CASO MARESCIALLO PORCARO, PARLA L'ISPETTORE OGGI IN CONGEDO: “LA GDF NON CONOSCE PIETÀ, NON VOGLIO PIÙ ESSERE UN CITTADINO ITALIANO”. NEL FORUM LE LETTERE INVIATE (INVANO) AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E I “CI DISPIACE” DEL QUIRINALE

venerdì 15 giugno 2007

Pubblichiamo di seguito il messaggio postato oggi nel forum di Ficiesse dal maresciallo della Guardia di finanza (ora in congedo) Francesco PORCARO nel quale sono riportate le tre lettere inviate dall’ispettore al Presidente della Repubblica  tra febbraio 2005 e giugno 2007, con la dettagliata descrizione dei fatti occorsigli.

 

 

DAL FORUM INTERNET DI FICIESSE,

TOPIC: NON VOGLIO ESSERE PIÙ UN CITTADINO ITALIANO

MESSAGGIO DI FRANCESCO PORCARO DEL 14 GIUGNO 2007

 

 

Sono il Maresciallo Francesco PORCARO, anzi ex poiché da pochi giorni sono stato posto in congedo, mi permetto di farvi perdere qualche minuto rappresentandovi una parte delle vicende che mi sono occorse e che da ultimo sono state oggetto di una interrogazione parlamentare presentata alla Camera dal Deputato GIORDANO. Quello di seguito rappresenta il carteggio che ho avuto con il Presidente della Repubblica il cui esito mi ha lasciato sconcertato e mi ha indotto a chiedere la cancellazione dall’elenco dei cittadini italiani: la mia e quella dei miei figli.

QUESTA LA PRIMA LETTERA CHE HO SCRITTO IL 23 FEBBRAIO DEL 2005

Signor Presidente della Repubblica Italiana,

Mi chiamo PORCARO Francesco e sono un maresciallo aiutante della Guardia di Finanza – effettivo al Gruppo di Monza, Via Manzoni n. 5/7 - 22050 Monza (MI).:

Intanto ringrazio per la sua attenzione e vado ad esporle brevemente di seguito (per me sono anni di vessazioni e soprusi – taluno anche invocando la sua persona) :

a. durante il periodo in cui mia moglie versava in condizioni di salute terminali (affetta da una grave malattia), mi vedevo costretto a chiedere un permesso per assisterla, riuscivo con fatica ad ottenerlo solo dopo aver relazionato la superiore gerarchia circa le leggi vigenti nei casi della specie (legge 104) che, detta gerarchia non aveva recepito appieno. Di qui l’inizio di un inspiegabile comportamento poco ortodosso nei miei confronti;

b. dopo il decesso di mia moglie, rientrato in servizio presso la brigata di Cernusco Lombardone, per una incauta valutazione del comandante pro-tempore della compagnia di Lecco (cap. Reda Alberto), mi veniva affiancato in servizio di verifica il futuro comandante della brigata (ma. STRAZZERI Emanuele - parigrado ma più anziano), con la raccomandazione di istruirlo in tali servizi senza tener conto che ciò avrebbe potuto comportare un qualche disagio per entrambi;

c. dopo pochi giorni il predetto comandante di compagnia mi comminava una sanzione disciplinare di corpo del richiamo sostenendo di non aver collaborato secondo le aspettative nell’istruzione di cui sopra, circostanza che, secondo l’ufficiale gli era stata rappresentata dal comandante della brigata ma. ONORI M. – ora in congedo, in sede di ispezione al reparto. Qui va subito detto, come certamente lei è a conoscenza, che l’art. 15 della legge 382 /1978 “legge di principio sulla disciplina militare” stabilisce che nessuna sanzione disciplinare di corpo può essere inflitta senza la preventiva contestazione degli addebiti e senza che siano state sentite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato. L’art. 14 stabilisce inoltre che le sanzioni disciplinari di corpo consistono nel richiamo, nel rimprovero, nella consegna e nella consegna di rigore: Il richiamo è verbale in ordine al quale il comando generale con circolare 120187/104/4 del 2.4.2003 ha tra l’altro definitivamente stabilito che “si evidenzia l’esclusiva oralità del richiamo, a pena di illegittimità dello stesso, la cui procedura dell’irrogazione e comunicazione deve avvenire in forma esclusivamente verbale”. Il Cap. REDA Alberto comminava, come già detto, il richiamo allo scrivente per iscritto e senza contestazione, con l’obbligo di restituire la determinazione punitiva entro e non oltre il termine che riferiva solo al comandante della brigata, il quale consegnava allo scrivente la busta contenente la determinazione punitiva senza rappresentare cosa contenesse né che trattatasi di un provvedimento punitivo. Tenuto conto del periodo critico familiare , lo scrivente conservava la busta contenente detto provvedimento punitivo in tasca che dimenticava di aprirla fino a quando il comandante della brigata non sollecitasse la restituzione del contenuto. Solo in quel momento venivo a conoscenza che trattatasi di una sanzione disciplinare del richiamo comminato per iscritto;

d. il predetto ufficiale come se non bastasse, continuava nell’azione persecutoria chiedendomi giustificazioni per il ritardo circa la restituzione di copia della determinazione punitiva. Dopo la presentazione delle giustificazioni, senza tener conto neanche delle mie giustificazioni, irrogava nei miei confronti giorni 7 di consegna semplice con l’obbligo di espiare la punizione presso il proprio domicilio a far data dal giorno di notifica del provvedimento (26 aprile 2000). Il giorno successivo notificava allo scrivente altra determinazione, sempre di giorni 7, questa volta solo di consegna, e sempre con l’obbligo di espiare la punizione dal giorno di notifica del provvedimento.

In sostanza l’ufficiale, poiché aveva errato la dicitura della consegna, ordinava di espiare la punizione presso il proprio domicilio di giorni 8 senza tener conto che tale espiazione era condonato per effetto del radio messaggio nr. 107791/IV del 07.04.2000 del Comando Generale della Guardia di Finanza. Quindi lo scrivente veniva costretto a rimanere in casa per otto giorni con prole di tenera età. Cioè per evitare ulteriori perseguimenti anche con denunzia all’ag militare, lo scrivente eseguiva l’ordine, anche se i propri figli di tenera età abbisognavano almeno delle prime necessità , in ciò aiutato solo da qualche amico. Infatti se non avessi ubbidito rischiavo il reato di disobbedienza aggravata punito con la pena della reclusione fino ad un anno. Da qui il sequestro di persona perpetrato mediante abuso della legge.

Allorquando ebbi modo di conoscere che l’espiazione della punizione era condonata (i fatti si riferivano a data antecedente) , mi rivolsi all’autorità giudiziaria di Lecco tramite la segnalazione dei fatti senza pronunciarmi su un qualche reato. La Procura delle Repubblica di Lecco, quindi apriva un fascicolo a carico dell’ufficiale per sequestro di persona. Il gip presso quella procura, in conformità alla richiesta del pm in sede disponeva l’archiviazione degli atti adducendo che il reato di sequestro di persona dallo scrivente avanzato (che non risulta) non sussisteva tuttavia nelle motivazioni dell’archiviazione adduceva che se l’ufficiale avesse posto in essere un qualche comportamento, questo esulava dalla sua competenza.

e. venivo ulteriormente perseguito con una richiesta di giustificazioni per non aver consegnato la tessera di riconoscimento nel periodo della licenza di convalescenza per infermità non dipendente da causa di servizio. Ritenevo che al riguardo di informare l’ag di Torino e solo dopo la segnalazione dei fatti da me rappresentati a detta autorità il cap. Reda di concerto col comandante provinciale tcol. MAUTONE Gilberto denunziava lo scrivente alla stessa ag militare per minaccia derubricata poi da detta Autorità Giudiziaria in disobbedienza aggravata. Il gip presso il tribunale militare di Torino in conformità alla richiesta del pm in sede disponeva l’archiviazione degli atti perché l’ordine di restituire la tessera personale di riconoscimento era illegittimo;

f. vane sono state le istanze dello scrivente alla superiore gerarchia, anche di conferimento col Ministro delle Finanze per ottenere il riesame degli illegittimi provvedimenti punitivi che conseguentemente hanno comportato anche l’abbassamento delle note caratteristiche, prima dei fatti che precedono sempre eccellente. Nemmeno nell’ambito dell’autotutela sono riuscito ad ottenere giustizia. Tra l’altro oltre ad essere stato trasferito da Cernusco Lombardone. a Monza , con motivazioni d’ufficio per motivi di servizio (ho rilevato in sede di accesso amministrativo che non vi erano i presupposti e addirittura collegate ad una fantomatica convocazione di ispettori di cui non si rileva traccia molto probabilmente perché inesistente), risulta dagli atti matricolari che nel periodo di espiazione di giorni 8 di consegna presso il mio domicilio ero in licenza, mentre non risultano le circostanze narrate (in testa gli otto giorni che sono diventati falsamente sette). Ho dovuto allontanare i miei figli piccoli che non vedo da tempo in quanto essendo stato trasferito non riuscivo a gestirli. Essi si trovano all’estero (Australia) dalla seconda moglie.

