LA GDF FINISCE IN TRIBUNALE UNA STORIA CHE SI RIPETE. DALLO SCANDALO PETROLI AL MOSE: 40 ANNI DI FINANZIERI CHE INDAGANO FINANZIERI. ULTIMO CASO: A BARI INCHIESTA SU MAZZETTE PAGATE DA ASPIRANTI FIAMME GIALLE PER UN POSTO DA MARESCIALLO (Fatto Quotidiano)

sabato 07 giugno 2014

Il Fatto Quotidiano – 6 giugno 2014

LA GDF FINISCE IN TRIBUNALE UNA STORIA CHE SI RIPETE

DALLO SCANDALO PETROLI AL MOSE: 40 ANNI DI FINANZIERI CHE INDAGANO FINANZIERI

L’ultimo caso: a Bari c’è un’inchiesta su un giro di mazzette pagate da aspiranti Fiamme Gialle per assicurarsi un posto da Maresciallo

di Antonio Massari

Finanzieri che indagano finanzieri. Li intrappolano e li ammanettano. Una lotta che pare interminabile. Il lungo filo rosso, che si dipana dallo scandalo Petroli al Mose, attraversando la loggia P2 e la nostra eterna Tangentopoli, racconta sempre la stessa storia: da almeno quarant’anni le Fiamme Gialle sono costrette a indagare su loro stesse. Persino – come vedremo – sugli ultimi esami da sottufficiale.

INDAGATO – e arrestato – dai suoi stessi uomini il generale Emilio Spaziante, accusato di aver intascato 500mila euro, nell’inchiesta sul Mose, per passare ad alcuni indagati preziose informazioni sulle indagini in corso. Chiedeva ai sottoposti chi fossero gli indagati e gli intercettati, finché un giorno, rispondendo ai suoi quesiti, i subalterni non gli organizzarono una vera e propria trappola. E fu incastrato. Ex ufficiale della Finanza, indagato sempre nell’inchiesta sul Mose, è Mar – co Milanese, accusato d’aver incassato 500mila euro per sbloccare i finanziamenti Cipe destinati alla grande opera in laguna. Non è la prima indagine che lo vede coinvolto. Condannato in primo grado, con pena sospesa, a 8 mesi per finanziamento illecito e, in un altro procedimento, rinviato a giudizio per aver ricevuto soldi e regali da un imprenditore al quale Milanese – secondo l’accusa – prometteva informazioni e favori su alcune inchieste. Finanzieri da un lato. Finanzieri dall’altro. Come nel 1973, quando un pool di giudici istruttori, tra Torino e Treviso, individuò un traffico clandestino di prodotti petroliferi: valeva 2mila miliardi di lire. Una gigantesca evasione delle imposte. A indagare, fianco a fianco con i magistrati, un gruppo di finanzieri che incastrò parecchi vertici della GdF, comandanti che avevano coperto il traffico clandestino dei petroli con l’ausilio dell’Ufficio I, il servizio di intelligence delle Fiamme Gialle. Risultarono coinvolti il comandante generale Raffaele Giudice e il capo di Stato Maggiore Donato Lo Prete, entrambi iscritti alla Loggia P2, nella quale figuravano ben 37 ufficiali. A indagare, sequestrare e arrestare decine di colleghi – su mandato dei giudici istruttori Giuliano Turone e Gherardo Colombo – furono proprio gli uomini della GdF. Fu un finanziere – il brigadiere Pietro di Giovanni – a raccontare ai suoi superiori che un maresciallo gli aveva passato una “bustarella” per chiudere un occhio: nel 1994 i pm Antonio Di Pietro e Francesco Greco chiedono l’arresto dell’ex generale Giuseppe Cerciello. La Gdf riempì faldoni d’informative che sfociarono in numerosi processi e condanne: circa cento finanzieri furono accusati di corruzione. Alcuni si suicideranno. Nel 1979 l’ufficiale Massimo Maria Berruti si presenta in Fininvest per un’ispezione. L’anno dopo ha già lasciato la divisa, diventando consulente per le aziende di Silvio Berlusconi. Sarà accusato, e poi condannato, per favoreggiamento nelle indagini sulla Fininvest e le mazzette alla GdF. Anni dopo siederà in Parlamento: eletto con Forza Italia e Pdl. Condannato dalla Corte dei Conti – ma prescritto in sede penale – l’ex generale Roberto Speciale che nel 2005 fece volare, da Pratica di Mare, un Atr-42 diretto in Trentino con un carico molto singolare: un carico di pesce destinato alla cena di ufficiale e famiglia. A incastrare Speciale, le testimonianze dei sottoposti.

INDAGATI e poi assolti – o prosciolti durante le indagini preliminari – anche l’ex numero uno del Sismi Nicolò Pollari (per il caso Abu Omar, dove s’è avvalso del segreto di Stato) e i generali Mario Adinolfi e Vito Bardi, entrambi coinvolti nelle indagini sulla P4. Famoso anche il caso di un altro ex generale, Francesco Pittorru , rinviato a giudizio per concorso in corruzione lo scorso anno: il suo appartamento in via Merulana, secondo l’accusa, fu ristrutturato a spese di Diego Anemone, l’imprenditore noto per la “cricca” che gestiva i grandi appalti del G8. E arriviamo così ai giorni nostri: “A proposito, per quel concorso da allievi maresciallo è tutto ok?”. Nasce così, un anno fa, ascoltando quest’intercettazione, l’indagine sui concorsi truccati da presunte mazzette per diventare allievi tra i sottufficiali della GdF. Frase intercettata dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria del comando provinciale di Bari, che stanno indagando per capire se davvero, tra i loro futuri colleghi, c’era chi pagava tangenti per superare il concorso da 297 posti. L’indagine è ancora in corso. Finanzieri che indagano finanzieri. Una storia infinita.


Tua email:   Invia a: