SE UN MILITARE RITENESSE DI NON ESEGUIRE UN ORDINE IRREGOLARE NON VI SONO GARANZIE. QUALE MILITARE CONTESTEREBBE UN ORDINE RISCHIANDO CONSEGUENZE NEFASTE? - di Cleto Iafrate

lunedì 23 febbraio 2015

Riportiamo una interessante sentenza del TAR di Genova (n. 128/2014) preceduta da una breve nota introduttiva di Cleto Iafrate, Direttore del laboratorio delle idee FICIESSE.

 

«Se, per ipotesi, un militare ritenesse di non eseguire un ordine irregolare - che il superiore ha impartito in un momento di smarrimento del senso dell’onore – non vi è garanzie (per il militare) che quel superiore, al momento, non lo attenzioni disciplinarmente … oppure non lo valuti negativamente in occasione della redazione dei giudizi annuali caratteristici, compromettendo, irrimediabilmente la sua carriera e con essa il diritto alla giusta retribuzione. Ancora, non lo avvicendi nell’incarico con una formula di stile, per esempio, per incompatibilità ambientale. Quale militare contesterebbe un ordine rischiando tutto ciò?»

 

Si tratta di un passaggio, quasi profetico, ripreso dalla Delibera 1/6/XI del 21 maggio 2013 (pag. 19) licenziata dal COBAR[1] G.di F. aeronavale.

La delibera, infatti, ha anticipato, per grandi linee, la vicenda[2] descritta nella sentenza che segue, cui è stato protagonista un tenente di vascello.

L’ufficiale, per essersi opposto allo sversamento in mare di liquidi oleosi inquinanti, è stato,  sul momento, sanzionato con 15 giorni di  consegna di rigore[3] e, in occasione della successiva redazione dei giudizi annuali caratteristici, giudicato con una qualifica inferiore a quella riportata nella precedente valutazione:

«La precedente scheda valutativa, ad  esempio, descriveva l'interessato come "franco e sincero, di provata  lealtà e rettitudine"; nel periodo immediatamente successivo,  invece, è stato considerato "ambiguo, poco leale, accomodante".  

Altrettanto vale per le qualità intellettuali e professionali: il   "buon senso" del militare, precedentemente qualificato con il  termine "molto", è divenuto "scarso"; l'"atteggiamento verso   superiori, colleghi e inferiori", prima "rispettoso, amichevole, comprensivo", viene descritto come "ambiguo, presuntuoso,  altezzoso"; nella "capacità di giudicare i dipendenti", l'ufficiale, dapprima "preciso, obiettivo", viene poi giudicato "partigiano,   arbitrario"».

Una tale valutazione ha compromesso, irrimediabilmente la sua carriera - comportato la sua retrocessione nella graduatoria formata ai fini dell'avanzamento - e con essa il suo diritto alla giusta retribuzione.

Non è andata, però, meglio a due finanzieri che hanno fatto una scelta completamente diversa. I militari, infatti, sono stati rinviati a giudizio per aver obbedito all’ordine di  mettersi a disposizione di un noto politico e dei suoi familiari. Gli ordini erano:  “fate tutto ciò che vi chiede ... State attenti e cercate di rigare diritto”.

Leggi la notizia:

 http://napoli.repubblica.it/cronaca/2015/02/10/news/auto_blu_a_alfonso_papa-107001085/

Se i finanzieri si fossero rifiutati di eseguire l’ordine, probabilmente, sarebbero stati trasferiti d’autorità[4], magari puniti con una motivazione fantasiosa[5] e, di conseguenza, giudicati in peius in occasione della successiva valutazione annuale,  cui sarebbe derivata la retrocessione nelle graduatorie dell’avanzamento e dei trasferimenti, con le immaginabili penalizzazioni stipendiali.

Ma allora, cosa deve fare il militare quando riceve un ordine non attinente al servizio?

E’ molto difficile rispondere a questa domanda, dal momento che l’ordinamento militare si basa sulla regola dell’onore (per un approfondimento si veda la delibera 4/15/XI del COBAR G. di F. Aeronavale).

Già durante i lavori preparatori della legge di Principio sulla disciplina militare (L. 382/78) l’on. Miceli Vito, uno dei massimi esperti della materia[6], sollevò i dubbi interpretativi che le norme sull’obbedienza militare avrebbero creato[7].

 Ad ogni modo sul piano teorico-normativo «il militare al quale è impartito un ordine che non ritiene conforme alle norme in vigore deve (o comunque dovrebbe), con spirito di leale e fattiva partecipazione, farlo presente a chi lo ha impartito dichiarandone le ragioni, ed è tenuto ad eseguirlo se l’ordine è confermato. Secondo quanto disposto dalle norme del codice, il militare al quale è impartito un ordine manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato, ha (avrebbe) il dovere di non eseguire l’ordine e informare al più presto i superiori»[8] (corsivo e neretto mio).

Quando però si passa dalla lettera della norma alla sua attuazione, subentrano una serie di elementi che pongono il militare in una tale soggezione rispetto al superiore da  provocare una mutazione genetica del concetto stesso di  obbedienza.

Si consideri il concorso dei seguenti fattori:

- l’assenza del principio di legalità alla base dell’istituto sanzionatorio e premiale[9];

- il trasferimento d’autorità assimilato ad una modalità di esecuzione dell’ordine militare[10].

- l’assenza di tutele terze[11]:

- e infine una giustizia militare per così dire “diversa”, a tacer d’altro, da quella ordinaria[12].

Intendo dire che tutti questi fattori, sinergicamente combinati, intimidiscono il militare esecutore. E una volontà intimidita o, comunque, fortemente condizionata è giuridicamente più rilevante di una norma di diritto positivo che imporrebbe al militare di sindacare l’ordine non attinente al servizio all’interno dello stesso ente militare; per cui - salvo motivazioni fortemente idealistiche, come nel caso descritto nella sentenza - il militare è indotto a deliberare di eseguire qualsiasi ordine, dal momento che è ben cosciente del fatto che se rifiuta di obbedire, le conseguenze disciplinari sarebbero certe, in caso contrario, solo eventuali.

Un’ultima considerazione: imporre al militare di contestare l’ordine non attinente al servizio all’interno dello stesso ente militare, è come dire a cappuccetto rosso di chiedere aiuto ad un altro lupo più saggio e canuto, piuttosto che al cacciatore.

Come potrebbe poi continuare a vivere felice e contenta?

Di seguito la sentenza del T.A.R. di Genova n. 128/2014, il cui testo a tratti richiama alla mente le parole del Generale della G. di F. Umberto Rapetto:

«Il nodo di certe ignobili dinamiche feudali e vergognose prevaricazioni è venuto al pettine. Adesso chi ha subito iniquità e prepotenze, chi ha visto, chi sa, deve smettere di avere paura. È venuto il momento di denunciare e di dare ai magistrati l'opportunità di fare chiarezza e giustizia su fenomeni intollerabili anche in un Paese devastato come il nostro» (FONTE: settimanale OGGI del 25 giugno 2014).

 

Cleto Iafrate

Direttore laboratorio delle idee FICIESSE

Presidente della Sezione FICIESSE di Taranto

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1289 del 2002, proposto da:

D.G., rappresentato e difeso dall'avv. ************, con domicilio eletto presso la segreteria del T.A.R. Liguria in Genova, via dei Mille, 9;

contro Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;

sul ricorso numero di registro generale 948 del 2006, proposto da:

D.G., rappresentato e difeso dall'avv. ************, con domicilio eletto presso la segreteria del T.A.R. Liguria in Genova, via dei Mille, 9;

contro

Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 1289 del 2002:

del provvedimento della Marina militare - Nave Maestrale , a firma del Comandante, del 25/2/2002, con cui è stata comunicata al ricorrente la punizione di 15 giorni di consegna di rigore per un'asserita infrazione commessa il 23/2/2002 nel grado di tenente di vascello;

della scheda valutativa per ufficiale redatta dal Ministero della difesa - Marina - MDPT La Spezia - Nave  Maestrale , del 22/8/2002, per il periodo dal 22/10/2001 al 28/7/2002;

di ogni atto presupposto e/o connesso e/o consequenziale e/o di esecuzione;

