«MAZZETTE FANTASMA E PROVE NASCOSTE» LA VERITÀ DEL FINANZIERE ARRESTATO (Il Tempo)

domenica 13 luglio 2014

 

Il Tempo – 12 luglio 2014

«MAZZETTE FANTASMA E PROVE NASCOSTE» LA VERITÀ DEL FINANZIERE ARRESTATO

Un mese fa il colonnello della Guardia di Finanza, Fabio Massimo Mendella, da meno di un anno comandante provinciale a Livorno, viene arrestato su ordine dei pm partenopei Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli. L’accusa è di aver omesso di compiere controlli, da comandante del Primo gruppo del Nucleo di Polizia tributaria di Napoli, sulle società di due imprenditori, Giovanni e Francesco Pizzicato, e che lo avrebbe fatto in cambio di soldi, decine di migliaia di euro al mese (più vacanze, cene e doni vari) per un importo complessivo di un milione finito nelle sue mani per il tramite di un commercialista suo amico, Luigi De Riu, anche lui arrestato. La concussione per induzione contestata a Mendella lo ha, dunque, portato in carcere. Pochi giorni fa il Riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati difensori. Ma proprio leggendo gli atti presentati dai suoi legali sembra emergere una verità diversa da quella “ufficiale”, fatta di indizi deboli, prove inesistenti, episodi inquietanti e inspiegabili anomalie. Vediamoli. Mendella viene accusato da Giovanni Pizzicato, indagato in un procedimento connesso. In una “dichiarazione spontanea” resa al pm il 4 novembre 2013, Pizzicato conferma di parlare “de relato”, basandosi, cioè, sulle sole parole del coindagato De Riu. Secondo Pizzicato, infatti, è De Riu a fargli richieste di denaro da consegnare a Mendella per chiudere uno o due occhi. Ma il punto centrale è un altro. Mendella, infatti, spulcia i “segreti” dei Pizzicato dal 2011. Svolge indagini nazionali e internazionali, li bracca, scopre ogni magagna e infine li “distrugge”. Gli imprenditori, insomma, hanno più di un motivo per avercela con l’ufficiale. Tra il 26 maggio 2011 e il 13 giugno 2013, sottolineano i difensori, Mendella redige ben “14 comunicazioni” sulle indagini svolte e le comunica ai pm. Dentro ci sono le prove raccolte contro i fratelli Pizzicato e altre sei persone, che attraverso un’associazione a delinquere e frodi tributarie avrebbero sottratto al fisco oltre 60 milioni di euro. Una truffa realizzata attraverso una complessa rete di società italiane ed estere. Solo che “il pm – si legge ancora negli atti della difesa – ha omesso di trasmettere al gip le 14 comunicazioni”. Tanto che il gip annota che “alcuna informativa conclusiva o dettagliata veniva inoltrata dal Mendella”. Che l’impero economico dei Pizzicato sia “frutto illegale” lo afferma, il 4 novembre 2013, l’imprenditore stesso, quando dal pm va con una “memoria riepilogativa” e afferma: “Nel 2005 mettemmo su il gruppo di società il cui funzionamento, attraverso il meccanismo della frode fiscale, ho descritto nella memoria che ho prodotto oggi”. Ma anche stavolta “tale memoria – si legge nella memoria difensiva - non è stata trasmessa dal pm al gip a corredo della richiesta di applicazione della misura cautelare”. Pizzicato, insomma, a un passo da baratro, “confessa” ma poi accusa Mendella, accreditandosi, scrivono gli avvocati dell’ufficiale, “presso l’ufficio del pm” e creando “le premesse per limitare i danni conseguenti all’accertamento delle proprie malefatte”. Di fatto, i due imprenditori “non hanno subito alcun provvedimento cautelare, neppure di mero sequestro preventivo”. C’è di più. Il 16 luglio 2013, Francesco Pizzicato, da indagato, va dal pm, fa delle controdeduzioni su quanto gli viene contestato ma “nessun cenno a fatti di concussione”. Il 15 novembre 2013 spiega di non avere ricevuto mai alcuna richiesta da De Rau e Mendella, ma che di questa “abitudine” gli aveva parlato solo il fratello Giovanni. Il quale, undici giorni prima, il 4 novembre, denuncia per concussione De Riu e Mendella. Ma le versioni dei due fratelli, evidenziano i legali di Mendella, non combaciano. Francesco afferma di aver consegnato al fratello, che li avrebbe “girati” a De Riu, 95mila euro in 13 mesi, una parte dei quali a gennaio e febbraio 2013. Ma Giovanni esclude di aver “versato” soldi dopo il novembre 2012. Non solo. Francesco afferma che i versamenti sono iniziati nel marzo-aprile 2005. Ma in quel periodo Mendella lavora a Roma e non svolge funzioni di polizia tributaria. A Mendella si contesta anche la sua richiesta di fare delle verifiche sulla Gotha Spa dei Pizzicato due giorni dopo il trasferimento della sede legale a Roma. Ma come si legge ancora nella memoria di Mendella, la spiegazione, non trasmessa al gip, la dà lo stesso colonnello nell’interrogatorio di garanzia: quella verifica era “automatica” perché se ne stavano effettuando anche sulle altre società dei Pizzicato coinvolte nella frode. Inoltre, se Mendella, in cambio di soldi, “protegge” quelle società “sporche”, perché, si chiedono i legali, spostarle continuamente lontano da Napoli? La difesa, inoltre, deposita agli atti un cd. Sono delle foto risalenti al dicembre 2010. Si vedono al ristorante Phoenix, come sottolineato dagli avvocati di Mendella, il proprietario, Giovanni Pizzicato, coi vertici della Guardia di Finanza di Napoli (generale Grassi, colonnello Baldassarri e colonnello Del Vecchio), l’intera sezione di polizia giudiziaria partenopea e alti magistrati della procura della Repubblica e della procura generale di Napoli. Mendella riferisce anche che, a sentire De Riu, Pizzicato si era vantato di questi rapporti. Ed è ancora l’ufficiale a dire che questo cd fu consegnato da Pizzicato a De Riu al fine di intimidire lo stesso Mendella. Nel marzo 2013 il pm toglie l’inchiesta a Mendella e la affida al Nucleo speciale di polizia valutaria di Roma. Nel comunicarlo a Mendella, il pm lo ringrazia per la sua “preziosa collaborazione”. Il che contraddice quanto sostenuto dagli stessi magistrati, e cioè che la revoca dell’indagine sarebbe dovuta a “sospetti” e “anomalie” nelle indagini portate avanti da Mendella. Ciò è quanto riportato negli atti della difesa. E questa è una storia giudiziaria ancora tutta da raccontare.

Luca Rocca


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