CONSIGLIO DI STATO, DEPOSITATA LA DECISIONE N. 2641/2000: NIENTE MOTIVAZIONE PER I TRASFERIMENTI D'AUTORITA'

sabato 09 dicembre 2000


CONSIGLIO DI STATO, DEPOSITATA LA DECISIONE N. 2641/2000: "NIENTE MOTIVAZIONE PER I TRASFERIMENTI D'AUTORITA'"

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso iscritto al NRG 653499, proposto da G. P., rappresentato e difeso dall'avvocato A. C. ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in …; .

                                                                                          contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello stato e presso questa domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12;
Comando III Regione Aerea di Bari, Aeronautica Militare -Persaereo Roma, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore non costituiti;


per l'annullamento


della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione di Lecce, n. 422 del 20 aprile 1999.
Visto il ricorso in appello;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta alla pubblica udienza del 4 aprile 2000 la relazione del consigliere Vito Poli, uditi gli avvocati C. e V. (Avvocato dello Stato);
Ritenuto e considerato quanto segue:


FATTO


Con ricorso notificato 1'8 luglio 1999, P. G., sergente maggiore motorista dell'Aeronautica Militare in s.p.e., proponeva appello avverso la sentenza del T.A.R. per la ; Puglia, sezione di Lecce, n. 422 del 20 aprile 1999, con cui venivano respinte tutte le censure articolate nei confronti:

a) della nota prot. ADI/6/57121/C6 del 2 luglio 1993 del Direttore Generale Persaereo Roma; b) della nota prot. TR3-212/3583/C13-7/10166 dell'8 giugno 1993, del Direttore del Comando III Regione Aerea - Direzione territoriale del Personale - 1° ufficio - 2^ sezione.
Si costituiva il Ministero della Difesa deducendo l'infondatezza. del gravame in fatto e diritto .
La causa è passata in decisione all'udienza pubblica del 4 aprile 2000.

DIRITTO


1. L'appello è infondato e deve essere respinto.

2. L'oggetto del presente giudizio è costituito dai provvedimenti del Ministero della Difesa con cui si costituito il 32° Aerostormo presso la base di Amendola, con adeguamento dell'organico del personale ufficiale e sottufficiale (cui appartiene il ricorrente, sergente maggiore motorista) e trasferimento d'autorità dei militari interessati, in particolare dal 32° Aerostormo di Brindisi alla 60° Aero brigata di Amendola.

L'appellante, ripropone tutte le doglianze respinte dall'impugnata sentenza, lamentando, nella sostanza, la violazione delle regole poste dalla legge n. 241 del 1990, anche in tema di partecipazione procedimentale, l'eccesso di potere per carenza di motivazione e. istruttoria, la mancata applicazione dei principi sanciti da1l' articolo 32 del D.P.R. 10 gennaio 19571 n. 3, in tema di valutazione delle esigenze familiari e personali del dipendente da trasferire, e, infine, l'omessa applicazione dei criteri formulati nella circolare per le designazioni di impiego e movimentazione dei sottufficiali - DGPMA 6087 dell'1l marzo 1987.

3. Ai fini del corretto inquadramento dogmatico delle problematiche giuridiche sottese al gravame in trattazione, assume carattere decisivo l'individuazione dell'esatta natura giuridica del provvedimento di trasferimento d'autorità del personale militare, e dei connessi limiti al sindacato giurisdizionale di legittimità esercitato dal giudice amministrativo.

