IN SICILIA FINANZIERI USA E GETTA. DOPO ANNI DI SERVIZIO COMANDATO AD AGRIGENTO, L'AMMINISTRAZIONE DISPONE IL LORO RIENTRO A PALERMO - di Eliseo Taverna, Daniele Tisci e Maurizio Dori

venerdì 24 febbraio 2012


FINANZIERI USA E GETTA.

Dopo anni di servizio comandato l’Amministrazione, con una laconica comunicazione, dispone il loro rientro al comando di appartenenza.

Tutto questo è accaduto in Sicilia.

Di Eliseo Taverna, Daniele Tisci e Maurizio Dori*

Sono note le difficoltà  che incontra il personale del Corpo proveniente dalle regioni del centro-sud per poter tornare a prestare servizio nei luoghi di origine.
Non è colpa di nessuno. E’ il gioco dei numeri e delle percentuali. La maggior parte del personale arruolato arriva dal centro-sud e, quindi, bisogna rimanere lontano da casa per più di un ventennio prima di poter ritornare nei luoghi di origine.
Un posto di lavoro sicuro - quello del finanziere, del carabiniere e del poliziotto - che da stabilità  economica e sociale, probabilmente il sogno di molti giovani, ma con una peculiarità  d’impiego che, a volte, si paga a caro prezzo.
Ne è un chiaro esempio quello che è accaduto in Sicilia.
Appunto per questo nelle menti e nell’anima di molti si insinuano aspettative, ansie, rincorse spasmodiche per ricercare la soluzione più consona alla propria vita ma, purtroppo, non sempre arriva.
E’ l’anno 1996 ed il Corpo ha la necessità  di avere un nucleo di baschi verdi presso la città  di Agrigento da impiegare come nucleo scorta per alcune personalità  e per il controllo del territorio.
Non è prevista una Sezione o una Compagnia di baschi verdi e la cosa si fa seria perchà© bisogna anche dare delle risposte concrete alle Autorità  che hanno richiesto il servizio.
Si ipotizza, allora, come di solito avviene per soddisfare certe esigenze, di attingere da altri reparti, ove sono presenti strutture di baschi verdi organicamente previste, ma la questione si complica notevolmente perchà© bisognerebbe trasferire d’autorità  un nucleo di persone, pari ad otto unità , alle quali bisogna corrispondere la cosiddetta indennità  di trasferimento, ai sensi delle legge 86/2001. L’Amministrazione, tuttavia, non sembra avere una particolare volontà  a sborsare una somma così consistente.
E’ noto l’approccio a certe problematiche e la propensione nel ricercare soluzioni meno costose.
Si decide, allora, con una soluzione ancora più precaria, d’inviare ad Agrigento personale specializzato, prelevandolo dalla Compagnia pronto impiego di Palermo.
Tutto sembra essere risolto, ma le insidie sono ancora numerose poichà© si pone il problema del trattamento economico da riconoscere ad esso. Applicare l’istituto della missione ordinaria (sembra la cosa più naturale ed appropriata per coloro che sono chiamati a prestare la propria opera a centinaia di chilometri di distanza), non balena nemmeno per l’anticamera del cervello di coloro che devono decidere. Troppi alti i costi e con il rischio di creare un precedente pericoloso. Non è la prima volta che accade.
A questo punto si decide, pertanto, di interpellare alcuni militari specializzati in servizio a Palermo con origini o con interessi familiari nel comprensorio di Agrigento.
In pratica, si mette in atto una sorta di “patto tra gentiluomini”, ovvero: l’Amministrazione, che deve soddisfare una particolare esigenza di servizio, li avrebbe mandati ad Agrigento a prestare la loro opera, luogo ove essi dichiarano di avere l’abituale dimora e degli interessi personali o familiari, utilizzando “l’istituto del comando”, ma in cambio gli stessi s’impegnano a non richiedere nessun trattamento economico aggiuntivo connesso al trasferimento, al fine di ristorare tali disagi. Il tutto sembrerebbe non fare una piega, anche se ci sarebbe su queste scelte molto da dire sia in punto di diritto, sia sotto l’aspetto etico (è ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza nel ritenere che per trasferimenti della specie, essendo l’esigenza dell’Amministrazione prioritaria rispetto a quella del dipendente, bisogna corrispondere, a seconda dei casi, l’indennità  di missione o di trasferimento. Ed a nulla rileva l’aver preventivamente acquisito dal dipendente il proprio benestare al movimento o un atto di rinuncia a quanto di spettanza).
Tenuto conto del perdurare delle esigenze di servizio, nel 2011 si decide d’istituire una Sezione AT-PI ad Agrigento con un organico, per la categoria di Appuntati e Finanzieri, pari a dieci unità .
Tuttavia, contrariamente alle promesse ed alle aspettative nutrite da coloro che avevano dato all’Amministrazione il proprio sostegno in un momento di difficoltà , decidono di mandare cinque neo baschi verdi appena usciti dal corso.
Sembra paradossale ma le sorprese non finiscono ancora.
Arrivando ai giorni nostri, infatti, nel Gennaio 2012 accade che nonostante la sezione abbia ancora una carenza d’organico del 50% e mantenendo in ogni caso ancora 8 persone “comandate”, con il piano degli impieghi in ambito regionale non viene trasferito nessuno, sebbene gli otto militari ancora in posizione di comando avessero presentato regolare domanda di trasferimento per quella sede.
Di lì a pochi giorni, noncurante di tutto quello che era accaduto e della particolare situazione nella quale, nel tempo, si erano venuti a trovare i malcapitati, il Comando Regionale della Sicilia disponeva il rientro alla sede di Palermo, proprio di quelle quattro persone, tra cui alcuni con la legge 104/92 con una rilevante anzianità  di servizio, che risultavano da più tempo “comandati” presso la sede di Agrigento e che nel piano degli impieghi in ambito regionale risultavano tra i primi in graduatoria. Di contro, continuava a lasciare ancora in “posizione di comando” gli altri quattro finanzieri, ovviamente con una minore anzianità  di servizio e con un punteggio inferiore nel piano degli impieghi.
Sembrerebbe, che criteri quali merito nel servire l’istituzione, anzianità  di servizio e carichi di famiglia non siano assolutamente prevalsi, così come non è prevalso il buon senso dell’uomo che, in queste circostanze, può tranquillamente sostituirsi alle leggi ed ai regolamenti.
Questa vicenda riporta alla luce, ancora una volta, l’esigenza di rimettere in discussione la scelta, fatta a suo tempo, di delegare i Comandanti Regionali per il piano degli impieghi periferici, così come è indispensabile rivedere il criterio applicato per determinare gli organici dei Comandi Provinciali, messi attualmente in relazione con quelli del Comando Regionale.
L’unica strada, ora, qualora l’Amministrazione non voglia ravvedersi del proprio operato, sembra spalancare le porte a diversi ricorsi giurisdizionali, con aggravio di tempo e di denaro.

*Delegati Co.Ce.R. Guardia di Finanza

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