NON E' SANZIONABILE IL MILITARE CHE SI ISCRIVE ED ASSUME RUOLI DIRIGENZIALI IN UN PARTITO POLITICO (Tar Umbria)

sabato 24 dicembre 2011


N. 00409/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00146/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 146 del 2011, proposto da:
*******, rappresentato e difeso dagli avv.ti *********
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria per legge in Perugia, via degli Offici, 14;
per l'annullamento
- della determinazione n. 122/6 in data 5 febbraio 2011, con la quale il Comandante Interregionale Carabinieri Podgora ha rigettato il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente avverso la determinazione n. 253/25-D in data 11 ottobre 2010, con la quale il Comandante del Comando Legione Carabinieri Umbria ha inflitto al ricorrente la sanzione di corpo della consegna di rigore di giorni cinque;
- per quanto possa occorrere, della nota del Gabinetto del Ministero della Difesa n. 1/28422/2.6.32/06ML in data 3 luglio 2009, nonchà© della nota del Comando Generale - I Reparto - SM - Ufficio Personale Marescialli, n. 920003-1/D-40-9 in data 31 luglio 2010;
- di tutti gli atti comunque connessi e conseguenti;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2011 il dott. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, Carabiniere Scelto, in data 10 luglio 2010 informava i superiori di essere stato recentemente nominato segretario della Regione Umbria del Partito Sicurezza e Difesa.
Successivamente, ha comunicato di aver perduto detta carica e di aver assunto la carica di segretario per il Piemonte.
2. Con nota prot. 253/5-D in data 11 agosto 2010, il Comandante della Legione Carabinieri Umbria ha avviato nei suoi confronti un procedimento disciplinare.
Il procedimento si è concluso con la nota prot. 253/25-D in data 11 ottobre 2010, con la quale è stata inflitta al ricorrente la sanzione della consegna di rigore per cinque giorni.
Tanto, con la seguente motivazione: <<… iscrittosi al partito politico denominato “P.S.D. – Partito Operatori per la Sicurezza e Difesa – intraprendeva attività  politica per il sodalizio medesimo informando per iscritto, ai sensi dell’art. 52 del R.D.M., il Comando di appartenenza e precisando che aveva assunto l’incarico di segretario del partito per la Regione Umbria. Con tale attività  e per aver indetto una riunione regionale del P.S.D. – così come preannunciato sul portale del sito “web” del partito – ha leso il principio di estraneità  delle Forze Armate dalle competizioni politiche, sancito dal 1° comma dell’art. 6 della legge 382/1978, in relazione all’art. 5, comma 2, della legge 382/1978. Tale condotta risulta contraria anche agli artt. 10 e 29 del R.D.M., configurando le fattispecie di cui ai nn. 3 e 10 dell’Allegato “C” al R.D.M. >>.
3. Il ricorrente ha proposto avverso la sanzione ricorso gerarchico, che però è stato rigettato con determinazione del Comandante del Comando Interregionale Carabinieri “Podgora” n. 122/6 in data 5 febbraio 2011, nella quale, tra l’altro, viene ribadita la riconducibilità  dei comportamenti sanzionati alle predette disposizioni della disciplina militare.
4. Il ricorrente impugna detti provvedimenti (unitamente alla nota dell’Ufficio di Gabinetto del Ministero della difesa prot. 1/28411/2.6.32/06ML in data 3 luglio 2009, con cui è stata fornita un’interpretazione che supporta l’azione disciplinare).
Deduce (attraverso oltre 70 pagine di ricorso) articolate censure, che si compendiano nel prospettare – oltre al difetto di motivazione, alla disparità  di trattamento rispetto all’attività  politica svolta da altri appartenenti all’Arma e mai fatta oggetto di procedimenti disciplinari, ed alla incostituzionalità  dell’articolo 66 del regolamento di disciplina militare in quanto contempla la sanzione della consegna di rigore, limitativa della libertà  personale ed irrogabile senza alcun controllo del giudice, e quindi in contrasto con l’articolo 13 Cost. - la violazione degli articoli 49 e 98 Cost., degli articoli 5 e 6 della legge 382/1978, delle invocate disposizioni del regolamento di disciplina militare di cui al d.P.R. 585/1986, in quanto, a suo dire, l’ordinamento riconosce anche agli appartenenti alle Forze Armate il diritto di associarsi liberamente in partiti politici e di assumere nel loro ambito funzioni direttive, in mancanza di norme idonee a legittimare i limiti affermati con i provvedimenti impugnati.
