DOCUMENTO COBAR NUCLEO REGIONALE PT GDF VENETO: "LE CONTRADDIZIONI DELLA DISCIPLINA SUI TRASFERIMENTI DEGLI UFFICIALI GDF"

domenica 15 ottobre 2000

Lo scorso anno, il Cobar dell'allora Nucleo regionale di polizia tributaria Veneto ha diffuso un documento sui trasferimenti di autorità del personale della Guardia di Finanza, con particolare riferimento agli ufficiali. Il testo evidenzia, con argomentazioni da noi pienamente condivise, le gravi contraddizioni dell'attuale disciplina dei movimenti del personale. Pertanto, lo pubblichiamo, ora per allora.

Invitiamo tutti gli interessati a farci pervenire, su questo come su ogni altro argomento di interesse, documenti da pubblicare, anche se risalenti nel tempo.

 Il testo integrale del documento

 

COBAR NUCLEO REGIONALE POLIZIA TRIBUTARIA GUARDIA DI FINANZA VENETO

I TRASFERIMENTI D'AUTORITA' DEGLI UFFICIALI GDF

1. I trasferimenti di autorità degli ufficiali della Guardia di Finanza costituiscono una questione sempre più sensibile per tutti gli appartenenti alla categoria, a qualsiasi grado appartengano, per le notorie difficoltà e gli innumerevoli disagi che sono imposti dalla frequenza degli stessi.

I sempre più onerosi costi economici legati alla mobilità non sono, allo stato attuale, considerati dall'Amministrazione in maniera oggettiva; basti pensare all'attuale situazione nazionale degli alloggi di servizio, soprattutto nelle grandi città, dove un alloggio in affitto non può non dimezzare - se non ridurre ulteriormente- le già magre disponibilità economiche mensili per  cercare di far fronte a canoni di locazione divenuti sempre più insostenibili. L'unica alternativa possibile è allora quella dell'allontanamento da moglie e figli, unita alla rassegnazione di dover "pendolare" dalla nuova sede di servizio alla sede familiare, con ulteriore aggravio delle spese.

Le "indennità" concesse dalla Legge 100/87 sono ormai talmente ridotte che non appianano in alcun modo le difficoltà sopra evidenziate. Stesso discorso vale per il trattamento economico di trasferimento "una tantum" previsto dal comma 5 dell'art. 8  dell'ultimo provvedimento di concertazione (importo non sufficiente neanche per le spese di registrazione del contratto di locazione o per le necessarie volture delle utenze)

La possibilità di poter rimediare il magro bilancio familiare dello stipendio dell'ufficiale con un'eventuale attività lavorativa del coniuge risulta peraltro essere inibita dalle prescrizioni di incompatibilità (divieto - quindi - di mogli imprenditrici o  professioniste) nonché di opportunità (divieto di mogli dipendenti da imprese o professionisti).

Non può essere sottaciuto, inoltre, il grave disagio sociale legato al trasferimento dell'ufficiale e, soprattutto, del nucleo familiare, costretto a "sradicamenti" periodici di moglie e figli per consentire il mantenimento dell'unità della famiglia.

Avuto riguardo a tali considerazioni di carattere generale, che attengono senza dubbio al benessere ed alle condizioni economiche del personale interessato, si è cercato di analizzare il quadro normativo di riferimento, costituito solo da norme interne all'Amministrazione senza che altre forme di legge (come, ad esempio, i provvedimenti di  "concertazione" per il contratto nazionale) abbiano mai previsto, una volta per tutte, regole chiare e trasparenti in materia.

2. E' noto che i trasferimento degli ufficiali della Guardia di Finanza operano attraverso il c.d. "piano di impiego", i cui contenuti normativi, esplicati attraverso Circolari del Comando Generale, non delineano in alcun modo gli effettivi obiettivi dell'Amministrazione dell'ambito del suo discrezionale potere di mobilità, limitandosi a mere affermazioni di principio, spesso  in apparente contraddizione tra loro.

Secondo quanto disposto dall'ultima circolare sul trasferimento degli ufficiali fino al grado di Tenente Colonnello-  Disposizioni per il piano di impiego relativo all'anno 1999 (F.O. n. 4 del 23 febbraio 1999) emerge chiara la necessità che tale piano di impiego divenga il luogo esclusivo di raccordo tra le primarie esigenze di servizio dell'Amministrazione e le aspirazioni e/o problematiche dei singoli..

E' evidente nel documento una netta contrapposizione tra le due esigenze, l'una qualificata primaria e l'altra non qualificata: a rinforzare la qualificazione giuridica di "esigenza primaria", la Circolare stessa asserisce l'amplissima discrezionalità di cui gode l'Amministrazione (punto 3 a. terzo paragrafo), negando ai militari la tutela giuridica della situazione personale in ordine alla sede di impiego, giacchè per gli stessi militari la permanenza in una sede o in un'altra costituisce "mera  modalità di servizio" alla quale sono tenuti. A supporto dell'affermazione si citano le Sentenze del Consiglio di Stato Sez. IV, 17 Ottobre 1984, nr.763, Sez. IV, 20 luglio 1989, nr.633 e Sez. IV, 16 luglio 1991, nr. 597

Rinviando ad un punto successivo le considerazioni sulla validità della giurisprudenza amministrativa citata, per ora ci si     limiterà ad osservare che il "piano di impiego"degli ufficiali prende spunto da una serie di criteri sui quali si basa la primaria esigenza dell'Amministrazione, così come espressi nel tempo (da ultimo, con la Circolare nr. 330600/114/3^ dell'8 settembre     1997):

a. la permanenza massima al reparto (5 anni), con esclusione di alcuni reparti di cui alla tabella in allegato 2 della richiamata circolare, considerati "non operativi" ai fini dell'impiego (come il Comando Generale, gli Ispettorati, i Comandi Zona etc.);

b. il contenimento degli oneri finanziari, derivanti dall'indennità dovuta ai trasferimenti infraquadriennali dalla Legge 10 marzo 1987 nr. 100, dalle indennità di prima sistemazione nonché dalle spese per il c.d."trasporto masserizie";

c. definizione a medio-lungo termine dello sviluppo di impiego del personale interessato;
d. esigenza di assegnare ai reparti ufficiali con esperienze adeguate agli incarichi da ricoprire.

In merito al punto a., è interessante notare come la Circolare 330600 - al punto 3 (Piano di impiego:indicazioni generali) - asserisca che, con riferimento alla sede di servizio, una prolungata permanenza, sebbene debba essere oggetto di approfondita valutazione non costituisce di per sé presupposto necessario e sufficiente a promuovere l'inserimento dell'ufficiale nel piano di impiego: in altre parole, per coloro che prestano servizio presso i reparti della citata tabella allegato 2., la disposizione relativa al periodo di permanenza massima non è assolutamente rilevante, con il risultato che alcuni ufficiali possono permanere alla stessa sede di servizio per periodi indefiniti (basti pensare, con riferimento alla citata tabella, ai reparti non operativi alla sede di Roma) mentre per tutti gli altri impiegati in reparti operativi, la prospettiva del trasferimento di autorità s'impone alla scadenza del quinto anno di servizio (dopo aver superato "indenni" le connesse responsabilità di comando, di funzione e di qualifica (che i colleghi impiegati in compiti di "staff" non hanno).

Discriminante risulta dunque il criterio della permanenza massima di 5 anni motivato esclusivamente, a parere di chi scrive, da esigenze di sicurezza morale. Proprio in quanto solo agli ufficiale in forza a reparti"operativi", e non agli altri, è imposto il  criterio de quo, appare essere infondato motivare l'"obbligo"del trasferimento dopo cinque anni con il criterio di cui al punto c. (definizione a medio-lungo termine dello sviluppo di impiego del personale interessato) e d. (esigenza di assegnare ai reparti ufficiali con esperienze adeguate agli incarichi da ricoprire) che della "massima permanenza" sembrano essere conseguenti corollari: coloro che sono impiegati in funzioni di "staff"non hanno analoghe necessità di sviluppo di impiego? Ovvero, come può un ufficiale impiegato per lungo tempo un funzioni di "staff" assumere comandi di reparti"operativi"?

