CONGRESSO FICIESSE. LA RELAZIONE DI GERMI: QUALI DIRITTI PER I MILITARI E GLI APPARTENENTI ALLA GDF. E QUELLA DI FORTUNA: LA SINGOLARITA' DI UNA POLIZIA ECONOMICO-FINANZIARIA STRUTTURATA MILITARMENTE

domenica 15 novembre 2009

Pubblichiamo di seguito e in allegato le relazioni presentate alla Terza Assemblea congressuale di Ficiesse dal segretario generale e dal presidente del Direttivo uscenti, Carlo Germi e Giuseppe Fortuna.

 

RELAZIONE DI CARLO GERMI

 Cari colleghi, cari amici tutti,

sono particolarmente lieto di essere qui tra voi, dopo vari rinvii, dovuti a un malaugurato incidente che mi è accaduto proprio poco prima della data che avevamo stabilito inizialmente per questo terzo Congresso.

Sapete bene, poi come sia difficile far coincidere le esigenze di tutti, siamo quindi arrivati ad oggi. Vi abbraccio tutti poichà© è grazie in particolare a Voi se oggi possiamo svolgere questo Congresso della nostra associazione, voi siete i rappresentanti di tutti i soci iscritti nelle varie Sezioni territoriali.

Il Congresso rappresenta un momento importantissimo per tutte le Organizzazioni democratiche, in particolare per una Associazione come la nostra che ha sempre avuto nel dibattito e nella circolazione delle idee i punti fondanti.

E’ con una certa emozione che mi accingo quindi ad aprire il dibattito congressuale con una relazione che per me costituisce un obbligo essendo io il segretario in carica da ben 10 anni, in pratica dalla costituzione. Cercherò, tuttavia di essere il più conciso possibile per dar modo di intervenire ai nostri ospiti e soprattutto a chi, tra voi, ha il desiderio di fornire il proprio apporto ai lavori.

Non intendo fornire un dettagliato resoconto della storia e degli obiettivi raggiunti o mancati dall’ Associazione in questi 10 anni. La maggior parte di voi ha contribuito con me alla loro realizzazione o è rimasta profondamente delusa per il loro mancato raggiungimento. Tutti però abbiamo profuso le nostre modeste energie per far crescere FICIESSE e per diffondere democrazia e spirito di solidarietà  nelle organizzazioni e nei contesti sociali a cui apparteniamo. Questo è l’ obiettivo principale che ci siamo proposti in quel lontano maggio 1999 e questo è l’ obiettivo che abbiamo sempre cercato di perseguire.

Ed io ritengo che sia stato in parte raggiunto, la nostra presenza ha costituito per tanti colleghi e cittadini un punto di riferimento cui aggrapparsi in momenti di difficoltà  o comunque di indecisione, le nostre iniziative sono state sostenute e seguite, le nostre proposte, anche se non ufficialmente, in diversi casi, sono state tenute in considerazione. In definitiva siamo stati e siamo i portavoce di una maggioranza silenziosa che non ha mai avuto occasione di farsi ascoltare, di affermare le proprie idee, di avanzare le proprie proposte.

Non devo certo ricordare a Voi le tappe ed i mezzi che ci hanno consentito di raggiungere questi risultati, per ognuno di noi è doveroso che io rimarchi come tutti gli obiettivi siano stati raggiunti solo grazie all’ apporto
fornito dalla CGIL che ha condiviso il nostro progetto dalla sua nascita, lo ha sempre sostenuto, spesso valorizzato, sia a livello nazionale che ai livelli locali; per gli ospiti dico soltanto che il nostro sito internet, attraverso il quale diffondiamo le nostre idee e le nostre iniziative, ha raggiunto dal febbraio del 2006, quasi 4 milioni di contatti, mentre il FORUM, inserito nello stesso sito ha registrato, distinte in 7 Titoli, 8224 discussioni, con ben 182402 messaggi, al 22 ottobre scorso. A questo dobbiamo aggiungere le numerose telefonate che io personalmente ricevo unitamente a quelle che raggiungono gli altri segretari nazionali, il Presidente del Direttivo Nazionale e i vari responsabili delle Sezioni Territoriali, sono ragazzi che non se la sentono di scrivere e che, da varie parti di Italia chiedono consigli, avanzano proposte o soltanto ci chiedono di aiutarli in vicissitudini personali che momentaneamente li vedono protagonisti nel rapporto con le rispettive Amministrazioni ( e credetemi, in queste situazioni, spesso, ci troviamo in difficoltà  poichà© si tratta di casi umani particolarmente difficili che spesso, con le nostre sole forze, non riusciamo a risolvere).
Proprio queste situazioni ci hanno stimolato convincendoci ad adottare una iniziativa che è partita da poco, s.o.s. ficiesse, una sorta di telefono amico al quale chiunque potrà  rivolgersi in situazioni di particolare disagio.