5. Per l’Amministrazione resiste l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, controdeducendo in modo articolato, ma con riferimento pressochà© esclusivo alla portata applicativa delle disposizioni del d.lgs. 66/2010, che contiene oggi la disciplina della materia.
6. Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.
6.1. Com’è noto, la possibilità , prevista dall’articolo 98, comma terzo, Cost. – quale eccezione rispetto al principio sancito dall’articolo 49 Cost., secondo cui tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale - di stabilire con legge limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i militari di carriera in servizio attivo, non è stata realizzata in forma organica.
L’articolo 114 della legge 121/1981, nella dichiarata attesa di una disciplina organica attuativa dell’articolo 98, comma terzo, Cost., aveva previsto temporaneamente il divieto di iscrizione ai partiti politici per gli appartenenti a tutte le Forze di Polizia (nel novero delle quali, ai sensi dell’articolo 16, era ricompresa l’Arma dei Carabinieri, che peraltro ha collocazione autonoma nell’ambito del Ministero della difesa con rango di Forza Armata), per la durata di un anno, poi prorogata reiteratamente fino al 1990.
In seguito, detto divieto non è stato più espressamente riproposto.
6.2. Il Collegio osserva come, sia il ricorso, sia le difese dell’Amministrazione, dedichino molto spazio alle questioni di principio, nella prospettiva di ottenere una pronuncia utile a chiarire, in assenza di precedenti specifici, i numerosi aspetti di interesse generale sottesi alla controversia.
Tuttavia, non è compito del Tribunale approfondire le ragioni che renderebbero opportuna oppure sconsiglierebbero l’introduzione per i militari di un esplicito divieto di iscrizione ai partiti politici e di svolgimento di attività  politica, e tanto meno operare una ponderazione comparativa tra i contrapposti interessi in gioco.
Al contrario, considerati i riflessi politici e sociali che inevitabilmente qualsiasi decisione in merito finisce con l’assumere, il Collegio ritiene di dover accordare preferenza ad un’interpretazione testuale e sistematica, anzichà© teleologica, delle disposizioni mediante le quali è stata data attuazione ai precetti costituzionali, sussistendo altrimenti il rischio che assumano una rilevanza impropria (sostanzialmente “normativa”) le opzioni soggettive dell’interprete.
6.3. Il nodo della controversia sta quindi nello stabilire se, nel diritto positivo applicabile alla controversia, sia ravvisabile un divieto di iscrizione e, a fortiori, di assunzione di cariche in seno ai partiti politici, nei confronti del personale delle Forze Armate.
L’Amministrazione sostiene che una norma avente tale portata applicativa possa trarsi dall’insieme delle disposizioni applicabili ai provvedimenti sanzionatori impugnati, così da legittimarne l’adozione.
L’attenzione deve essere rivolta – coerentemente, del resto, a quel che ha fatto l’Amministrazione in sede disciplinare - alla legge 382/1978, <<Norme di principio sulla disciplina militare>>, ed al “Regolamento di disciplina militare” approvato con il d.P.R. 545/1986. Infatti, il <<Codice dell’ordinamento militare>> di cui al d.lgs. 66/2010, che ha abrogato (articoli 2268 e 2269) dette normative, è entrato in vigore (articolo 2272) cinque mesi dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (avvenuta nel s.o. n. 84 dell’8 maggio 2010), vale a dire il 9 ottobre 2010, quindi in epoca successiva allo svolgimento dei comportamenti contestati al ricorrente e dello stesso procedimento disciplinare (conclusosi formalmente appena due giorni dopo detta data).
Secondo l’articolo 5, della legge 382/1978 <<I militari sono tenuti all'osservanza delle norme del regolamento di disciplina militare dal momento della incorporazione a quello della cessazione dal servizio attivo>> (comma 2) e <<Il regolamento di disciplina deve prevedere la sua applicazione nei confronti dei militari che si trovino in una delle seguenti condizioni: a) svolgono attività  di servizio; b) sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio; c) indossano l'uniforme; d) si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali. >> (comma 3), mentre <<Quando non ricorrono le suddette condizioni, i militari devono essere comunque tenuti all'osservanza delle disposizioni del regolamento di disciplina militare che concernono i doveri attinenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari, in conformità  alle vigenti disposizioni di legge.>> (comma 4).
Secondo l’articolo 6 <<Le Forze armate debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche>> (comma 1), e <<Ai militari che si trovano nelle condizioni previste dal terzo comma dell'articolo 5 è fatto divieto di partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonchà© di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati ad elezioni politiche ed amministrative. >> (comma 2), mentre <<I militari candidati ad elezioni politiche o amministrative possono svolgere liberamente attività  politica e di propaganda al di fuori dell'ambiente militare e in abito civile. Essi sono posti in licenza speciale per la durata della campagna elettorale. >> (comma 3).
Il principio di estraneità  delle Forze Armate alle competizioni politiche, sancito dal comma 1 dell’articolo 6, non può essere inteso estensivamente, come riferibile anche ai comportamenti tenuti da ciascun singolo appartenente. Altrimenti – a parte la evidente difficoltà  di ritenere che i comportamenti dei singoli siano in grado di “impegnare”, o possano di per sà© risultare rappresentativi di un orientamento dell’insieme dell’Istituzione cui appartengono - non vi sarebbe stato bisogno di precisare, al comma 2, il divieto di svolgere attività  politica per i (singoli) “militari”.
D’altra parte, detto divieto espresso è univocamente limitato a coloro i quali si trovino nelle condizioni previste dal comma 3 dell’articolo 5, e quindi non a tutti i militari, comunque soggetti alle disposizioni di disciplina del settore.
Nel caso in esame, è pacifico che i comportamenti contestati al ricorrente non siano in alcun modo riconducibili alle condizioni, di luogo, di tempo o modali, considerate dalla predetta disposizione: il ricorrente si è iscritto ad un partito, ed ha svolto attività  politica assumendo cariche direttive e partecipando a manifestazioni politiche, ma ciò – stando a quello che risulta dagli atti - non durante l’attività  di servizio, nà© in luoghi a ciò destinati, nà© indossando l’uniforme o qualificandosi in relazione all’attività  di servizio come militare o rivolgendosi ad altri militari in divisa o qualificatisi come tali.
Il comma 4 dell’articolo 5, se pure indica – attraverso il richiamo dei doveri individuati nel regolamento di disciplina - principi generali utili alla qualificazione di comportamenti non espressamente considerati dalle norme, non può di per sà© allargare l’ambito dei comportamenti sanzionabili, rendendo vietato un comportamento che, implicitamente, risulta lecito alla luce del testo del comma precedente.
Nà© un autonomo fondamento valido per la contestazione appare rinvenibile nelle disposizioni del Regolamento di disciplina militare, in quanto il Regolamento, ai sensi dell’articolo 8, dello stesso d.P.R. 545/1986, << … si applica nei limiti disposti dai commi secondo, terzo e quarto dell'art. 5 della legge di principio sulla disciplina militare. >>, vale a dire nel solco delle fattispecie considerate rilevanti a livello legislativo – trattandosi di materia coperta da riserva di legge.
L’articolo 10, comma 2, infatti, nell’indicare i <<Doveri attinenti al grado>>, afferma che il militare << … deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possano comunque condizionare l'esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell'istituzione cui appartiene e pregiudicare l'estraneità  delle Forze armate come tali alle competizioni politiche, fatto salvo quanto stabilito dal successivo art. 29. >>, ed il riferimento al principio di estraneità  alle competizioni politiche delle Forze Armate, “come tali” considerate, conferma che il comportamento di attività  politica e partitica del singolo non può automaticamente rilevare ai fini della violazione del principio, se non qualora sia corredato da un esplicito intento e da un’oggettiva valenza rappresentativi dell’Istituzione di appartenenza - nel senso, cioè, di voler far politica attiva nel nome (oltre che nell’interesse) dell’Istituzione Forze Armate, vale a dire ponendo in essere una o più delle condizioni contemplate dall’articolo 5, comma 3, della legge 382/1978.
L’articolo 29 (<<Diritti politici>>), poi, ribadisce il principio secondo cui <<L'esercizio dei diritti politici spetta ai militari nei limiti e con le modalità  previste dalla legge di principio sulla disciplina militare nonchà© dalle altre disposizioni di legge vigenti>>, così rinviando alle disposizioni di legge l’individuazione delle fattispecie dei diritti (compresi quelli politici) riconosciuti, direttamente ovvero indirettamente (vale a dire attraverso l’individuazione dei divieti che li limitano, come nel caso dell’articolo 5, comma 3, suddetto).
La riprova della non riconducibilità  dei comportamenti contestati al ricorrente alle fattispecie disciplinarmente rilevanti vigenti prima del Codice di cui al d.lgs. 66/2010, sta nell’elencazione dei comportamenti sanzionabili, contenuta nell’Allegato C del Regolamento.
La consegna di rigore, di cui all’articolo 65, (per quanto concerne le ipotesi contestate al ricorrente), viene correlata al <<Comportamento lesivo del principio della estraneità  delle Forze Armate alle competizioni politiche (art. 29). >> - n. 9 – ed alla <<Partecipazione a riunioni o manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche o svolgimento di propaganda a favore o contro partiti, associazioni politiche o candidati ad elezioni politiche ed amministrative, condizioni indicate nell’art. 8 del presente ordinamento (articoli 8 e 29). >> - n. 10 dell’elenco - confermando l’imprescindibile collegamento delle previsioni regolamentari con le condizioni specifiche previste dall’articolo 5, commi 2, 3 e 4, della legge 382/1978.
6.4. In conclusione, il Collegio ritiene che le disposizioni concretamente applicabili ed individuate nel provvedimento impugnato non consentano di sanzionare i comportamenti contestati al ricorrente.
Infatti, le limitazioni all’esercizio di attività  politica da parte del personale militare, ivi contemplate, non riguardano direttamente il diritto di iscrizione ai partiti o le attività  che possono essere svolte all’interno di essi, bensì mirano a separare l’attività  di servizio da quella politica, consentita (oltre che in conseguenza delle candidature alle elezioni politiche ed amministrative, in relazione alle quali il rapporto di servizio è sospeso) se svolta a titolo personale e fuori dalle condizioni espressamente individuate dalla legge (quali indici presuntivi di collegamento dell’attività  politica del singolo militare con le Forze Armate, come tali).
Ogni comportamento non considerato da dette limitazioni, deve ritenersi consentito, qualora (lo ricordava anche l’articolo 3, comma 1, della legge 382/1978) costituisca un diritto costituzionalmente riconosciuto a tutti i cittadini, così come affermato per la partecipazione all’attività  politica dall’articolo 49 Cost..
Quanto esposto non significa che oggi, alla luce della formulazione degli articoli 1350 e 1483 del Codice dell’ordinamento militare di cui al d.lgs. 66/2010, che presenta diversità  rispetto a quella degli articoli 5 e 6 della legge 382/1978, non possa giungersi a conclusioni diverse.
6.5. La fondatezza del principale ordine di censure, esime il Collegio dall’esaminare quelle incentrate sulla disparità  di trattamento (la cui valutazione, peraltro, richiederebbe approfondimenti istruttori in ordine ai comportamenti di propaganda politica tenuti da altri militari indicati nel ricorso); mentre la questione di costituzionalità  dell’articolo 66 del Regolamento di disciplina militare risulta, a questo punto, irrilevante.
Dall’accoglimento del ricorso deriva l’annullamento dei provvedimenti sanzionatori impugnati.
7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
 
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi indicati in parte motiva e, per l’effetto, annulla i provvedimenti sanzionatori impugnati.
Condanna l’Amministrazione al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge, per spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2011

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