SERVIZIO DI “AVVENIMENTI” SUL CASO DEL MARESCIALLO PESCIAOLI

venerdì 18 aprile 2003

AVVENIMENTI, Nr. 13, 4-10 aprile 2003, Pag. 34.

“BAVAGLIO O PROCESSO – MALCONTENTO IN DIVISA”, di Sebastiano Gulisano.

Il caso – Un maresciallo dell’esercito accusato di istigazione a disobbedire per uno scritto apparso su Internet.

Rischia fino a sette anni di carcere per avere esortato i propri colleghi a «iscriversi alle associazioni che perseguono il fine sindacale». Lui, l’accusato di «istigazione aggravata ai militari a disobbedire alle leggi», si chiama Giuseppe Pesciaioli, è pugliese, ha 39 anni e da vent’anni a questa parte fa il militare: è maresciallo dell’esercito a Orvieto, in Umbria. Un paio di mesi fa, sul sito www.militari.org dell’Assodipro (Associazione solidarietà diritto e progresso), è comparso uno scritto di Pesciaioli in cui si tiravano le somme della sua esperienza nel Cocer esercito (il massimo organismo di rappresentanza dei militari, che ha solo poteri consultivi e propositivi): «Un bilancio che chiude in passivo», era l’amara conclusione, perché «questo sistema di rappresentanza non è idoneo a garantire una corretta rivendicazione e tutela del personale militare e crea discriminazioni sempre più palesi» in quanto il Cocer viene considerato «come un prolungamento delle volontà degli Stati maggiori della Difesa». Da qui finale ai militari a «iscriversi alle associazioni». E da qui la denuncia (non si sa da parte di chi) alla Procura militare di Roma, che lo scorso 17 marzo gli ha notificato un avviso di garanzia per «istigazione aggravata alla disobbedienza». L’aggravante deriva dalla pubblicazione dell’intervento sul sito di Assodipro e, successivamente, su quello di Ficiesse (Finanzieri, cittadini e solidarietà), due associazioni di militari e di cittadini alle quali aderisce lo stesso Pesciaioli. Il maresciallo doveva presentarsi dal pm Giocchino Tornatore lo scorso 25 marzo, per essere interrogato, ma il suo legale, Saverio Senese, ha ottenuto un rinvio al 14 aprile: «Il tempo di studiare la pratica - ci dice l’avvocato - sono stato nominato solo il giorno prima del previsto interrogatorio».

Proprio al congresso di Ficiesse, lo scorso 23 marzo, a Bologna, è emersa la notizia dell’indagine su Pesciaioli; è stato Giuseppe Fortuna, ex colonnello della finanza e presidente dell’associazione, a rendere pubblica la vicenda, esprimendo «completa fiducia nell’operato della magistratura» e «fraterna solidarietà» a Pesciaioli. Fortuna, inoltre, ha voluto «rincuorare» il collega sotto inchiesta ricordando un «principio cardine» della Carta di Nizza, la Carta fondamentale dell’Unione europea, che all’articolo 11 recita: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera».

Anche Alberto Tuzzi, presidente di Assodipro, che raccoglie militari e civili, esprime «solidarietà morale e materiale» a Pesciaioli e definisce l’avviso di garanzia al maresciallo «un attacco alle associazioni». Associazioni da tempo sotto il tiro delle gerarchie, che non intendono cedere nulla in termini di diritti e di democrazia e che, addirittura, sponsorizzano una riforma della legge sulla rappresentanza militare, del 1978, che «ci riporta indietro di trent’anni», dicono in coro le associazioni e le varie rappresentanze militari. «Ci paragonano ai no global - sbotta Tuzzi - o peggio, ai brigatisti, ai terroristi. Sono amareggiato - aggiunge - per il notevole ritardo della politica, nei confronti dei cittadini con le stellette, che chiedono solo il riconoscimento di diritti fondamentali, inalienabili: la base militare chiede tutela - conclude Tuzzi - in ogni singolo posto di lavoro, tutela reale e totale».