Ora le prospettive future, il documento programmatico del 2° congresso si è chiuso con l’ individuazione di alcune sedi progettuali che, per semplificare, possiamo inserire in tre aree principali:

A. Quella del riconoscimento dei diritti e della approvazione degli strumenti di tutela per gli appartenenti alle organizzazioni ad ordinamento militare, con l’ obiettivo primario di una piena sindacalizzazione dei comparti o, in via subordinata, il conseguimento di una vera libertà  di associazione.

B. L’ area del raggiungimento di un diverso e più partecipato rapporto tra cittadino e fisco attraverso diverse azioni che certamente interessano la organizzazione della macchina fisco, in particolare:

- specializzare la GdF come polizia economica tributaria non a competenza generale;

- porre fine alle sovrapposizioni tra le diverse polizie ridefinendo le singole competenze;

- introdurre moduli operativi volti alla prevenzione e alla partecipazione dei cittadini ai loro doveri contributivi;

- ristrutturare la GdF, in tema di direzione e controllo, sui livelli nazionale, regionali e provinciali, lasciando all’ ultimo, quello più vicino ai cittadini, il compito di esecuzione del servizio;

- decentrare nei territori le risorse e le leve gestionali;

- introdurre criteri premiali e selettivi per professionalità  e carriere.

Su questo aspetto è stato realizzato un progetto che dettagliatamente sarà  illustrato dal Presidente del Direttivo nel suo intervento.

C. L’ area, infine, della solidarietà , tema, a noi particolarmente caro per il quale tante sono state le iniziative sviluppate; dalla raccolta fondi per i casi più gravi, agli interventi personali, alle adesioni a proposte di autorità  locali, che hanno portato l’ Associazione, o meglio alcuni suoi iscritti, ad impegnarsi nel sociale.

In questi 10 anni di vita abbiamo avuto l’ avventura di attraversare diversi scenari politici, molti sono stati gli interlocutori cui abbiamo rivolto le nostre istanze.

I diversi governi che si sono succeduti hanno però avuto un comun denominatore rispetto alla richiesta che veniva loro rivolta per un pieno riconoscimento di idonei strumenti di tutela per il personale militare: questo minimo comun denominatore è stato: NO al SINDACATO.
Alcune forze politiche si sono dette favorevoli ad un allargamento della sfera di azione delle attuali Rappresentanze, ma, in sostanza lo strumento non cambia. Doveva e deve, rimanere, comunque, un organismo interno alla Amministrazione.

Di fronte ad un atteggiamento simile l’ Associazione, dopo diverse proposte di modifiche sostanziali alla legge 382, concordate anche con la CGIL, quindi particolarmente autorevoli, mai sostanzialmente recepite dalle diverse Commissioni parlamentari che si sono succedute, si è orientata per il sostenimento convinto di un modello pienamente sindacale, esterno completamente all’ Amministrazione.

Di più, a seguito di un sereno dibattito interno e attraverso tesi ampiamente discusse, seguendo un percorso logico che cercherò ora di condividere con l’ assemblea siamo giunti ad un punto fermo: se per avere le giuste tutele si deve passare attraverso la smilitarizzazione, ebbene noi siamo per questo percorso.

Le Forze Armate sono e devono essere militari perchà© il loro compito prioritario è unico: difendere la patria dall’ipotetico nemico. Tutto il loro addestramento, la loro cultura, il loro essere è teso verso questo obiettivo.
Diverso è per un Corpo quale la Guardia di Finanza, il cui compito principale è quello di essere polizia economica e finanziaria investigativa: in questo caso la struttura militare è solo una scelta organizzativa e come tale può e deve essere messa in discussione se tempi e situazioni lo richiedono.

Deve essere militare una organizzazione che produce azioni e attività  che contribuiscono a creare la cornice di sicurezza a garanzia delle relazioni economiche? E ancora, il contesto attuale che impone una tutela non solo degli interessi economici delle Stato, ma anche dell’Unione Europea, si coniuga con tale status?