quanto al ricorso n. 948 del 2006:

del provvedimento della Marina militare - Direzione generale personale militare foglio d'ordine n. 36, datato 6/9/2006, con cui è stata comunicata al ricorrente la promozione da tenente di vascello a capitano di corvetta al 6 posto in graduatoria;

di ogni atto presupposto e/o connesso e/o consequenziale e/o di esecuzione.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti dei due giudizi;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2013 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato il 30 settembre 2002 e depositato il 17 ottobre 2002 (classificato al r.g. n. 1289 del 2002), l'esponente, ufficiale della Marina militare, ha impugnato il prov. 28 febbraio 2002 con cui gli era stata irrogata la sanzione disciplinare della consegna di rigore per giorni quindici.

La misura punitiva concerneva episodi verificatisi a bordo della nave " Maestrale", durante una missione in acque internazionali.

In tale contesto, il ricorrente, con il grado di tenente di vascello, si sarebbe reso responsabile di rilevanti violazioni dei doveri attinenti al servizio e al rapporto gerarchico, avendo omesso di eseguire le disposizioni impartitegli dall'ufficiale direttore di macchina e provvedendo, in difetto di autorizzazione, a precostituire elementi di prova (quali riprese fotografiche non autorizzate dei locali macchine della nave) a fini di tutela nei confronti di eventuali comportamenti ritorsivi del Comando.

L'esponente sostiene di aver dovuto adottare tale linea di condotta onde evitare che fossero scaricati in mare liquidi oleosi provenienti dai motori della nave, con grave compromissione dell'ambiente marino; per quanto concerne i rilievi fotografici, si sarebbe trattato di comportamenti non inediti, riconducibili alle incombenze proprie del servizio e sempre accettati dai superiori gerarchici.

Sulla base di tale ricostruzione fattuale, il ricorrente denuncia l'insussistenza dei presupposti della sanzione disciplinare nonché la violazione delle proprie prerogative difensive.

Con il ricorso n. 1289 del 2002, è stata anche impugnata la scheda valutativa relativa al periodo dal 22 ottobre 2001 al 28 luglio 2002, con cui era stata attribuita all'interessato la qualifica "nella media".

Ad avviso dell'esponente, tale valutazione, inferiore a quelle ricevute in precedenza, sarebbe conseguenza diretta della misura disciplinare contestata in principalità, non potendosi altrimenti giustificare il repentino mutamento in peius di gran parte delle note caratteristiche.

Il Ministero della difesa si costituiva in giudizio solo formalmente.

Con decreto n. 2422 del 19 dicembre 2011, il ricorso veniva dichiarato perento.

A seguito di opposizione dell'interessato, il ricorso medesimo è stato nuovamente iscritto a ruolo con ordinanza n. 1187 del 11 ottobre 2012.

L'Amministrazione resistente ha svolto le proprie argomentazioni difensive con memoria depositata il 26 settembre 2013, eccependo la parziale improcedibilità del ricorso in quanto, con provvedimento ministeriale del 7 settembre 2004, era stata accolta l'istanza di cancellazione della sanzione de qua; le doglianze formulate nei confronti della scheda valutativa, invece, sarebbero prive di giuridico fondamento, poiché tale documento non conteneva alcun riferimento alla sanzione disciplinare.

Nelle more del primo giudizio, il ricorrente è stato promosso, con provvedimento del 3 agosto 2006, al grado di capitano di corvetta.

Egli ritiene, comunque, che tale determinazione sia lesiva dei suoi interessi, laddove comporta l'attribuzione di un punteggio tale da farlo retrocedere dal secondo al sesto posto della graduatoria formata ai fini dell'avanzamento a scelta.

Sostiene l'esponente che tale deteriore valutazione sarebbe censurabile sotto il profilo della carenza di motivazione ed in quanto univoca conseguenza dell'illegittima sanzione disciplinare irrogatagli nel 2002.

Per tali ragioni, con ricorso ritualmente notificato il 30 ottobre 2006 e depositato il 16 novembre 2006 (classificato al r.g. n. 948 del 2006), l'interessato agisce per conseguire l'annullamento del provvedimento impugnato e la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni.

