LA SICUREZZA IN ITALIA: LE “RONDE” CERTIFICANO I PROBLEMI DELLE FORZE DELL’ORDINE (di Gianluca Taccalozzi)

lunedì 02 marzo 2009

La tragica spirale di atti criminali che ha purtroppo interessato il Paese negli ultimi mesi ha riportato su tutte le prime pagine la questione sicurezza. Ormai è inutile nascondere la testa sotto la sabbia e fare finta di niente: in Italia la sicurezza dei cittadini non è garantita come si dovrebbe e non si può continuare a dare la colpa sempre e soltanto alla società priva di valori, alla crisi della famiglia, alla mancanza di certezza della pena, all’immigrazione clandestina o all’eccessivo garantismo del nostro ordinamento, mandando sempre assolte l’organizzazione delle forze dell’ordine, dando per scontato che esse facciano già il massimo possibile e che l’unica soluzione per migliorarne la funzionalità sia aumentarne le risorse dedicate e/o gli organici. Non è così, anche le amministrazioni di sicurezza hanno le loro belle colpe, anche se pare non si possa o non si debba dire. Non è infatti spiegabile solo da cause socio/giuridiche l’enorme discrepanza che si registra tra il numero degli addetti alla sicurezza (il più alto d’’Europa in rapporto alla popolazione addirittura senza contare le sempre più numerose polizie locali) e la pessima situazione della sicurezza pubblica in termini di reati commessi.
Il ricorso a forze esterne alle amministrazioni di sicurezza come le ronde e l’esercito è lì a certificare l’inadeguatezza dell’attuale modello di sicurezza, mentre i dati Eurispes sul numero degli addetti alla sicurezza in Italia e sulla relativa spesa pubblica ci dicono che non è certo una questione di scarsità di uomini e risorse.
In Italia ci sono troppe Forze di polizia, poco specializzate, mal coordinate, con settori di competenza troppo spesso sovrapposti e non di rado impegnate più a farsi concorrenza tra loro per un posto in prima pagina, piuttosto che in un’univoca azione di contrasto alla criminalità. Provate a dare un’occhiata alla confusione del DM 28 aprile 2006 con cui si è cercato di dare una sistemazione ai settori di competenza delle varie Forze di polizia o solamente a notare quante diverse fogge e colori di divise si presentano a garantire l’ordine pubblico in caso di manifestazioni.
In un mondo complesso e dinamico dove la specializzazione e la professionalità sono diventate regola fondamentale (bisogna saper fare poche cose ma saperle fare bene); la criminalità si è prontamente adeguata, mentre le Forze dell’ordine sono rimaste ancorate al tradizionale modello di poliziotto inteso come soldato fedele, pronto, generalista, ubbidiente, acritico ed adattabile a tutti gli incarichi. A mio avviso non si può continuare a mantenere in un unico calderone poliziotti e soldati, due mestieri completamente diversi che necessitano di ordinamenti e regole altrettanto diverse.
Il modello di sicurezza in uso in Italia con più polizie (militari e civili) è ormai superato, tanto anche in Francia e Spagna si stanno definendo provvedimenti che muovono verso l’adozione di un’amministrazione di sicurezza più europea e moderna.
Non c’è bisogno di più uomini e più risorse né dell’Esercito o tanto meno di ronde di cittadini, ma solo (si fa per dire) di utilizzare al meglio le già enormi risorse a disposizione con alcune radicali innovazioni:
 svincolando la Guardia di Finanza dal settore difesa, affidandole in via esclusiva compiti di polizia economico-finanziaria;
 accorpando tutte le Forze di Polizie generaliste alle dipendenze del Ministero dell’Interno;
 affidando la gestione logistico amministrativa a semplici e funzionali impiegati senza qualifiche di PG e PS e non a poliziotti che andrebbero destinati solo ad attività direttamente operative;
 trasformando in branche specializzate di un'unica Forza di polizia quelle che oggi sono autonome amministrazioni ed affidando loro in via esclusiva specifici settori di competenza (ad esempio attuale Corpo Forestale dello Stato settore igienico - ambientale e così via).
Perciò non servono proclami o inutili provvedimenti di facciata; c’è bisogno invece di una seria e coraggiosa riforma del comparto sicurezza che, partendo dalla imprescindibile e netta separazione dal settore difesa, permetta di razionalizzare e coordinare uomini e mezzi senza sovrapposizioni di competenze, di recuperare risorse umane oggi destinate ad attività di funzionamento non direttamente operative, di recuperare risorse finanziarie da destinare agli equipaggiamenti e trattamento economici senza gravare ulteriormente sulle già dissestate casse pubbliche.
Una ricetta facile, già adottata in tutta Europa e conosciuta da tutti gli addetti ai lavori e da tutte le forze politiche che però è resa di difficile applicazione dalla debolezza della classe politica ancora ostaggio (in particolare le componenti più conservatrici) delle resistenze corporative delle varie amministrazioni del comparto (vertici, sindacati e rappresentanze militari) preoccupate più da eventuali perdite in termini di potere, autonomia e privilegi, che della qualità del servizio reso alla comunità.

GIANLUCA TACCALOZZI
Segretario Sezione Ficiesse Roma
gianlucataccalozzi@alice.it

 


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