IL GOVERNATORE BANKITALIA VISCO INDICA LA VIA PER LE PP.AA.: MIGLIORARE I SERVIZI AI CLIENTI ESTERNI, GUARDARE AGLI OUTCOME E RIDURRE COSTI E SPRECHI IN MODO SELETTIVO PER EVITARE LA FILOSOFIA DISTRUTTIVA DEI TAGLI LINEARI

venerdì 10 agosto 2012

IL GOVERNATORE BANKITALIA VISCO INDICA LA VIA PER LE PP.AA.: MIGLIORARE I SERVIZI AI CLIENTI ESTERNI, GUARDARE AGLI OUTCOME E RIDURRE COSTI E SPRECHI IN MODO SELETTIVO PER EVITARE LA FILOSOFIA DISTRUTTIVA DEI TAGLI LINEARI

 

Iniziamo la pubblicazione di una serie di documenti indirizzati ai vertici dell’amministrazione finanziaria italiana, civile e militare, per incoraggiarne il continuo miglioramento nell’interesse dei cittadini, delle imprese e dei lavoratori.

Per primo, riportiamo l’intervista del giornalista Massimo Giannini al governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco apparsa su Repubblica il 5 agosto scorso. Tra i numerosi spunti e osservazioni di centrale interesse, Visco segnala l’assoluta urgenza che le pubbliche amministrazioni pervengano in tempi rapidissimi a standard elevati di efficienza per tagliare costi e sprechi in modo mirato e selettivo evitando la filosofia distruttiva dei tagli lineari.

Invitiamo i lettori del nostro sito a segnalarci ogni contributo di interesse all’indirizzo info@ficiesse.it

 

 

 

 

Da http://www.repubblica.it/economia/2012/08/05/news/intervista_visco-40382549/

Visco: dalla Bce una svolta in difesa dell'euro. "Addio ripresa nel 2013, Monti acceleri riforme"

Parla il governatore della Banca d'Italia: “Dalla Banca europea svolta decisiva per difendere l’euro, ma l’emergenza non è finita: recessione anche il prossimo anno”. "Il Paese deve ritrovare la fiducia. Per ora non serve l'aiuto del Fondo"

di MASSIMO GIANNINI

 

ROMA - "L'Italia ce la farà , ma solo se saprà  ritrovare fiducia". Al termine di una settimana cruciale per i destini del Paese e dell'Europa, il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco lancia un messaggio di speranza. "Ha detto bene Draghi: l'euro è irreversibile. E le decisioni dell'ultimo direttivo della Bce sono un importante passo avanti per la moneta unica e per gli spread". Visco mi riceve a Via Nazionale, nella Sala della Madonnella, dove troneggia una magnifica Vergine rinascimentale di Della Robbia. In vista dei mesi terribili che ci aspettano - gli faccio osservare - dobbiamo votarci giusto alla Madonna... Il governatore sorride: "Per ora l'Italia non ha bisogno di ricorrere al Fondo salva-spread. Monti è sulla strada giusta, ma ora deve accelerare sulle riforme. Purtroppo l'emergenza non è finita. E l'economia peggiora ovunque, nel mondo. Anche Il 2013 sarà  un anno di recessione".

Governatore, il giudizio sulle decisioni della Bce non è mai apparso tanto controverso. C'è chi sostiene che ci sia stata una retromarcia rispetto agli annunci fatti da Draghi a Londra, e chi invece è convinto che il direttivo di giovedì abbia segnato una svolta. Sta di fatto che, almeno nell'immediato, i mercati non hanno apprezzato, se è vero che lo spread è rimasto sui livelli troppo elevati delle ultime settimane. Lei come la vede?
"Io ho l'impressione che ci sia stato un certo fraintendimento, sull'esito di quella riunione. La Bce non solo non ha fatto alcun passo indietro, ma semmai ha fatto un deciso passo avanti sulla via del ripristino del funzionamento corretto dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, e quindi della stabilità  della
moneta unica. Stiamo ai fatti e ai documenti ufficiali. Nella decisione di giovedì scorso ci sono tre elementi fondamentali, che vanno sottolineati. Il primo: c'è stato un riconoscimento unanime sul fatto che una parte importante dei differenziali tra i tassi di interesse sovrani di alcuni paesi, i cosiddetti spread, riflette soprattutto i timori di un break-up, una dissoluzione, dell'euro, e quindi qualcosa di "esogeno" rispetto ai fondamentali dell'economia degli stessi paesi, cioè le dinamiche del debito pubblico e del disavanzo, i livelli di crescita e così via. E poi c'è stato il riconoscimento del fatto che anche questa componente 'esogena', non legata ai fondamentali, dipende a sua volta dai comportamenti dei governi e delle istituzioni europee: tanto più questi comportamenti dimostrano la convinzione che l'euro è una conquista irreversibile, tanto più si riducono i premi per il rischio, e quindi i rendimenti dei nostri titoli di Stato e i differenziali tra un paese e l'altro".