Attraverso i vari accessi effettuati ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, da alcuni atti che mi sono stati consegnati, emergono situazioni penali che ho segnalato a diverse Procure della Repubblica (Roma compresa attualmente fascicolati col nr. 2951/03 K del dott. Carlo LASPERANZA) , non ultimo l’episodio di una esclusione da un concorso interno.

Nella considerazione che attraverso la gerarchia ogni mio sforzo per ottenere giustizia a nulla è valso probabilmente perché la questione è stata sempre gestita comodamente nell’ambito dei soli uffici e mai portata a conoscenza del comandante generale e/o del ministro delle finanze con i quali ho chiesto più volte di conferire ( petizioni sempre negate).

Confido in un autorevole intervento dell’onorevole S.V., e considerati i precedenti, di non farsi influenzare da quanto potrebbero rappresentare al riguardo eventuali addetti alla corrispondenza.

Infatti il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è stato rigettato in quanto l’ufficio ha evidenziato un solo aspetto della vicenda, e a mio parere con intenzione dolosa.

Sono stato costretto a presentare ricorso per revocazione che mi hanno obbligato di trasmetterlo in plico aperto proprio per lavorarci sopra a proprio comodo, citando una circolare che nulla detta al riguardo.

La vicenda come può ben immaginare mi è costata in termini di salute, economici, morali e di libertà.

Mentre i responsabili sono stati promossi, in quanto assoluta è stata l’inerzia della gerarchia nei loro confronti, lo scrivente, “dulcis in fundo”, è stato trasferito con la motivazione “per esigenze servizio” mentre dagli effettuati accessi risulta essere stato avvicendato per aver svolto gli obblighi che la legge gli impone. Non solo, ha partecipato ad un concorso interno dal quale è stato escluso molto probabilmente per conseguenza dei fatti narrati.

Insomma danno al danno. Non potendo sostenere i figli, per conseguenza del trasferimento, li ho dovuti allontanare. Essi ripeto che si trovano all’estero (Australia) dalla mia seconda moglie, anch’ella nauseata per le subite circostanze. E mentre scrivo non so quando potrò rivederli. (Invero avrebbe voluto scrivere anche all’ambasciatore australiano in Italia. Poi l’ho convinta che l’avrei seguita in Oceania, dove sono sicuro che queste cose non succedono. Privare la libertà personale coperti da una intera amministrazione (taluni) ed essere promossi). Anche i miei due figli per quanto piccoli, ed indirettamente, hanno vissuto e patito queste situazioni. Forse a loro basterà il tempo per cicatrizzare le ferite. Mentre per me non ci sarà tempo capace a far dimenticare tutte le vessazioni subite.

Mi hanno negato anche la libertà di esporre alla stampa quanto mi era successo inalberando il veto del segreto di Stato (quale ?).

Amaramente, sono giunto anche alla conclusione che non solo i cervelli fuggono dall’Italia, ma anche le persone oneste.

Eppure l’art. 13 della Costituzione sancisce in modo indiscutibile che

“La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. …… “”.

Attraverso i canali ufficiali non è stato possibile conoscere il suo pensiero, semmai l’hanno portata a conoscenza della vicenda.

Chiedo il suo intervento signor Presidente della Repubblica, da garante della Costituzione per la quale ha giurato fedeltà e perché possa raccontare un giorno ai figli e a quanti conosco e che credono ancora nella giustizia che essa, seppure lenta, esiste e alla fine trionfa.

Certo la libertà violata non torna indietro, la salute nemmeno; che almeno resti la consolazione la legge corregga quello che un manipolo di persone travestite da operatori di giustizia ha determinato.

Restando a disposizione per tutti gli eventuali chiarimenti sulle vicende, la saluto, anche come padre di famiglia, con la speranza, che finalmente qualcuno intervenga per il ripristino della legalità.

Monza 23 febbraio 2005.
Con osservanza

(ma. PORCARO Francesco)



QUESTA LA SECONDA LETTERA INVIATA NEL MAGGIO DEL 2007

Mi chiamo Francesco PORCARO e sono prima di tutto un cittadino italiano e poi un maresciallo aiutante della guardia di finanza.
Il giorno 23.02.2005 Le inoltravo accorata richiesta di intervento per sanare degli abusi e soprusi in atto all'interno della gdif nei miei confronti. E parlo di un sequestro di persona, falso, abuso d'ufficio, ecc.
Ho rappresentato che ogni mio sforzo per ottenere giustizia a nulla e' valso perché le questioni sono sempre state gestite comodamente nell'ambito dei soli uffici e mai portati a conoscenza del comandante generale e/o del ministro delle finanze con i quali ho chiesto più volte di conferire.
Ho presentato un ricorso amministrativo al PdR prima e poi un ricorso per revocazione allo stesso con provate situazioni. Eppure respinti entrambi.
Il dott. De Carolis, mi rispondeva con la lettera N. 529/2005 (ricevuta il 22.03.05), attraverso la quale testualmente "in relazione ... mi rammarico di farle presente che il PdR non dispone di alcuno strumento diretto di intervento su materie che rientrano nelle competenze di altri organi dello Stato. Posso comunque darle assicurazione che questo Ufficio non ha mancato di portare la questione da lei rappresentata alla particolare attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze, per le valutazioni di competenza."
E' successo quello che temevo e che avevo rappresentato con la stessa missiva.
Rinviando al Ministero dell'economia , la questione e' stata "gestita" nell'ambito delle stesse persone (il ministero chiede informazioni al comando generale della g di finanza che rinvia all'ufficio che ha provocato il ricorso per revocazione).
Lo scrivente aveva esposto situazioni che ritiene ancora oggi di competenza esclusiva di codesto organo costituzionale, ed in particolare :
a) per il ricorso per revocazione al decreto del Presidente della Repubblica del 25.7.2003 di rigetto del ricorso straordinario avverso la det. n. 62245 del 7.52001 del Comando Reg. Lombardia GdiF di Milano;
b) per la peculiare funzione di “garante della Costituzione” in relazione all’abuso della legge per quanto concerne l’art. 13 Cost. ( si è perpetrato impunemente un sequestro di persona nei miei confronti) e non solo. A memoria ricordo che il PdR esercita poteri autonomi come organo di vertice di un determinato collegio (l’art. 87 Cost. : “ Può ….Ha il Comando delle forze armate ……….C.S.M. ……… “).
Nulla e' stato fatto per sanare le ingiustizie. Anzi ...
Mi lasci pensare a voce alta : "Sono un cittadino di serie B ? La mia libertà vale meno di quella di un cittadino italiano di serie A ?".
Vuole sapere cosa e' successo poi per essermi rivolto al PdR, alla sua persona ?
Sono stato sanzionato disciplinarmente con la sanzione del richiamo (ovviamente anche questa illegittima) a cui ho proposto ricorso, facendo presente che la punizione si traduce in un impedimento dell'esercizio delle libertà democratiche sancite dalla Costituzione e dalla legge.
Già, la Costituzione, che poniamo davanti ad ogni cosa. Eppure c'e' gente che ne abusa e nessuno interviene.
Per ovviare a probabile respingimento dovrei presentare altro rimedio al PdR, che ovviamente considerati i precedenti non si farà passare. Ne vale la pena ?
Chissà adesso cosa si inventeranno nei miei confronti per essermi nuovamente rivolto alla sua persona.
E' forse ora che qualcuno (persone diverse da quelle che hanno originato le questioni) intervenga per restituire la dignità !
Non e' la persona F. PORCARO che viene colpita, ma il diritto e la giustizia, quella in cui il comune cittadino ancora ci crede. Mi sono rivolto alle istituzioni, con risultati evidenti di manifesta ingiustizia. Forse sarebbe stato meglio ricorrere ai giornali.
Ed intanto le vicende mi hanno causato gravi patologie. Se esiste solamente la giustizia divina, dovrò aspettare ovviamente prima la mia morte.
Signor Presidente, mi creda ! Parlare in questi termini così sfiduciati mi costa. Ma è la realtà dei fatti, che posso documentare.
Forse non leggerà neppure questa mia. Un altro segretario (come il DE CAROLIS, che ringrazio, per la sua correttezza, che pur avendo recepito non ha valutato appieno quanto ho scritto), mi esporrà che si rammarica per quello che è successo, e che il presidente della repubblica nulla può fare, e bla, bla, bla. Frasi di rito e stop.
Spero che il PdR, semmai leggerà questa mia, prenda in mano la situazione, perché ritengo che è nelle sue facoltà e nei suoi doveri di garante della Costituzione ad intervenire. Il PdR al suo insediamento disse che sarebbe stato il “presidente di tutti”. Fatemi aggiungere anche dei cittadini di serie B quale io mi sento.
Resto infine, nella assai remota ipotesi di essere sentito/ricevuto (ci spero ma non ci credo), istanza questa che pure chiedo, a disposizione.
Monza, 25-5-2007
rankis@email.it

Inviata il 25.05.2007 ore 08,52


RISPOSTA DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA DEL GIUGNO 2007

SEGRETARIATO GENERALE
Della Presidenza della Repubblica
Ufficio per gli Affari Giuridici
E Relazioni Costituzionali

Egregio signor PORCARO

In relazione alla sua ulteriore istanza del 25 5 2007 sono spiacente di doverLe ribadire quanto in precedenza comunicatoLe da quest’ Ufficio in data 9 marzo 2005, vale a dire della impossibilità di intervento su materie che rientrano nella competenza di altri organi dello Stato, sulle quali il Presidente della Repubblica non dispone di strumenti diretti anche in considerazione delle decisioni del ricorso da Lei proposto.
Rammaricata di non poterLe far giungere diversa risposta Le invio cordiali saluti.

p. il Direttore dell’Ufficio
(Dottoressa Flavia Maraschi)


LETTERA CHE HO INVIATO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEI GIORNI SCORSI

Sig. Presidente,

sono ancora Francesco PORCARO, mi scuso se le scrivo ancora una volta, l’ultima comunque, mi riferisco alle lettere (l’ultima il 25.05.2007 via email) che ho inviato per rappresentare al Presidente della Repubblica Italiana che taluni appartenenti alla Guardia di Finanza, aggirando la Costituzione hanno commesso impunemente dei reati nei miei confronti, primo fra tutti un sequestro di persona (ricordo che per l’art. 13 della Costituzione.: La libertà personale è inviolabile. …. “.

Mi sono rivolto a Lei, Signor Presidente, per stimolare un intervento pensando che, come “Garante della Costituzione”, potesse esprimersi nella vicenda che mi sta interessando, per la quale sto, tra l’altro, avendo gravissimi problemi di salute.

Rappresento altresì, che per essermi rivolto al Presidente della Repubblica sono stato punito con una sanzione di “Corpo”. (veggasi sul punto l’interrogazione parlamentare a risposta scritta 4-03834 presentata dall’on. Francesco GIORDANO giovedì 31 maggio 2007 nella seduta 102 presso la Camera dei deputati).

Con grande sconforto ho appreso, ieri, dal mio legale di una risposta della Sua segreteria , che ancora una volta, contiene la medesima comunicazione: “ non rientra nei compiti del Presidente della Reppubblica. …”.

Signor Presidente, Lei era la mia ultima speranza, la speranza di un servitore dello Stato, che silenziosamente ha sempre svolto il suo dovere, e che, solo per aver chiesto di fruire di un proprio diritto, ha visto scatenarsi contro tutta la cattiveria di una istituzione che ha dimostrato di non conoscere la pietà.

La delusione alla lettura della risposta è paragonabile ad una coltellata.

Se il Presidente della Repubblica non può intervenire per mettere fine a queste incredibili e squallide vicende, chi potrà mai farlo?

La parte I della Costituzione tratta dei diritti e doveri dei cittadini, forse la libertà personale non è un mio diritto, o forse non sono un cittadino di questa Repubblica.

Ed allora non mi sento di restare tra i cittadini che vengono tutelati da questa Costituzione.

Quindi sig. Presidente, considerato che non posso essere tutelato dalla Costituzione Le rimetto la mia cittadinanza e quella dei miei figli,

Amaramente, con la tristezza nel cuore, chiedo che il mio nome e quello dei miei figli venga cancellato dalla popolazione italiana.

Grazie

 


Tua email:   Invia a: