PAGARE LE TASSE E' UN DOVERE ETICO, PURCHE' SIANO EQUE - di Bruno Forte (da Il Sole24Ore)

martedì 08 maggio 2012



Il Sole24Ore - 6 maggio 2012

PAGARE LE TASSE E'ˆ UN DOVERE ETICO, PURCHE' SIANO EQUE

di Bruno Forte

Stringere la cinghia quando le cose vanno male è giusto: lo sa ogni famiglia responsabile. Lo sanno in generale gli italiani, popolo di lavoratori e di risparmiatori, la cui notevole capacità  produttiva è basata sulla qualità  del lavoro, sull'affidabilità  delle competenze, sulla capacità  di pensare al futuro misurando l'oggi sul domani. Dunque, è comprensibile come la terapia d'urto del Governo salva-Italia non abbia di per sà© provocato quel rigetto immediato e generalizzato, che alcune frange estreme avrebbero voluto e sperato.
àˆ comunque in atto una ricerca della misura legata al principio di equità , ampiamente richiesta dai più: ne sono prova i disagi di queste settimane intorno alle proposte avanzate per uscire dalla crisi e promuovere la crescita, riscontrabili fra le stesse forze politiche che sostengono il premier. àˆ questo senso della misura fra rigore, equità  e sviluppo che vale la pena di esplorare brevemente, soprattutto nel suo profilo etico.
Perchà© l'incontro di economia ed etica - proposto in maniera articolata e convincente dall'Enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate - trova proprio qui un "caso serio" di verifica tutt'altro che teorica o senza conseguenze. Sono tre i principi cui vorrei accennare: il dovere morale di pagare le tasse; l'esigenza etico-sociale che esse siano eque; l'affidabilità  delle garanzie offerte da chi governa e dal quadro economico-politico generale circa il buon uso del denaro pubblico.
Che pagare le tasse sia un preciso dovere morale dovrebbe essere un'evidenza: come tutti hanno il diritto di beneficiare dei servizi offerti dallo Stato, per quanto più o meno efficienti essi possano essere, così ciascuno in rapporto alle proprie possibilità  deve contribuire ai costi che tutto questo comporta, dall'istruzione alla tutela e cura della salute, dalle reti di comunicazione all'assistenza ai più deboli e alle garanzie dovute all'anzianità . Dove l'equilibrio fra servizi e risorse fosse minato da una parte o dall'altra, ci troveremmo di fronte rispettivamente all'assistenzialismo o all'enfatizzazione anarchica dei diritti di alcuni. Il "bene comune" si realizza precisamente nell'offerta adeguata e il più possibile alta dei servizi, supportata da una partecipazione alla spesa che sia responsabile e commisurata alle possibilità  di ciascuno. In questo senso, l'evasione fiscale è una forma di furto al bene di tutti, una colpa morale frutto di egoismo e di avidità , una negazione di quell'esigenza di solidarietà  verso gli altri, specie i più deboli, che deve regolare la società  e l'impegno dei singoli. In riferimento al Decalogo - grande codice della coscienza morale universale - chi evade le tasse trasgredisce il settimo comandamento, "Non rubare!", con l'aggravante di farlo a discapito soprattutto dei più deboli e bisognosi.
Affermato il dovere morale di pagare le tasse, occorre richiamare un secondo principio non meno importante: che le tasse siano eque! L'equità  è misurata da parametri oggettivi e soggettivi: ai primi appartengono le urgenze congiunturali. Dove il bene comune è minato da una crisi socio-economica generale - come sta avvenendo ora nel "villaggio globale" e nel nostro Paese in particolare - è giusto che sacrifici siano fatti da tutti. Sul piano soggettivo, tuttavia, essi vanno commisurati alle effettive risorse e possibilità  di ciascuno: chiedere a tutti lo stesso prezzo secondo un apparente criterio di giusta ripartizione, è in realtà  somma ingiustizia (è quello che avviene di fatto col rialzo dell'Iva, che finisce col colpire diffusamente tutti e specialmente chi meno ha e può dare!). Chiedere di più a chi ha di più è invece la misura equa che è necessario mettere in atto: e l'accortezza sta qui nel domandare di più specialmente a chi dispone di grandi risorse e gode di un'ampia gamma di beni superflui o non strettamente necessari. Così, ad esempio, le tasse sui beni immobili sono necessarie: tuttavia, se a essere colpiti gravemente sono i piccoli risparmiatori che con sacrificio sono giunti al possesso della propria casa o hanno investito i risparmi di una vita su un bene modesto destinato ai loro figli, ciò può costituire una grave forma di iniquità , specialmente se al contempo non viene richiesta una maggiore contribuzione a chi più possiede (ad esempio nella forma di una patrimoniale consistente sulle grandi proprietà ) o non viene dato l'esempio di rinunciare a privilegi e benefici da parte di chi ne dispone in forza del mandato politico ricevuto. Come affermava Giuseppe Toniolo, l'economista cattolico beatificato lo scorso 29 aprile: «Chi più può, più deve; chi meno può, più riceva».
Il principio di equità  è un criterio ispiratore doveroso, da mettere in atto con grande accortezza, con forte senso della verità  e mediante una giusta ripartizione dei sacrifici. Se si deve dare atto al presidente del Consiglio Mario Monti di richiamare questo dovere continuamente come compito e meta cui tendere, bisogna augurarsi che le forze che lo sostengono siano pronte ad anteporre l'equità  a qualsivoglia interesse di parte.
C'è infine un terzo orizzonte etico da tenere presente nel ricorso alla pressione fiscale: l'affidabilità  delle garanzie offerte da chi governa riguardo al buon uso del denaro pubblico. Ciò che proviene dalla contribuzione dei cittadini va speso al servizio del bene comune: sprechi, leggerezza ed errori nella spesa pubblica, corruzione e indebite appropriazioni, vanno combattuti con tutti i mezzi legittimi. In questa luce, la cosiddetta "spending review" va considerata un impegno etico-sociale cui non è lecito sottrarsi: come chi fa la spesa in tempo di crisi è più che mai attento anche alla minima differenza di costi, così la revisione della spesa pubblica nei vari settori va perseguita con competenza, assiduità  e rigore. Lo spreco del denaro pubblico è offesa specialmente ai deboli e ai poveri! Lo spettacolo vergognoso, poi, di risorse pretese in nome di rimborsi elettorali e utilizzate da varie parti per foraggiare egoismi e avidità  di singoli e di gruppi, impone il dovere morale di correggere questo sistema di spesa del denaro pubblico, che un referendum aveva cacciato dalla porta, e un successivo intervento legislativo ha reintrodotto dalla finestra.

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