Ma questo non era un traguardo già  acquisito, a livello politico e tecnico?
"Niente affatto. Non lo era. Come non lo era il secondo punto fondamentale concordato giovedì scorso dal Consiglio direttivo della Bce: c'è stato il riconoscimento che questi divari eccessivi, ingiustificatamente alti, tra i tassi di interessi sovrani dei diversi paesi sono un ostacolo al funzionamento della politica monetaria. Draghi l'aveva annunciato nel suo discorso a Londra e ora, con il pronunciamento di giovedì scorso, anche questo è un dato acquisito in via definitiva: ci sono squilibri che influenzano negativamente l'azione monetaria, a fronte dei quali la Bce può e deve intervenire".

D'accordo, Governatore, ma qui si apre una questione irrisolta: i tempi. C'era attesa per un intervento immediato della Bce, e invece si è solo stabilito che la Bce può e deve intervenire. Se non è un passo indietro, possiamo considerarlo una frenata?
"No. Vede, l'Europa è dentro un percorso di integrazione, che parte dall'unione monetaria, ma si deve allargare all'unione fiscale e all'unione politica. Questo percorso richiede tempo. Ma mi creda, stabilire che nel tempo necessario a completare l'integrazione, se vi sono rischi per la stabilità  monetaria e dell'euro, la Bce può e deve intervenire per rimuovere ostacoli anche gravi al funzionamento dell'unione monetaria è tutt'altro che una frenata. àˆ una vera e propria svolta. Abbiamo fissato un principio cardine: la Bce nell'ambito del suo mandato può costituire il 'ponte” necessario per raggiungere la piena integrazione. Non era scontato che questo accadesse".

Prendo atto. Ma dopo gli annunci di Draghi a Londra, appunto, l'aspettativa era sul via libera immediato agli strumenti "non convenzionali " della Bce: un altro giro massiccio del Securities Market Program, cioè gli acquisti di bond sul mercato secondario, oppure un nuovo Ltro, cioè un'operazione di rifinanziamento a tassi bassissimi per le banche, o una riduzione dei collaterali richiesti per i prestiti accesi presso la Bce...
"Ma questi strumenti, ora, sono tutti in campo. E questa è la terza novità  emersa dal direttivo. Si tratta di metterli a punto sul piano tecnico, e sarà  il lavoro che i nostri economisti stanno già  svolgendo e dovranno completare ad agosto. Ma il dado è tratto: la Bce avrà  tutta la forza di fuoco per intervenire. E, come si era detto, con risorse assolutamente adeguate".

Ma allora perchà© i mercati, prima del rimbalzo di venerdì, hanno reagito così male? Non hanno capito nulla, o a Francoforte non si sono spiegati bene?
"Fondamentalmente, gli operatori finanziari chiedono due cose: vogliono capire in quali modi la Bce interverrà , non solo con interventi di mercato aperto, per garantire liquidità  al sistema e al settore privato, e vogliono sapere in quali tempi gli strumenti diventeranno operativi. La risposta alla prima domanda è arrivata. Ora deve arrivare la risposta alla seconda. Da questo punto di vista, auspico un confronto serrato tra Eurogruppo e Bce, di qui a settembre".

E nel frattempo cosa succede? Agosto non è un mese pericoloso, che potrebbe spingere la speculazione a condurre l'affondo finale contro i Paesi periferici dell'Eurozona, a partire dall'Italia?
"àˆ vero, agosto in genere è un mese in cui cala un po' la guardia. Ebbene, io dico che questa volta non deve calare. Questo riguarda sia le istituzioni, a partire dalla Bce, sia i governi di tutti i Paesi, quelli sotto attacco come quelli più virtuosi. Bisogna confermare, con gli atti concreti, che nessuno mette in dubbio l'irreversibilità  dell'euro, il processo di risanamento dei bilanci pubblici e l'azione di sostegno alla crescita economica".

Perchà© non avete ridotto i tassi di interesse, fermi allo 0,75%? Non sarebbe stato utile a dare ossigeno all'economia reale dell'Eurozona?
"In verità  non c'era una forte attesa per un calo dei tassi. In ogni caso, siamo in una fase in cui persistono prospettive di recessione e si accentua il calo dell'attività  manifatturiera, non solo nell'area dell'euro ma anche in altri paesi avanzati come nelle economie emergenti. In questo scenario di perdurante rallentamento, nei prossimi mesi ci si può attendere una politica monetaria più accomodante".

Governatore, in tutta onestà , non si poteva dare un segnale più concreto anche sul Fondo salva-spread? Per ora c'è L'Efsf, che ha poche risorse, e poi scatterà  l'Esm, che non ha licenza bancaria...
"àˆ vero che questi Fondi hanno risorse ancora limitate, e forse non sufficienti. Ma il segnale politico c'è, e riguarda tutti i paesi, a partire dalla Germania".

La sensazione è che i tedeschi abbiano fatto pesare i loro veti, in attesa della decisione della Corte di Karlsrhue sull'Esm. Ha vinto la Germania o no?
"Mi creda, questo è proprio un modo sbagliato di interpretare i fatti".

Può darsi, ma sta di fatto che il rappresentante della Bundesbank Weidmann, nel direttivo, ha votato contro l'acquisto dei bond da parte della Bce.
"Intanto non si è votato formalmente. Si è discusso. Nel board non c'è stata divisione, ma discussione e condivisione di analisi. All'Eurotower non esistono contrapposizioni predefinite. Weidmann, legittimamente, ha manifestato le sue già  note perplessità  sull'acquisto diretto di titoli sul mercato secondario da parte della Banca centrale. Questo non ha impedito di procedere sullo schema che le ho delineato. La mia idea è che se compri titoli di Stato per finanziare il debito sovrano di un Paese, allora ha ragione la Bundesbank, sei fuori dai Trattati. Ma se lo fai per ripristinare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria, allora sei pienamente dentro il perimetro dei Trattati. E questa è stata la conclusione collegiale del Consiglio direttivo della Bce".

Il fatto veramente nuovo, per ciò che riguarda il Fondo salva-spread, sembra però un altro, e forse questo è il prezzo che era necessario pagare all'ortodossia tedesca: gli Stati che chiedono l'intervento del Fondo devono sottostare alle nuove "condizionalità ", negoziate con la Bce e con la Ue. Dal punto di vista delle politiche interne agli Stati, questa può essere una novità  dirompente. Per i governi si riduce ulteriormente il margine di manovra: non c'è una definitiva cessione di sovranità  sulle politiche economiche e fiscali, tale da mettere in gioco il concetto stesso di democrazia?
"Non sono d'accordo. La democrazia non c'entra nulla. Apparteniamo a una comunità  sovranazionale in corso di costruzione. Mi sembra chiaro che dobbiamo rispettarne i vincoli, e che questa cessione di sovranità  ci riguarda tutti allo stesso modo: non solo noi e la Spagna, ma anche la Germania e la Francia. Il fiscal compact ci riguarda tutti, l'unione bancaria ci riguarda tutti. Trovo del tutto logico che, nel momento in cui uno Stato chiede un aiuto al Fondo salva-spread, debba ridefinire una serie di impegni vincolanti, e che l'Eurosistema non voglia sprecare le sue munizioni in assenza di garanzie precise. Quando si abita una casa comune, i condomini ne devono rispettare le regole e devono accettare una limitazione della propria sovranità , nell'interesse comune della casa".

Forse Monti non si aspettava questo paletto pregiudiziale per l'attivazione del Fondo. Ma secondo lei l'Italia deve chiedere gli aiuti o no?
"Al momento mi pare non ce ne sia bisogno. In prospettiva, dipenderà  da tante variabili. Se i mercati si convincono che la svolta c'è stata, se l'Italia non defletterà  dalla disciplina sui conti pubblici e rafforzerà  l'impegno per rimuovere i fattori che impediscono al Paese di crescere, allora l'intervento del Fondo non servirà . Dipende molto da noi".

Appunto. Finora a suo giudizio il governo Monti come se l'è cavata?
"Il nostro Paese ha compiuto passi importanti, anche dal punto di vista del recupero di credibilità  internazionale. Direi che siamo sulla buona strada, ma dobbiamo stare molto attenti a non perderci. Vede, io l'ho già  detto altre volte ma lo voglio ripetere: l'emergenza non è affatto finita. Ci siamo ancora dentro".

Emergenza di che tipo, governatore?
"Emergenza finanziaria, ma anche economica. E non solo italiana. àˆ inutile negarlo, la congiuntura internazionale si conferma negativa. Gli Stati Uniti puntano il dito contro l'Europa, ma a parte il fatto che proprio loro sono stati l'epicentro della crisi, anche l'economia americana cresce poco e ha alti debiti pubblici e privati. La Cina e i paesi emergenti vivono una fase di rallentamento se non di stasi, il Giappone non è più quell'esempio di dinamismo che abbiamo conosciuto negli anni '80".

Lei aveva detto che vedeva la fine del tunnel alla fine del 2012. A questo punto restiamo ancora al buio per un bel pezzo?
"Nel breve periodo la crisi si è aggravata. Anche nel 2013, purtroppo, avremo una crescita molto bassa".

Quindi, cosa possiamo fare? Continueremo ad avvitarci nella spirale più rigore-più recessione?
"Dobbiamo imparare a produrre meglio, con meno risorse a disposizione. Nel farlo, dobbiamo sapere che andiamo contro interessi e mentalità  conservatrici. Dobbiamo superarli. Poi dobbiamo ridurre il carico fiscale su famiglie e imprese, rafforzando la lotta all'evasione e puntando a un riordino della legislazione fiscale".

Come valuta il decreto sulla spending review appena passato in Parlamento con la fiducia?
"àˆ un primo passo, anche quello, ma non può essere certo definitivo. Bisogna accelerare, senza esitazioni. La spending review è un lavoro chirurgico, con il quale bisogna agire sulle micro- grandezze della spesa. Il settore pubblico va portato rapidamente su standard di elevata efficienza, riducendo sprechi e costi e migliorando i servizi. Bisogna imparare a fare interventi selettivi, e ad evitare la filosofia dei tagli lineari ".

Anche perchà©, finora, i cittadini hanno visto solo i sacrifici, senza alcun trade-off...
"La questione è complessa. Servono i sacrifici, ma serve anche equità . Governo e Parlamento devono mantenere l'impegno a rimuovere rigidità  e recuperare i ritardi, il gioco vale la candela".

Deflagrano crisi industriali, come l'Ilva o la Fiat. Ci aspetta un autunno caldo, sul versante del lavoro e dell'occupazione, il vero dramma per i giovani. Lei cosa prevede?
"Io vedo senz'altro un tema di breve periodo, cioè l'esigenza di difendere il lavoratore che perde il posto. Ma in prospettiva vedo la necessità  di rimuovere gli atteggiamenti di conservazione. Noi dobbiamo innovare moltissimo: norme, contratti, tecnologie, processi produttivi, produttività  nei servizi ancora dominati da troppe rendite di posizione. Il capitale umano va valorizzato, bisogna imparare a studiare lungo l'intero ciclo della nostra vita. I giovani sono la categoria sociale che oggi soffre di più, certo. Ma per i giovani non dobbiamo trovare un posto, bensì creare le condizioni perchà© possano lavorare. Serve un modo nuovo e inesplorato di affrontare i problemi. Serve quello che io chiamo 'uno spirito nuovo'. La capacità  di reagire, del resto, viene fuori nelle difficoltà ".

Come valuta il governo Monti, da tutti questi punti di vista? Sta vincendo la sfida, o ha esaurito la sua spinta propulsiva?
"Come le ho già  detto: la strada è giusta, la velocità  va aumentata. Noi dobbiamo ritrovare fiducia, all'interno e sui mercati internazionali. E dobbiamo fare presto".

Eppure sulle misure da prendere c'è una consultazione costante tra Palazzo Chigi e Palazzo Koch. Non è così?
"Guardi, ci tengo a dirlo: c'è un'autonomia e un'indipendenza totale tra quello che fa la Banca d'Italia nell'azione di politica monetaria e sulla Vigilanza e l'impegno quotidiano dell'esecutivo. Certo, c'è anche una collaborazione costante, di analisi e di ricerca di soluzioni, che del resto è sempre esistita tra questa istituzione e i governi del Paese. Ma non c'è e non ci sarà  mai alcuna forma di supplenza".

Anche la questione delle quote del capitale di Bankitalia detenute dalle banche fa parte del tema dell'indipendenza. Come pensate di risolvere questo problema? Le banche si devono liberare di quelle quote, e a che prezzo?
"La legge sul risparmio ha fissato alcuni principi. Draghi, quand'era ancora qui in Via Nazionale, ha già  detto che la questione va risolta. Noi siamo pronti, non abbiamo alcun tabù. Il dialogo con il Governo è sempre aperto. Questo è tutto. E non ha nulla a che vedere con il tema più generale dell'autonomia e dell'indipendenza della Banca d'Italia. Non vi è stato alcun intervento per rimettere in discussione, attraverso la questione delle quote, quei principi di autonomia e di indipendenza".

Governatore, ci aspettano mesi difficili. Tra mercati e politica, il futuro è pieno di incognite. La strana maggioranza che sostiene il governo si sta sfaldando, è già  cominciata la campagna elettorale, c'è chi evoca il voto anticipato. Lei non è preoccupato?
"Senta, io non voglio parlare di politica. Ma esprimo la mia idea da cittadino. Certo sarei preoccupato se la politica si limitasse alla ricerca di un capro espiatorio, a rinfacciare sempre a un avversario l'origine dei mali. Bisogna litigare di meno e agire di più, possibilmente tutti insieme. Dobbiamo imparare ad alzare finalmente lo sguardo, ad avere una veduta lunga, a non dividerci sempre sul passato. Vi è bisogno di una politica alta, di una classe dirigente che sia all'altezza del compito che la Storia le assegna ".


m.giannini@repubblica. it

 

 


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