AL LAVORO PER 16 ORE AL GIORNO IN SEMINTERRATO, DUE ARRESTI - MAFIA: GUP,CIURO NON AIUTO' BOSS MA ATTEGGIAMENTO GRAVISSIMO - INCHIESTA ROCCARASO: 15 RICHIESTE DI RINVIO A GIUDIZIO

venerdì 16 dicembre 2005

 

AL LAVORO PER 16 ORE AL GIORNO IN SEMINTERRATO, DUE ARRESTI

POLIZIA E GDF SCOPRONO A FOLIGNO LABORATORIO CON CINESI

 

   (ANSA) - FOLIGNO (PERUGIA), 14 DIC - Lavoravano in un seminterrato 12-16 ore al giorno alle macchine da cucire - secondo la ricostruzione degli investigatori - realizzando capi di abbigliamento per i quali avevano pattuito un compenso da uno a tre euro, dieci cinesi (sette clandestini) trovati in un laboratorio della zona industriale di Foligno da polizia e guardia di finanza che hanno arrestato un loro connazionale e un italiano.

   Quest'ultimo - 57 anni originario di Bastia Umbra e risultato gia' inquisito in passato - e' accusato di avere violato la legge sull'immigrazione impiegando irregolarmente gli stranieri e di altri reati, come ricettazione, falso e altri legati all'uso di marchi anche di importanti ditte nazionali. Il cinese, di 26 anni, in regola con il permesso di soggiorno, e' stato invece sorpreso mentre controllava i suoi connazionali.

   Nella zona di Foligno il commissariato - diretto dal vicequestore Bruno Antonini - stava svolgendo controlli sul fenomeno dell'immigrazione clandestina. La  compagnia della guardia di finanza - comandata dal maggiore Massimiliano Fortino - aveva invece concentrato la sua attenzione sulle aziende che svolgono la loro attivita' prevalentemente di notte. Polizia e fiamme gialle sono cosi' entrambi risaliti allo stesso stabile e le indagini - coordinate dalla procura di Perugia - sono state unificate.

   Al momento dell'irruzione nel palazzo gli investigatori (con i quali hanno collaborato i tecnici della Asl) hanno scoperto un'ala dove alcune italiane lavoravano, in regola,nella rifinitura dei capi di abbigliamento. Questi venivano realizzati in uno scantinato vicino dove il personale del commissariato e quello delle fiamme gialle hanno trovato dieci cinesi impegnati a lavorare in un locale di pochi metri quadrati, senza finestre e illuminato dalla luce artificiale.

   I dieci cinesi hanno eta' compresa tra 22 e 38 anni. Tra loro sette donne. Alcuni - e' emerso dagli accertamenti – lavoravano nel lavoratorio da tre-quattro giorni, altri da circa due settimane e altri ancora da un mese. Agli investigatori hanno riferito di non avere mai percepito il denaro pattuito.

   Attraverso una rampa accedevano a un altro seminterrato utilizzato come dormitorio. Un locale - hanno accertato polizia, gdf e la Asl - piccolo, privo di finestre, umido (su un tavolo per mangiare e' stato trovato un secchio per raccogliere l'acqua che cadeva dal soffitto) e in precarie condizioni igieniche. Le camere erano state ricavate utilizzando pareti di cartongesso e ospitavano due-tre persone a disposizione delle quali c'era un piccolo bagno.

   Nei locali sono stati sequestrati 270 capi di abbigliamento, fatture, bolle di accompagnamento e altri documenti sui quali sono ora in corso accertamenti. Una delle ipotesi degli investigatori e' che la rotazione dei cinesi permettesse di realizzare prodotti praticamente a costo zero. L'indagine e' comunque ancora in corso.

   Al vaglio della procura perugina anche la possibilita' di contestare il reato di riduzione in schiavitu'.

   Per i sette cinesi clandestini sono state avviate le pratiche per l'espulsione. (ANSA).

 

MAFIA: GUP,CIURO NON AIUTO' BOSS MA ATTEGGIAMENTO GRAVISSIMO

 

   (ANSA) - PALERMO, 11 DIC - ''Il comportamento del maresciallo Ciuro e' gravissimo, ma il complesso delle sue azioni non puo' considerarsi idoneo a realizzare un rafforzamento dell'associazione Cosa nostra, tanto meno tale rafforzamento ha effettivamente realizzato. L'imputato ha posto in essere una condotta di agevolazione che ha inciso esclusivamente in favore di Aiello''. E' la motivazione della sentenza di condanna del maresciallo della Guardia di Finanza, Giuseppe Ciuro, al quale il gup ha inflitto lo scorso 8 aprile la pena di quattro anni e otto mesi di reclusione per favoreggiamento personale.

   Il processo, che si e' svolto in abbreviato davanti al giudice Bruno Fasciana, che adesso ha depositato le motivazioni della sentenza, scaturisce dall'inchiesta sulle ''talpe alla Dda''.

   Ciuro e' stato prosciolto dall'accusa di concorso in associazione mafiosa perche' secondo il gup il suo atteggiamento e' diretto solo a ''favorire un amico'' che e' ''soprattutto potente e ricco imprenditore, di compiacerne le aspettative e di conquistarne sempre maggiore stima e riconoscenza''.

   ''La pubblica accusa - scrive il giudice - ha posto in risalto la notevole esperienza professionale di Ciuro e il suo inserimento nel nucleo vitale della struttura investigativa della Dda della procura della Repubblica di Palermo. Non e' coerente fare appello alla fiducia tradita, al fine di delineare, giustamente, un profilo personale particolarmente negativo e meritevole di un trattamento sanzionatorio grave, contestualmente tacendo sulle enormi opportunita' di 'intelligence con il nemico' non sfruttate''.

   ''D'altra parte - aggiunge - vi sono taluni atteggiamenti ricorrenti di Ciuro che contrastano decisamente con un'ipotetica volonta' di agevolare l'intera associazione. Il riferimento e' a tutte quelle informazioni o rassicurazioni non corrispondenti alla realta' 'ammannite' ad Aiello''.

   Il gup ritiene ''spaccata'' la partecipazione di Aiello a Cosa nostra. L'imprenditore e' stato processo davanti ai giudici del tribunale per associazione mafiosa e Fasciana sembra anticipare la sentenza di condanna con quanto afferma nelle motivazioni del processo a Ciuro. Il giudice sottolinea che ''non sussiste la prova di un contributo diretto all'associazione realizzato da Aiello mediante la diffusione di notizie riservate fornite da Ciuro''.

   ''Michele Aiello - scrive nella sentenza il gup Fasciana - non e' certamente un imprenditore vessato da Cosa nostra, come ha voluto far intendere nei diversi interrogatori resi, ma un imprenditore in stretti rapporti di interesse con l'organizzazione mafiosa e, addirittura, in diretto contatto con colui che notoriamente ne e' il capo riconosciuto (Provenzano)''. ''E' estremamente significativo - osserva il giudice - e forse potrebbe bastare questa considerazione, il fatto che Michele Aiello avesse rapporti diretti, ovvero contatti personali, con colui che all'interno di un'impenetrabile organizzazione criminale, quale e' Cosa nostra, risulta talmente protetto e inavvicinabile da avere garantita una latitanza ultraquarantennale sebbene sia tra i criminali piu' ricercati nel mondo''.(ANSA).

 

 

INCHIESTA ROCCARASO: 15 RICHIESTE DI RINVIO A GIUDIZIO

SVOLTA PER INCHIESTA CHE PORTO' SINDACO VALENTINI A SUICIDARSI

 

   (ANSA) - L'AQUILA, 14 DIC - Sono state avanzate 15 richieste di rinvio a giudizio nell'inchiesta sugli appalti sospetti di Roccaraso nell'ambito della quale, nell'agosto del 2004, era stato arrestato il sindaco del comune abruzzese, Camillo Valentini, suicidatosi in carcere.

   Le lunghissime intercettazioni telefoniche, i riscontri testimoniali e documentari, insieme ai controlli sui conti bancari e diversi mesi di indagini sono stati ritenuti indizi sufficienti dal Pm della procura di Sulmona per chiedere il rinvio a giudizio di 15 persone, tra cui magistrati del Consiglio di Stato, generali dei carabinieri e della guardia di Finanza, avvocati, dirigenti e amministratori di enti pubblici ed imprenditori nell'ambito del primo troncone dell'inchiesta sulla ultimazione della palazzina Edilmonte e sugli appalti sospetti nel comune di Roccaraso (L'Aquila).

   L'udienza davanti al Gup, Massimo De Cesare, e' stata fissata per il prossimo 9 febbraio.

   L'inchiesta era stata segnata dal suicidio in carcere del sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini, avvenuto il 14 agosto dell'anno scorso a due giorni dall'arresto. Le accuse che hanno portato alla richiesta di rinvio a giudizio vanno dalla concussione all'abuso d'ufficio, dalla tentata concussione alla calunnia e al falso ideologico.

   Gli imputati sono: (...), giudice del Consiglio di Stato; Carlo Rienzi, presidente nazionale del Codacons; Gisella Valentini, ex assessore al comune di Roccaraso; Giulio Abbati, comandante guardia di finanza del Trentino Alto Adige; Alberto Baldella, comandante del nucleo speciale funzione pubblica e privacy; Edoardo Cucci, maresciallo della guardia di Finanza; Giovanni D'Amico, direttore del Consorzio acquedottistico Valle Peligna-Alto Sangro; l'avvocato aquilano Pierluigi Pezzopane, consigliere comunale di opposizione; Maria Pia Guidetti di Pescara;

l'avvocato di Popoli Tommaso Marchese; l'imprenditore di Pescara Luigi Pierangeli; Mario Papili, maresciallo dei carabinieri di Roccaraso; Goffredo Mencagli, comandante delle scuole dell'Arma di Roma; (...), generale dei carabinieri; Giovanni Lascio, maresciallo dei carabinieri di Sulmona. (ANSA).

 


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