CORRIERE.IT. MORTE DEL PARA' SCIERI, UN ARRESTO DOPO 19 ANNI. "UN CASO DI NONNISMO"

giovedì 02 agosto 2018

CORRIERE.IT. MORTE DEL PARA' SCIERI, UN ARRESTO DOPO 19 ANNI. "UN CASO DI NONNISMO" di Marco Gasperetti

Fermato un ex commilitone del militare morto nel 1999 alla caserma «Gamerra» di Pisa. La ricostruzione della commissione parlamentare d’inchiesta e l’omertà dei militari.

Clamorosa svolta nell’inchiesta sulla morte Emanuele Scieri, il paracadutista di 26 anni morto nella caserma Gamerra di Pisa dopo una caduta da una torre utilizzata per asciugare i paracadute. Dopo 19 anni di indagini, è scattato un arresto. E’ un ex paracadutista, probabilmente uno dei «nonni» che Emanuele incontrò prima della tragedia. Alessandro Panella, di origini romane, ha negato ogni addebito. Alle 11.30 il procuratore della Repubblica di Pisa, Alessandro Crini e gli investigatori della squadra mobile di Firenze e dei poliziotti della sezione di polizia giudiziaria di Pisa che hanno condotto le indagini, racconteranno una nuova verità. Che, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe molto vicina alle conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta che hanno recentemente ribaltano completamente anni e anni di indagini contraddistinte da omertà e forse anche depistaggi. Anche il ministro della Difesa Elisabetta Trenta è intervenuto sul caso, dichiarando che «sul caso Emanuele Scieri bisogno arrivare alla verità».

Elementi incompatibili

«Alla Gamerra, si legge, c’era un’altissima, sorprendente tolleranza verso comportamenti di nonnismo», si legge nella relazione finale e dunque Emanuele fu aggredito e picchiato. «La consulenza cinematica di tecnici specializzati – spiegò Sofia Amoddio (Pd) – ha accertato che la presenza di una delle scarpe di Scieri ritrovata troppo distante dal cadavere, la ferita sul dorso del piede sinistro e sul polpaccio sinistro, sono del tutto incompatibili con una caduta dalla scala e mostrano chiaramente che il giovane è stato aggredito prima di salire sulla scaletta». Adesso anche le indagini della procura di Pisa avrebbero individuato falle e le distorsioni di un sistema disciplinare in quegli anni fuori controllo ed ha rintracciato elementi di responsabilità depositandoli presso la Procura della Repubblica di Pisa.

«Scieri non accettava soprusi»

Anche l’ex ministro Stefania Prestigiacomo (Fi), vice presidente della commissione d’inchiesta, aveva parlato di diffusa omertà tra i testi ascoltati. Secondo la deputata qualcosa sarebbe accaduto mentre Scieri veniva trasferito sul pullman alla caserma pisana il 13 agosto insieme ad altre reclute. «Sappiamo che i ragazzi sono stati fatti viaggiare in pieno agosto con i finestrini chiusi ed il riscaldamento al massimo nella posizione della sfinge. – aveva spiegato Prestigiacomo -. Lui non era accettato perché era più grande rispetto alle reclute diciottenni, era laureato, faceva già l’avvocato. Probabilmente non accettava questi atti di sopruso». E dunque potrebbe essere stato punito.

Il muro del «nonnismo»

A Pisa, quel 13 agosto del 1999, Emanuele era arrivato insieme a settanta commilitoni nel pomeriggio dopo un breve periodo di addestramento reclute alla caserma Gonzaga di Scandicci, vicino a Firenze. Alle 21.30, durante la libera uscita trascorsa con alcuni commilitoni, aveva chiamato con il telefono cellulare la mamma in Sicilia: «Stai tranquilla, sto passeggiando in Piazza dei Miracoli, davanti alla Torre Pendente, sto facendo il turista». Poi era rientrato in caserma. La “Gamerra”, a quel tempo, aveva un’area di 144 mila metri con 35 palazzine e decine di aree per l’addestramento, il parcheggio e il rimessaggio di vecchi materiali. In quella scuola di paracadutismo in quegli anni il nonnismo non era una novità. Un anno prima, nel 1998, un alto ufficiale, già comandante del 9 battaglione incursori del Col Moschin, era stato rimosso dall’incarico perché sospettato di episodi di nonnismo.

La denuncia del padre

I familiari del giovane hanno sempre puntato il dito contro il muro di omertà dentro la «Gamerra». Corrado Scieri (il padre di Emanuele, un funzionario della Dogana morto nel 2011) e la madre Isabella Guarino, insegnante, pubblicheranno poi un libro sulla vicenda del figlio, nel 2007, («Folgore di morte e di omertà»), accusando la caserma pisana dei parà di essere stata prima «un mattatoio» e poi «una centrale di omertà da fare impallidire “Cosa nostra”». «Ancora una volta la giustizia italiana - scriveranno i due - ha dimostrato di essere una pseudo-giustizia all’italiana: delitti senza colpevoli, casi irrisolti, archiviazioni invece di verità, fantasmi al posto di imputati, generiche ipotesi invece di accertamenti».


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