PREVENZIONE E REPRESSIONE DELL'ILLECITO TRIBUTARIO NELL'ERA DELLO STATUTO DEL CONTRIBUENTE - di Massimo Chiappara

domenica 16 settembre 2001

Ricordo una frase del Generale Nanula che potrebbe essere considerata, a buona ragione, la spiegazione interpretativa del rapporto tra il contribuente e lo Stato impositore/controllore: la verifica fiscale è un confronto culturale tra i verificatori ed il soggetto verificato.

Chi rappresenta lo Stato nelle funzioni di controllo del rispetto delle leggi fiscali svolge un delicatissimo ruolo che vede come terreno di scontro e di confine l'interesse privato e quello pubblico.

L'interesse privato guida l'imprenditore, il professionista e, più in generale, il cittadino contribuente, verso l'ottimizzazione delle loro attività secondo la logica del profitto, con una mal celata insoddisfazione nel vedere quest'ultimo eroso dall'ancor pressante tassazione sul reddito.

Purtroppo, sempre più spesso,  si dimentica chi è il destinatario dell’interesse pubblico: i fruitori del potere di agire a tutela  di tale indispensabile diritto siamo Noi, cioè l’imprenditore, il professionista e, più in generale, il cittadino contribuente!

Il punto di incontro tra questi due interessi apparentemente contrastanti dovrebbe trovare dimora in un’equa tassazione che sia, però, effettivamente estesa a tutta la platea dei contribuenti.

Uno Stato moderno dovrebbe, quindi,  educare i cittadini al compimento degli obblighi fiscali non solo ponendo in essere controlli di carattere repressivo ma esercitando contemporaneamente un’azione informativa e preventiva.

Questi compiti affidati istituzionalmente all’Amministrazione Finanziaria ed alla Guardia di Finanza sono stati  attuati  in prevalenza con modalità repressive.

Se nella prassi operativa delle Istituzioni preposte ai controlli non si registra ancora nessun sostanziale cambiamento verso l’attivit di prevenzione, almeno a livello di attuazione normativa e di dibattito dottrinale qualche passo avanti è stato compiuto.

La Legge nr. 212 del 27 luglio 2000, meglio conosciuta come Statuto dei diritti del contribuente, dopo una lunga e complessa gestazione,  ha dato alla luce un insieme di principi da seguire per ristabilire in un’ottica propositiva il rapporto tra il Fisco ed il contribuente .

Di fondamentale importanza per l’attività della Guardia di finanza il primo comma dell’art.10 della citata Legge, che basa il rapporto con il contribuente sui principi della collaborazione e della buona fede.

Lo stesso Ministero delle Finanze nella Direttiva generale per l’azione amministrativa e per la gestione dell’Esercizio 2001 ha interpretato gli indirizzi dello Statuto dando compito all’Amministrazione Finanziaria ed  alla GDF di perseguire l’obiettivo dell’avvicinamento del contribuente al sistema del prelievo fiscale.

Facile affermazione!

Non credo che i verificatori presso i contribuenti potranno fare proselitismo a favore di un sistema fiscale ampiamente condiviso da tutti soltanto con affermazioni del tipo: Mi raccomando, paghi le tasse oppure “Non cerchi di fare il furbo”.

Occorrono azioni concrete, non punitive, capaci però di stimolare il contribuente ad osservare spontaneamente i precetti fiscali.

È notorio, purtroppo, che tali azioni di prevenzione non sono inquadrabili sotto il profilo della misurazione del rendimento perché, fino ad ora, non si è trovato un sistema capace di monitorarne i risultati ed è stata preferita la ricerca dell’azione repressiva in quanto facilmente quantificabile attraverso i valori monetari recuperati (teoricamente) a tassazione .

Il comportamento preferito dagli Organismi controllori ha spesso instaurato un procedimento a spirale fuorviante e perverso che si è tradotto nell’assioma: più controlli repressivi vengono eseguiti, più recuperi a tassazione scaturiscono con progressiva salita dei grafici annuali del rendimento.

Niente di più falso. Come si può affermare che l’esito dei controlli sia direttamente proporzionale al loro numero?

Ritengo, invece, sia vero il contrario: se le politiche fiscali del Governo vengono accettate dai contribuenti, i risultati dei controlli sono inversamente proporzionali al loro numero.

Di conseguenza dovrebbe valere un assioma pi credibile del precedente, tipo: più controlli repressivi vengono eseguiti, sempre meno recuperi a tassazione scaturiscono, poiché attraverso la semplificazione fiscale ed il gradimento del sistema impositivo il contribuente evita di incorrere in violazioni. Il grafico del rendimento basato sui risultati repressivi smette di salire e diventa costante, mentre il grafico del gettito autodichiarato sale. 

In conclusione: tempi duri o rosee prospettive per il futuro lavorativo dei verificatori fiscali e dei contribuenti?

Tutto dipenderà da come gli indirizzi del Legislatore verranno interpretati e da come gli Organismi controllori sapranno riorganizzarsi.

Per ora non resta che rimboccarci le maniche e cercare autonomamente, nel rispetto dei reciproci diritti e doveri (dei verificatori e dei contribuenti), di sviluppare quel confronto culturale che aiuta a crescere professionalmente ed arricchisce di esperienza entrambe le parti in gioco.

P.S.: È sottointeso che ai verificatori, per rimboccarsi le maniche, servirebbe finalmente una bella camicia.

 

MASSIMO CHIAPPARA

 


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