pool, come noi crediamo, è una scelta obbligata per il futuro, perchè non viene fatto, almeno a titolo sperimentale? Crediamo che la qualità  delle indagini ne trarrebbe giovamento».
LE SALE OPERATIVE
Sembra quasi che non si vogliano toccare equilibri o ipotetiche rendite di posizione,anche solo d'immagine. «Il Patto Modena città  sicura, sottoscritto dal ministro Maroni senza alcuna dotazione di risorse o rinforzi - prosegue il sindacalista - permetterebbe comunque di fare qualcosa. Prevede una verifica semestrale, di cui non si ha notizia. Ma questo è poca cosa. Si parla di un Tavolo per la legalità  economica per il lavoro sicuro e pulito proprio per contrastare la presenza malavitosa, di razionalizzazione e coordinamento. Parole alle quali non è stato dato un contenuto. La Cabina di regia con competenze su programmi e progetti di lavoro ha concluso qualcosa? Si e mai riunita? Prendiamo le sale operative - conclude Franco Zavatti - Una legge ne prevede l'unificazione, il patto Modena città  sicura ne parla all'articolo 13. Il prefetto si impegna, si legge, a verificare la fattibilità  della interconnessione delle diverse sale operative delle forze dell'ordine. Che fine ha fatto questo impegno?».
05 dicembre 2011