SCONTI AI RICCHI E DEBITI AI GIOVANI – di Rocco Artifoni (Presidente Ardep)
Il programma elettorale della coalizione di centrodestra era chiaro: introdurre la flat tax per tutti i contribuenti. Ma fin dall’insediamento del nuovo esecutivo è sembrato un obiettivo arduo al punto tale che, alla prima occasione, la premier Meloni aveva chiarito che la tassa piatta per tutti resta l’obiettivo, ma con l’orizzonte di fine legislatura. Sempre che si riescano a bypassare i rilievi di incostituzionalità già evidenziati da molti per un provvedimento in palese contrasto con il criterio della progressività fiscale (art. 53 Costituzione).
L’approvazione della legge delega per la riforma fiscale ha confermato la transizione dal modello di imposizione a scaglioni sui redditi delle persone fisiche ad un’unica tassa piatta.
Ora il Governo si appresta al primo step, ovvero accorpare i primi due scaglioni dei redditi IRPEF, attualmente con aliquote del 23% (fino a 15.000 euro) e del 25% (da 15.000 a 28.000 euro), con un’unica aliquota al 23%.
Il provvedimento è inserito nella legge di Bilancio per il 2024. La prima impressione è che questa decisione sia sostanzialmente un tentativo di mostrare agli elettori di aver realizzato almeno una piccola parte delle troppe promesse fatte in campagna elettorale.
Questa riduzione delle imposte ad uno sguardo superficiale sembrerebbe a favore del ceto medio, di chi ha un reddito tra 15.000 e 28.000 euro, che avrà un 2% di riduzione dell’aliquota. In realtà, il sistema a scaglioni comporta che lo sconto fiscale si applichi pienamente soltanto ai contribuenti con redditi superiori ai 28.000 euro. Pertanto, la diminuzione delle imposte avrà come conseguenza uno sconto di 260 euro per chi ha redditi superiori a 28.000 euro, un risparmio decrescente da 260 a zero euro per redditi da 28.000 a 15.000 euro e nessuna agevolazione per redditi inferiori a 15.000 euro.
Dai numeri effettivi emerge chiaramente che di fatto si tratta di una riforma fiscale disegnata a favore dei più abbienti. Il costo per le casse pubbliche dell’accorpamento delle prime due aliquote IRPEF è stimato in 4 miliardi di euro all’anno. Questa decisione è palesemente in contrasto con le recenti dichiarazioni della Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni: “non ci sono risorse da sperperare in cose che non hanno alcun senso”.
Non solo: ciò che avvantaggia i più ricchi, di fatto si trasforma in uno svantaggio per i più poveri. Infatti, la diminuzione delle entrate dovuta alla riduzione di 2 punti dell’aliquota dell’attuale secondo scaglione IRPEF, comporterà minori risorse disponibili per finanziare le spese sociali, proprio quelle che costituiscono un sostegno alle persone che si trovano più in difficoltà economica.
Ad aggravare la situazione è l’insieme della manovra economica che il Governo ha predisposto. Si tratta in totale di 24 miliardi euro, di cui circa 16 miliardi in deficit. In questo modo si continua ad aumentare il debito pubblico, pur sapendo che è già il più alto d’Europa (circa il 140% nel rapporto debito/PIL). Di conseguenza aumenteranno gli interessi sul debito, per altro già in preoccupante aumento per il rialzo dei tassi.
È evidente che anche questo Governo sta spendendo soldi che in realtà non ha. Il conto sarà caricato ancora una volta sulle spalle delle prossime generazioni.
In privato i genitori di solito sono pronti a dare un aiuto economico e a lasciare un’eredità ai figli. Invece a livello di Paese in relazione alla cassa comune gli adulti da decenni si comportano in modo esattamente contrario: ai giovani resterà soltanto un grande debito da pagare. Una politica economica davvero irresponsabile.
ROCCO ARTIFONI – Presidente dell’Associazione per la riduzione del debito pubblico ARDeP