Questo interrogativo in questa sede non ce lo poniamo per ragioni organizzative, bensì a seguito di spinte interne legate alla mancanza di strumenti idonei di tutela dei diritti del personale militare.

La smilitarizzazione come premessa di una sindacalizzazione che sembra, peraltro solo in Italia e in pochi Paesi europei, preclusa dallo Status militare.

La richiesta appare ancor più pressante e valida, oggi, dando uno sguardo alle riforme che sono state avviate o che sono in procinto di partire nel Paese.

Le grandi linee del federalismo fiscale sono ormai legge dello Stato, presto conosceremo i dettagli, alcune Regioni hanno già  predisposto Convenzioni che intendono proporre alla Guardia di Finanza in tema di lotta all’ evasione.

Una convinzione su tutte: la crisi economica ha reso indispensabili nuove regole, più strette e rigide che siano di forte ausilio nella missione, divenuta ormai, non solo secondo noi, strategica per stroncare o almeno diminuire il fenomeno, ormai intollerabile, dell’ evasione fiscale. Servono strumenti più efficaci, si pensi a quei paesi che hanno attivato i Servizi Segreti per venire in possesso degli elenchi dei contribuenti residenti nei loro Paesi che avevano esportato capitali all’estero in evasione d’ imposta.

In questi scenari quale potrà  essere il ruolo della Guardia di Finanza? potrà  essere efficiente ed efficace così come è organizzata oggi? Non potrà  fornire un miglior servizio se strutturata diversamente? Non si dovranno creare nuove professionalità , nuove specializzazioni, abbandonandone altre? Noi siamo convinti di sì! E siamo disponibili a dare il nostro contributo di idee come abbiamo sempre fatto.

Per queste nostre proposte noi non abbiamo interlocutori privilegiati, l’ importanza dell’ argomento e degli interessi in campo che coinvolgono il benessere del paese ci impongono di rivolgerci a tutta la classe dirigente, politica ed imprenditoriale e senza alcun dubbio all’ intera cittadinanza (credetemi, per una volta è necessario mettere da parte le nostre appartenenze i nostri egoismi e guardare agli interessi del Paese ed ai bisogni dei cittadini).

Siamo, tuttavia, consapevoli che il nostro interlocutore naturale è il Parlamento, pertanto l’ appello è rivolto a tutte le forze politiche rappresentate in quella sede.

Infine non posso non accennare a quanto l’ Associazione ha svolto nell’ area della solidarietà .
La solidarietà  è nel nostro Dna, nel nostro statuto, addirittura nel nostro nome.

Per noi solidarietà  è anche la Convenzione che da subito abbiamo sviluppato con CGIL NAZIONALE che ha consentito a tutti i nostri iscritti di usufruire dei servizi offerti dal più grande sindacato nazionale.

Solidarietà  è la convenzione che abbiamo stipulato con “la rete legale”, attraverso la quale i nostri soci trovano assistenza giuridica e legale specializzata fornita da studi particolarmente preparati sulle materie che interessano il mondo militare

Solidarietà  è la iniziativa che abbiamo appena avviato attraverso l’ attivazione di numeri telefonici che consentano a chi si trova nella necessità  di avere sostegno di trovare un interlocutore disposto ad ascoltare.

Solidarietà  sono le convenzioni che stiamo attivando con alcuni Comuni o direttamente con Istituti scolastici che vedono alcuni nostri soci impegnati a spiegare ai giovani studenti che nell’ educazione civica è compreso il concetto di educazione fiscale ed il concetto base di essa che può semplificarsi nello slogan “pagare tutti per pagare meno”.

Permettetemi, prima di concludere di ringraziare:
1. tutti coloro che ci onorano, oggi, con la loro presenza;
2. quanti hanno contribuito, con il loro lavoro e con la loro competenza, alla riuscita di questa esaltante giornata.

Infine l’ augurio a tutti i delegati di proficui lavori nel pomeriggio e l’ invito a quanti hanno idee e proposte per il futuro della nostra Associazione ad esplicitarle intervenendo nei lavori.

Grazie ed auguri a tutti 

CARLO GERMI


RELAZIONE DI GIUSEPPE FORTUNA

LA SINGOLARITà€ DI UNA POLIZIA ECONOMICO-FINANZIARIA STRUTTURATA MILITARMENTE

IL VALORE GUARDIA DI FINANZA
La Guardia di finanza è un’istituzione che non trova riscontri in nessun altro paese evoluto. La sua più peculiare caratteristica, ciò che la contraddistingue da ogni altra pubblica amministrazione, è l’essere contemporaneamente polizia tributaria e polizia giudiziaria. La concentrazione di queste due diverse competenze in un unico ambito organizzativo, professionale e culturale ha un notevole valore, tanto che raggiungere analoghi risultati in altri paesi vengono costituiti organismi specifici, in genere nella forma di agenzie, composti da personale di estrazione professionale diversa (investigatori, magistrati, commercialisti, economisti).
In Italia questa “agenzia” interdisciplinare e interfunzionale c’è già , s’è creata a partire dai tempi della riforma tributaria degli anni Settanta e si chiama Guardia di finanza. I suoi agenti hanno imparato: 1) ad accertare gli illeciti penali con la professionalità  degli uffici finanziari; 2) ad accertare gli illeciti fiscali con la professionalità  polizia giudiziaria. L’unione di queste due diverse tipologie di poteri e competenze, questo stare a cavallo tra funzioni e capacità  professionali diverse (pg e pt) rappresenta il vero valore aggiunto dei finanzieri rispetto agli agenti di altre amministrazioni. Gli appartenenti al Corpo sono poliziotti che non si spaventano se si tratta di leggere carte, documenti e impianti contabili anche di notevole estensione e complessità  e sono nel contempo verificatori fiscali capaci di “vedere” nel corso di normali ispezioni amministrative fatture false, truffe, riciclaggio.

COME SI àˆ CREATO IL VALORE
Tale valore non è frutto del caso o di particolari e più efficaci procedure di selezione del personale, ma è il risultato di un lungo percorso storico. Il Corpo nasce per svolgere una funzione “servente” nei confronti dell’amministrazione finanziaria civile. I suoi uomini erano destinati a svolgere le attività  disagiate nelle quali il personale degli uffici finanziari non poteva o non voleva essere impiegato. A tale posizione di subalternità  si è venuta gradualmente ad affiancare, col passare degli anni, una vera e propria funzione di supplenza rispetto agli organi dell’amministrazione civile, conseguente a fenomeni direttamente e indirettamente legati a un generale processo di impoverimento della pubblica amministrazione iniziato a partire dal secondo dopoguerra, che con grande fatica si sta cercando, prima con le riforme degli anni Novanta, poi con la sfida federalista di questi ultimi anni, di superare e sulle cui ragioni ci siamo soffermati in un documento prodotto da Ficiesse nel giugno del 2006 denominato “Contribuenti per scelta”, disponibile sul nostro sito internet (www.ficiesse.it) e al quale rimandiamo.
Il processo di impoverimento delle pubbliche amministrazioni di cui s’è detto ha prodotto sulla Guardia di finanza un effetto positivo, quello di far crescere le competenze, le funzioni e la professionalità  del personale in grigioverde. Quando, infatti, altri organismi pubblici hanno ev idenziato difficoltà  a perseguire i loro fini istituzionali, il legislatore li ha fatti supportare (e a volte anche completamente sostituire) dalla Guardia di finanza. àˆ stato il caso delle Dogane, degli uffici iva, degli uffici imposte, delle autorità  valutarie. Per ottenere tale risultato, però, la legge ha dovuto attribuire contestualmente al Corpo le funzioni e i poteri degli uffici “sostituiti”. E l’esercizio continuativo dei poteri degli uffici ha consentito ai militari, col tempo, di acquisire la specifica professionalità  e di consolidare all’interno del Corpo un patrimonio di conoscenze e di capacità  di intervento fortemente diversificato e perciò stesso straordinario.
Nel 1982 si è verificato un ulteriore salto di qualità . Con l’abrogazione della pregiudiziale tributaria la Guardia di finanza, che è stata fino ad allora quasi esclusivamente impiegata per perseguire i reati di contrabbando e valutari, ha cominciato ad essere utilizzata dalle procure della Repubblica per l’accertamento dei reati tributari. Con la conseguenza che il Corpo ha potuto arricchire il suo bagaglio professionale con i moduli operativi titpici della funzione giurisdizionale acquisendo e patrimonializzando, anche in questo caso, l’ulteriore specifica professionalità .

