INTERVISTA ALL'ONOREVOLE CIRO ALFANO (UDC): "PROPONIAMO IL MODELLO TEDESCO CON L'APERTURA ALL'ASSOCIAZIONISMO"

domenica 04 agosto 2002

Nei mesi scorsi abbiamo dato notizia di alcune importanti iniziative assunte dall’Unione Democristiana di Centro per la riforma della legge 382 del 1978. In particolare, ricordiamo l’innovativo progetto di legge del senatore Meleleo, che ipotizza una rappresentanza militare autonoma, equilibrata e autorevole, e il recente progetto di legge n. 1352/2002, primo firmatario il senatore Eufemi, che contiene una epocale apertura del mondo militare all’associazionismo.

C’era, quindi, grandissima attesa per gli emendamenti che il gruppo aveva annunciato Commissione Difesa al testo unificato Cossiga, il cui impianto, come abbiamo più volte evidenziato, deriva dall’impostazione degli onorevoli RAMPONI e LAVAGNINI ed è particolarmente gradita agli Stati maggiori e Comandi generali.

Non appena depositati tali emendamenti, abbiamo chiesto all’onorevole Ciro ALFANO di poterlo incontrare per soddisfare la legittima curiosità dei nostri lettori. Il Parlamentare ha gentilmente aderito alla richiesta e non solo ci ha rilasciato l’intervista che pubblichiamo di seguito, ma ci ha anche consegnato gli emendamenti che riportiamo in un altro servizio.

Ringraziamo di cuore l’onorevole ALFANO e tutto l’UDC per l’attenzione e la sensibilità che continuano a dimostrare verso il mondo militare e per i cittadini con le stellette.

 

INTERVISTA ALL’ONOREVOLE CIRO ALFANO (UDC)

di Giuseppe Fortuna

L’Onorevole Ciro Alfano, deputato dell’Unione Democristiana e di Centro (UDC), nato a Napoli 48 anni fa è alla sua prima esperienza da deputato. E’ membro del “Comitato Parlamentare di controllo sull’attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e di vigilanza sull’attività dell’unità nazionale Eurogol. E’ anche componente della IV Commissione Difesa alla Camera, ove partecipa al serrato dibattito che si sta svolgendo in questi mesi sulla riforma della rappresentanza militare.

Recentemente ha presentato una serie di emendamenti al “testo unificato”, predisposto da un’apposita Commissione, che è stato fortemente criticato dalla base e dai Cocer. Gli abbiamo chiesto di concederci una breve intervista per acquisire qualche anticipazione sulle principali modifiche proposte.

Onorevole Alfano, prima di parlare della riforma della legge 382 del 1978, ci dia qualche notizia su di lei. Leggiamo nella sua scheda personale che viene dal mondo dell’impresa.

E’ esatto, anzi ci tengo a precisare che la mia famiglia, da tre generazioni, è impegnata nel mondo dell’imprenditoria. Devo inoltre aggiungere che mi reputo fortunato, in quanto sono anche, come deputato, “figlio d’arte”; infatti mio padre, negli anni 60/70 è stato deputato. Da lui e dalla mia famiglia, che è numerosissima (siamo ben 12 fra fratelli e sorelle) ho appreso il senso della solidarietà, il rispetto delle istituzioni e dello Stato, per cui, dopo essermi realizzato professionalmente, ed aver dedicato gran parte della mia vita all’azienda di famiglia ora, che anche i miei figli sono inseriti nell’azienda familiare, dedico tutto il mio impegno all’attività di parlamentare, grazie a quei cittadini che, dandomi il loro consenso, mi hanno consentito di sedere oggi in Parlamento.

Da dove nasce il suo interesse per il mondo militare?

Le sembrerà una risposta banale, ma è la verità, fin da bambino la “divisa” in genere ha avuto su di me un fascino incredibile; poi, crescendo, ho avuto modo di apprezzare l’esempio, la dedizione degli uomini, ed ora anche delle donne, che la indossano, divenendo per me un punto di riferimento, un esempio da seguire, senza contare quel senso di tutela, di legalità e di sicurezza che anche solo la loro presenza garantisce. Devo dire al riguardo che, inizialmente, mi era stato affidato l’incarico di rappresentare il Gruppo in un’altra Commissione; poi chiesi, e fortunatamente ottenni, di far parte dell’attuale Commissione Difesa.

Centinaia di migliaia di militari sono in attesa di sapere cosa ne sarà della legge sulla rappresentanza militare. Si teme che i vertici vogliano azzerare cinque lustri di progressi bloccando il cammino iniziato 25 anni fa con la legge 382.

Sì, so che c’è attesa, grande aspettativa su questa riforma; è una delle prime cose che ho colto quando ho iniziato il mio lavoro in Commissione. Mi sono subito accorto dell’eccezionale vitalità che pervade il mondo militare ed i delegati della rappresentanza, persone preparate e volenterose che si stanno dedicando con grande impegno e professionalità per costruire una nuova realtà ancor più efficiente e moderna. Essi hanno infatti compreso che era necessario compiere un salto di qualità rispetto al passato e trovare, anche con l’ausilio delle moderne tecnologie e di un nuovo quadro normativo, nuovi strumenti e processi  che siano adeguati alla realtà che cambia, specialmente ora che siamo in procinto di attuare un cambiamento radicale costituito da un esercito formato interamente da professionisti. La riforma della 382 è un momento decisivo per il futuro sviluppo delle nostre Forze Armate ed è per questo che dobbiamo essere prudenti e saper anche ascoltare e riflettere attentamente prima di adottare provvedimenti legislativi, non possiamo permetterci di sbagliare. In Commissione, vi assicuro, ne sono tutti consapevoli ed aperti ad ogni suggerimento o contributo volto a perseguire tale importante obiettivo.

Perché, allora, questa radicale diversità di opinioni sul come cambiare la legge del 1978? Perché ci troviamo di fronte a progetti di legge tanto numerosi e diversi tra loro?

E’ vero, i progetti sono tanti ed anche noi dell’UDC ne abbiamo presentato uno, mi riferisco a quello del senatore Meleleo.

Un testo che ha trovato larghissimi consensi nella base.

Questo mi fa piacere in quanto, oltre ad essere stato presentato per primo, tale progetto si ispira ad una concezione forte di rappresentanza militare, con un’ampia autonomia degli organismi rappresentativi  dalla struttura gerarchica. Quello che serve adesso, però, è trovare un punto di incontro tra le molte posizioni emerse che risultano essere, per certi aspetti,  ancora troppo disomogenee e distanti tra loro.

Debbo arguire che state facendo marcia indietro?

Certamente no, ma per i motivi appena rappresentati dobbiamo saper ascoltare le ragioni di tutti. I testi presentati in Commissione sono riconducibili, sostanzialmente, a due sole visioni; da una parte, la rappresentanza militare viene vista quasi come un mero strumento di comando, una leva che dovrebbe essere messa a disposizione dell’autorità militare; dall’altra, i Consigli vengono visti come organismi parasindacali, deputati perciò a far emergere proposte, anche conflittuali, rispetto a quelle dei vertici. Due concezioni che sembrano inconciliabili ma che, secondo noi, rappresentano esigenze meritevoli entrambe di considerazione. E badi bene che si tratta di opinioni trasversali agli schieramenti: ci sono proposte dell’una o dell’altra specie, sia nel centrodestra che nel centrosinistra.

Insomma, o si sta da una parte o dall’altra …

Ritengo che quello che bisogna assolutamente evitare, su un tema di tale delicatezza per il Paese, siano proprio le radicalizzazioni. Bisogna riuscire a trovare una linea di congiunzione tra queste due posizioni, che non penalizzi, né l’una né l’altra esigenza, ma, anzi, che consenta di far evolvere gli apparati in modo armonico e graduale. In altri termini,  dobbiamo riuscire, anche in tale contesto a raggiungere un altro obiettivo, quello di far crescere il tasso di efficienza e di professionalità delle Forze Armate e, contestualmente, aumentare la trasparenza interna e la tutela dei lavoratori.

Gli emendamenti che lei ha presentato ubbidiscono a questa logica?

Ritengo proprio di si, il nostro sforzo è esattamente andato in questa direzione.

Però avete lavorato su un testo che è “figlio” dei progetti degli Onorevoli Ramponi e Lavagnini.

Questo era una sorta di impegno che avevamo assunto come Gruppo. Ma sono certo che lo stesso risultato di equilibrio lo avremmo ottenuto lavorando su un testo ispirato alla concezione “parasindacale”.

Quali sono i punti essenziali degli interventi proposti?

Ritengo che siano tanti e sostanziali, come potrà vedere da questa copia degli emendamenti che ho portato per lei e che, se lo ritenete, potete anche pubblicare sui vostri organi di informazione.  Come può vedere, abbiamo previsto, accanto ad un Cocer che lavora ordinariamente per sezioni autonome, dei Coir per Forza armata e Corpo armato distinti per Regioni, mentre i Cobar hanno competenza provinciale.

In questo modo si allarga la base elettorale del Cocer.

La ristretta base elettorale del Cocer è uno dei problemi dell’attuale normativa che va assolutamente risolto; non è possibile, infatti, arrivare al vertice nazionale con tre o quattro voti soltanto. Quanto alle competenze, abbiamo previsto che tutti gli organismi siano chiamati a vigilare sull’applicazione del contratto. Ovviamente, il Cocer lo farà a livello nazionale, i Coir a livello regionale e i Cobar a livello provinciale. Abbiamo poi ritenuto necessario cercare di superare anche alcune incertezze sull’applicazione di una legge importantissima, la 626 del 1994, concernente la sicurezza nei luoghi di lavoro, che in alcuni ambiti militari riteniamo venga  applicata parzialmente e forse anche con qualche incertezze. Noi diciamo chiaramente che venga affidato, agli organismi della rappresentanza, il coordinamento delle azioni in questo fondamentale settore.

Rileviamo che avete eliminato le sottocategorie di personale previste nel testo unificato.

Abbiamo ritenuto opportuno separare la categoria marescialli - ispettori da quella di sergenti – sovrintendenti, al fine di evitare una eccessiva sproporzione nei confronti degli ufficiali, ai quali, come è noto, è riservata la funzione di “presidente”. Il meccanismo elettorale ritorna ad essere quello solito, con la base che elegge che elegge i delegati Cobar, i quali eleggono i delegati Coir che, a loro volta, eleggono quelli del Cocer.

Niente “rappresentanti dei comandanti”, allora?

Non crediamo si debba fare una confusione con i termini; il comando è una funzione, non già una categoria di personale. Oggi un ufficiale può essere comandante, e non esserlo più fra un anno. Invece, ci è sembrato importante rafforzare le competenze negoziali del Cocer allargandole al trattamento economico accessorio e non più soltanto a quello principale, alla sicurezza e alla prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro e nelle attività di servizio, ai criteri generali per trasferimenti, valutazioni caratteristiche e avanzamenti. E’ inoltre, previsto che, prima di firmare gli accordi, i Cocer consultino, obbligatoriamente, i Coir e i Cobar confluenti.

Avrete forti resistenze a far passare queste innovazioni.

Siamo fiduciosi ed auspichiamo che prevalga l’esigenza di ammodernamento, nel senso sopra indicato; è’ chiaro che in questo modo il ruolo dei Cocer viene rafforzato, in coerenza con il processo avviato con il decreto legislativo 195 del 1995 e che speriamo si possa concludere con la modifica delle parti del decreto che non consentono ancora, all’organo centrale, di essere “parte negoziale” autonoma nella contrattazione e distinta dai Comandi e dal Governo.

E sul fronte delle garanzie dei delegati?

Abbiamo previsto diverse modifiche improntate ai principi della piena libertà di manifestazione delle opinioni, nell’esercizio del mandato; della prevalenza della funzione di rappresentanza rispetto alle esigenze di servizio delle amministrazioni e della pari dignità tra i delegati dei diversi organismi. In concreto, si afferma che, chi fa parte della rappresentanza, non potrà essere perseguito disciplinarmente per le opinioni espresse durante l’esercizio del mandato e non potrà essere oggetto di trasferimenti o di cambi di incarico non richiesti e, infine, che l’espletamento della funzione rappresentativa costituisca titolo utile all’avanzamento, non soltanto per i delegati Cocer ma anche per i delegati Coir e Cobar. E’ stato inoltre aggiunto il comma 2 bis all’articolo 13, per sottolineare l’esigenza di garantire, da parte dei comandanti, la piena ed incondizionata libertà di esercizio del diritto di voto al personale sottoposto alla loro diretta dipendenza, stigmatizzando il principio secondo il quale ogni comportamento o azione di indebita interferenza e/o condizionamento all’esercizio di tale diritto da parte del superiore costituisca grave mancanza disciplinare. Anche questo ci è sembrato importante.

Il Presidente, però, rimane sempre il più elevato in grado.

Questo si, ma il segretario esecutivo, che unitamente al presidente è il motore fondamentale dell’organismo, è elettivo. Si tratta di una scelta che va letta in stretta relazione con un articolo che abbiamo aggiunto appositamente, il 21-bis. Lo legga.

Vedo che si tratta di una modifica dell’art. 8 della legge 382, quello sulle associazioni tra militari.

Esatto, ritengo sia la novità che più caratterizza il nostro intervento e che gli dà una prospettiva europea; abbiamo riportato integralmente il testo del progetto di legge 1352 presentato qualche mese fa, per l’UDC, dal Senatore Eufemi. Tale norma mira a modificare una disposizione che è stata interpretata in maniera restrittiva che, di fatto, rischia di impedire ai militari di iscriversi ad associazioni culturali come ad esempio la Ficiesse. Prospettiva “europea”, ho detto, perché, in questo modo, ci avviciniamo al modello tedesco, con organismi di rappresentanza che rimangono informati a un principio gerarchico (come dimostra la funzione di presidente, riservata al delegato di grado più elevato) ma anche con il riconoscimento della libertà di aderire ad associazioni culturali senza fini di lucro e non sindacali le quali, evidentemente, funzionano secondo logiche completamente democratiche. In Germania questo modello funziona bene e garantisce la partecipazione dei cittadini con le stellette al pubblico dibattito attenuando la tendenza delle organizzazioni militari alla separatezza dal resto della società civile. Una tendenza naturale, che non si addice ad un Paese a democrazia avanzata ed evoluta come il nostro. Noi dell’UDC pensiamo che questa soluzione possa costituire quella linea di congiunzione tra esigenze opposte di cui ho parlato all’inizio. Non possiamo rischiare lacerazioni tra vertici e base nelle Forze Armate. E, allo stesso tempo, non possiamo andare sul mercato del lavoro alla ricerca di professionisti se non ci premuriamo preventivamente di garantire ai nostri militari la stessa dignità di tutti gli altri lavoratori.


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