RICONOSCIBILITA' AGENTI: COSI' NEL RESTO D'EUROPA (Micromega)

lunedì 17 dicembre 2012

RICONOSCIBILITA' AGENTI: COSI' NEL RESTO D'EUROPA (Micromega)

di Giacomo Russo Spena e Giuseppe Montalbano

L’anomalia italiana. La riconoscibilità  delle forze dell’ordine – con una matricola identificativa o addirittura con nome e cognome sulla divisa – è prevista in molti paesi europei (dove i livelli di scontro di piazza sono anche più elevati), ma non ancora nel nostro.

Come testimoniano le
adesioni raccolte dalla petizione rilanciata da MicroMega, la proposta di identificazione per i poliziotti in tenuta antisommossa incontra sempre più consensi nell’opinione pubblica. E lo stesso ministro Cancellieri e il capo della polizia Manganelli hanno mostrato, almeno per ora, una disponibilità  a ragionarne a patto che “non mettano in pericolo” l’incolumità  dei singoli agenti. Le preoccupazioni del ministro – troppo impegnato a difendere gli indifendibili abusi filmati e documentati per le strade di Roma lo scorso 14 novembre – si rivelano retoriche e infondate quando si consideri (e si guarda bene dal farlo) che in molti stati europei sono attualmente in vigore misure di identificazione. E’ utile quindi dare un’occhiata ai nostri vicini.

Già  in
Spagna la Guardia Civil e la Policà­a Nacional da diversi anni hanno l’obbligo di essere identificabili attraverso matricole in bella vista nelle uniformi. Lo stesso accade in Slovenia, in Repubblica Ceca e addirittura in un paese ad alta tensione sociale come la Grecia, dove solo per i ranghi più alti delle forze dell’ordine non è prevista la riconoscibilità  quando in tenuta anti-sommossa.

In diversi paesi del nord Europa il numero identificativo si accompagna con l’esplicita indicazione del nome e della qualifica del singolo agente, con buona pace per le ansie del ministro Cancellieri. In
Belgio, ad esempio, tutte le unità  di polizia hanno l’obbligo di riportare, insieme a un codice identificativo, il cognome dell’agente nella visiera e la loro qualifica nell’uniforme. Allo stesso modo in Svezia, in Polonia e anche in un paese sempre più autoritario come l’Ungheria. Nel Regno Unito le tecniche di identificazione sono, a seconda della regione, la matricola numerica o il nome e la qualifica dell’agente nelle uniformi. In Francia il ministro dell’Interno Manuel Valls ha annunciato poche settimane fa l’introduzione di tecniche identificative per gli agenti, affermando che “per essere rispettata” la polizia deve prima “essere rispettosa nei confronti dei cittadini”.

Anche la
Germania, nazione in cui l’introduzione di metodi identificativi fatica a farsi strada, da anni c’è grande dibattito sulla questione, in particolare dopo gli scontri del 2010 a Stoccarda dove centinaia di attivisti sono rimasti feriti per la contestazione alla costruzione dell’imponente snodo ferroviario “Stuttgart 21” nell’area di un parco cittadino. Una discussione che ha già  portato ad alcuni risultati in diverse regioni. A Berlino da pochi anni è stato introdotto un numero di riconoscimento per le squadre di pronto intervento, ma non per i singoli agenti. Nello Schleswing-Holstein resta in sospeso un progetto di legge dal 2010 sull’introduzione di numeri identificativi, fortemente osteggiato dai cristiano-democratici. In Sassonia dal primo aprile 2012 è stato introdotto l’obbligo di matricole di riconoscimento per gli agenti, ma non per quelli che operano “in situazioni pericolose” (tra cui le manifestazioni): un’eccezione questa contro cui continuano a battersi le sinistre e numerosi comitati cittadini.

Nel settembre 2001 il
Consiglio d’Europa ha prodotto un “Codice europeo per l’etica della polizia” che fra i suoi principi annovera l’identificabilità  delle forze armate come presupposto della loro accountability, riconoscibilità  e imputabilità  di fronte all’opinione pubblica.

In Europa non mancano quindi esempi virtuosi per una maggiore tutela dei cittadini da eventuali abusi nella gestione dell’ordine pubblico. L’identificabilità  degli agenti non basta da sola a risolvere il problema, ma è un passo necessario per rendere più trasparente l’operato della polizia, combattendo l’impunità  e prevenendo la formazione di nuclei ideologizzati al suo interno. Oltre ad essere un provvedimento di tutela delle stesse forze dell’ordine.

(22 novembre 2012)
 

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