ARTICOLO SUGLI ASSENTEISTI NELLE FORZE ARMATE E DI POLIZIA, LETTERA APERTA A PANORAMA: “SI PUNISCA CHI TRUFFA E CHI NON VIGILA, NON CHI SI AMMALA” (di Francesco Zavattolo)

martedì 02 settembre 2008

Da quando è partita la caccia al fannullone non c'è giornalista che per alimentare la macchina dell'informazione non trovi notizie di primo ordine da sbattere su questo o su quel giornale. Sul n. 35 del settimanale Panorama Antonio Rossitto ha dato risalto ad una serie di fatti che non fanno onore a chi indossa un'uniforme.

Il fatto, come spesso accade nel nostro Paese, è che molti giornalisti trattano gli argomenti da un solo punto di vista: quello più utile in quel momento alla linea politica del giornale e del suo editore. Così, dopo l'entrata in vigore del famigerato decreto Brunetta, è partita la corsa allo scoop sul pubblico impiego: ecco allora che fa notizia il carabiniere imbianchino (come riportato sull'articolo sopra citato) o il colonnello che anziché essere in ufficio se ne va a San Remo per assistere al festival!

Che questi siano fatti gravi non v'è dubbio, come non v'è dubbio che debbano essere puniti severamente, ma che si parli solo di questo e che si faccia passare il decreto legge 112 come la cura per tutti i mali della pubblica amministrazione lo trovo francamente mortificante per tutti gli appartenenti alle Forze Armate e alle Forze di Polizia che ogni giorno mettono a rischio la propria vita e la serenità delle proprie famiglie per il bene comune dello Stato.

Per questo motivo ho inviato all’autore dell’articolo la lettera aperta che di seguito riproduco.

FRANCESCO ZAVATTOLO

Segretario Sezione Ficiesse Pratica di Mare

mail: ficiesse.praticadimare@ficiesse.it

 

 

LETTERA APERTA AL GIORNALISTA ANTONIO ROSSITTO

 

Gentile Signor Rossitto

 mi chiamo Francesco Zavattolo e sono un Ispettore della Guardia di Finanza. Il suo articolo pubblicato sul n. 35 del settimanale Panorama se per un verso mette in luce alcuni fatti di cui si è macchiato qualche appartenente alle Forze armate e di polizia, per un altro verso lascia nell'ombra la stragrande maggioranza di uomini e donne in divisa che ogni giorno servono con fedeltà e senso del dovere il nostro Paese.

D’altra parte, Lei stesso, collegando la figura del ministro Brunetta a quella di Torquemada, il diabolico frate a capo dell'inquisizione spagnola che ha mandato al rogo migliaia di innocenti, ha evidenziato che lo scopo del decreto 112 non è quello di punire gli assenteisti “puri” e i loro diretti superiori che sono a conoscenza dei fatti, ma è quello di punire in  modo esemplare ed indiscriminato tutti gli appartenenti alla P.A. che per motivi di salute sono costretti a rimanere a letto indipendentemente dalla causa di servizio.

Lei obietterà che la causa di servizio nella trattazione in parola è un esimente. Ma come si fa a dimostrare che l'eventuale febbre da raffreddamento di un poliziotto sia una diretta conseguenza della pioggia e del vento a cui è stato esposto per alcuni rilievi a seguito di un incidente stradale? Come si fa a dimostrare che l'eventuale dissenteria bacillare di uno dei membri di un equipaggio di un reparto aereo rischierato in Africa sia una diretta conseguenza del servizio svolto?

Lo sa quanto può rimetterci di tasca propria un collega per una sola settimana di malattia? Tra i 150 e le 300 euro a seconda del grado rivestito e dell'impiego cui è preposto. È facile prevedere che molti, in presenza di patologie meno gravi, andranno comunque al lavoro. E Lei pensa l'Amministrazione statale potrebbe trarne un vantaggio dall'avere sul posto di lavoro un agente che non è nel pieno delle proprie forze o delle proprie capacità? Io credo di no.

I fannulloni ci sono, ma ci sono anche i mezzi per conoscerli e per stanarli. Puniamo loro e chi consente loro di frodare lo Stato e smettiamola con le generalizzazioni. Basta sparare in modo indiscriminato su tutti e su tutto.

Francesco Zavattolo

 

L'ARTICOLO APPARSO SU PANORAMA N. 35 DEL 2008

 

Attualità, pag. 56


(di



«Ma se San Remo nemmeno gli piace!» sbottò la moglie del colonnello davanti al giudice, che processava il consorte per truffa. Massimo M. doveva essere in servizio a La Spezia. Invece i carabinieri scoprirono che era nella città dei fiori. A vedere il Festival della canzone italiana in compagnia della sua signora. Negò fino a sfinirsi il colonnello. Ma lo tradì il pernottamento al circolo ufficiali di San Remo. A maggio lo hanno condannato a quattro mesi. Un episodio fra tanti. La procura militare di La Spezia, negli ultimi anni, ha indagato su decine di casi di assenteismo. Scoprendo di tutto: comandanti che dormicchiano a casa mentre risultano in caserma, baldi sottufficiali che si dedicano a sport estremi invece di lavorare, marescialli che segnano la presenza e poi vanno in giro a bighellonare.