IL SUPPORTO AD ALTRE AMMINISTRAZIONI
Ma c’è anche un’altra caratteristica alla quale è necessario far cenno e che ha sempre avuto un peso notevole per comprendere i motivi delle scelte adottate dalla Guardia di finanza. I finanzieri non interpretano una funzione istituzionale in via prioritaria ed esclusiva ma operano sempre a supporto o in concorso di altri soggetti pubblici. Perciò, mentre amministrazioni come Dogane, Polizia o Agenzia delle entrate ci saranno sempre, magari in forme diverse, perchà© le funzioni che interpretano sono irrinunciabili per lo Stato, la Guardia di Finanza può non esserci, come non c’è in nessun altro paese d’Europa e del mondo occidentale avanzato. Per sopravvivere, quindi, bisogna essere più bravi, più efficienti degli altri, essere utili, meglio se indispensabili, alle autorità  politiche, giudiziarie e di governo nazionali, regionali e locali.
Questa strategia, alla quale il Corpo è obbligato, è sempre stata seguita nei momenti di maggiore difficoltà , miscelando sapientemente prudenza e di capacità  di ascolto e di ideazione. Si è cercato, così, da una parte, di evitare il più possibile gli scontri con le amministrazioni “forti”, quelle, come detto, che sono e saranno sempre titolari di funzioni prioritarie e insopprimibili, dall’altra, si è quasi sempre riusciti a individuare i punti di debolezza dei competitori istituzionali (in primis, gli uffici finanziari, ora Agenzie) e a creare al proprio interno le condizioni per lo sviluppo di professionalità  di livello almeno pari se non superiore (ad esempio, nelle attività  di ricerca dell’evasione).
Negli anni che verranno, il Corpo dovrà  dimostrare altrettanto, se non maggiore, flessibilità  e intelligenza, perchà© le sfide che si sono aperte con la riforma, nel 2001, del Titolo V della Costituzione e con la legge delega del 2009 sul federalismo fiscale rappresentano certamente per le pubbliche amministrazioni un momento di così profonda trasformazione che non mai stato vissuto nella storia del nostro Paese. Un periodo, quindi, di particolare rischiosità  per un Corpo della cui esistenza altri paesi riescono, senza particolari problemi, a farne a meno.

MERITI E LIMITI DEL MODELLO MILITARE
Non v’è dubbio che la struttura militare del Corpo abbia avuto un ruolo determinante nell’evoluzione storica che abbiamo sinteticamente descritto e che la mancanza di fronti sindacali interni e la minore permeabilità  all’invadenza dei partiti nei confronti dell’amministrazione della cosa pubblica abbiano favorito, specialmente negli anni Settanta e Ottanta, il successo dell’organizzazione.
In quegli anni, perciò, i punti di forza propri dell’organizzazione militare, con particolare riferimento alla reattività  operativa, cioè all’immediatezza di risposta alle sollecitazioni dell’autorità  politica, si sono sinergicamente coniugati con la debolezza e incapacità  di azione delle pubbliche amministrazioni civili. Entrambi gli aspetti, a nostro avviso, hanno svolto ruolo determinante nella crescita dell’istituzione Guardia di finanza e hanno creato quel particolare valore di cui s’è detto. Ma neppure va sottociuto che, sempre in quegli anni, il sacrificio dei diritti individuali e collettivi e la mancanza di trasparenza e democraticità  all’interno delle organizzazioni militari erano largamente compensati da una lunga serie di benefits (con in testa un regime pensionistico di particolare favore) che rendevano tollerabile, se non addirittura conveniente il particolare status. In altri termini, i militari, e in particolare i “militari-poliziotti” dei Carabinieri e della Guardia di finanza, si sono trovati in condizioni di privilegio nei confronti dell’impiego civile e che i privilegi ai quali s’è fatto cenno compensavano in gran parte disagi gravi come quelli, per dirne soltanto alcuni, dell’accentuata rigidità  disciplinare, della mobilità  di sede e di incarico, della aleatorietà  delle carriere, della maggiore difficoltà  a pianificare il futuro personale e delle famiglie, della minore trasparenza e democraticità  interna, della presenza di un sistema di tutele individuali e collettive basato più sul paternalismo che non su un sistema chiaro e chiaramente disciplinato di diritti.
Un’ulteriore considerazione riguarda il rapporto con i cittadini.
In quegli anni, i cittadini avevano un ruolo nei confronti della cosa pubblica soltanto nel momento dell’espressione del voto. L’opinione pubblica, inoltre, percepiva in modo sostanzialmente positivo la figura un po’ autoritaria del finanziere-soldato e la singolarità  di una polizia tributaria organizzata militarmente appariva almeno in parte giustificata da quella sorta di “guerra senza quartiere” che bisognava combattere giornalmente con un esercito sterminato, subdolo e sfuggente di evasori fiscali.

LE DIFFERENZE TRA SOLDATO E POLIZIOTTO
Apriamo una breve parentesi per notare come un’ulteriore fragilità  caratterizzi il Corpo della Guardia di finanza: non c’è dubbio che soldato e poliziotto facciano mestieri con finalità  molto diverse se non antitetiche.
L’organizzazione militare nasce per uno scopo particolarissimo e vitale: assicurare la sopravvivenza della società  civile da attacchi esterni. Il militare, pertanto, è addestrato per prevalere fisicamente su un nemico, distruggerlo, “annichilirlo”.
La rilevanza della missione istituzionale dei militari fa comprendere i motivi delle forti limitazioni della sfera dei diritti dei cittadini militari, giustificate in passato dalla rilevanza della posta in gioco: appunto, la sopravvivenza dello Stato come autonoma società  politica. Non si vince il nemico (e quindi lo Stato soccombe) se l’esercito non riesce a ottenere dai suoi singoli componenti la massima forza di cui ciascuno è capace e se non riesce a concentrarla e indirizzarla efficacemente contro la contrapposta forza del nemico. Tale risultato si ottiene se il soldato non esita a sacrificare la vita nel superiore interesse della patria. Di qui, l’assoluta centralità  dell’obbedienza e della più completa dedizione al dovere, che nelle organizzazioni militare assumono una valenza largamente superiore che in qualunque altra forma di organizzazione, comprese quelle religiose
L’organizzazione militare, però, funziona bene al verificarsi di alcune particolari condizioni. La prima è che si operi in scenari non eccessivamente complessi, tali da poter essere dominati da un solo uomo, il comandante, quello a cui tutti debbono obbedienza e che ha la responsabilità  di decidere come e dove sia meglio concentrare la forza di cui dispone per distruggere il nemico. Se si selezion a un incapace, si perde e l’organizzazione si dissolve. La seconda è che i meccanismi di selezione riescano a selezionare comandanti capaci e carisma. La terza è che la collettività  abbia i mezzi finanziari per sostenere i costi comunque elevatissimi della struttura.
àˆ facile osservare come le condizioni enunciate non siano quelle di un’organizzazione di polizia. Questa, infatti: opera in uno scenario complesso (la società  civile), ha il compito non di distruggere fisicamente gli avversari ma di prevenire gli illeciti e consegnare all’autorità  giudiziaria chi li ha commessi per la giusta punizione, deve tenere i costi sotto controllo e assumere decisioni in base a una serie di priorità .

LE SPINTE RIFORMISTE DEGLI ANNI NOVANTA
Ma riprendiamo il nostro excursus storico. Nel 1990 ha inizio in Italia una larga serie di trasformazioni su tutti i fronti: politico, sociale, culturale, economico. Per non rimanere emarginati in Europa, si cerca di intervenire sul fronte dei conti pubblici, dell’efficienza e produttività  della pubblica amministrazione e, sul lato più propriamente fiscale, dell’economia sommersa.
Si agisce anche sui regimi pensionistici privilegiati e su altri benefits di cui godevano militari e forze di polizia. I cittadini, obbligati a maggiori sacrifici, cominciano a pretendere servizi di standard europeo e a chiedere ai dirigenti pubblici maggiore managerialità , cioè capacità  di produrre servizi di quantità  e qualità  crescenti a costi decrescenti. Cominciano ad andare di moda parole come trasparenza, cultura del servizio, si sentono per la prima volta anglicismi come benchmarking e best practice, e locuzioni difficili come “reingegnerizzazione dei processi”.
Col nuovo clima, si comincia anche a levare qualche accento critico nei confronti della figura del finanziere-soldato. In alcune aree del paese si verificano episodi di contestazione che investono il personale in grigioverde, a volte tacciato di interpretare il ruolo di miope e anche arrogante gabelliere. L’immagine del Corpo viene scossa da scandali per fatti di corruzione che giungono a toccare gradi elevati e che fa tornare alla memoria collettiva quanto avvenuto dieci anni prima con il gravissimo “Scandalo dei petroli”. Il contribuente pretende un fisco più semplice e più amichevole, trova stupidi e inaccettabili gli atteggiamenti “rambistici” e militareschi.
Nell’amministrazione finanziaria, il Ministero delle Finanze è tra i primi a dare attuazione alla distinzione tra le funzioni di indirizzo politico, propria del capo del dicastero, e le funzioni di gestione, attribuite alla responsabilità  della dirigenza. Viene costituito il Servizio di controllo interno, vengono emanate le prime “direttive generali” per l’assegnazione annuale di obiettivi numerici, negoziati e soggetti a rendiconto nella logica della “gestione per obiettivi”.
Il processo di riforma culmina nel 2000 con la creazione delle “agenzie”, nuove forme di gestione basate su maggiore flessibilità  e autonomia nell’organizzazione interna e nella gestione delle risorse umane e materiali. Non è un caso che la mission dichiarata dell’Agenzia delle entrate si basi, in particolare, su tre parole d’ordine: trasparenza, compliance e prevenzione (ancora intesa, però, come dissuasione, cioè come effetto indiretto della tradizionale attività  di accertamento).

