LA PENSIONE CHE VERRA’, UNA MISCELLANEA TRA PUBBLICO E PRIVATO (di Raffaele Dalessandro)

venerdì 28 febbraio 2003

Il Documento di Programmazione Economica Finanziaria (2003-2006), nel definire le direttrici che hanno trovato estrinsecazione nel disegno di legge finanziaria per il 2003, ha previsto che le principali riforme riguarderanno, oltre al fisco ed al mercato del lavoro, anche il sistema previdenziale, con particolare riferimento allo sviluppo della previdenza complementare, per la quale sono previste specifiche misure di sostegno, tra cui la destinazione ai fondi pensione delle risorse del nuovo trattamento di fine rapporto.

Addio liquidazione! Addio piccolo e anelato gruzzolo messo da parte forzatamente che tranquillizzava le coscienze dei più prodighi e appagava le aspettative dei più frugali e parsimoniosi!

Tutti potevano contare su quella quota-parte di stipendio che il datore di lavoro tratteneva in attesa della pensione.

Alcuni la utilizzavano per aiutare un figlio a comprare una casa o a convolare a nozze, altri per estinguere un mutuo, altri ancora per esaudire finalmente quei piccoli desideri rimandati da una vita di stenti e di lavoro.

Tutti si sentivano un po’ più ricchi.

D’ora in poi, basta: il Governo ha deciso che del Tfr si può e si deve fare a meno.

Nella delega che il Parlamento si appresta a votare al Ministro del Lavoro il destino del Tfr è segnato: nessuno potrà più disporne a suo piacimento, ma finirà verosimilmente nel paniere dei fondi pensione, non si sa se obbligatoriamente o volontariamente.

I dubbi e gli spunti di riflessione su quest’obbligo sono notevoli: di fatto si trasforma uno stipendio differito in un investimento finanziario.

Alla certezza che ogni anno una somma pari a circa uno stipendio mensile viene accantonata e rivalutata, si sostituisce l’alea del rischio del mercato.

Rendere questo rischio obbligatorio e caricarlo tutto sulle spalle dei lavoratori dipendenti, sembra un po’ troppo.

Si sa che anche i militari, come tutte le categorie dei lavoratori, hanno subito ragguardevoli ridimensionamenti dei trattamenti pensionistici, tanto più rilevanti quanto minore è l’anzianità di servizio.

Il Legislatore sta pertanto apprestando, quale strumento per attutire gli effetti riduttivi della riforma pensionistica, la disciplina dei “fondi pensione” rientrante nella cosiddetta previdenza complementare o integrativa.

La rigida separazione delle funzioni della previdenza pubblica e di quella privata è concezione ormai superata secondo il modello delineato dalla normativa vigente, avendo il Legislatore del 1993 e del 1995 mostrato di coltivare l’intento di una collocazione della previdenza complementare all’interno della complessiva struttura diretta ad attuare la guarentigia di cui all’art. 38, secondo comma, della Costituzione.

In tal senso, la funzione di concorso della previdenza privata alla realizzazione del principio di adeguatezza della prestazione (pensione) ed il principio solidaristico che ad essa inerisce, hanno mutato il modello organizzativo della sicurezza sociale, laddove il potenziamento e l’incentivazione della previdenza complementare, anche con vantaggi fiscali e contributivi, vengono visti come misure necessarie per far fronte alla crisi del Welfare State.

Si può, pertanto, concludere nel senso che, nel rammentato contesto normativo, in cui il nesso strutturale tra previdenza obbligatoria e previdenza complementare è stato voluto dal Legislatore quale momento essenziale della complessiva riforma della materia, la disciplina del fondo pensione concorre ad assicurare funzionalità ed equilibrio all’intero sistema pensionistico, in corrispondenza dell’obiettivo perseguito dal Legislatore di coniugare l’entità della spesa pensionistica, da ricondurre a parametri sostenibili, con un più adeguato livello di copertura previdenziale.

L’impulso alla previdenza integrativa si pone pertanto, ritiene lo scrivente, come l’unica misura per assicurare nel futuro un trattamento di quiescenza quanto meno dignitoso.

La sostenibilità dei sistemi previdenziali è un problema europeo, oggetto degli studi e della preoccupazione di Bruxelles.

I deficit del sistema previdenziale drenano risorse alla fiscalità impedendo il risanamento strutturale dei bilanci pubblici.

L’andamento demografico (denatalità) e l’aumento dei pensionati rispetto ai lavoratori farà ricadere sulle generazioni future un profondo squilibrio, condannandole a ricevere pensioni basse a fronte di una pressione contributiva costante e crescente.

Le paventate soluzioni sono ormai chiare: 1) alzare l’età media di fine lavoro; 2) incentivare la previdenza integrativa; 3)innalzare il tasso di attivi in modo da allargare la base dei contribuenti.

Con questo documento colgo l’ occasione per salutare tutti i carissimi colleghi ribadendo loro che il sottoscritto, in qualità di delegato Co.Ce.r., sta lavorando per garantire a noi tutti un futuro pensionistico degno del servizio prestato presso il Corpo.

RAFFAELE DALESSANDRO

Delegato Cocer - Guardia di Finanza, 9° mandato

 


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