PER IL REATO DI COLLUSIONE DEL MILITARE DELLA GUARDIA DI FINANZA È SUFFICIENTE IL SEMPLICE ACCORDO E NON È NECESSARIO IL RAGGIUNGIMENTO DELLO SCOPO FRAUDOLENTO - di Cleto Iafrate

lunedì 16 febbraio 2015

 

Un maresciallo della Guardia di Finanza nel corso di una conversazione con un civile gli rivela l’esistenza di un esposto anonimo nei confronti di una società di trasporti e si offre di redigere ed inviare egli stesso un altro esposto anonimo, quale seguito del primo, al fine di sviare le attenzioni della Guardia di Finanza, indirizzandole verso altre società di trasporto; per questo viene condannato per collusione ad oltre un anno di reclusione militare (art. 3 L. 1383/1941).  

Il militare propone ricorso avverso la sentenza  per erronea applicazione della legge. Nel ricorso si sostiene che i fatti in concreto non ledono il bene giuridico protetto, costituito dalla regolare riscossione dei tributi, e quindi non sarebbero punibili; in buona sostanza, il delitto di collusione non sussisterebbe dal momento che si è in presenza di un semplice accordo, o istigazione accolta, cui non ha fatto seguito la commissione del reato.

La Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali (Cass. pen. Sez. I, Sent. n. 45864/2014).

Ciò in quanto il delitto di collusione previsto dall'art. 3 della legge 9.12.1941 n.1383 introduce una deroga al principio generale stabilito dall'art. 115 c.p., secondo cui l'accordo, o l'istigazione accolta, alla commissione di un reato non sono di per sé punibili qualora non siano seguiti dalla effettiva commissione del reato concordato (salva la facoltà di applicazione di una misura di sicurezza in caso di accordo per commettere un delitto).

La portata derogatoria della fattispecie di collusione del  Finanziere non si esaurisce nella attribuzione di rilevanza penale al semplice accordo tra il  Finanziere e l'estraneo diretto alla commissione di un reato di frode fiscale. La disposizione in oggetto prevede la punibilità dell'intesa collusiva anche quando essa è mirata alla attuazione della frode fiscale mediante la commissione di illeciti finanziari non aventi rilevanza penale, ovvero mediante comportamenti diretti ad eludere o sviare l'attività di accertamento e controllo della polizia tributaria.

Il reato di collusione del militare della Guardia di Finanza con l'estraneo previsto dalla L. 9 dicembre 1941, n. 1383, art. 3, configura un delitto a consumazione anticipata nel quale, in ragione della rilevanza attribuita al bene giuridico protetto costituito dalla regolare riscossione dei tributi, l'applicazione della sanzione penale è anticipata al momento dell'accordo collusivo; poiché il fine di "frodare la finanza" connota l'elemento soggettivo, qualificandolo quale dolo specifico, e non è elemento costitutivo del reato, la fattispecie assume la fisionomia del reato di mero pericolo per la cui integrazione non è necessario il raggiungimento dello scopo fraudolento, essendo sufficiente che la condotta infedele del finanziere sia idonea a determinare l'insorgenza del pericolo di compromissione dell'interesse erariale. (in senso analogo Sez. 1, n. 25819 del 06/06/2007, Vitale, Rv. 236894; Sez. 1, n. 44514 del 28/09/2012, Nacca e altro, Rv. 253826).

Cleto Iafrate

Direttore laboratorio delle idee FICIESSE

Presidente della Sezione FICIESSE di Taranto

 


Tua email:   Invia a: