TRASFERIMENTI GDF: UOMINI O NUMERI?

giovedì 03 ottobre 2002

Abbiamo ricevuto dal signor R. C. la lettera che di seguito pubblichiamo.

 

“Gli argomenti trattati dal vostro sito sono di indubbia importanza ed attualità ed hanno, a pieno titolo, molto spazio dedicato ad approfondimenti, ma mi chiedevo se non fosse il caso di entrare in un ambito scottante e scabroso come quello dei trasferimenti del personale del Corpo anche alla luce di quella che dovrebbe essere la nuova normativa in materia. Che la situazione sia paradossale allo stato delle cose è agli occhi di tutti come lo è il fatto che il Comando generale consideri il personale del Corpo alla stregua di pedine se non di numeri. L'ultimo episodio che ha ancor di più palesato questa situazione è stato l'arrivo del "viscido" radiomessaggio del 25.07.2002 che a soli 6 giorni dalla data di inizio del periodo utile per la formulazione delle domande di trasferimento ha sospeso la possibilità di presentare le stesse a tempo indeterminato ed in attesa di emanazione di una nuova circolare! Non credo si questo il modo di dimostrare interesse per il personale che attende magari per anni il raggiungimento dei necessari requisiti, maturando aspettative e facendo progetti per il futuro proprio e della propria famiglia. Non è corretto bloccare tutto a soli 6 giorni dal poter formulare l'agognata domanda di trasferimento; non sarebbe più logico emanare una circolare in materia (e non un radiomessaggio) al termine del periodo previsto per la presentazione delle istanze in modo tale da consentire a coloro che a distanza di 11 o 12 mesi avrebbero potuto formulare pari richiesta di "farsene una ragione" evitando così, per quanto possibile, di disattendere le citate aspettative e quindi di demotivare il personale? Alla luce di quanto si è appreso, anche grazie a Ficiesse, in merito al contenuto sulla nuova circolare sembra che i requisiti vengano nuovamente innalzati (è già accaduto nel 1995; da 3 a 5 anni) e portati a 6 anni allontanandoci così ancor di più da quanto previsto per le altre forze di polizia (CC: 4 anni di permanenza per il primo trasferimento ed 8 di servizio per poter richiedere la regione di origine; PS: 4 anni di permanenza, o 2 se sede disagiata). Personalmente vivo questa situazione quasi come un a presa in giro visto che mi sono arruolato con la prospettiva di poter formulare la mia prima istanza di trasferimento dopo 3 anni di servizio mentre ora, dopo varie vicissitudini ma prestando servizio sempre nella stessa sede, mi ritrovo a sperare di essere, forse, trasferito per la prima volta dopo 11 anni. Onestamente sono stanco di attendere di poter avere una vita normale e sto seriamente cominciando a pensare di lasciare questa amministrazione a cui penso di aver dato tutto quello che potevo in termini di impegno e disponibilità a volte tralasciando gli affetti dei miei cari e di mia moglie che non può raggiungermi nella mia sede di servizio. Ferma restando la mia situazione (che definirei quasi Kafkiana) sono consapevole di essere solo uno dei tanti casi di appartenenti al Corpo in attesa perenne di una speranza di trasferimento, e mi domando: - gli organismi di rappresentanza vengono interpellati preventivamente in caso di previsione di nuove normative in materia? (se non è benessere del personale questo!) - perché non si promuovono discussioni anche tra organismi di rappresentanza e personale per questioni come queste? - perché non si propone a livello centrale una normativa sui trasferimenti mista che stabilisca unitamente a dei requisiti di permanenza, non eccessivi come 4 o cinque anni al massimo, dei requisiti di anzianità di servizio, ad esempio 7 o 8 anni. Perché non far formulare, una volta maturati i requisiti, la domanda di trasferimento una sola volta per essere quindi collocati in una lista di attesa chiara e trasparente come già avviene in altre amministrazioni. Se dovesse rivelarsi veritiera l'ipotesi dei 6 anni un militare che, non riuscendo comunque ad essere assegnato nella propria regione di origine o in quella desiderata dopo il citato periodo, ottenga invece un trasferimento, diciamo, intermedio (oggi accade sovente in questo modo; es. pugliesi nell'Italia centrale), dovrà attendere 12 anni per poter formulare una nuova istanza anche perché, alla luce dell'attuale normativa, se rinunciasse al trasferimento richiesto si ritroverebbe con l'azzeramento della permanenza pregressa. Si parla tanto di equiparazione tra le forze di polizia ma ho l'impressione che ci equipariamo solo a quello che torna a favore del Comando generale ed inoltre lo interpretiamo a modo nostro così da renderlo utile ad altri scopi. La normativa sui trasferimenti attuata dal Comando generale in questi anni è come una medicina che il medico somministra al malato per farlo morire domani perché oggi ha altro da fare. Sicuro dell'attenzione che dedicherà all'argomento colgo l'occasione per porgere cordiali saluti.

R. C.”


Tua email:   Invia a: