SI DEMONIZZA IL SINDACATO PER COPRIRE LE COLPE DELLA CLASSE DIRIGENTE. LO PROVA IL SETTORE MILITARE CHE, PUR SENZA SINDACATO, SOFFRE COMUNQUE IL “MAL D'ITALIAâ€. A CASA I DIRIGENTI RESPONSABILI DELLO SFRACELLO- di Gianluca Taccalozzi
martedì 27 marzo 2012
SI DEMONIZZA IL SINDACATO PER COPRIRE LE COLPE DELLA CLASSE DIRIGENTE. LO PROVA IL SETTORE MILITARE CHE, PUR SENZA SINDACATO, SOFFRE COMUNQUE IL “MAL D’ITALIA”. A CASA I DIRIGENTI RESPONSABILI DELLO SFRACELLO - di Gianluca Taccalozzi
Di seguito, una libera manifestazione di pensiero di Gianluca Taccalozzi. Il titolo è della redazione del sito.
Il sindacato è diviso, il sindacato è politicizzato, il sindacato è inutile, il sindacato copre i nullafacenti, il sindacato ha rovinato l’Italia, il sindacato ha causato la crisi economica e così via.
Sono queste le frasi che si sentono proferire da chi, in buona o cattiva fede, sostiene che i mali della pubblica amministrazione siano stati provocati dal sindacato. Certo le organizzazioni sindacali hanno le loro gravi colpe, ma non sono certo la causa unica o principale del “mal d’Italia” che colpisce tutto il pubblico impiego.
Se, infatti, i sindacati del pubblico impiego hanno acquisito un potere contrattuale molto più incisivo rispetto a quelli del settore privato è perchà© come controparte hanno avuto la politica (interessata al consenso) e la dirigenza pubblica (interessata a potere e compenso), piuttosto che imprenditori e managers interessati ai soli profitti. Si spiegano così gli stipendi dei grandi dirigenti pubblici ben più alti della media europea, e l’abnorme numero dei dipendenti pubblici, spropositato sia in relazione alla media europea sia in relazione alla qualità del servizio reso.
Ora il tempo delle vacche grasse è finito e che i soldi delle finanze pubbliche (debito compreso) sono finiti e che bisogna razionalizzare e stringere la cinghia con manovre “lacrime e sangue”, ci sembra che la demonizzazione del sindacato serva più che altro a coprire le debolezze della politica e la mala gestione della classe dirigente pubblica ed a ribaltare sui più deboli e sulle future generazioni il prezzo di una gestione allegra, irresponsabile e, in qualche occasione, perfino illegale.
La conferma viene dal settore militare che, pur in assenza di sindacati, soffre degli stessi identici mali del resto del pubblico impiego: sovrannumero, clientelismo, mancanza di trasparenza, casi di corruzione, trattamenti economici sproporzionati per i più alti incarichi, prestigiosi e ben pagati incarichi post congedo per i vertici, strutture sovradimensionate (per numero e consistenza), sacche (tollerate) di nullafacenti, ecc..
Se il problema fosse stato davvero solo il sindacato, questo settore avrebbe dovuto essere sano, efficiente ed incolume dal “mal d’Italia” e invece si scopre che non lo è affatto.
Una considerazione che assume un particolare rilievo con riferimento alla Guardia di Finanza ed all’Arma dei Carabinieri che hanno mantenuto e giustificato la l'oggettiva anomalia di ordinamenti militari per svolgere funzioni di polizia proprio in dipendenza di una asserita maggiore efficienza rispetto alle amministrazioni civili. Una maggiore efficienza che è però solo apparente e figlia di una gestione che nasconde inefficienze dietro a numeri, silenzi e impermeabilità ad ogni tipo di controllo esterno.
Non solo, ma approfittando proprio dell’assenza di sindacati e di efficaci strumenti di tutela del personale, in questo settore è in atto un vero e proprio giro di vite, che prevede la compressione dei già limitati diritti del personale, la decurtazione dei trattamenti economici e previdenziali ed “esuberi” per oltre 30mila addetti, senza che parallelamente si incida sui privilegi di politica e alti dirigenti, come a dire “ieri noi (politica e dirigenza) abbiamo gestito male e oggi voi (personale) pagate i danni”.
Dove erano tutti questi brillanti politici e dirigenti (perchà© sono sempre gli stessi) che oggi parlano di produttività , bilanci virtuosi, efficienza, assenteismo, lotta alla corruzione, mentre ieri accondiscendevano ad ogni richiesta dei famigerati “orchi” del sindacato pubblico? Non erano sempre loro che avrebbero dovuto imporre, ieri e non oggi a crisi ormai scoppiata, una politica di finanza pubblica più responsabile ed avveduta? E ancora, perchà© in quei settori dove il sindacato non c’è e non c’era la situazione è esattamente la stessa?
