EUROGENDFOR: LA FINE DELLA DIVISIONE DEI POTERI (E DELLO STATO DI DIRITTO)?

mercoledì 03 dicembre 2014

25 novembre 2014

 

di Amalia LamannaManuel Sarno

 

Premessa

Con il Trattato di Velsen è stata istituita, nel massimo riserbo, la Forza di Gendarmeria Europea la cui composizione è affidata ai Paesi Membri dell’Unione Europea che dispongono di una Polizia Militare, distaccandovi all’uopo uomini e mezzi.

Potrebbe apparire come una buona notizia, un evento che segnala la progressiva integrazione dei partner europei nell’ottica di un effettivo presidio di quello che era definito Spazio di Giustizia Libertà e Sicurezza, un passo avanti come il potenziamento di Europol e quello - non meno preoccupante per chi scrive - che condurrà alla creazione dell’Ufficio del Procuratore Europeo. Ma non lo è.

EGF ha un ambito di azione molto ampio (come si dirà nel prosieguo) e risponde a una catena di comando esclusivamente militare-burocratico senza che sia prevista alcuna altra forma di controllo dell’operato né dai Parlamenti Nazionali, né da quello Europeo ovvero da apposite Commissioni di vigilanza presso tali istituzioni costituite.

I militari di EGF possono muoversi liberamente sul territorio di qualsiasi Paese che ne abbia condiviso l’intervento, portando con sé equipaggiamento ed armi, con maggiore snellezza di forme rispetto alle tradizionali modalità di cooperazione investigativa e di polizia.

Alcuni compiti, poi, sono nebulosamente descritti, quale - per esempio - quello relativo al rintraccio e consegna dei colpevoli all’Autorità da cui sono ricercati, ma senza un rapporto diretto con quest’ultima: il termine impiegato sembrerebbe, infatti, circoscrivere l’operatività alla cattura di coloro che risultano colpiti da ordini di esecuzione per una pena divenuta definitiva e viene da chiedersi perché non coloro che siano raggiunti da una misura cautelare per l’esercizio dell’azione penale; ma non è certo questo il punto di massima criticità.

Deve osservarsi, piuttosto, che - sebbene a mente del Trattato di Velsen EGF sia tenuta al rispetto delle leggi del Paese in cui è sedente il Corpo ovvero di quello ospitante/ricevente - è previsto che, con esclusione di alcune tipologie di illecito, gli agenti di EGF non siano perseguibili e/o eseguite nei loro confronti le decisioni di condanna per reati commessi nell’adempimento delle funzioni ovvero per danni cagionati.

A questo punto conviene soffermarsi su alcuni, primi, profili di incoerenza con l’assetto costituzionale dello Stato delle prerogative assegnate ad EGF, quantomeno con riferimento al dispiegarsi di tale reparto ed allo svolgimento di compiti “di istituto” sul nostro territorio nazionale.

Innanzi tutto, partendo proprio dagli ultimi rilievi pertinenti l’immunità/impunità dei militari inquadrati in tale reparto, si registra una violazione dell’articolo 3 della Carta Fondamentale che stabilisce l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e cioè a dire comporta che non vi sia nessuno al di sopra della legge, che possa in ultimo invocare una particolare dignità per non esservi sottoposto. Esattamente lo sgomentevole privilegio parzialmente mascherato ma attribuito agli appartenenti ad EGF per fatti commessi nell’esercizio delle funzioni, pur in assenza di cause di giustificazione o di esclusione della punibilità.

Vi sono, poi, le funzioni di polizia giudiziaria che, a mente del codice di rito penale, sono molto ampie e ricomprendono anche quelle che possono indurre al sacrificio di beni costituzionalmente assistiti quali l’inviolabilità del domicilio, delle comunicazioni, della libertà personale ma sempre sotto il controllo - previo o successivo - dell’Autorità Giudiziaria: senonché, come si è visto, EGF per statuto costitutivo risponde ad una catena di comando di natura militare il cui raccordo con l’A.G. medesima non è declinato nelle modalità. A mente di tale disciplina pattizia sembra potersi registrare quantomeno il rischio di un ulteriore motivo di frizione con la Carta Costituzionale, in particolare con gli articoli 101 e 109 che prevedono, il primo, la soggezione dei magistrati soltanto alla legge e il secondo che il P.M. disponga direttamente della polizia giudiziaria.

Il comparto normativo primario è, evidentemente, volto ad escludere che la dipendenza dei vari corpi di polizia giudiziaria dalle rispettive amministrazioni di appartenenza determini una situazione di potenziale condizionamento dell’attività investigativa del Pubblico Ministero permanendo gli agenti a disposizione di due distinti riferimenti: i superiori gerarchici e l’A.G., compromettendo così e sia pure indirettamente e potenzialmente l’indipendenza della Magistratura dal Potere Esecutivo declinata dall’articolo 101.

Maggiore cautela, viceversa, chi scrive ritiene debba adottarsi nel ritenere il contrasto costituzionale del Trattato di Velsen con gli articoli 78 e 87 della Costituzione: infatti, se è ben vero che EGF è costituita - come abbiamo anticipato - come forza militare idonea anche all’impiego bellico e si è registrata la autonomia della catena di comando rispetto ad organi parlamentari e/o di controllo, l’articolo 78 sembra essere dedicato ad una situazione ben definita e la sua lettura combinata con quella dell’articolo 87 che declina le prerogative in materia del Presidente della Repubblica, in guisa da avere un duplice vincolo ad una deliberazione di straordinaria gravità e rilevanza anche alla stregua del dettato dell’articolo 11 della Costituzione medesima. In sostanza, non sembra che la generica attribuzione ad EGF di capacità di intervento militare in senso stretto sia da ritenersi svincolata da decisioni adottate a livelli superiori, né sembra possibile che il reparto entri in un conflitto autonomamente.

Diverso, invece, è il tema dedicato alla gestione degli stati di crisi, rispetto ai quali la Costituzione repubblicana, diversamente da altre (quale quelle tedesca e spagnola) non contiene alcuna disciplina generale e, pertanto, lo schieramento di EGF con i suoi latitudinalmente amplissimi poteri, privilegi e immunità in un teatro di conflitto limitato, si fa per dire, a gravi turbamenti dell’ordine pubblico (come parrebbe essere avvenuto in Grecia) potrebbe avvenire al di fuori di autorizzazioni, vigilanza e regolamentazione dei criteri di ingaggio rese a rango parlamentare/governativo.

Vero, peraltro, è anche che dalla fine del secondo conflitto mondiale le guerre non vengono nemmeno più formalmente dichiarate e ciò può dar luogo a problematiche destinate a rimanere, allo stato, senza risposta; tutto ciò ferma restando la necessità di una deliberazione delle Camere su proposta del Governo per l’impiego delle Forze Armate fuori dai confini nazionali in operazioni, come vengono definite, di polizia internazionale e/o di peacekeeping…ma EGF può considerarsi una Forza Armata dipendente dagli organi costituzionali citati, attesa la sua composizione multinazionale ed essendo svincolata anche dalla vigilanza del Parlamento Europeo?

In sostanza, interrogativi permangono al proposito e, più in generale di quello che potrebbe essere l’effettivo impiego di questo reparto che ha tutte le caratteristiche della Delta Force o del Team 6 dei Navy Seals che - però - rispondono oltre che a una catena di comando esclusivamente militare al Presidente degli Stati Uniti sulla base di un ben diverso assetto costituzionale e attribuzione dei poteri, a tacer del fatto che trattasi di reparti speciali costituiti per fronteggiare specifiche esigenze di sicurezza del Paese di origine.

È opportuno ricordare uno scritto di molti anni fa di Agostino Viviani “Ingiustizia ed Illegalità di Stato in Italia” nel quale si evocavano non pochi esempi di soprusi sofferti proprio da Forze di Polizia ancora legate idealmente a schemi di intervento, linee guida operative, regole processuali risalenti ad uno stato autoritario (tra tutte valga il richiamo all’interrogatorio di polizia e la non necessità di avvisare dell’incombente il difensore anche dinanzi all’A.G.): quello che si deve scongiurare è il rischio che si ritorni a situazioni siffatte, superando con il Trattato di Velsen il principio della separazione dei poteri il che costituisce quantomeno il campanello di allarme di una deriva antidemocratica che deve essere scongiurata ad ogni costo. Si dirà, ma che potrà  fare un ristretto ed esiguo reparto per quanto iper-specializzato di uomini di così pregiudizievole ad un Continente o solo ad un Paese? Il punto non è questo, a prescindere da eventuali e non escludibili, collegamenti e intese con altre Forze e Servizi: ma se la libertà - nella più vasta accezione - di un solo cittadino è messa a repentaglio da un reparto sostanzialmente legibus soluto, il rischio deve essere conosciuto e fronteggiato e ciò un istante dianzi che si concretizzi ed assuma dimensioni non più controllabili e contenibili.

 

Analisi del Trattato di Velsen

Eurogendfor (EGF) secondo l’articolo 3 del Trattato di Velsen è la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal QG (quartier generale) permanente e dalle Forze EGF designate dalle Parti successivamente al trasferimento di autorità.

Come già anticipato in premessa, il Trattato di Velsen è ancora oggi un atto normativo poco noto nonostante sia destinato a cambiare notevolmente le strutture militari e della polizia nazionale e a provocare una ulteriore modifica alla Carta Costituzionale senza aver seguito gli iter predisposti dalla Costituzione per le leggi di modifica costituzionale come rigidamente sanciti dall’articolo 139 dellaCostituzione. L’abuso delcomma 2 di cui all’articolo 11 della Costituzione è ormai sempre più frequente per esautorare il Parlamento delle sue funzioni in favore di organismi internazionali con competenze che in concreto si è arrogato il Governo. É di tutta evidenza che tale sistema sia nocivo e pernicioso ed è ampiamente dubitabile che il percorso seguito si possa ritenere legittimo per operare modifiche alla Costituzione tali da realizzare una deminutio a compiti e funzioni degli organi costituzionali, così da comportare una sempre maggiore perdita di Democrazia, ed idoneo a far perdere sempre più importanza all’esito elettorale e soprattutto tali da far dipendere decisioni di cruciale importanza da organi od organismi non elettivi rispetto a cui il Popolo, sia pure costituzionalmente sovrano, non ha alcun potere di controllo .

Da quanto si apprende dallo stesso Trattato di Velsen, per costituire EGF, cioè la polizia militare multinazionale, si smantellerà l’Arma dei Carabinieri, e da fonti di stampa in rete[1] emerge cheil provvedimento di riordino e riorganizzazione interesserà anche le altre forze di Polizia, e cioè la Polizia di Stato, la Guardia Forestale, la Guardia di Finanza e la Polizia Municipale e la Polizia Penitenziaria.Plausibilmente, accanto ad EGF andranno ad essere costituite la Polizia di 1° livello (cui confluirebbero i Carabinieri esclusi da EGF e la Guardia di Finanza) mentre le altre due forze, Polizia di Stato e Guardia Forestale, dovrebbero costituire la Polizia di 2° livello. Èancora in dubbio se il provvedimento di dismissione riguarderà anche la Polizia Penitenziaria, che ha compiti peculiari e specifici (con un organico molto al di sotto delle reali necessità) cui non si può diversamente sopperire. Al momento tuttavia, l’unica fonte normativa reperibile è quella di cui all’articolo 3 della Legge n. 84/2010, che di certo poco illumina su termini, modalità e procedure, mentre le fonti giornalistiche non trovano alcuna conferma istituzionale.

In sostanza, il Trattato di Velsen stipulato nel 2007 tra Paesi Bassi, Francia, Italia, Spagna e Portogallo (cui si aggiunse la Romania nel 2009; Polonia e Lituania sono Paesi partner e la Turchia è un membro osservatore) istituisce la European Gendarmerie Force (EUROGENDFOR o EGF), cioè secondo la definizione dell’articolo 1 del Trattato l’Articolo 1 del trattato, l’EGF è una forza «comprendente esclusivamente elementi delle forze di polizia a statuto militare [...], per svolgere tutti i compiti di polizia nell’ambito di operazioni di crisis management». È prevista la possibilità di adesione, da parte di uno stato UE che abbia una forza di polizia a statuto militare (quindi la full membership), lo status di osservatore, cioè Stati candidati all’ingresso nell’UE oppure Stati membri dell’UE dotati di una forza di polizia a statuto militare che ne facciano richiesta, e quello di partner, cioè Stati membri dell’UE e gli Stati candidati all’adesione all’UE, dotati di una forza che abbia statuto militare ed alcune competenze di polizia. Le definizioni di Stato membro, osservatore e partner sono date negli articoli 42, 43 e 44.

Il Quartier Generale (QG) di EGF ha sede a Vicenza[2]

La genesi del Trattato di Velsen va ricondotta all’ incontro dei ministri europei della Difesa tenutosi a Roma nel 2003, allorquando  i ministri italiano e francese lanciarono l’idea di istituire una Forza di Gendarmeria Europea, poi sostanziatasi in una Dichiarazione di intenti sottoscritta nel 2004. La Forza nasceva come una struttura autonoma dall’Unione Europea (UE) aperta agli stati UE che disponevano di forze di polizia a statuto militare, analoghe all’Arma dei Carabinieri.

L’articolo 4 del Trattato elenca, apparentemente in modo tipico e tassativo, i compiti di EGF[3]- le cui Forze  potranno essere poste indifferentemente alle dipendenze dell’autorita’ civile o del comando militare-. EUROGENDFOR potra’ essere utilizzata al fine di:

  • condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico;
  • monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi compresa l’attivita’ d’indagine penale;
  • assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence;
  • svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorita’ giudiziarie competenti;
  • proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici;
  • formare gli operatori di polizia secondo gli standard internazionali;
  • formare gli istruttori, in particolare attraverso programmi di cooperazione.

Assolutamente da valutare come un punto critico del testo normativo in commento è la scelta operata di non aver volontariamente voluto restringere entro parametri tassativi l’ambito concettuale delle “Missioni”, ma anzi di averlo lasciato eccessivamente aperto a qualsivoglia tipologia di intervento, come emerge dalla lettura dell’articolo 4 del Trattato.

L’Articolo 5 del trattato sostiene che l’EGF può essere messa a disposizione della NATO e di altri organizzazioni internazionali o coalizioni ad hoc, ma le condizioni per l’ingaggio e il dispiegamento delle forze vengono sempre e solo decise dal CIMIN (Comitato Interministeriale di Alto Livello), organo di controllo politico dell’EGF (Articolo 7).

Il CIMIN è composto dai rappresentanti dei ministeri competenti di ciascuna delle Parti. La scelta dei rappresentanti è di competenza nazionale. I particolari relativi alla composizione, alla struttura, all’organizzazione ed al funzionamento del CIMIN saranno definiti dal regolamento che dovrà essere adottato dallo stesso. Le decisioni e le linee guida dovranno essere adottate dal CIMIN all’unanimità. I compiti generali del CIMIN sono i seguenti:

a) esercitare il controllo politico di EUROGENDFOR, definire il suo orientamento strategico ed assicurare il coordinamento politico-militare tra le Parti e, ove opportuno, con gli Stati contribuenti;

b) nominare il Comandante EGF ed impartirgli direttive;

c) approvare il ruolo e la struttura del QG permanente, nonche’ il criterio di rotazione per le posizioni chiave in seno al QG permanente;

d) nominare il Presidente del Consiglio finanziario e definire i criteri di rotazione della presidenza;

e) sorvegliare l’attuazione degli obiettivi definiti dal presente Trattato;

f) approvare gli obiettivi ed il programma di formazione annuali proposti dal Comandante EGF;

g) adottare le decisioni concernenti:

i) la partecipazione di EUROGENDFOR alle missioni;

ii) la partecipazione degli Stati contribuenti alle missioni di EUROGENDFOR;

iii) le richieste di cooperazione da parte di Stati terzi, organizzazioni internazionali o altri;

h) elaborare il quadro delle azioni guidate da EUROGENDFOR o condotte su richiesta dell’UE, dell’ONU, dell’OSCE, della NATO, di altre organizzazioni internazionali o di una coalizione specifica;

i) definire il quadro di ciascuna missione, ove opportuno di concerto con le pertinenti organizzazioni internazionali, in particolare:

i) la designazione del Comandante della Forza EGF;

ii) la partecipazione del QG permanente alla catena di comando;

j) approvare la struttura del QG della Forza;

k) garantire la direzione e la valutazione delle attività di EUROGENDFOR in caso di schieramento;

l) stabilire la necessita’ di concludere gli accordi di sicurezza di cui all’articolo 12, comma 3.

Il CIMIN approva le principali azioni relative agli aspetti amministrativi del QG (quartier generale) permanente ed alle questioni legate allo schieramento di EUROGENDFOR, in particolare il bilancio annuale e le altre questioni finanziarie, secondo quanto previsto dal Capo X.  In base alle proprie linee guida (ovviamente anch’esse autodeliberate), il CIMIN:

a) valuta la conformità ai requisiti richiesti per l’adesione al Trattato, ai sensi dell’articolo 42, e trasmette la sua proposta alle Parti ai fini dell’approvazione;

b) decide l’attribuzione dello status di Osservatore nell’ambito di EUROGENDFOR, secondo quanto previsto dall’articolo 43;

c) decide l’attribuzione dello status di Partner nell’ambito di EUROGENDFOR, secondo quanto previsto dall’articolo 44.

Le riunioni del CIMIN si svolgeranno conformemente al regolamento interno da esso adottato (articolo 7 Comma 6).

Le condizioni di ingaggio e di schieramento di EUROGENDFOR, stabilite di volta in volta dal CIMIN in base alle circostanze, dovranno essere regolate da uno specifico mandato per ciascuna operazione e saranno assoggettate ai necessari accordi tra le Parti e l’organizzazione richiedente.

Il CIMIN è composto dai rappresentati dei ministeri, dunque non necessariamente dai Ministri, interessati degli stati membri (quindi Esteri e Difesa), cui spetta la nomina, ed ha competenze non solo relative all’amministrazione di EGF, ma anche squisitamente politiche. Il Cimin dovrà adottare un regolamento, dunque si autoregolamenterà.

In particolare, secondo l’articolo 7 paragrafo 3 del Trattato istitutivo, alcuni tra i compiti principali (che non appaiono - vista l’espressione utilizzata - affatto tassativamente indicati) del CIMIN che sono stati meglio illustrati prima sono i seguenti: 1) adottare le decisioni e le linee guida del suo agire; 2) esercitare il controllo politico di EUROGENDFOR, 3) definire il suo orientamento strategico ed assicurare il coordinamento politico-militare tra le Parti e, ove opportuno, con gli Stati contribuenti; 4) nominare il Comandante EGF ed impartirgli direttive; 5) decidere in ordine alla partecipazione alle missioni, 6) decidere in ordine sulle richieste di cooperazione da parte di terzi, siano essi stati, organizzazioni internazionali o “altri” (il cui significato andrebbe opportunamente chiarito); e 7) definire il quadro delle azioni condotte su richiesta dell’UE, dell’ONU, della NATO, di altre organizzazioni internazionali o di una coalizione specifica. Il CIMIN valuta i requisiti richiesti per l’adesione al Trattato, ma la decisione spetta agli stati parti. Inoltre, decide sullo status di  membro, osservatore e di partner di EGF. Il CIMIN decide all’unanimità.

Si nota che gli articoli da 5 a 7 del Trattato  pongono immediatamente una serie di problemi. Infatti, la Costituzione italiana. Infatti, l’articolo 87 della Costituzione comma 9 dispone testualmente: [Il Presidente della Repubblica] “Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo della difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra.” Senza considerare la riserva assoluta di legge ordinaria, cioè con decisione del Palamento, stabilita dall’articolo 78 dellaCostituzione in relazione alla deliberazione di decisioni a impegno bellico rispetto al quale deve poi conferire al Governo i poteri necessari.

Il Cimin, cioè il Comitato Interministeriale di Alto Livello, sposterà in concreto i poteri sopra descritti dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento ad un Comitato interministeriale multinazionale, cioè a rappresentanti dell’esecutivo (Ministri o comunque a personalità individuate dall’esecutivo) nonchè a membri (o loro rappresentanti designati) di governi di paesi stranieri non necessariamente membri UE. Infatti, l’articolo 7 sulle modalità di costituzione del CIMIN non parla di stati aderenti ma di “parti”, con ciò pertanto inserendo tutti i Paesi sottoscrittori (compresi osservatori e partners) e non solo i Paesi aderenti.

Ulteriori problemi si pongono con l’articolo 109 della Costituzione che recita: “L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”. Anche ciò subirà un notevole mutamento visto che EGF invece sarà a diretta disposizione solo del Cimin e dei suoi rappresentanti.

Ma, in fondo, EGF cosa dovrà fare?

Conformemente al mandato di ciascuna operazione e nel quadro di operazioni condotte autonomamente o congiuntamente ad altre forze, EUROGENDFOR deve essere in grado di coprire l’intera gamma delle missioni di polizia, tramite la sostituzione o il rafforzamento, durante tutte le fasi di un’operazione di gestione della crisi. L’espressione, lascia ipotizzare che lo stato di crisi sarà sempre deliberato dall’esecutivo.

A  questo punto, EGF - pur avendo compiti e funzioni di polizia giudiziaria- si nota essere stata costituita in modo slegato dalla Magistratura con la quale si interrelazionerà esclusivamente per la consegna dei colpevoli in modo completamente absoluto dall’Autorità giudiziaria, ma rispondendo solo al CIMIN, cioè al Comitato Interministeriale di Alto Livello, che si ritroverà anche ad assimilare anche parte del potere giudiziario.

Tuttavia, nel nostro ordinamento giuridico, il colpevole è solo colui il quale tale sia stato dichiarato all’esito di un processo davanti all’A.G., dopo aver individuato il giudice naturale precostituito ex lege cui nessuno può essere distolto (articolo 25 della Costituzione).

Ma anche su questo punto il trattato evita di affrontare il significato del termine “colpevoli”.

Inoltre, i compiti e le funzioni (articolo 55 eseguenti delcodice di procedura penale) così come i soggetti che possono assumere il ruolo di Polizia Giudiziaria sono individuati espressamente dalla legge. Non solo, ma a parte i casi in cui la legge autorizza le attività su iniziativa della PG, l’articolo 55 del codice di procedura penale. È molto chiaro nel disporre che la polizia giudiziaria svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall’Autorità Giudiziaria (comma 2). Invece, EGF è un organismo autonomo, autoregolamentato, indipendente, assoggettato solo agli ordini, all’autorità e al controllo del Cimin, che è organo decisionale che governa EGF.

É evidente come sia ampiamente inconciliabile tale sua natura con i compiti e i controlli all’attività di polizia-giudiziaria stabiliti nel nostro codice di procedura penale. Tuttavia, un organo con funzioni di polizia giudiziaria scevro dalla direzione, controllo (anche disciplinare), dalla subordinazione (come è invece oggi sancita dall’articolo 59 del codice di procedura penale) e dalla garanzia (come è invece oggi sancita dall’articolo 358 del codice di procedura penale) della Magistratura e invece soggetta all’esecutivo rappresenterà una lesione significativa del principio di separazione dei poteri, che di fatto verrà ad annullare sia l’equilibrio sia il riparto con i suoi contrappesi tra i poteri per accentrarli in mano all’esecutivo o comunque al Cimin.

Le teorie politiche dell’Illuminismo, fra cui quella di Montesquieu sulla separazione dei poteri, hanno sempre guidato e fondato i moderni stati democratici dell’Occidente. La Costituzione di RSM, la Leges Statutae Marini, è del 1600, la Costituzione USA è del 1789. Sono secoli che l’Occidente ha fondato i suoi sistemi democratici su questi principi. L’Europa ha già drammaticamente sperimentato cosa significhi venirvi meno. Tali erosioni dei principi democratici inevitabilmente segnalano il rischio di svolte dirigiste e totalitarie con le inevitabili conseguenze già note.

Le conquiste fondamentali degli stati democratici moderni si devono all’affermazione dello Stato di diritto basato sul riparto dei poteri. É già di tutta evidenza che ai tre classici poteri classificati dall’Illuminismo come da tenere doverosamente divisi ed autonomi (legislativo, esecutivo e giudiziario) debba essere oggi aggiunto il potere dell’informazione e quello della finanza. Anzichè progredire nella direzione di una svolta democratica del XXI secolo che regolamenti tale rigido riparto, si assiste, nel più totale silenzio di intellettuali, politici e giuristi, ad un accentramento di poteri in mano ad un unico organismo, l’esecutivo interno e esterno, anche eludendo i casi costituzionalmente previsti di riserva assoluta di legge (e dunque di competenza esclusiva del Parlamento, articolo 78 dellaCostituzione). Infatti, EGF verrà inviata in missione di guerra su decisione del Cimin e non del Parlamento e senza alcun ruolo del Presidente della Repubblica, nonostante l’articolo 87 della Costituzione.

Ma i problemi istituzionali e legislativi di EGF non finiscono qui. Questo è solo il prologo.

Si apprende dall’articolo 3 lett. c) del Trattato che EGF è costituita dal personale del QG permanente, cioè i membri di una forza di polizia a statuto militare assegnati dalle Parti al QG permanente, come pure un numero limitato di personale civile designato dalle Parti, per supportare stabilmente il funzionamento del QG permanente con compiti di consulenza o di assistenza.

Il Comandante EGF secondo l’articolo 8 svolgerà i seguenti compiti principali:

a) comandare il QG permanente e definire i regolamenti necessari al suo funzionamento;

b) attuare le direttive ricevute dal CIMIN;

c) su mandato espressamente attribuitogli dalle Parti attraverso il CIMIN, e per suo conto, negoziare e concludere le intese o gli accordi tecnici, necessari ai fini del corretto funzionamento di EUROGENDFOR e dello svolgimento di esercitazioni od operazioni condotte nel territorio di uno Stato terzo;

d) adottare, conformemente alle leggi dello Stato ospitante, tutte le misure necessarie a garantire il mantenimento dell’ordine e della sicurezza all’interno delle sue strutture e, se necessario, all’esterno delle stesse, previo consenso e con l’ausilio delle autorita’ dello Stato ospitante;

e) redigere il bilancio delle spese comuni di EUROGENDFOR e, alla chiusura dell’anno finanziario, il rapporto finale relativo alle spese di EUROGENDFOR per quell’anno;

f) assumere il comando delle Forze EGF, ove previsto.

L’articolo 9 del Trattato riconosce capacità giuridica ad EGF anche se poi in concreto, avendo compiti e funzioni idonee ad assumere obblighi ed obbligazioni giuridicamente rilevanti (ivi compreso quello di stipulare contratti presso ciascuna delle parti) pare che lo stesso articolo conferisca altresì capacità di agire ad EGF.  

L’EGF potrà fruire di una struttura che può essere qualificata come un’organizzazione internazionale a carattere funzionale che, pur non avendo capacità internazionale, tuttavia ha una capacità di diritto interno.

L’articolo10concede esenzioni doganali e tributarie. I locali della Gendarmeria sono inviolabili e l’inviolabilità ha per oggetto anche gli archivi, la corrispondenza e i file informatici. L’ingresso nei locali della Gendarmeria può essere consentito solo dal Comandante. Consenso che si considera presunto in caso di incendio o calamità naturale. Beni e capitali della Gendarmeria sono immuni da provvedimenti esecutivi.

Le immunità e impunità di EGF come sancite dagli articoli 28 e 29 destano numerose perplessità. Infatti, il personale EGF non può essere soggetto a procedimenti di esecuzione di giudizi a loro carico relativi a situazioni derivanti dallo svolgimento dei loro compiti ufficiali (articolo 29 comma 3). Può apparire che questo principio sia contraddittorio rispetto a quanto sancito nel precedente articolo 13, secondo cui  il personale EGF “deve rispettare la legge in vigore nel Paese ospite o nel Paese di destinazione”. Infatti, è chiaro che il personale EGF dovrà rispettare le leggi nazionali solo se ed in quanto non risulti che abbia ricevuto l’ordine dal Cimin o suoi rappresentanti di violarle e così pur laddove venissero condannati non potrebbero comunque subire le conseguenze di sentenze legalmente emesse nei loro confronti. Ciò equivale a creare soggetti con privilegi al di sopra della legge, anche perché non esistono clausole di salvaguardia per limitare i rischi di tali abusi. Del resto, imporre il rispetto di una legge che deterrenza potrà  mai avere se poi in concreto la sanzione non sarà eseguibile?

Chiari problemi sorgono poi in ordine alla giurisdizione[4], peraltro poi vanificati in relazione a quella penale in relazione alla non eseguibilità delle sentenze sui membri EGF di cui al sopra citato art. 29.  La Dichiarazioni di intenti non ha disciplinato espressamente la questione della giurisdizione penale e civile sui membri  della Gendarmeria, ma si è limitata  a rinviare sul punto al relativo Status of Force Agreement (SOFA) della NATO, disciplinato dalla Convenzione di Londra del 1951. Il Trattato istitutivo invece, probabilmente per mere ragioni di opportunità politica - viste anche le tristi esperrienze del SOFA NATO sugli incidenti senza risarcimento delle vittime né soddisfazione penale - ha operato la chiara scelta di regolamentarla.

Esaminiamo in dettaglio le norme sulla giurisdizione.

Il Trattato regola  la Giurisdizione penale e quella disciplinare.

Le autorità dello Stato d’origine avranno il diritto di esercitare la giurisdizione penale e disciplinare, conferita loro dalla propria legislazione nei confronti del personale militare e civile, laddove detto personale civile sia soggetto alle leggi che regolano in tutto o in parte le forze di polizia a statuto militare dello Stato d’origine, in quanto schierato insieme a tali forze.

La questione di particolare interesse tuttavia è data dal fatto che il personale EGF - come è stato spiegato prima superando il disposto dell’articolo 109 della Costituzione difficilmente potrà essere assoggettato al potere di direzione, subordinazione e controllo dell’AG italiana perché altrimenti perderebbe la connotazione di organismo internazionale autonomo e autoregolamentato che gli si è data. Inoltre,  le autorità dello Stato ospitante o dello Stato ricevente avranno il diritto di esercitare la loro giurisdizione sul personale militare e civile e sui loro familiari, nel caso di reati commessi all’interno dei loro territori e punibili in base alle leggi di tale Stato.

Le autorità dello Stato d’origine avranno il diritto di esercitare la giurisdizione esclusiva sul personale militare e civile, laddove detto personale civile sia soggetto alle leggi che regolano in tutto o in parte le forze di polizia a statuto militare dello Stato d’origine, in quanto schierato insieme a tali forze, nel caso di reati, inclusi quelli relativi alla sua sicurezza, punibili in base alle leggi dello Stato d’origine, ma non in base alle leggi dello Stato ospitante o dello Stato ricevente.

Le autorità dello Stato ospitante o dello Stato ricevente avranno il diritto di esercitare la giurisdizione esclusiva sul personale militare e civile, nonché sui loro familiari, nel caso  di reati, compresi quelli relativi alla sua sicurezza, punibili in base alle proprie leggi ma non in base alle leggi dello Stato d’origine. Nei casi di giurisdizione concorrente, si applicheranno le seguenti norme:

a) le autorità competenti dello Stato d’origine avranno il diritto di priorità nell’esercizio della giurisdizione sui personale militare e civile laddove detto personale civile sia soggetto alle leggi che regolano in tutto o in parte le forze di polizia a statuto militare dello Stato d’origine, in quanto schierato insieme a tali forze, nel caso di:

1) reati commessi esclusivamente contro le proprietà o la sicurezza di detto Stato o reati commessi esclusivamente contro la persona o le proprietà del personale militare o civile di detto Stato o di un familiare;

2) reati derivati da qualsiasi atto od omissione commesso nello svolgimento di attività di servizio;

b) nel caso di reati di altra natura, le autorità dello Stato ospitante o dello Stato ricevente avranno il diritto di priorità nell’esercizio della giurisdizione;

c) qualora lo Stato che ha il diritto di priorità decida di non esercitare la giurisdizione, dovrà notificarlo alle autorità dell’altro Stato nel più breve tempo possibile. Le autorità dello Stato che ha il diritto di priorità prenderanno in debita considerazione la richiesta di rinuncia ad esercitare il loro diritto, inoltrata dalle autorità dell’altro Stato, nei casi in cui l’altro Stato ritenga tale rinuncia di particolare rilevanza.

Ai fini dell’applicazione dei commi 3, 4 e 5, tra i reati contro la sicurezza di uno Statosono inclusi:

a) il tradimento nei confronti dello Stato;

b) il sabotaggio, lo spionaggio o la violazione di qualsiasi legge relativa ai segreti ufficiali

di tale Stato o ai segreti relativi alla difesa nazionale di tale Stato.

Le disposizioni del presente articolo non comporteranno alcun diritto per le autorità dello Stato d’origine di esercitare la loro giurisdizione sui cittadini dello Stato ospitante o dello Stato ricevente o sulle persone che vi risiedono abitualmente, salvo nel caso in cui essi siano membri della forza dello Stato d’origine.

Le parti si presteranno assistenza legale reciproca ai sensi dell’articolo 26. Merita attenzione l’ultimo comma dell’articolo 27 secondo cui se lo Stato ospitante o lo Stato ricevente richiede l’allontanamento del personale di EUROGENDFOR dal proprio territorio o ha emanato un ordine di espulsione per il personale di EUROGENDFOR o per i suoi familiari, le autorità dello Stato d’origine potranno accoglierli sul proprio territorio o consentirgli di lasciare il territorio dello Stato ospitante o dello Stato ricevente. Il verbo utilizzato “potranno accoglierli” fa riflettere. Infatti, tecnicamente a fronte di un ordine di espulsione è fatto obbligo di ricevere l’espellendo allo stato di origine di qualsiasi cittadino di ogni Paese - laddove sia provata la nazionalità dell’espellendo . Desta interesse dunque il “potranno accoglierli” in quanto fa evidentemente riferimento ad una libera scelta che verrà lasciata fare al paese d’origine del personale espulso di EGF, senza disporre sulle conseguenze per il caso in cui lo Stato di origine dovesse esercitare la sua facoltà in termini negativi.

L’articolo 37 che disciplina gli appalti, attribuisce funzioni giurisdizionali al Cimin presso cui sarà possibile ricorrere contro l’attribuzione di un appalto pubblico, senza costi, che emetterà la sua decisione entro un mese.

Il trattato poi regolamenta (all’articolo 28) altresì la rinuncia di ciascuna parte a pretendere indennizzi dalle altre parti per i danni provocati alle proprietà causati da personale EGF in esecuzione di compiti, esercitazioni o dall’uso di veicoli nonché in caso di ferite o decesso di personale EGF durante lo svolgimento del servizio. La rinuncia non copre le esercitazioni od altra situazione.

Restano escluse le ipotesi di danno, ferite o decesso dovuti a colpa grave o dolo del personale di una parte. In tal caso i costi del danno saranno imputati alla parte.

Il Cimin stabilirà l’importo della franchigia.

Il danno a terzi è ripartito secondo il riparto, termini e le modalità di cui all’articolo 29. La risoluzione delle controversie tra le parti circa l’interpretazione o applicazione del trattato saranno risolte ai sensi dell’articolo 39 attraverso un negoziato[5].

Complessivamente, si può affermare che a prescindere dalle intenzioni che hanno indotto a costituire EGF, il giudizio circa la strutturazione e le scelte effettuate debba necessariamente essere critico[6] .

Infatti, se da un lato era da ritenere auspicabile un accorpamento  di funzioni e competenze dei vari corpi di polizia giudiziaria al fine di rendere più efficace e meno dispendiosa la loro azione, dall’altro la scelta fatta non solo non risolve visto che di fatto ha solo costituito EGF senza riorganizzare in concreto nulla, ma va molto oltre creando un nuovo corpo stavolta internazionale a carico dell’erario, per renderci sudditi dei Governi stranieri con storici obiettivi coloniali.

Inoltre, non è affatto possibile comprendere per quale ragione sia stato realizzato EGF - anziché quale mero corpo militare in modo tale da creare un reparto specializzato internazionale - utilizzando solo personale di polizia militare. Questa scelta fa inevitabilmente ritenere che tra gli obiettivi neppure troppo sottaciuti - visto che EGF ha espressamente poteri e funzioni sia di polizia giudiziaria sia di ordine pubblico - vi sia palesemente quello di far operare direttamente EGF per mantenere l’ordine pubblico all’interno degli stati parte del Trattato, una specie di garanzia o assicurazione dei Governi di una forza ai loro ordini permanente da poter eventualmente utilizzare in caso di rivolte, sommosse o altre ipotesi di criticità. In fondo le immagini delle rivolte sedate dalla polizia turca a Gezi Park sono ancora nei nostri occhi così come gli arresti illegali di centinaia di avvocati prelevati dalle aule giudiziarie mentre e solo perchè adempivano ai loro doveri della funzione difensiva con ancora indosso la Toga.

Dunque, a nostro avviso, la legge di ratifica del trattato di Velsen con cui si istituisce EGF è ampiamente incostituzionale. Si rende dunque assolutamente necessario ed urgente provvedere a ricondurre la ratifica del Trattato negli argini costituzionali. Alcune modifiche indispensabili ed improcrastinabili dovrebbero essere la previsione espressa dell’utilizzo di EGF solo ed esclusivamente per missioni all’estero di peacekeepingcomunque sulla base di una specifica deliberazione legislativa e in ogni caso l’eliminazione delle immunità, dei privilegi e delle impunità dei componenti di EGF - a limite da riconoscere solo se ed in quanto la forza non sia impiegata in operazioni all’estero di peacekeeping.

In un’ottica ipotetica di esame del Trattato da parte della Magistratura chiamata a decidere sulle controversie sulle problematiche che provocherà inevitabilmente l’introduzione di EGF si ipotizza che l’articolo 13 del Trattato sarà molto utilizzato per cercare di ricondurre entro i limiti della legge EGF. Tuttavia, a nostro avviso, non si può non osservare che in realtà tale articolo in realtà il personale di EGF sia caratterizzato dalla struttura di immunità paragonabile a quella degli agenti diplomatici e sarà molto difficile poterla scardinare (“ne impediatur legatio”). Per tale ragione sempre a sommesso parere di chi scrive non è affatto escluso che potrà essere utilizzata la Convenzione di Vienna del 18.04.1961 e quella del 24 aprile 1963 (che sembrano peraltro essere richiamate in più punti dal Trattato di Velsen) per interpretare il contenuto delle immunità e dei privilegi di cui al Trattato istitutivo di EGF[7].

 

[1]http://www.lastampa.it/2014/10/02/italia/politica/il-piano-di-renzi-fusione-finanzacarabinieri-5rIApyG8lwq46Rjzetv1wL/pagina.html

http://www.today.it/rassegna/riforma-arma-polizia-carabinieri-finanza-renzi.html

http://www.panorama.it/news/politica/accorpamento-delle-forze-polizia-tutto-rinviato/

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/sicurezza-piano-renzi-fondere-forze-dellordine-1056444.html

[2] <<Come specifica l’art. 3 b) del Trattato viene istituito un QG permanente multinazionale, modulare e proiettabile, cioè attivabile in un’area di operazioni. Del QG fanno parte tutti gli stati membri. Il QG, composto di personale assegnato dagli stati membri e con a capo il comandante della forza di gendarmeria, non dispone di una forza permanente immediatamente dispiegabile nel teatro delle operazioni. Allo scopo di costituire una Forza “operativa, pre-organizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi” gli stati membri dovranno tenere a disposizione contingenti ad hoc, dispiegabili nell’arco di 30 giorni. Tale iniziale capacità di reazione rapida potrà impiegare circa 800 persone, come detto nella Dichiarazione di intenti, mentre il totale delle forze che gli stati possono mettere a disposizione può arrivare a 2300 uomini.>>  in La Gendarmeria Europea Quale avvenire per le missioni civili all’estero?di Natalino Ronzitti, in Osservatorio di Politica Internazionale, n. 6 – febbraio 2010

[3] <<I compiti stabiliti dall’art. 4 sembrano essere tassativi e non possono essere ulteriormente ampliati. Se le deduce che la Gendarmeria Europea è una Forza le cui operazioni devono essere inquadrate in una più ampia operazione a supporto della pace (Peace Support Operation, PSO) condotta da un’organizzazione internazionale o da una coalizione ad hoc. Particolarmente utili dovrebbero essere i compiti della Gendarmeria come struttura di supporto alle missioni civili, per provvedere ad esempio alla sicurezza della missione. Ma le funzioni della Gendarmeria devono essere apprezzate anche nel campo del post-conflict peace building, cioè quando si tratti di ricostruire il tessuto istituzionale di uno stato a lungo oggetto di una guerra civile o addirittura in preda all’anarchia. Preme comunque sottolineare come la Gendarmeria Europea non possa essere impiegata per una missione completamente autonoma, ma la sua funzione sia piuttosto di supporto ad una missione di più ampio respiro. In altri termini, come si deduce dalla stessa lettera del Trattato di Velsen (art. 1), la missione della Gendarmeria Europea consiste nell’”eseguire tutti i compiti di polizia previsti nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi”.>>  in La Gendarmeria Europea Quale avvenire per le missioni civili all’estero? di Natalino Ronzitti, in Osservatorio di Politica Internazionale, n. 6 – febbraio 2010

[4] Secondo quanto si legge in La Gendarmeria Europea Quale avvenire per le missionicivili all’estero?di Natalino Ronzitti, in Osservatorio di Politica Internazionale, n. 6 – febbraio 2010 <<Per quanto riguarda lagiurisdizione penale, si segue la legge della bandiera, con alcuni correttivi ispirati al principio di territorialità della legge penale. Le autorità dello stato di origine hanno giurisdizione esclusiva sui propri membri della Forza secondo quanto disposto dalla propria legislazione, tranne che il reato sia stato commesso nello stato ospitante (cioè lo stato nel cui territorio è situato il QG permanente) o ricevente (cioè lo stato parte nel cui territorio le Forze di Gendarmeria stazionano o transitano) e sia punibile in base alle leggi di tale stato. Qualora il reato sia punibile in base alla legislazione dello stato d’origine, ma non in base a quello dello stato ospitante o ricevente, lo stato di origine godrà di legislazione esclusiva. Al contrario, qualora il reato non sia punibile in base alla legislazione dello stato di origine, ma lo sia invece in base alla giurisdizione dello stato ricevente o ospitante, questi avrà giurisdizione esclusiva.  Può darsi però che esista un concorso di giurisdizione, poiché il reato è punibile sia alla stregua della legislazione dello stato di origine sia alla stregua di quella dello stato di soggiorno o ospitante. In tal caso, lo stato di origine avrà priorità di giurisdizione, qualora il reato sia commesso a danno dello stato di origine, in particolare contro la proprietà o sicurezza (ad es. tradimento, sabotaggio o spionaggio). Qualora lo stato di origine rinunci ad esercitare la giurisdizione, questa potrà essere sempre esercitata dallo stato ospitante. Non dovrebbe comportare nessun problema il fatto che in taluni stati la competenza a giudicare sia esercitata dai tribunali militari e non da quelli ordinari. Piuttosto non sembra ben chiarito l’esercizio della giurisdizione penale nel caso di reato commesso, in uno stato terzo dove sia schierata la Forza, a danno di un membro della Forza appartenente ad un altro stato parte. Si versa in un caso di giurisdizione esclusiva dello stato di origine, tranne rinuncia? Quid per quanto riguarda l’esercizio della giurisdizione nello stato dove la Forza è schierata durante una missione? Normalmente in questi casi viene stipulato (da parte di chi?) un SOFA. Un chiarimento sarebbe opportuno. Ovviamente lo stato di origine non potrà esercitare giurisdizione alcuna sui cittadini dello stato ricevente o dello stato ospitante. Per quanto riguarda l’indennizzo per danni provocati da uno stato membro ad altro stato membro (ad es. distruzione di un veicolo), ciascuna parte rinuncia ad avanzare una richiesta in proposito, tranne che si tratti di danni, ferite o decessi dovuti a colpa grave o dolo. Ma non è previsto alcun meccanismo per la liquidazione del sinistro azionabile dal danneggiato. Qualora il danneggiato sia un terzo, cioè un individuo che non sia membro della Forza, il Trattato detta una disposizione abbastanza specifica, distinguendo tra danni provocati durante l’attività di servizio e danni provocati al di fuori del servizio stesso. Nel primo caso, il danno sarà sopportato dagli stati membri in base ad una ripartizione da definire. Nel secondo, l’indennizzo sarà versato a titolo “grazioso” dallo stato di origine. In ambedue i casi la giurisdizione dei tribunali civili non sembra esclusa, fermo restando che i membri della Gendarmeria Europea non potranno essere sottoposti a nessuna procedura esecutiva per danni collegati all’adempimento del servizio. >>

[5] <<Non è escluso che controversie possano insorgere tra gli stati parti, come per qualsiasi altro trattato internazionale. Peraltro il Trattato indica un meccanismo molto embrionale di risoluzione, cioè il negoziato tra le parti. Essendo il Trattato di Velsen formalmente staccato dal Trattato UE, l’intervento della Corte di giustizia dell’Unione Europea è escluso. Tutta da verificare è l’ipotesi se esista un ruolo delle Corte in materia di appalti pubblici, poiché l’art. 37 del Trattato istitutivo fa un generico riferimento alla disciplina comunitaria in materia. Per quanto riguarda una controversia in materia di interpretazione ed applicazione del Trattato istitutivo, si potrebbe forse ipotizzare un ruolo della Corte, qualora le parti volessero investirla della controversia in virtù di un compromesso arbitrale, sempre che questa riguardi una materia in connessione con l’oggetto dei trattati comunitari (art. 273 del trattato sul funzionamento dell’UE)>> , in La Gendarmeria Europea Quale avvenire per le missioni civili all’estero?di Natalino Ronzitti, in Osservatorio di Politica Internazionale, n. 6– febbraio 2010

[6] Sembra opportuno riportare anche un parere contrario rispetto a quello di chi scrive. <<Nel complesso la nuova struttura è da salutare positivamente ed i suoi profili possono migliorare, sia per quanto riguarda la costruzione di un concetto strategico rispettoso dei diritti umani e del diritto umanitario sia in relazione alla conclusione di SOFA e l’esercizio della giurisdizione penale nello stato di svolgimento dell’operazione. La Gendarmeria Europea non può essere propriamente definita un’agenzia dell’UE, al pari ad es. di Frontex (l’agenzia delle frontiere), quantunque il preambolo del Trattato di Velsen faccia riferimento alla Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD) ed all’art. 17, par. 2 del Trattato sull’Unione Europea. L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e gli accresciuti poteri in materia di politica estera e di sicurezza, con il passaggio della PESD alla PSDC (Politica di Sicurezza e Difesa Comune), non cambiano il quadro. Tra l’altro il nuovo Titolo V del Trattato UE aumenta le missioni che possono essere intraprese dall’Unione. La Gendarmeria Europea potrebbe essere connessa all’art 42, par. 3, del Trattato di Lisbona, secondo cui “gli Stati membri che costituiscono tra loro forze multinazionali possono mettere anche tali forze a disposizione della politica di sicurezza e di difesa comune”. Rilevanti sono altresì le disposizioni del Trattato di Lisbona che consentono di affidare una missione a un gruppo di stati membri (artt, 42, par. 5 e 44). Non è da sottovalutare che un problema di coordinamento si pone con altre missioni dell’Unione, come dimostra il caso dell’Afghanistan dove sono presenti sia la Gendarmeria Europea sia la missione di polizia UE EUPOL Afghanistan. Problemi politici possono venire in considerazione, quando uno stato membro della Gendarmeria Europea non si trovi d’accordo sullo status del paese in cui la missione dovrebbe essere dislocata, come è accaduto per il Kosovo, la cui indipendenza non è stata riconosciuta dalla Spagna, che però non ha posto il veto per l’invio della missione UE di assistenza civile, giudiziaria e di polizia EULEX, ma si è opposta invece all’invio di una missione della Gendarmeria Europea. Altro problema potrebbe essere costituito dal fatto che taluni membri UE non trovano corrispondente alla loro “filosofia istituzionale” una polizia che abbia un ordinamento militare. Bisogna peraltro francamente riconoscere che la Gendarmeria Europea rappresenta un valore aggiunto per le missioni UE, dove il profilo civile/militare non è sempre nettamente separabile. Inoltre, l’invio di una missione meramente civile necessita di una protezione sul terreno. Se si vuole evitare l’utilizzo di compagnie private di sicurezza, il ricorso a strutture come la Gendarmeria Europea può diventare estremamente utile.>> in La Gendarmeria Europea Quale avvenire per le missioni civili all’estero?di Natalino Ronzitti, in Osservatorio di Politica Internazionale, n. 6 – febbraio 2010

[7] A tal proposito, sembra utile ed opportuno citare Benedetto Conforti, in Diritto Internazionale, VIII edizione, ESI, Napoli ottobre 2010, pag. 245, in cui analizza l’immunità dell’Agente diplomatico: “Anche gli atti che l’agente compie come privato sono immuni dalla giurisdizione civile, penale e amministrativa (immunità personale oratione personae), salvo, per quanto riguarda la giurisdizione civile ed entro certi limiti, le azioni reali concernenti immobili situati nel territorio dello Stato accredita rio, le azioni successorie e quelle riguardanti attività professionali o commerciali dell’agente e le domande riconvenzionali”. La ratio di questa immunità sta però esclusivamente nell’esigenza di assicurare all’agente il libero ed indisturbato esercizio delle sue funzioni, esigenza che è espressa dal brocardo ne impediatur legatio . Ne consegue il carattere esclusivamente processuale dell’immunità: l’agente non è dispensato dall’osservare la legge, ma è semplicemente immune dalla giurisdizione, finché si trova sul territorio dello Stato che lo riceve e finché esplica le sue funzioni. Una volta che la sua qualità di agente diplomatico sia venuta meno, egli potrà essere sottoposto a giudizio anche per gli atti o i reati compiuti quando rivestiva tale qualità; mentre, finché dura la funzione, non potrà essere sottoposto a processo neppure per gli atti o per i reati compiuti prima del periodo della funzione. Dalla ratio dell’immunità consegue anche che alla esenzione dalla giurisdizione è tenuto soltanto lo Stato presso cui l’agente diplomatico esercita le sue funzioni. Tuttavia, occorrerebbero altresì prendere in considerazione gli artt. 39 e 40 della Convenzione di Vienna del 1961.

 

http://www.filodiritto.com/articoli/2014/11/eurogendfor-la-fine-della-divisione-dei-poteri-e-dello-stato-di-diritto.html


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