TAGLI AI MILITARI, I GENERALI SARANNO RIDOTTI DI UN TERZO. VIA UN COLONNELLO SU CINQUE (La Stampa)
domenica 29 aprile 2012
La Stampa - 27/04/2012
Rivoluzione-Di Paola: via un colonnello su cinque e un soldato su sei
TAGLI AI MILITARI, I GENERALI SARANNO RIDOTTI DI UN TERZO
Secondo il ministro Di Paola, «la riforma è di importanza fondamentale per il nostro strumento militare»
di Francesco Grignetti
Roma - La riforma è di importanza fondamentale per il nostro strumento militare» e dunque il governo chiede «il più ampio sostegno». Il ministro-ammiraglio Giampaolo Di Paola ieri era in Parlamento a perorare appoggio. E’ appena approdato al Senato, infatti, il ddl del governo che sforbicerà  pesantemente le nostre forze armate. La «spending review» della Difesa prevede pesanti tagli sul personale. Il governo intende lasciare a casa un generale su tre, un colonnello su cinque, un soldato su sei (passando da 183 mila a 150 mila) e un impiegato civile su tre (da 30 a 20 mila).
In parallelo si procederà  sull’organizzazione dell’area tecnico-operativa, soprattutto quella di vertice. Basta con i doppioni e le superfetazioni. «Si rivela la necessità  - scrive il ministro nella sua relazione di accompagnamento alla legge - di snellimento della struttura di ciascuna forza armata». Si profilano tagli sulle catene di comando e le aree di vertice. Al termine della riorganizzazione, ogni stato maggiore (di Esercito, Marina e Aeronautica) dovrà  avere un comando operativo, uno logistico, uno per la formazione, più una direzione per l’impiego del personale. La standardizzazione e semplificazione degli stati maggiori «consentirà  più agevoli flussi relazionali tra articolazioni omologhe».
Rivoluzione in vista anche per il Coi, il Comando operativo interforze, che è divenuto un ufficio sempre più importante con le missioni all’estero. «Dovranno essere definite le forme di collegamento con i comandi operativi di componente per rendere più immediati e diretti i flussi comunicativi». Sanità  , formazione e logistica saranno accentrate e razionalizzate. E tagli drastici sono in arrivo per il settore dei comandi territoriali, che «dovrà  essere ridimensionato con interventi volti a eliminare ridondanze».
Sparisce anche il Consiglio superiore delle Forze armate, organo consultivo a disposizione del ministro, composto da generali e ammiragli all’apice della carriera. E’ abolito perchà © ormai inutile in quanto la stessa attività  di consulenza viene dal Comitato dei Capi di stato maggiore. «Sicchà © l’acquisizione del parere obbligatorio del Consiglio si risolve in un superfluo passaggio procedurale».
E’ previsto infine un taglio nelle infrastrutture, parallelamente al taglio del 30% di comandi e di uffici. Al più presto, dunque, la Difesa avrà  un numero notevole di edifici dismessi di fresco. «Un indubbio vantaggio, quantificabile solo a consuntivo, tenuto conto che il Dicastero dovrà  gestire un minor numero di infrastrutture e che quelle ritenute non più utili potranno essere avviate a processi di dismissione». Ed è questo, assieme ai risparmi tangibili sugli stipendi, il «tesoretto» su cui la Difesa conta per fare cassa e rimpolpare i fondi per l’addestramento e per gli investimenti. Siccome però da anni la dismissione del patrimonio immobiliare militare è un fallimento, ecco nuove procedure per «valorizzazione, dismissione e permuta degli immobili».
Qualche euro in più verrà  anche dalle fatture che l’Aeronautica militare presenterà  «per i servizi di assistenza al volo sugli aeroporti militari aperti al traffico civile», nonchà © per l’aiuto agli enti locali in caso di interventi di Protezione civile. «Ipotesi in cui l’amministrazione svolge attività  a titolo oneroso in favore di soggetti pubblici o privati».
Il punto cruciale del piano di Di Paola, però, riguarda l’esodo dei militari ultracinquantacinquenni. Lo chiamano così: «Anticipazione dell’esodo del personale militare rispetto ai limiti di età  ». E quindi si ipotizzano strumenti straordinari. D’altra parte le tabelle anagrafiche dicono che, partendo da una consistenza effettiva di 181.538 unità  nel 2013, a trend immutati, «si può stimare che le cessazioni complessive nel successivo decennio si attestino a 30.789 unità  ». Ora, dato che nello stesso arco di tempo sono indispensabili 24.858 arruolamenti, senza una qualche forma di scivolo, da far digerire ancora alla ministra Elsa Fornero, la diminuzione sarebbe risibile.
In parallelo si procederà  sull’organizzazione dell’area tecnico-operativa, soprattutto quella di vertice. Basta con i doppioni e le superfetazioni. «Si rivela la necessità  - scrive il ministro nella sua relazione di accompagnamento alla legge - di snellimento della struttura di ciascuna forza armata». Si profilano tagli sulle catene di comando e le aree di vertice. Al termine della riorganizzazione, ogni stato maggiore (di Esercito, Marina e Aeronautica) dovrà  avere un comando operativo, uno logistico, uno per la formazione, più una direzione per l’impiego del personale. La standardizzazione e semplificazione degli stati maggiori «consentirà  più agevoli flussi relazionali tra articolazioni omologhe».
Rivoluzione in vista anche per il Coi, il Comando operativo interforze, che è divenuto un ufficio sempre più importante con le missioni all’estero. «Dovranno essere definite le forme di collegamento con i comandi operativi di componente per rendere più immediati e diretti i flussi comunicativi». Sanità  , formazione e logistica saranno accentrate e razionalizzate. E tagli drastici sono in arrivo per il settore dei comandi territoriali, che «dovrà  essere ridimensionato con interventi volti a eliminare ridondanze».
Sparisce anche il Consiglio superiore delle Forze armate, organo consultivo a disposizione del ministro, composto da generali e ammiragli all’apice della carriera. E’ abolito perchà © ormai inutile in quanto la stessa attività  di consulenza viene dal Comitato dei Capi di stato maggiore. «Sicchà © l’acquisizione del parere obbligatorio del Consiglio si risolve in un superfluo passaggio procedurale».
E’ previsto infine un taglio nelle infrastrutture, parallelamente al taglio del 30% di comandi e di uffici. Al più presto, dunque, la Difesa avrà  un numero notevole di edifici dismessi di fresco. «Un indubbio vantaggio, quantificabile solo a consuntivo, tenuto conto che il Dicastero dovrà  gestire un minor numero di infrastrutture e che quelle ritenute non più utili potranno essere avviate a processi di dismissione». Ed è questo, assieme ai risparmi tangibili sugli stipendi, il «tesoretto» su cui la Difesa conta per fare cassa e rimpolpare i fondi per l’addestramento e per gli investimenti. Siccome però da anni la dismissione del patrimonio immobiliare militare è un fallimento, ecco nuove procedure per «valorizzazione, dismissione e permuta degli immobili».
Qualche euro in più verrà  anche dalle fatture che l’Aeronautica militare presenterà  «per i servizi di assistenza al volo sugli aeroporti militari aperti al traffico civile», nonchà © per l’aiuto agli enti locali in caso di interventi di Protezione civile. «Ipotesi in cui l’amministrazione svolge attività  a titolo oneroso in favore di soggetti pubblici o privati».
Il punto cruciale del piano di Di Paola, però, riguarda l’esodo dei militari ultracinquantacinquenni. Lo chiamano così: «Anticipazione dell’esodo del personale militare rispetto ai limiti di età  ». E quindi si ipotizzano strumenti straordinari. D’altra parte le tabelle anagrafiche dicono che, partendo da una consistenza effettiva di 181.538 unità  nel 2013, a trend immutati, «si può stimare che le cessazioni complessive nel successivo decennio si attestino a 30.789 unità  ». Ora, dato che nello stesso arco di tempo sono indispensabili 24.858 arruolamenti, senza una qualche forma di scivolo, da far digerire ancora alla ministra Elsa Fornero, la diminuzione sarebbe risibile.