Fannulloni in divisa: così li apostroferebbe il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, Torquemada degli scansafatiche negli enti statali. Anche tra i militari i casi non mancano. Gli episodi denunciati sono moltissimi. E spesso farseschi. Pasquale B., maresciallo capo della Finanza, viene pizzicato una notte di novembre. È di turno al comando provinciale di Rimini. Quel giorno è il responsabile del servizio 117, il numero di pronto intervento. Serata grama. Il finanziere, dopo un po’, abbandona tutti in cerca di svago. I carabinieri lo trovano alle 4.30 di mattina, mentre ciondola fra i night della Riviera.

Debolezze. Che scolorano però di fronte alla meticolosità con cui Pasquale E., maresciallo della Marina di La Spezia, avrebbe abbandonato il posto di lavoro. L’ex pm militare Davide Ercolani, ora alla procura di Rimini, gli contesta ben 116 giorni di assenza solo nel 2006. Il sottufficiale è un abitudinario. Arriva in reparto di buon mattino. Firma a chiare lettere lo statino delle presenze. Poi, chiariscono le indagini, se ne va a zonzo. Ercolani, nella richiesta di rinvio a giudizio, tira le somme: «438 ore circa senza idonea controprestazione lavorativa» e «ingiusto profitto pari a 7.446 euro». Un altro maresciallo di La Spezia escogita un sistema differente. Banale, ma efficace. Lascia a un marinaio il suo tesserino elettronico: il sottoposto ha il compito di strisciarlo ogni volta che il superiore deve sbrigare qualcosa. Per un po’ gli va bene. Poi il maresciallo capo Claudio R. viene scoperto: condannato a quattro mesi, patteggia la pena, come il malcapitato marinaio.

Molte di queste indagini partono da denunce di colleghi. L’assenteista fa saltare le ferie o costringe al superlavoro? Loro denunciano il furbo di turno. È andata così, per esempio, in una stazione dei carabinieri nel Pisano. Solo che in questo caso l’ignavo sarebbe stato Gioacchino S., il comandante. È un brigadiere a fare la segnalazione. Il comandante, secondo i registri, sembra un dipendente indefesso: «Contatto ambientale e attività informativa» il 15 aprile del 2007, «vigilanza istituti scolastici» il 19 maggio, «disbrigo pratiche d’ufficio» due giorni dopo. In realtà i colleghi di Pisa lo trovano a casa. Alla prima udienza, l’uomo si giustifica. Per andare a lavorare, spiega, usciva dalla porta secondaria, seminando, ma inconsapevolmente, i brigadieri che lo sorvegliano.

Tra i casi scoperti dalla procura militare di La Spezia ci sono pure i finti malati. Gente dagli interessi variegati. Che spesso coltiva con successo una seconda attività. Come l’appuntato Calogero B., in servizio nel Bolognese. A settembre del 2007 patteggia sei mesi per simulazione di infermità, diserzione aggravata e truffa. Le indagini partono nell’autunno 2006. Il carabiniere viene segnalato alla procura. Per due mesi manca dalla caserma. Continua a inviare certificati: «Distorsione cervicale e traumi contusivi». Roba seria: un movimento brusco può essere fatale. Ma i finanzieri verificano che, nel mentre, il collega arrotonda. Come imbianchino. Lo fotografano che si arrampica con agilità su impalcature alte 5 metri.

Poca cosa in confronto alle imprese del collega Vincenzo B., anche lui appuntato nella zona. «Sindrome ansiosa», «cefalea», «disforia», «lombosciatalgia»: i referti medici attestano un quadro clinico disastroso. Ma nei mesi di lontananza dal lavoro per malattia trova tempo e modo di svagarsi. E di rimettersi in forma: nove lanci con il paracadute gli ridanno linfa. Risultato: un anno fa è stato condannato a 5 mesi e 10 giorni, poi patteggiati.

Vittima di passione politica è invece Alessandro S., giovane finanziere. Ma pure vicesindaco di un paesino pugliese. Il 26 marzo 2007 si sveglia con la gola arrossata e un po’ di febbre. Manda un certificato medico in caserma: «Sindrome influenzale», due giorni di prognosi. Il dottore che lo firma è un collega di giunta e partito: l’assessore all’Ecologia. Ma la sera stessa il vicesindaco tiene un comizio. Parla per una ventina di minuti con voce stentorea. Sulla piazza del paesino pugliese battono pioggia e vento. Lui non sembra accorgersene: «Avevo preso due aspirine. Stavo meglio» dice a Manfredi Dini Ciacci, il pm militare di Bari che ha condotto l’inchiesta. Gli hanno creduto: il giudice Aristodemo Ingusci lo ha assolto.

È andata peggio lo scorso 23 giugno. Il maresciallo era sotto processo per un altro caso di falsi certificati. Stavolta lo hanno condannato a 3 mesi e 10 giorni. Si era concesso un viaggetto di una settimana a Milano. Coperto da apposito certificato.

(antonio.rossitto@mondadori.it)

 

 

 

 


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