Per meglio comprendere i termini della questione, e i motivi dell’indagine a carico di Pesciaioli, bisogna sapere che il primo comma dell’articolo 8 della legge 382 del 1978 (Norme di principio sulla disciplina militare) stabilisce che «i militari non possono esercitare il diritto di sciopero, costituire associazioni professionali a carattere sindacale, aderire ad altre associazioni sindacali». E sebbene la Costituzione sancisca (articolo 18) che tutti «i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale», la Consulta ha stabilito la costituzionalità di quella norma.

Il malcontento, però, attraversa l’intera base militare. Sulla questione del riallineamento delle carriere e dei trattamenti economici tra i diversi corpi armati, ad esempio, nelle caserme è in corso una «astensione dal rancio» (non si parli di sciopero: i militari non possono scioperare) che sta passando inosservata. Il mese scorso, il Cocer interforze, ha approvato - con 42 voti su 44 - una mozione con la quale si chiede il riconoscimento del diritto associativo. «È l’occasione giusta per avviare un dibattito politico - propone il maresciallo Salvatore Rullo, delegato del Cocer aeronautica - non chiediamo di costituire associazioni segrete, ma di avere riconosciuti i diritti di ciascun cittadino: a noi i diritti li attribuiscono, non ne abbiamo». E, sul caso Pesciaioli, dice: «Non si può negare il diritto di libera espressione ai cittadini militari. Siamo o no - chiede - una democrazia compiuta di tipo occidentale»?

La vicenda, intanto, approda nelle aule parlamentari: Giovanni Russo Spena, deputato del Prc, annuncia la presentazione di un’interrogazione al ministro della Difesa, insieme alla collega Elettra Deiana, e un’assemblea di deputati, senatori e sindacalisti per giovedì 3 aprile.

Sulla stessa lunghezza d’onda di Rullo è il maresciallo Ernesto Pallotta, del Giornale dei carabinieri, nato come organo dell’associazione Unarma, chiusa perché definita «a carattere sindacale» dal Consiglio di Stato (dopo che il Tar si era espresso a favore dell’associazione). Della vicenda è stata investita la Corte di giustizia europea di Strasburgo, che deve ancora pronunciarsi, e che potrebbe rivoluzionare il sistema della rappresentanza in Italia. Pallotta, già delegato Cocer, attualmente fa parte del Cobar carabinieri del Lazio, organismo di rappresentanza regionale. «Gli Stati maggiori - dice Pallotta, che si ritrova incriminato addirittura per associazione a delinquere - non possono continuare a mortificare le spinte democratiche che vengono dal basso ricorrendo alla magistratura amministrativa o a quella penale. Da questa situazione si esce solo con il riconoscimento dei diritti associativi e sindacali. L’indagine su Pesciaioli è un fatto grave - aggiunge - che mina la libera espressione del pensiero, ma sono certo che andrà tutto bene, ho piena fiducia nella magistratura militare». «Perché hanno paura che si parli di sindacato? - chiede invece Tuzzi - L’Italia, con dei sindacati forti, è diventata il quinto paese industrializzato: quale migliore dimostrazione del fatto che i sindacati non sono un limite? Penso che il sindacato sia l’evoluzione migliore dell’attuale rappresentanza».

Sull’Europa non fa affidamento solo anche Vincenzo Fralicciardi, presidente dell’Amid (Associazione militari democratici): «La Ue, prima o poi, oltre che di una politica estera comune, dovrà dotarsi di forze armate integrate e i singoli paesi dovranno armonizzare i diritti e i trattamenti economici: in molti stati del nord Europa - chiarisce Fralicciardi - i militari sono organizzati in associazioni e sindacati. L’anno prossimo, in Italia non ci sarà più il servizio di leva, avremo un esercito di professionisti, non previsto dalla Costituzione, e la sindacalizzazione sarebbe una garanzia di democrazia». Ed è su questo punto che batte anche Fortuna: «Come si fa a pensare che coloro che devono garantire la difesa e la sicurezza dello stato - chiede il presidente di Ficiesse - i custodi della democrazia, siano essi stessi digiuni di regole democratiche perché ne sono privati»?

(da Avvenimenti n. 13/2003)


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