Con ricorso per motivi aggiunti successivamente notificato, è stato impugnato, sulla scorta di identiche censure, il provvedimento del 16 novembre 2006, recante definitivo collocamento nella sopra indicata posizione di graduatoria.

Anche in questo giudizio, il Ministero della difesa dapprima si è costituito con comparsa di stile, quindi ha esposto, con memoria depositata il 26 settembre 2013, argomentazioni tese a dimostrare l'infondatezza del ricorso nel merito.

In prossimità della pubblica udienza, parte ricorrente ha depositato una breve memoria difensiva.

I due ricorsi, infine, sono stati chiamati all'udienza del 5 dicembre 2013 e ritenuti in decisione.

Motivi della decisione

1) I ricorsi in trattazione hanno ad oggetto vicende del rapporto di impiego dell'esponente, ufficiale della Marina militare.

Nella prospettazione di parte ricorrente, i provvedimenti impugnati con i due ricorsi sono collegati dal punto di vista causale, atteso che le deteriori valutazioni ricevute trarrebbero tutte origine da un episodio che l'Amministrazione ha ritenuto meritevole di essere sanzionato sul piano disciplinare.

Sussiste, in ogni caso, un evidente rapporto di connessione oggettiva e soggettiva fra i ricorsi in epigrafe che rende opportuno disporne la riunione ai sensi dell'art. 70 cod. proc. amm.

2) Con il primo ricorso (r.g. n. 1289 del 2002), l'esponente ha impugnato la sanzione disciplinare della consegna di rigore per giorni quindici, irrogatagli con Provv. 28 febbraio 2002, e la scheda valutativa relativa al periodo di servizio dal 22 ottobre 2001 al 28 luglio 2002, con cui gli era stata attribuita la qualifica "nella media".

3) Va preliminarmente rilevato, pur in assenza di eccezioni di parte, che il ricorso, notificato il 30 settembre 2002, è stato proposto ben oltre la scadenza del termine di sessanta giorni decorrente dalla notifica della sanzione disciplinare irrogata con provvedimento in pari data (28 febbraio 2002).

Precisa il ricorrente, però, di essersi trovato nella materiale impossibilità di proporre l'azione giurisdizionale prima del giorno (19 giugno 2002) in cui la nave sulla quale era imbarcato per una missione in acque internazionali ha fatto rientro nel porto della Spezia.

La circostanza e i connessi riferimenti temporali devono ritenersi adeguatamente comprovati in quanto non contraddetti dalla difesa erariale.

In tali condizioni, il militare era palesemente impossibilitato, per cause indipendenti dalla sua volontà, ad agire in giudizio avverso il provvedimento lesivo dei suoi interessi.

Egli, pertanto, deve essere rimesso in termini ai fini dell'impugnazione, giusta la previsione di cui all'art. 153 cod. proc. civ. che, anche prima del rinvio esterno disposto dall'art. 39 cod. proc. amm., trovava applicazione nel processo amministrativo in quanto espressione di un principio generale posto a tutela del diritto di difesa.

4) Ancora in via preliminare, deve essere scrutinata l'eccezione di improcedibilità proposta dalla difesa erariale, limitatamente all'impugnativa della sanzione disciplinare.

Rileva l'amministrazione che la sanzione de qua è stata cancellata con provvedimento del 7 settembre 2004, in accoglimento della richiesta presentata dall'interessato ai sensi dell'art. 75 del Regolamento di disciplina militare (D.P.R. 18 luglio 1986, n. 545, ora sostituito dall'art. 1369 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66), cosicché sarebbe venuto meno l'interesse del ricorrente a coltivare l'impugnazione di un provvedimento non più esistente.

L'eccezione non ha pregio.

L'art. 75 citato prevede, al comma 1, che " i militari possono chiedere la cessazione di ogni effetto delle sanzioni trascritte nella documentazione personale".

Il comma 3 dello stesso art. 75 stabilisce che "in caso di accoglimento dell'istanza le annotazioni relative alla sanzione inflitta sono eliminate dalla documentazione personale, esclusa peraltro ogni efficacia retroattiva".

