PERCHE’ PER I DUE MARO’ LA MINISTRA PINOTTI EVOCA I TRIBUNALI MILITARI VISTO CHE LI VOLEVA ABOLIRE? – di Giovanni Surano

martedì 04 marzo 2014

 

 

Pubblichiamo una libera manifestazione del pensiero di Giovanni Surano della Sezione FICIESEE di Lecce; il titolo è della redazione del sito.

 

"Tutti i militari” ha dichiarato la neo ministra Pinotti a proposito della vicenda dei due fucilieri “possono compiere errori, ma esiste la giustizia militare italiana. Non possono essere accusati di terrorismo e non devono essere giudicati in un altro Paese".

Potrebbero sembrare ai più parole di circostanza, dette per rassicurare le famiglie dei nostri militari che da due anni sono ostaggi del governo di Nuova Delhi; oppure per stemperare le tensioni accumulatesi sulla vicenda e per restituire, almeno nelle intenzioni, quella credibilità internazionale che ha certamente vacillato con i “tira e molla” dei governi Monti-Di Paola-Terzi e Letta-Mauro-Bonino.

Ma se qualcuno è un po’ addentro alle questioni militari, in quelle stringate parole rilasciate alle agenzie subito dopo il giuramento da ministro della Difesa, vi leggerebbe un altro destinatario che la Pinotti intendeva rassicurare: la magistratura militare. 

Quale significato può avere, altrimenti, il tirare in ballo, a sproposito, la giustizia militare italiana sventolandola come rimedio processuale per un reato ordinario qual è l’omicidio di due pescatori?  Se oggi i due fucilieri rientrassero in Italia (cosa che ci auguriamo), è ovvio che stando alla legge in vigore sarebbero processati e giudicati dalla magistratura ordinaria.

Non si comprende dunque perché la ministra evochi la magistratura militare come soluzione a quella penosa e triste vicenda.

Ma dato che i ministri non parlano mai a vanvera, la frase della Pinotti potrebbe nascondere contorni inquietanti, come il pericolo, mai scongiurato, di estensione della giurisdizione speciale a tutti i reati commessi dai militari: quella stessa modifica dell’art. 37 c.p.m.p. lungamente teorizzata dall’onorevole Cirielli nelle varie legislature, che, se attuata, consentirebbe in astratto di attrarre alla giurisdizione militare tutti i reati commessi dai militari in servizio e quindi anche l’omicidio di due pescatori.  Ed a questo punto la frase del ministro avrebbe un senso ed il cerchio si chiuderebbe.  Questo anche a sottacere che l’irretroattività della nuova legge impedirebbe comunque che i due fucilieri venissero davvero processati dal Tribunale militare. Ma quel che importa è rassicurare.

In altre parole, con un artificio retorico incardinato sulla esigua mole di lavoro di quei magistrati e sull’esigenza di regolamentare i reati commessi all’estero in contesti non bellici dai nostri militari, si potrebbe operare una devastante controriforma rispetto al solco tracciato dalla Legge 244/2007, di talché il motivo di soppressione di quella stessa magistratura diverrebbe, in maniera paradossale, motivo di un suo rafforzamento (poiché lavora poco, anziché abolirla o ridimensionarla si dilata la sua sfera di giurisdizione per farla lavorare di più).

Indipendentemente dalle suddette considerazioni, il neo ministro deve comunque palesare in maniera chiara, senza perifrasi o messaggi in codice, cosa intenda davvero fare della giustizia militare, quella stessa giustizia militare che, per inciso, lei stessa intendeva fortemente abolire soltanto un anno addietro, quando firmava il disegno di legge costituzionale concernente l’abrogazione dell’art. 103, comma 3, della Costituzione (S-3423 presentato il 25 luglio 2012).

Con quel disegno di legge la Pinotti sottoscriveva che l’Italia è uno dei pochi Paesi dell’Unione europea che ancora conserva una distinzione tra magistratura ordinaria e magistratura militare e che quest’ultima, anacronistica e antistorica, andava abolita anche per le minori garanzie che fornisce in relazione alla tutela dei diritti individuali.

Frasi nobili, non c’è che dire, sottoscritte da un politico che prende davvero a cuore i diritti fondamentali della persona, anche se questa riveste lo status di militare.   

Ci si chiede se a distanza di un anno dalla presentazione di quel disegno di legge, la Pinotti, nella veste di ministro, sottoscriva ancora quelle frasi, se non altro per una questione di coerenza e di buone intenzioni riguardo alla spending review. Ed è superfluo aggiungere che in caso affermativo la strada da percorrere è una sola: attivarsi seriamente per la soppressione della giustizia militare.

Nella denegata ipotesi che ciò non dovesse avvenire, lo stesso ministro ci dovrebbe spiegare perché i tribunali militari se visti dallo scranno parlamentare sono da abolire, mentre se osservati da una più comoda poltrona da ministro vanno salvaguardati e all’occorrenza potenziati.  

 

Giovanni Surano

Sez. Ficiesse di Lecce

giovanni.surano@libero.it

 


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