Se è logico quanto sopra allora l'Amministrazione ritiene l'ufficiale in sede di servizio operativo, in sostanza, e per quanto ancora oggi viene sostanzialmente sostenuto, fino al 364° giorno del 5° anno di permanenza è un ufficiale "moralmente sicuro", con il primo giorno del 6° anno, l'ufficiale, con un'evidenza derivante non si sa da dove, assume la qualifica di ufficiale moralmente "a rischio" nell'espletamento del servizio e pertanto s'imporrebbe la necessità del trasferimento.

Ciò sembra avvalorare la tesi di una aprioristica scarsa fiducia dell'Amministrazione nei confronti della categoria ufficiali, pur avendo a disposizione, nell'ambito di una corretta, sostanziale e concreta azione di comando da parte della Gerarchia, tutte le possibilità per poter trasferire un ufficiale a ragion veduta e con chiare e trasparenti motivazioni dettate da esigenze di opportunità - incompatibilità ambientale - scarso rendimento in servizio.

Peraltro, quando il legislatore ha voluto sancire un principio di imparzialità, riferito all'opera dei funzionari dello Stato investiti in di particolari responsabilità nell'espletamento delle funzioni affidate loro, lo ha regolamentato con norme perfino di rango costituzionale,come nel caso delle garanzie relative i magistrati. Quindi, da un punto di vista logico, appare incoerente, rispetto a siffatto principio, correlare invece l'imparzialità dell'azione di comando svolta dagli ufficiali sul territorio al loro  frequente avvicendamento.

3. Anche la più recente Circolare sui trasferimenti continua ad asserire il criterio della permanenza massima nonostante l'avvento dei c.d. Decreti Bassanini, che costituiscono invero l'ampia premessa di un'apposita Circolare, la nr. 83998/P del 5 marzo 1997 avente per oggetti l'abolizione della "relazione sulla condizione morale del personale" e l'introduzione della "relazione sulla gestione e motivazione al lavoro del personale" in stretta relazione con la "gestione per obiettivi".

Le disposizioni impartite prendono spunto dalle "...nuove logiche gestionali introdotte dal D.L.vo 29/93 (che) rendono ancor oggi più pressante l'esigenza di avere conoscenza dell'attività di gestione del personale, svolta a livello locale e di disporre di dati in materia atti ad orientare valutazione e scelte a livello centrale.."(Circ. 8399/P - 1,Situazione): non solo, il Comandante Generale afferma, continuando, che "...occorre invece concentrare l'interesse sui principali fattori che incidono sulle condizioni del personale...Si tratta di quei fattori che, valorizzando le risorse umane e favorendone una allocazione razionale ed efficiente, ne influenzano anche una motivazione al lavoro basata sul senso di appartenenza all'Istituzione, sulla responsabilità morale nei suoi confronti nonché sull'identificazione con i suoi obiettivi ..."

Tra i fattori de quo vengono annoverati, oltre alla chiarezza dei compiti/obiettivi: lo spirito di corpo, il sostegno ed il controllo da parte dei superiori (con l'aggiunta della "situazione disciplinare") nonché il "clima organizzativo", consistente nell'organizzazione del lavoro da attuarsi negli aspetti della allocazione e della valorizzazione delle risorse umane, soprattutto attraverso il miglioramento della preparazione professionale nonché la situazione alloggiativa.