Sarebbe ora che chi ha causato questo sfracello si assumesse le proprie responsabilità e riducesse sensibilmente i propri privilegi (per non dire che se ne vada a casa), invece di accampare scuse, ribaltare le responsabilità sui sindacati e rimettere i costi del risanamento solo sulle spalle dei più deboli e meno tutelati, come i giovani, i precari e i militari.
GIANLUCA TACCALOZZI
Presidente del Direttivo nazionale Ficiesse
gianlucataccalozzi@alice.it
Di seguito, una libera manifestazione di pensiero di Gianluca Taccalozzi. Il titolo è della redazione del sito.
Il sindacato è diviso, il sindacato è politicizzato, il sindacato è inutile, il sindacato copre i nullafacenti, il sindacato ha rovinato l’Italia, il sindacato ha causato la crisi economica e così via.
Sono queste le frasi che si sentono proferire da chi, in buona o cattiva fede, sostiene che i mali della pubblica amministrazione siano stati provocati dal sindacato. Certo le organizzazioni sindacali hanno le loro gravi colpe, ma non sono certo la causa unica o principale del “mal d’Italia” che colpisce tutto il pubblico impiego.
Se, infatti, i sindacati del pubblico impiego hanno acquisito un potere contrattuale molto più incisivo rispetto a quelli del settore privato è perchà© come controparte hanno avuto la politica (interessata al consenso) e la dirigenza pubblica (interessata a potere e compenso), piuttosto che imprenditori e managers interessati ai soli profitti. Si spiegano così gli stipendi dei grandi dirigenti pubblici ben più alti della media europea, e l’abnorme numero dei dipendenti pubblici, spropositato sia in relazione alla media europea sia in relazione alla qualità del servizio reso.
Ora il tempo delle vacche grasse è finito e che i soldi delle finanze pubbliche (debito compreso) sono finiti e che bisogna razionalizzare e stringere la cinghia con manovre “lacrime e sangue”, ci sembra che la demonizzazione del sindacato serva più che altro a coprire le debolezze della politica e la mala gestione della classe dirigente pubblica ed a ribaltare sui più deboli e sulle future generazioni il prezzo di una gestione allegra, irresponsabile e, in qualche occasione, perfino illegale.
La conferma viene dal settore militare che, pur in assenza di sindacati, soffre degli stessi identici mali del resto del pubblico impiego: sovrannumero, clientelismo, mancanza di trasparenza, casi di corruzione, trattamenti economici sproporzionati per i più alti incarichi, prestigiosi e ben pagati incarichi post congedo per i vertici, strutture sovradimensionate (per numero e consistenza), sacche (tollerate) di nullafacenti, ecc..
Se il problema fosse stato davvero solo il sindacato, questo settore avrebbe dovuto essere sano, efficiente ed incolume dal “mal d’Italia” e invece si scopre che non lo è affatto.
Una considerazione che assume un particolare rilievo con riferimento alla Guardia di Finanza ed all’Arma dei Carabinieri che hanno mantenuto e giustificato la l'oggettiva anomalia di ordinamenti militari per svolgere funzioni di polizia proprio in dipendenza di una asserita maggiore efficienza rispetto alle amministrazioni civili. Una maggiore efficienza che è però solo apparente e figlia di una gestione che nasconde inefficienze dietro a numeri, silenzi e impermeabilità ad ogni tipo di controllo esterno.
Non solo, ma approfittando proprio dell’assenza di sindacati e di efficaci strumenti di tutela del personale, in questo settore è in atto un vero e proprio giro di vite, che prevede la compressione dei già limitati diritti del personale, la decurtazione dei trattamenti economici e previdenziali ed “esuberi” per oltre 30mila addetti, senza che parallelamente si incida sui privilegi di politica e alti dirigenti, come a dire “ieri noi (politica e dirigenza) abbiamo gestito male e oggi voi (personale) pagate i danni”.
Dove erano tutti questi brillanti politici e dirigenti (perchà© sono sempre gli stessi) che oggi parlano di produttività , bilanci virtuosi, efficienza, assenteismo, lotta alla corruzione, mentre ieri accondiscendevano ad ogni richiesta dei famigerati “orchi” del sindacato pubblico? Non erano sempre loro che avrebbero dovuto imporre, ieri e non oggi a crisi ormai scoppiata, una politica di finanza pubblica più responsabile ed avveduta? E ancora, perchà© in quei settori dove il sindacato non c’è e non c’era la situazione è esattamente la stessa?
Sarebbe ora che chi ha causato questo sfracello si assumesse le proprie responsabilità e riducesse sensibilmente i propri privilegi (per non dire che se ne vada a casa), invece di accampare scuse, ribaltare le responsabilità sui sindacati e rimettere i costi del risanamento solo sulle spalle dei più deboli e meno tutelati, come i giovani, i precari e i militari.
GIANLUCA TACCALOZZI
Presidente del Direttivo nazionale Ficiesse
gianlucataccalozzi@alice.it