LETTERE SU CASO BARILARO, CAMBIARE REGOLE PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI

mercoledì 13 novembre 2002

“Forse Foscolo avrebbe detto ‘Il sacrificio della patria è consumato’ noi diciamo più semplicemente che, quello che  lentamente, (ma non troppo), si sta consumando è il sacrificio di un corpo di polizia che dopo aver formato a caro prezzo il proprio personale se lo lascia scappare.  Di solito il personale che lascia, per intraprendere altre esperienze di lavoro, è quello più brillante che non condivide regole assurde, regole che servono per giustificare il mantenimento di un potere militarista vecchio di secoli, all’interno dell’organizzazione. L’amministrazione non può giustificarsi, davanti alle commissioni parlamentari, dicendo che i finanzieri devono essere trasferiti dopo un certo periodo perché esiste il rischio concreto che  diventino disonesti, dimenticandosi di dire che, chi vuole essere un delinquente lo è dovunque venga trasferito, e questo lo dimostra il fatto, che queste regole finora applicate non hanno dissuaso coloro i quali hanno inteso deviare. Queste regole, invece, vessano tutti gli altri, cioè tutte quelle persone per bene che onestamente e con professionalità svolgono il loro lavoro, persone che dal nord vengono inviate al sud o viceversa, a migliaia di chilometri di distanza, con il rischio – questa volta davvero concreto – di rovinare le famiglie e che fanno mancare la serenità necessaria per svolgere il proprio lavoro.

Come mai queste assurde e anacronistiche regole vengono applicate solo ai finanzieri e non a tutti coloro che nel pubblico impiego hanno poteri di controllo nei confronti dei cittadini, come poliziotti, magistrati, vigili urbani, funzionari degli uffici finanziari o amministrativi? E come mai anche all’interno del Corpo le regole non sono uguali per tutti?

L’ultimo in ordine di tempo che ha lasciato clamorosamente la Guardia di finanza è stato il maggiore Barilaro che con una lettera dai contenuti critici e aspri ha evidenziato le anomalie che esistono e le disparità di trattamento attuate. Questo deve far riflettere chi, pur non sopportando tali anomalie ed ingiustizie non ha il coraggio di esprimere liberamente il proprio pensiero. In proposito vorrei citare Giovanni Berchet: ‘Chi tace non parla, diciamo noi. Ma chi tace approva dicono essi; e il sopore dei secoli lo vanno predicando come consenso assoluto di tutta quanta la ragione umana alla necessità di certe regole chiamate, Dio sa perché, di buon gusto; e però via via d’ugual passo sgozzano ad esse ogni tratto qualche vittima illustre’. Il sopore, quindi, l’indifferenza. Contro quelle regole che appaiono razionali solo in quanto da parecchio tempo vengono accettate passivamente senza essere sottoposte ad un giudizio critico, se non da parte di pochi elementi, considerati ‘rivoluzionari’ perché si permettono di costituire una associazione culturale immediatamente considerata a carattere sindacale, che esprime liberamente il proprio pensiero nell’ambito di una dialettica democratica facendo arrabbiare quella piccolissima èlite che amministra il potere e deve pensare ed agire in modo da non perderlo.

Mi auguro inoltre che tutti  gli uomini, maturino la consapevolezza che finchè ‘si tace e non si parla’ non si risolveranno mai i problemi attuali e a costoro le parole di Aron: ‘Le libertà intellettuali, le procedure democratiche offrono una protezione contro il potere e l’arbitrio, ma offrono anche , e forse prima di tutto una possibilità di istruire gli uomini, di renderli capaci di ragione e moralità’.

Bisogna aggiungere che quello dei trasferimenti e del conseguente esodo di personale è solo uno dei tanti problemi che esistono all’interno del Corpo. Non possiamo dimenticare, ad esempio, le affermazioni di un deputato di Alleanza Nazionale quando, nella precedente legislatura, replicò ad una interrogazione parlamentare presentata al Ministro delle finanze. ‘Quando si entra all’interno delle caserme – disse -, si parla con il sottufficiale delegato a compiere l’atto e si osserva banalmente il personal computer ci si sente rispondere che è un pc personale comprato direttamente dal sottufficiale; se poi si cerca di capire il funzionamento della caserma, si viene a sapere che spesso la carta necessaria negli uffici viene comperata dagli uomini della Guardia di Finanza’. Il parlamentare continuava evidenziando che coloro che compiono atti di p.g. debbono acquistare a proprie spese perfino il codice penale e affermava che quando si impone ad un sottufficiale di comprare una risma di carta vuol dire che siamo, come si usa dire oggi  alla frutta’, se non ‘alla canna del gas’.

E poi c’è questa assoluta mancanza di tutela, sia individuale che collettiva. La rappresentanza militare è totalmente inadeguata, eppure in Parlamento c’è chi pensa addirittura ad un suo ridimensionamento.

Speriamo che queste regole vengano cambiate prima che sia troppo tardi. Nell’interesse degli uomini che lavorano nel mondo militare, ma anche e soprattutto nell’interesse della collettività.

 

A.C.”


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