DOVE VANNO LE RIFORME BASSANINI? - di Mauro Masi

domenica 14 gennaio 2001

Devo riconoscermi grato a Ficiesse per l'opportunità  che ci offre di seguire gli esiti della stagione delle riforme nelle Pubbliche amministrazioni avviate all'inizio degli anni '90 dal prof. Franco Bassanini.

Però, anche con un orizzonte arricchito dalla conoscenza delle ultime proposte di riforma, mi riesce difficile, devo ammetterlo, cogliere il sottostante disegno d'ingegneria istituzionale. Fatico, in particolare, a collocare i recenti provvedimenti e proposte riordinativi tra i frutti delle passate stagioni di riflessioni sul futuro da dare al Paese.

Sembra, infatti, che se la Comunità  nazionale ha delle esigenze ed il "Politico" un preciso dovere di interpretarle e di tradurle in fatti, la Pubblica amministrazione non possa che essere l'imparziale strumento adeguatamente progettato per realizzarle. Uno strumento certamente non partigiano, vale a dire portatore d'interessi o parte nel gioco. Uno strumento possibilmente non ridondante e sovradimensionato.

Quindi, l'obiettivo non poteva che essere una Pubblica amministrazione complessivamente in grado di integrarsi nelle sue diverse componenti come un duttile, ma soprattutto neutrale, strumento di realizzazione delle politiche, aperto alle ragioni della politica.

Si ricorderà  che alcuni studiosi, poi, teorizzando la riformabilità  della Pubblica amministrazione in crisi (gli eventi di "tangentopoli"), avevano prefigurato scenari particolarmente luminosi: la sconfitta dei mali atavici ed il trionfo della razionalità  amministrativa.

Tanto ottimismo iniziale, purtroppo, ha ceduto il passo ad un inquietante realismo indotto dall'aver dovuto fare i conti con un'insospettata capacità  di ripresa dell'Organismo ammalato. La progettualità , minata dagli infiniti patteggiamenti con il vigoroso Ammalato, ha prodotto, e sembra che stia producendo, il contrario delle premesse: più una convincente gestione e pianificazione della continuità , che uno sviluppo dell'innovazione.

Alcuni centri del potere amministrativo stanno, inoltre, affermando la loro autonomia (autoreferenzialità ) e capacità  d'influire sui policy makers attraverso richieste di riconoscimento e legittimazione di ruoli d'intervento a "tutto campo".

Ruoli che, se affidati ad un'Amministrazione militare, possono evocare le previsioni che caratterizzavano alcune Costituzioni ibero-americane, con le FF.AA. chiamate alla funzione politica di garantire l'ordine istituzionale della repubblica[1].

E' ben comprensibile che qualche Pubblica amministrazione tema di vedersi ridimensionata dal vortice delle riforme necessarie e che per questo, fin che ha gioco, tenti di affermare il suo ruolo e la sua insostituibilità , ma questo non può essere un intento che travalica i principi cardine dell'ordinato svolgersi della vita amministrativa in un Paese stabilmente inseritosi in relazioni europee.

MAURO MASI

[1] Nogueira H. A., I regimi presidenziali dell'America latina, Quaderni costituzionali, dicembre 1988.


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