Non è difficile cogliere, nell'elencazione della Circolare, una grave lacuna afferente l'allocazione razionale ed efficiente " del personale: la condizione psicologica e sociale (famiglia - progetti a medio-lungo termine - educazione e crescita dei figli) in cui una persona a qualunque professione appartenga, ha diritto: diritto questo specifico e garantito, in primis, dalle norme costituzionali di cui agli artt.30 (diritto/dovere al mantenimento della famiglia ed all'educazione dei figli) ed art. 36 (retribuzione proporzionata ed atta a garantire a sé ed alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa).

In merito alla mobilità la Circolare in argomento delega ai Comandanti di Zona il compito di redigere una tabelle (la nr.5) in cui viene definito l'impiego degli ufficiali, con riferimento alle richieste di ripianamento di incarichi vacanti in ordine di priorità, alle proposte di trasferimento e alle proposte di deroga ai criteri di permanenza massima che pertanto possono essere disattesi, almeno in linea di principio, con apposite contromotivazioni da formularsi soltanto come eccezione al requisito della  massima permanenza.

In sintesi, non è difficile rendersi conto di come vi sia stata un'applicazione sostanziale del D.lgs. 29/93 nella parte in cui prevede l'attuazione della mobilità dei pubblici impiegati, ma anche di come poi le Circolari interne abbiano recepito solo una parte della norma in questione, tralasciando del tutto le parti riguardanti:

  • il dialogo con le rappresentanze "sindacali", che, non essendo possibili nell'ambito militare(Corte Costituzionale-Sent.     449/99) potrebbero comunque già essere identificate con gli Organi della Rappresentanza Militare;
  • il sistema di istanze del personale, da esplicarsi - alla stregua delle altre Pubbliche Amministrazioni - attraverso     procedimenti che prevedano apposite domande, ovvero gradimenti espressi, incentivati con situazioni soggettive di privilegio     (avanzamenti in carriera, premi, etc) per le sedi meno ambite.

4. Ritornando sulla asserita pretesa di "amplissima discrezionalià dell'Amministrazione", contenuto nella Circolare sul piano di impiego, con il richiamo a pregresse decisioni del Consiglio di Stato, è necessario sottolineare che l'orientamento giurisprudenziale citato era consolidato nel tempo, affermando tale discrezionalità nei confronti del personale militare.

L'Amministrazione, si diceva, non è tenuta a dare contezza delle ragioni che presiedono al trasferimento di un militare da una sede di servizio ad un'altra, atteso che tali provvedimenti sono qualificabili come "ordini", che attengono ad una semplice modalità di svolgimento del servizio e come tali non contestabili se non per il vizio dell' "arbitrarietà" dell'ordine (e da qui deriva la "amplissima discrezionalità" che deve essere quindi impartito a norma dell'art.4 della Legge 382/78.

L' "ordine", sempre secondo quanto affermava il Consiglio di Stato, non può essere considerato un "provvedimento amministrativo"a norma dell'art. 3, della L. 7 agosto 1990, nr.241, in quanto la stessa norma non lo prevede come tale.

In conclusione, pertanto, l'ordinamento non sembrava riconoscere ai militari in genere alcuna tutela in relazione ai motivi personali di carattere affettivo ed economico: l'Amministrazione non era tenuta a dare contezza delle ragioni che presiedevano al trasferimento di un militare per cui non poteva riconoscersi una posizione soggettiva giuridicamente tutelabile dal militare con riguardo alla sede di servizio.

Tale orientamento ha subito una decisa inversione di rotta con l'Ordinanza del Consiglio di Stato - Quarta Sezione, del 14 Luglio 1998, la quale, accogliendo il ricorso di un ufficiale superiore del Corpo, e concedendo una sospensiva del provvedimento, ha riconosciuto che ".. dal provvedimento (di trasferimento) impugnato in primo grado deriva un danno grave ed irreparabile ..." e rileva, sebbene sul piano del "fumus", la violazione - da parte     del Comando Generale della Guardia di Finanza - dell'art. 7 della Legge 241/90.