I) E' pacifico nella giurisprudenza di questo Consiglio che i provvedimenti di trasferimento d'autorità disposti dall'Amministrazione militare rientrino nel genus degli ordini (cfr .ex plurimis e da ultimo sez. IV, 9 novembre 1999, n. 2106, ord.; 15 luglio 1999, n- 1235; 26 gennaio 1999, n. 128, ord., 21 gennaio 1997, n. 33; 29 gennaio 1996, n. 85). A tanto conduce l'esegesi storica, letterale e sistematica delle norme sancite dalla legge 11 luglio 1978, n. 382 -norme di principio sulla disciplina militare -ed in particolare quelle enucleabili dagli artt. 4, 4° comma, e 12, 1° comma; nonché dal D.P.R. 18 luglio 1986, n. 545 - approvazione del regolamento di disciplina militare ai sensi dell'ari. 5, primo comma della legge 11 luglio 1978} n. 382 -ed in particolare quelle di cui agli artt. 1) 2° comma, 2, 1° comma, 23 e 25. Dall'esame di tali disposizioni emerge, con chiarezza, che ineludibili esigenze di organizzazione, coesione interna e massima operatività delle Forze Armate, impongono di sussumere nella categoria dell'ordine del superiore gerarchico, questi provvedimenti che attengono, in buona sostanza, ad una semplice modalità di svolgimento del servizio sul territorio (cfr .in termini sez. IV, n. 85 del 1996 cit.; Corte cost. 17 dicembre 1999, n. 449, con riferimento alla speciale considerazione delle esigenze operative delle Forze Armate). Tant'è che anche i provvedimenti di trasferimento per incompatibilità ambientale sono stati esattamente ricondotti nell'ambito del trasferimento per esigenze di servizio, non denotando una fattispecie autonoma di trasferimento, (cfr .sez. IV, 28 marzo 2000, ord.; sez. IV, n. 85 del 1996 cit.; sez. IV, 7 ottobre 1992, n. 849). Sotto tale angolazione si è affermato, coerentemente, che le esigenze di servizio indicate in un provvedimento di trasferimento di sede di un militare non possono essere ricondotte esclusivamente a necessità organiche o ad impegni tecnico -operativi, bensì a tutti quei motivi "di opportunità che possono oggettivamente compromettere, in modo grave, l'immagine delle Forze Armate, e l'ordinato svolgimento dei compiti istituzionali affidati ai militari {cfr .ex plurimis sez. IV , n. 33 del 1997 cit.; 16 novembre 1993, n. 1017). Neppure possono profilarsi obiezioni inerenti. alla mancanza di tutela dei diritti fondamentali della persona. Come già sottolineato, si tratta di provvedimenti che incidono, molto modestamente sulle modalità di prestazione del servizio militare. Il nucleo essenziale di tali diritti, in un'ottica di necessario bilanciamento con valori costituzionali parimenti importanti (cfr .in termini Corte Cost. 17 dicembre 1999, n. 449) è stato salvaguardato dall'ordinamento militare, che ha previsto l'illiceità del trasferimento discriminatorio (art. 17) l. 382 del 1978 cit.} fondato su ragioni ideologiche e politiche, o comunque vessatorie (cfr. sez. IV, 30 novembre 1999, n. 2268, ord., per una fattispecie di trasferimento ad una sede di servizio particolarmente lontana da quella originaria). Coerentemente il legislatore ha circondato di particolari cautele il trasferimento di appartenente alle rappresentanze militari (art. 20, l. n. 382 de11978, in combinato disposto con l'art. 13 D.P .R. n. 691 del 1979), imponendo l'acquisizione del parere non vincolante dell'organo di rappresentanza, ogni qualvolta dal trasferimento derivi la decadenza dal mandato (cfr. in termini sez. IV, 30 novembre 1999, n. 2271). In tali casi il sindacato di legittimità del giudice amministrativo si estenderà alla individuazione delle ragioni della scelta espressa dall'amministrazione nell'atto impugnato, onde valutarne la proporzionalità in comparazione con la cura concreta dell'interesse pubblico perseguito ed il sacrificio imposto alla sfera giuridica del privato.

II) Dall'assodata natura giuridica di ordine del provvedimento di trasferimento, discendono importanti conseguenze sul piano della individuazione della disciplina sostanziale applicabile. In primo luogo, deve rilevarsi che tali ordini sono sottratti alla disciplina generale dettata dalla legge n. 241 del 1990 (cfr. in termini, sez. IV, 9 novembre 1999, n. 2106, ord.; 15 luglio 1999, n. 1235; 26 gennaio 1999, n. 128, ord., 21 gennaio 1997, n. 33; 29 gennaio 1996, n. 85).
L'ordine è un precetto imperativo tipico della disciplina militare e del relativo ordinamento gerarchico; diversamente da altri atti appartenenti concettualmente alla medesima categoria, l'ordine adottato dai responsabili militari
(e tale deve ritenersi anche il Ministro della difesa per la responsabilità delle Forze Armate che su di lui incombe, secondo sez. IV, 15 luglio 1999, n. 1235 cit.), non richiede alcuna motivazione, perché intrinseco a materia in cui l'interesse pubblico specifico del rispetto della disciplina e dello svolgimento del servizio prevalgono in modo immediato e diretto su qualsiasi altro. Le differenze concettuali e di disciplina positiva fra impiego civile e servizio militare sono tanto profonde ed estese, da rendere problematico ogni tentativo di assimilazione analogica o di individuazione di principi generali comuni. L'ordinamento militare, come ha recentemente ricordato la Corte costituzionale (cfr. n. 449 del 1999 cit.), riceve una speciale menzione dalla Carta fondamentale (art. 52, terzo comma), nel senso che, ferma restando la sua collocazione all'interno dell'ordinamento giuridico generale, deve esserne apprezzata la sua assoluta peculiarità, composto com'è da un corpus omogeneo e completo di regole, non di rado più dettagliate e garantistiche di quelle relative all'impiego civile (cfr. in termini sez. IV, n. 85 del 1996). Ne consegue che in materia di incarichi militari non possono fondarsi aspettative di ius in officio non essendo configurabile una posizione soggettiva giuridicamente tutelata del militare alla sede di servizio, a fronte della quale sussista un onere di motivazione delle esigenze giustificative del provvedimento.
III) Parimenti inapplicabile, agli ordini militari, è la disciplina dettata dalla legge n. 241 del 1990 in tema di partecipazione del privato al procedimento amministrativo. Costituisce ostacolo insormontabile, sul piano del diritto positivo ed ancora prima su quello logico giuridico: a) il dovere di pronta esecuzione dell'ordine incombente sul militare, sancito espressamente dal richiamato art. 25, D.P.R. n. 545 del 1986; b) il correlato dovere, di formulazione chiara dell'ordine stesso, gravante sul soggetto che lo impartisce, affinchè venga eseguito senza dubbio o esitazioni (art. 23, d.P.R. n. 545 cit.). Sul piano sistematico deve evidenziarsi che l'obbligo di immediata esecuzione dell'ordine è sanzionato penalmente dalle norme incriminatrici speciali contenute nel titolo III del libro II del codice penale militare di pace; in particolare viene in rilievo il reato preveduto e punito nel Capo I, dall'articolo 173 c.p.m.p. - della disobbedienza -imperniato su una fattispecie di rifiuto ritardo od omissione di obbedienza all'ordine attinente al servizio. In forza del principio di non contraddizione da ritenersi insito nel sistema, deve escludersi che la legge 241 del 1990, mancante di ogni riferimento alla disciplina militare, abbia implicitamente abrogato tali fattispecie criminose, tutte fondate sulla tutela del bene giuridico dell'ordine pubblico militare, ravvisato, secondo la più moderna dottrina in chiave funzionalistica e rispettosa del canone costituzionale della tassatività, nell'insieme delle condizioni minime di esistenza dell'ordinamento militare, cioè dell'organizzazione delle forze armate, delle sue formule e dei suoi rapporti organizzativi. Le medesime esigenze sono poste a fondamento dei reati di assenza dal servizio alle armi, ed in particolare di quello concernente la mancanza alla chiamata (art. 151 c.p.m.p.), atto quest'ultimo che deve essere sussunto nel genus degli ordini (cfr .Cass. 20 maggio 1987, Marracino; nel senso che il reato di mancanza alla chiamata si fondi su un dovere " … ordinato all'immediato inserimento nelle forze armate ...idoneo di per se all'insorgenza di un vincolo giuridico di appartenenza" si è pronunciata di recente la Corte Costituzionale, 26 marzo 1998, n. 73). Si badi, infine, che l'ordine è un atto amministrativo a forma libera, unisussistente, per cui risulterebbe difficoltoso, già sul piano concettuale, immaginare che debba essere preceduto dall'avviso di procedimento, ovvero che presupponga:, sempre una istruttoria all'interno della quale acquisire le osservazioni del destinatario dell'ordine. Peraltro, la stessa legge n. 241 del 1990 prevede (art. 7, 1° comma), che solo ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità, l'avvio del procedimento è comunicato all'interessato. E' vero che l'Adunanza plenaria di questo Consiglio (15 settembre 1999, n.14) ha riconosciuto espressamente che tali esigenze debbano essere qualificate, ricorrere in concreto; è anche vero, però, che l'intero sistema della disciplina militare, sia in ambito amministrativo che penale, esige l'immediato rispetto dell'ordine e la sua pronta esecuzione; di talchè appaiono integrate quelle speciali ragioni di celerità procedimentale raffigurate dalla legge n. 241.

4. Facendo applicazione dei principi sopra illustrati al caso di specie, risulta con chiarezza l'infondatezza delle censure articolate. Come esattamente rilevato dal giudice di prime cure, l'amministrazione, pur non essendovi tenuta, ha in concreto preso in considerazione le esigenze del militare, acquisendo le sue osservazioni e filtrandole alla luce della circolare DGPMA 6087 dell'11 marzo 1987.
In conclusione l'appello deve essere respinto ma, sussistendo giusti motivi, le spese del grado possono essere integralmente compensate fra le parti.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ( sezione quarta):
- respinge l'appello proposto, e per l'effetto conferma la sentenza indicata in epigrafe;
- dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2000, con la partecipazione di:

Aldo PEZZANA - Presidente
Domenico LA MEDICA - Consigliere
Costantino SALVATORE - Consig1iere
Cesare LAMBERTI - Consigliere
Vito POLI - Consigliere est.

 



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