LE RISPOSTE VINCENTI E LA SUCCESSIVA INVOLUZIONE
Il nuovo clima provoca nella Guardia di finanza una serie di effetti. Sul fronte interno, per timore di ulteriori derive morali, rischiosissime per la stessa sopravvivenza dell’istituzione, i vertici del Corpo assumono un atteggiamento di grande rigore nei confronti dei dipendenti coinvolti in vicende penali o disciplinari. Tanto che il comandante generale Zignani, in una audizione parlamentare di giugno 2002, afferma di aver trovato nella Guardia di finanza una “severità  quasi feroce”. Cresce il disagio del personale, aumenta la conflittualità  dei singoli con l’amministrazione, si accentua il fenomeno dei congedamenti anticipati, particolarmente tra le fila degli ufficiali tra i 30 e i 40 anni.
Sul fronte esterno, la Guardia di finanza si dota dapprima, tra il 1997 e il 1978, di nuovi ed evoluti sistemi informativi del tipo activity based (in particolare il cosidetto “SIRIS” sulle ore/persona lavorate distribuite in processi di lavoro classificati per funzioni-obiettivo), sulla base dei quali è in grado di monitorare con buona precisione, attendibilità  e tempestività  l’andamento della gestione rispetto agli obiettivi assegnati dalla direttiva generale. Quindi giunge a sperimentare forme, molto avanzate per i tempi, di benchmarking, con l’individuazione delle prassi migliori per la successiva reingegnerizzazione dei processi di lavoro. Infine, riguadagnata la fiducia del ministro di allora e con essa autonomia funzionale dal Servizio di controllo interno del Ministero (che era stata messa in discussione), propone una riforma di compiti, organizzazione e carriere che trova attuazione con tre decreti legislativi del 2001, emanati in attuazione della legge delega n. 78 del 2000.
Senonchà©, la riorganizzazione del 2001, che pur si caratterizza per alcune importanti innovazioni, come la creazione di ruoli specialistici e le nuove competenze in materia di finanza locale, segna sostanzialmente un ritorno al passato e non si ha il coraggio di risolvere alcune delle più evidenti criticità  del Corpo. Probabilmente, l’esser riusciti a superare il momento di crisi successivo alla costituzione del Servizio di controllo interno del Ministero delle Finanze induce i vertici a un attegiamento prudente e alla decisione che fosse prematuro, per un’organizzazione “debole” nei confronti delle altre istituzioni, incidere sulle tradizionali caratteristiche dell’organizzazione militare.

I PRINCIPALI DIFETTI DELLE SCELTE DEL 2001
Ma proviamo ad enunciare i difetti principali che, a nostro avviso, i decreti legislativi del 2001 hanno perpetuato e addirittura accentuato e sui quali sarà  necessario, a breve, intervenire:
1) la struttura organizzativa rimane “lunga” (sei livelli, senza considerare le articolazioni di staff) per l’eccessivo assorbimento di risorse in attività  di funzionamento (che, al di là  delle rappresentazioni ufficiali, riteniamo rimangano ben al di sopra del 50% del totale);
2) gli ufficiali del nuovo grado-vertice (generali di corpo d’armata), che dispongono di un potere determinante sulle carriere e sugli impieghi degli ufficiali, non sono coinvolti nelle responsabilità  della gestione visto che sono preposti ai nuovi comandi interregionali e non ricevono alcun obiettivo;
3) il nuovo grado di generale di corpo d’armata non produce alcun effettivo recupero alle attività  dirette di esecuzione del servizio degli ufficiali dei gradi meno elevati (tenenti, capitani e maggiori) che continuano ad essere impiegati in funzioni di comando, anche in reparti isolati, nonostante l’inesperienza nella delicata funzione di gestione del personale; di conseguenza, aumentano gli ufficiali sotto impiegati (e demotivati) tra quelli di maggiore anzianità , compresi stavolta colonnelli e generali;
4) aumenta in modo esponenziale la determinazione dei comandanti dei gradi meno elevati (tenenti, capitani e maggiori) a raggiungere i risultati attesi dai superiori, non soltanto per motivi di carriera e per ottenere incarichi di prestigio all’interno del Corpo, ma anche per creare i presupposti “curriculari” e di esperienza che gli consentiranno, ora che non c’è più la pensione di anzianità , di congedarsi anzitempo e transitare in attività  esterne di maggiore soddisfazione anche economica; di conseguenza, aumenta la pressione esercitata sui militari sottoposti;
5) perdura l’assenza di sistemi premiali di tipo monetario; di conseguenza manca uno degli stimoli di maggior rilievo per motivare il personale al raggiungimento di obiettivi di produttività , economicità  e qualità ;
6) le cosidette “ricompense d’ordine morale” (encomi ed elogi), che hanno un peso su avanzamenti e trasferimenti, oltre che sul morale del personale, continuano ad essere attribuite in modo fortemente discrezionale e sono avvertite da buona parte del personale come strumenti volti a premiare l’obbedienza più che il merito;
7) la gestione di promozioni e trasferimenti è avvertita come poco trasparente, specialmente per i cosidetti “distacchi” per motivi di servizio disposti dal vertice nazionale;
8) si spinge molto sul conseguimento di risultati eclatanti, immediatamente spendibili sulla stampa, mentre i nuovi sistemi di monitoraggio e controllo sembra vengano riorientati alla misurazione di un’efficienza più come virtuale che effettiva; significative la decisione di ricodificare i servizi interni di caserma (i “piantoni”) da attività  di funzionamento in attività  di esecuzione diretta del servizio e la sostanziale assenza di controlli sulle scritture elementari di servizio con riferimento alle imputazioni nelle rilevazioni mensili Siris;
9) vengono sempre enfatizzate le attività  operative di mera repressione e continuano a mancare iniziative volte al sostegno informativo dei cittadini e alla prevenzione (che è cosa diversa dalla mera dissuasione) degli illeciti tributari.

LA SFIDA DEL DECENTRAMENTO FEDERALISTA E IL NUOVO RUOLO ASSEGNATO DALLA COSTITUZIONE AI CITTADINI
L’inizio del terzo millennio registra un’ulteriore forte accelerazione riformatrice, che stavolta si spinge a modificare profondamente il sistema delle autonomie locali e dei rapporti con lo stato centrale.
Il processo partito con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, che revisiona profondamente gli articoli da 114 a 133 della Carta fondamentale della Repubblica, e approdato alla legge delega n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale, costituisce una sorta di rivoluzione copernicana, anche se il personale delle amministrazioni statali comincia ad avvertire solo oggi, a distanza otto anni, qualche primo mutamento.
Le riforme intervengono, in particolare, per quanto interessa in questa sede, su due fronti:
1) cambierà , con i decreti legislativi di attuazione della legge 42, l’ordinamento istituzionale della Repubblica, ponendo come più rilevante la competenza regionale rispetto a quella statale in attuazione del “principio di sussidiarietà ”, segnatamente in materia di tributi;
2) è stata fin da ora riconosciuta, e con disposizione di rango costituzionale, <<l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività  di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà >>, attività  che <<Stato, Regioni, Città  metropolitane, Provincie e Comuni favoriscono>> (art. 118 Cost., ultimo comma).
Si tratta, quindi, di novità  che incideranno profondamente sui futuri assetti di funzionamento dello Stato e della società  civile e che i vertici delle pubbliche amministrazioni dovranno gestire con particolare lungimiranza.
Tutte le amministrazioni, ma ancor di più, per i motivi esposti, la Guardia di finanza, sono chiamate ad agire con sollecitudine su più fronti, sia quelli della rimodulazione delle strategie operative di intervento sui territori, sia su quelli interni per compattare e motivare il personale dipendente.

GIUSEPPE FORTUNA
Presidente Direttivo nazionale Ficiesse
giuseppefortuna@hotmail.com

 

 

 


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