Il Consiglio di Stato ha pertanto completamente rinnovato l'orientamento sulla materia con l'ordinanza citata, grazie alla quale  è possibile affermare che:

  • i trasferimenti degli ufficiali della Guardia di Finanza non sono più "ordini", ma provvedimenti amministrativi a norma dell'art. 4 Legge 241/90;
  • la pretesa "amplissima discrezionalità dell'Amministrazione" derivante dagli "ordini" ad un militare, non sembrerebbe più esistere per l'ufficiale della Guardia di Finanza e, a rigor di logica, deve essere completamente rivista alla luce delle recenti disposizioni in materia di provvedimenti amministrativi e, di riflesso ed in generale, in materia di riforma della Pubblica Amministrazione.

Invece, con la Circolare sul "piano di impiego" del 1999, si è inspiegabilmente riaffermata l'amplissima discrezionalità e, come se nulla fosse accaduto, è stata solamente introdotta la facoltà di accesso agli atti amministrativi prevista dalla Legge 241/90, assai probabilmente sulla base dell'Ordinanza citata: ciò, peraltro, risulta scelta ambigua in quanto se la discrezionalità è afferente all' "ordine di cui alla Legge 382/78, e l'ordine non è un provvedimento amministrativo concernente pianificazione trasferimenti ufficiali fino al grado ten. colonnello anno 1999 semialt attivato con invio e compilazione scheda pianificazione (cfr. circolare 38300- pagina 6-2°capoverso)..."?.

5. L' "ibrida" impostazione di fondo risulta ancor più ambigua allorquando si considera che, da un lato, si applicano di fatto agli ufficiali le norme del D.L.vo 29/93 connesse alle responsabilità oggettive della gestione delle risorse per il raggiungimento degli obiettivi, considerandoli, in tutto e per tutto, dirigenti del pubblico impiego, sebbene il comma 4 dell'art.2 del Decreto citato recita testualmente: "in deroga ai commi 1 e 2 rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti (...) il personale militare e  delle Forze di Polizia di Stato...".

La situazione di assoluta carenza di punti di riferimento oggettivi in materia per la tutela dell'ufficiale della Guardia di Finanza trova altri punti di profonda perplessità quando si prendono in esame le disposizioni emanate per la mobilità (che appare  prevista esclusivamente "a domanda") per il personale appartenente ai ruoli sottufficiali ed appuntati/finanzieri: la Circolare 238000 del luglio 1997 stabilisce che le modalità di movimento del personale appartenente ai ruoli sopra citati vengono impartite "...nel quadro del perseguimento di sempre più avanzati obiettivi di efficacia ed efficienza nell'operato della Pubblica Amministrazione ed alla luce dei principi guida contenuti nel D.L.vo 29/93 e successive modificazioni ed integrazioni, con riferimento alle responsabilità gestionali dei dirigenti ed al rispetto delle piante organiche e nella Legge 241/90 in materia di trasparenza dell'attività amministrativa...".

Da ultimo, su "Il finanziere", nr. 6 del giugno 1999, pag.57, l'Ufficio Personale Sottufficiali, Appuntati e Finanzieri ha comunicato che ben il 52% delle domande di trasferimento è stato accolto! L'euforia per tale risultato non sembra coinvolgere la categoria ufficiali,in quanto per questi è reiterato un concetto di fondo in tutte le disposizioni:i trasferimenti a domanda degli ufficiali, allorquando siano basate sulle stesse motivazioni, riportate nella scheda di pianificazione annuale rappresentano esclusivamente meri fattori da considerarsi nell'ampia discrezionalità" sopra specificata.

6. Le motivazioni addotte dagli ufficiali nelle domande di trasferimento quindi, a differenza di quelle dei sottufficiali, in base al punto 6 della Circolare 330600/114/3 dell'8 settembre 1997, potrebbero di fatto essere considerate assolutamente pleonastiche, avendole l'Amministrazione già vagliate con l'esame delle "schede"di pianificazione di cui sopra.

A tale proposito, la Circolare 316170/114/3 del 25 agosto 1997, premettendo che "... non è sempre possibile contemperare le problematiche personali e familiari, con le esigenze di servizio talchè è inevitabile che in alcuni casi l'Amministrazione debba operare scelte divergenti dalle aspettative dei singoli ..." dispone che le Gerarchie intermedie, che esprimono pareri su istanze di revoca o modifica dei trasferimenti, debbano procedere "....ad un esame più critico, (talchè) non possono considerarsi "eccezionali", e quindi apprezzabili in sede istruttoria,(...) motivazioni (...) che, pur degne della massima considerazione, siano però comuni alla maggioranza del personale posto in mobilità ...".

7. Appare evidente che ai singoli ufficiali sia riconosciuta solo una mera "aspettativa"di vedere soddisfatta una propria esigenza di carattere personale e familiare: tale posizione sembra, anche alla luce della giurisprudenza citata, illogica se non del tutto illegittima, atteso che, per i principi fondamentali del Diritto Amministrativo, a fronte di un provvedimento vi è sempre e comunque un interesse legittimo giurisdizionalmente tutelabile, se non, come nel caso di specie, un vero e proprio diritto soggettivo.

A tale riguardo, se il processo di inclusione della Guardia di Finanza nell'ambito dei criteri-guida delle pubbliche amministrazioni civili (D.L. 29/93 e seguenti), ancorché inibito dalla stessa Legge, si ritiene irreversibile e consolidato, allora a fronte dei diritti soggettivi degli ufficiali l'Amministrazione non può esprimere solo la "massima  considerazione": ad essa fa capo un obbligo preciso, nell'esercizio del potere di autotutela, di evitare le conflittualità -anche giurisdizionali- interne, con regole connotate della massima trasparenza che determino a priori le esigenze di servizio invocate per l'adozione del provvedimento del piano di impiego.

Tali esigenze devono essere rese note nel piano di impiego: l'ufficiale deve conoscere quali e quante sedi di servizio devono essere avvicendate, anche allo scopo di consentire, sebbene in minima parte, una più logica e concreta pianificazione da parte degli ufficiali in sede di redazione di scheda.

In sostanza, così come è avvenuto nel 1999 per la prima destinazione degli ufficiali provenienti dai corsi di     Accademia , ai quali sono state preventivamente indicate le sedi di servizio da ricoprire ed è stato loro concessa     la possibilità di scelta, quali motivi ostativi vi sono per non estendere - a tutta la categoria - nel contesto di un piano di impiego, tale possibilità?

Ritornando inoltre alla disparità tra i ruoli, occorre evidenziare che tra un maresciallo capo ed un tenente, comandante di reparto isolato (con le responsabilità connesse) e lontano dalla sede dei propri interessi, la differenza di stipendio è a favore del sottufficiale l'unica prospettiva di vedere migliorare la propria posizione economica è rappresentata dal decorso di ben 15 anni nella categoria, mancando attualmente un'idonea progressione nel trattamento economico, già di per sé non adeguato  alle mansioni svolte.

Ormai sono innumerevoli gli ufficiali, tra i quali vi sono persone valutate di rendimento elevatissimo per preparazione e capacità professionali, che hanno deciso di lasciare il Corpo, con la profonda amarezza di chi lascia un'Istituzione nella quale ha veramente creduto, ma che ha visto nel tempo malata di immobilismo sia per quanto riguarda i trasferimenti sia per ciò che concerne l'altra grande fonte di frustrazione costituita dagli avanzamenti.

Ci si auspica che queste riflessioni possano rappresentare uno sprone per le Superiori Gerarchie affinché prendano coscienza della concretezza dei problemi della categoria ufficiali e predispongano di conseguenza tutte le iniziative ritenute necessarie al miglioramento del "clima interno" in ordine ed alcune priorità ormai improcrastinabili, in materia di trasparenza e comunicazione interna, parità di trattamento, meritocrazia e riconoscimenti morali ed economici.

 

 

 


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