La cancellazione di cui ha beneficiato l'odierno ricorrente, pertanto, ha fatto venir meno solo ex nunc gli effetti della sanzione disciplinare, senza incidere sul periodo pregresso.

In conseguenza, siffatta misura non può ritenersi pienamente satisfattiva della pretesa azionata in giudizio e neppure idonea a determinare l'improcedibilità del ricorso in quanto, nella prospettazione di parte ricorrente, le valutazioni deteriori successivamente ricevute erano conseguenza della sanzione.

Per tale ragione, il ricorrente conserva interesse attuale allo scrutinio e all'eventuale declaratoria di illegittimità del provvedimento disciplinare adottato nei suoi confronti.

5) Nel merito, il primo motivo di ricorso, con cui l'esponente denuncia la compromissione delle sue prerogative difensive nell'ambito del procedimento disciplinare, è inammissibile per genericità, mancando qualsiasi specificazione in ordine alle norme e alle guarentigie che sarebbero state violate nel caso di specie.

Non risponde al vero, comunque, l'affermazione secondo cui l'incolpato non avrebbe potuto svolgere alcuna attività difensiva, risultando dalla documentazione in atti che egli si è avvalso della facoltà di nominare un difensore il quale è intervenuto attivamente nel procedimento (cfr. doc. amministrazione nn. 5 e 6).

6) Le censure di legittimità dedotte con il secondo motivo di ricorso risultano sostanzialmente tese a denunciare l'insussistenza dei presupposti della sanzione irrogata nella fattispecie, attesa l'irrilevanza, sul piano disciplinare, delle condotte ascritte al ricorrente.

6.1) Lo scrutinio di tali doglianze presuppone una più puntuale ricostruzione dei fatti, come riferiti dalla documentazione in atti (rapporto disciplinare, provvedimento di applicazione della sanzione, dichiarazioni sottoscritte dai militari presenti) e dagli scritti difensivi delle parti.

Questi gli aspetti essenziali della vicenda che ha dato luogo all'applicazione della contestata sanzione:

- durante la navigazione, si manifestava un problema di malfunzionamento dell'impianto di trattamento delle acque oleose di sentina, ossia dei liquidi provenienti dall'apparato motore della nave;

- tale impianto è dotato di un sistema di separazione della "fase acqua-olio" che, qualora le acque superino determinati valori di concentrazione delle parti di olio, ne impedisce lo scarico fuori bordo, depositandole in sentina;

- nel caso di specie, si sarebbe appunto verificato un problema di innalzamento delle acque di sentina che ne impediva lo scarico, con intuibili inconvenienti per la sicurezza della navigazione causati dall'accumulo di tali liquidi;

- la soluzione del problema richiedeva, ad avviso del ricorrente, che la nave fosse ricoverata in porto per consentire l'intervento di un'impresa specializzata;

- al contrario, l'ufficiale direttore di macchina, onde non interrompere la navigazione, avrebbe comunque inteso effettuare lo scarico fuori bordo delle acque di sentina;

- l'odierno ricorrente, insieme a due colleghi, si opponeva vibratamente alla realizzazione di tale manovra, per evitare danni all'ambiente marino, e minacciava di presentare denunce al Comando nonché, qualora lo scarico fosse stato effettivamente compiuto, di portare l'accaduto a conoscenza degli organi di stampa;

- egli provvedeva, inoltre, ad effettuare riprese fotografiche non autorizzate della sala macchine ed a raccogliere campioni dei liquidi di sentina;

- in tali condotte, l'autorità militare ha ravvisato gli estremi degli illeciti previsti dagli artt. 10 (violazione dei doveri attinenti al grado) e 12 (violazione dei doveri attinenti alla dipendenza gerarchica) del Regolamento di disciplina militare.

6.2) Sulla base di tale ricostruzione dei fatti (che, giova ribadire, non viene contraddetta dall'amministrazione e, anzi, risulta sostanzialmente confermata dal contenuto della documentazione in atti) è agevole concludere nel senso della fondatezza dei rilievi di legittimità formulati dall'esponente, non contrastati nel merito dalla difesa erariale.

Non consta, infatti, che l'odierno ricorrente avesse apertamente violato il dovere di obbedienza nei confronti dei superiori gerarchici ovvero avesse omesso di dare esecuzione ad alcun ordine specificamente impartitogli.

La sua condotta si era concretizzata, invece, in una ferma azione preventiva intesa ad evitare che potessero essere scaricati rifiuti in mare (sub specie di acque e oli di sentina della navigazione), anziché conferirli, come doveroso, presso gli impianti portuali di raccolta.

Il comportamento censurato, in altre parole, si sostanziava in un'opera di dissuasione che, verosimilmente, ha impedito un episodio di ingiustificabile danneggiamento dell'ambiente marino.

Né risulta che, in alcuna circostanza, il ricorrente avesse adottato modalità relazionali incompatibili con il rapporto gerarchico ovvero dato luogo a comportamenti suscettibili di costituire esempio negativo per gli altri militari.

Rimane la questione afferente all'irrituale attività di raccolta di elementi probatori (fotografie e campionamenti) che, peraltro, non può giustificare di per sé l'applicazione della più grave fra le sanzioni di corpo e, in quanto precostituita ad acquisire elementi a tutela della posizione del militare coinvolto, costituiva un'anticipata manifestazione del diritto di difesa non incompatibile con i doveri del grado e con gli obblighi connessi al rapporto gerarchico.

6.3) Per tali ragioni, l'impugnata sanzione disciplinare si appalesa illegittima e meritevole di annullamento.

7) Con il terzo motivo di ricorso, l'esponente contesta la legittimità della scheda di valutazione del servizio prestato dal 22 ottobre 2001 al 28 luglio 2002, con cui gli era stata attribuita la qualifica "nella media", inferiore a quella riportata nella precedente valutazione ("superiore alla media").

7.1) Il ricorrente sostiene sbrigativamente che l'abbassamento della valutazione sarebbe conseguenza dell'illegittima sanzione disciplinare irrogatagli nel periodo de quo.

La difesa erariale ritiene, invece, che il giudizio in contestazione abbia tenuto conto del rendimento complessivo offerto dal militare, senza implicare uno specifico riferimento alla sanzione disciplinare, e che tale valutazione sfugga al vaglio di legittimità del giudice amministrativo in quanto non affetta da evidenti profili di arbitrarietà o illogicità.

7.2) Occorre premettere che il giudizio de quo, equivalente a mera sufficienza ed inferiore alle precedenti valutazioni periodiche, risultava senz'altro lesivo degli interessi del militare esaminato.

Ad un primo esame, il giudizio medesimo appare sorretto da un supporto motivazionale articolato che, a prescindere dall'episodio inerente alla sanzione disciplinare, effettivamente non menzionato, risulterebbe in astratto idoneo a rendere conto delle ragioni sottese alla valutazione non lusinghiera.

Occorre considerare, però, il drastico mutamento in peius delle indicazioni di sintesi contenute nella scheda valutativa, comprese le aggettivazioni riferite alle qualità morali e di carattere.

La precedente scheda valutativa, ad esempio, descriveva l'interessato come "franco e sincero, di provata lealtà e rettitudine"; nel periodo immediatamente successivo, invece, è stato considerato "ambiguo, poco leale, accomodante".

Altrettanto vale per le qualità intellettuali e professionali: il "buon senso" del militare, precedentemente qualificato con il termine "molto", è divenuto "scarso"; l'"atteggiamento verso superiori, colleghi e inferiori", prima "rispettoso, amichevole, comprensivo", viene descritto come "ambiguo, presuntuoso, altezzoso"; nella "capacità di giudicare i dipendenti", l'ufficiale, dapprima "preciso, obiettivo", viene poi giudicato "partigiano, arbitrario".

Ciò non significa che le attitudini e il carattere del soggetto sottoposto a valutazione non possano mutare nel corso degli anni; deve escludersi, però, che buona parte dei tratti fondamentali di un individuo possano radicalmente modificarsi in senso deteriore nell'arco di pochi mesi, tanto più che le motivazioni della scheda valutativa non riferiscono particolari eventi, anche verificatisi al di fuori del servizio, che possano eventualmente aver influito sul militare e determinato un così radicale mutamento dei suoi tratti caratteristici.

La tesi di parte ricorrente appare conforme, perciò, ad un evidente canone di logicità, poiché il contestato abbassamento della valutazione non può che essere stato determinato, in misura esclusiva o prevalente, dalla sanzione disciplinare precedentemente irrogata all'ufficiale valutato, anche se di essa non viene fatta menzione nella motivazione del documento di valutazione.

L'illegittimità della sanzione si riflette sul provvedimento susseguente, inficiandolo per illegittimità derivata e rendendolo meritevole di annullamento giurisdizionale.

8) Il ricorso n. 1289 del 2002, in conclusione, è fondato e deve essere accolto.

9) Con il secondo ricorso (r.g. n. 948 del 2006) e i motivi aggiunti, l'esponente contesta la legittimità dei provvedimenti di promozione, all'esito di procedura ordinaria di avanzamento, al grado superiore di capitano di corvetta.

Come anticipato in permessa, l'interessato si ritiene leso da tali determinazioni che, pur avendo comportato una modificazione in melius del rapporto d'impiego, hanno tuttavia comportato la sua retrocessione dal secondo al sesto posto della graduatoria di avanzamento.

Il ricorrente propone anche domanda di risarcimento dei danni.

10) La censura di legittimità dedotta con il primo motivo di ricorso concerne il preteso difetto di motivazione degli atti gravati, nei quali non si rende conto delle ragioni che hanno determinato l'accennato declassamento.

A prescindere da ogni considerazione relativa alla sufficienza o meno del punteggio numerico attribuito in sede di scrutinio ai fini dell'avanzamento a scelta, la censura è infondata in fatto in quanto, come si evince dalla documentazione prodotta dalla difesa erariale, la Commissione ordinaria di avanzamento non si è limitata ad attribuire un punteggio di merito ai singoli candidati, ma ha anche esposto in modo sufficientemente esteso le ragioni alla base del giudizio (cfr. verbale del 23 maggio 2006).

11) Il secondo motivo di ricorso è privo di pregio giuridico in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la "retrocessione" in graduatoria non può essere univocamente fatta risalire alla sanzione disciplinare illegittimamente irrogatagli quattro anni prima.

E' sufficiente rilevare, al riguardo, come l'interessato non abbia conseguito, anche nei periodi successivi a quello comprendente l'episodio di rilievo disciplinare, valutazioni incondizionatamente positive, essendogli stata prevalentemente attribuita (come riferito dalla difesa erariale e non contraddetto dal ricorrente) la qualifica "superiore alla media" che, nell'ordinamento militare, non equivale a valutazione lusinghiera o del tutto positiva.

Tale elemento consente di escludere che la peggiore posizione in graduatoria sia stata determinata da un unico, risalente episodio disciplinare, anziché dai risultati del servizio medio tempore prestato.

12) Per tali ragioni, il ricorso n. 948 del 2006 è infondato e deve essere respinto, anche per quanto concerne l'istanza risarcitoria che, in ogni caso, risulterebbe soggetta a diagnosi di inammissibilità in quanto dedotta del tutto genericamente, senza l'allegazione di alcun elemento a comprova della natura e dell'entità dei pregiudizi subiti.

13) Considerando l'esito dei giudizi riuniti, le spese processuali, forfetariamente liquidate nell'importo complesso di tremila Euro oltre accessori di legge, devono essere compensate per la metà e poste per il residuo a carico dell'Amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previamente riuniti:

- accoglie il ricorso n. 1289 del 2002 e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati;

- respinge il ricorso n. 948 del 2006, i motivi aggiunti e la domanda di risarcimento dei danni;

- compensa per la metà le spese dei giudizi riuniti e condanna l'Amministrazione resistente al pagamento a favore del ricorrente della restante metà pari a Euro 1.500 (millecinquecento Euro), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Pupilella, Presidente

Luca Morbelli, Consigliere

Richard Goso, Consigliere, Estensore

 

[1] L’organismo di rappresentanza  degli oltre mille ufficiali e agenti di PG e PT in forza al comparto aeronavale del Corpo.

[2] Leggi la notizia: http://coscienzeinrete.net/ecologia/item/1765-l-ufficiale-che-rifiut%C3%B2-

[3] Per essersi «reso responsabile di rilevanti   violazioni dei doveri attinenti al servizio e al rapporto   gerarchico, avendo omesso di eseguire le disposizioni impartitegli  dall'ufficiale direttore di macchina e provvedendo, in difetto di  autorizzazione, a precostituire elementi di prova (quali riprese fotografiche non autorizzate dei locali macchine della nave) a fini  di tutela nei confronti di eventuali comportamenti ritorsivi del Comando»

[4] La giurisprudenza ha stabilito che i trasferimenti d’autorità rientrano “nella categoria dell’ordine del superiore gerarchico e attengono, in buona sostanza, ad una semplice modalità di svolgimento del servizio sul territorio” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 1677/2001); di conseguenza «i provvedimenti di trasferimento dei militari, rientrando nel genus degli ordini, sono sottratti alla disciplina generale sul procedimento amministrativo dettata dalla legge 241 e, pertanto, non necessitano di particolare motivazione, in quanto l'interesse pubblico al rispetto della disciplina ed allo svolgimento del servizio è prevalente su altri eventuali interessi del subordinato» (Cons. Stato, sez. IV, 13 maggio 2010 n. 2929); dello stesso tenore, Consiglio di Stato n. 85/1996; n. 2641/2000; n. 5950/2001; n. 2642/2009; n 8018/2010; n. 8018/2010;  n. 4102/2010; n. 3227/2010.

[5] Il legislatore ha tipizzato le sanzioni disciplinari ma non ha fatto altrettanto con le condotte, per cui la volontà del Capo costituisce principio di legalità per l’individuazione dei fatti sanzionabili.

[6] Il Generale Vito Miceli è stato capo del SIOS (Servizio di controspionaggio) dell'Esercito e direttore del SID (Servizio Informazioni della Difesa).

[7]Queste norme affrontano anche il problema particolare del rapporto fra ordine ed esecuzione con un criterio che riflette l’intendimento di rivolgere l’attenzione solo al comportamento dei superiori, creando così le condizioni da cui possono scaturire facilmente errate o arbitrarie interpretazioni proprio nel momento dell’obbedienza” (Camera dei Deputati, Commissioni in sede legislativa, VII legislatura, commissioni riunite Affari Costituzionali-Difesa, seduta del 20/6/78, 22).

[8] Art. 729, comma 2, del Testo Unico dell’Ordinamento Militare di cui al D.P.R. 90/2010.

[9] Per un approfondimento su questo punto, vedi delibera delibera 4/15/XI del COBAR GdF aeronavale, citata.

[10] Vedi nota nr. 4.

[11] L’art. 1475 del Codice dell’Ordinamento Militare preclude ai militari il diritto di costituire associazioni professionali a carattere sindacale o di aderire a quelle già esistenti. Per un approfondimento su questo punto vedi la delibera n. 1/3/XI licenziata dal COBAR GdF aeronavale.

[12] La materia meriterebbe un’ampia trattazione, che esulerebbe dal tema del presente scritto; ad ogni modo riporto uno stralcio dell’intervento del Dott. Giuseppe Rosin - Avvocato Generale Militare presso la Sezione distaccata della Corte Militare di Appello di Verona – al Convegno L'Ordinamento Giudiziario militare nei suoi riflessi internazionali (23 e 23 aprile 1998): «i tribunali militari nascono come tribunali delle Forze Armate, i quali debbono assicurare una giustizia diversa da quella dei tribunali ordinari, sulla base di norme più severe; una giustizia meno garantita, nel senso che l'imputato militare non gode delle garanzie di difesa che spettano invece dinanzi al giudice ordinario. Inoltre, i giudici dei tribunali militari non hanno le garanzie di indipendenza di cui in quello stesso paese, nello stesso momento storico, godono i giudici ordinari. Lo statista Clemenceau ha messo in rilievo questa diversità dei tribunali militari con la nota sprezzante espressione ''la giustizia militare sta alla giustizia, come la musica militare sta alla musica”».

(http://www.difesa.it/Giustizia_Militare/rassegna/LaGiustiziaMilitareNelMondo/Delegati_italiani/Pagine/DottGiuseppeRosin.aspx)


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