LA LETTERA SUI "CAPITAN FRACASSA" E LA RISPOSTA DI GIUSEPPE FORTUNA SULLA “POLITICA” DEL SITO DI FICIESSE

martedì 19 giugno 2001

Abbiamo ricevuto dal socio AD la lettera dal titolo “I capitan Fracassa” che di seguito riportiamo, con la risposta del direttore del sito Giuseppe Fortuna.

 

LETTERA DEL SIGNOR A.D. AL DIRETTORE DEL SITO FICIESSE.ORG

 

Ancora una volta mi devo complimentare per la prova di neutralità  partitica dimostrata da questa associazione, alla quale sono iscritto, e non intendo più riconoscermi; mi rendo conto che come è sovente la plausibile giustificazione è quella di rifugiarsi nell’ormai arcinota "dobbiamo farci conoscere ma credetemi questa antiquata arte del convincimento convince solo voi stessi.

L’ultima  ciliegina apparsa sul sito e la letterina di  tale VELTRONI (costui si fa vivo guarda caso in determinate circostanze), che  spende parole pro uomini in divisa.

Poiché ho sempre nutrito dubbi sull’orientamento politico, anzi partitico, di questa associazione   sarei lieto di conoscere se ciò rientra  tra gli scopi prefissi, individuati nello statuto, ovvero quello di non lasciarsi coinvolgere da  soggetti che utilizzano l’associazione a scopo propagandistico elettorale perché, in qualità  di socio ed iscritto alla Ficiesse sono amareggiato e deluso da tale condotta.

In particolare mi rivolgo a lei  responsabile del sito,  che professa la democrazia e la libertà  di parola e pensiero, che si vanta della pari opportunità  data a tutti i soci nel dire la loro anche e soprattutto attraverso il sito, preferirei si facesse da parte perché la democrazia e ben altra cosa, il pensiero è ben altra cosa, l’uguaglianza è ben altra cosa ma soprattutto pensavo che la voce del socio venisse presa almeno in considerazione.

Penso che sia ora di smettetela di adulare sovente i soliti soggetti che appaiono solo ed esclusivamente nell’imminenza delle elezioni politiche, FORTUNA & C. svegliatevi altrimenti, di questo passo si ricade nello stesso errore che tra l’altro è stato, dallo scrivente, segnalato e mai divulgato causa il “niet” del responsabile del sito (complimenti) ovvero quello di prestare il fianco a determinati soggetti, di una individuata area politica, al solo fine di “ raccogliere voti”. 

Ma VELTRONI, RUFFINO, etc. etc. (guarda caso  tutti collocati in una individuata area di partito) dove erano in questi cinque anni di governo di centro sinistra?

Chiedo scusa  RUFFINO era impegnato anche  alle interrogazioni pro-ufficiali del Corpo.

Lei FORTUNA ha mai sentito costoro spendere una “sillaba” pro tutti gli  uomini (senza distinzione di grado) in divisa? Io mai; ho solo constatato che in questi cinque anni sono sì intervenuti provvedimenti legislativi ma toh tutti pro categoria ufficiali (qualcuno mi smentisca) ah! dimenticavo forse i provvedimenti sono stati emanati per arginare la “fuga dei cervelli”.

Infine mi chiedo anche dove era Lei FORTUNA ed altri ufficiali del Corpo quando noi si protestava, quando noi, esponendoci anche a ripercussioni disciplinari abbiamo continuato imperterriti nella nostra lotta perché convinti di essere nel giusto. Ditemi dove eravate, FORTUNA and company, e soprattutto cosa ne pensavate all’epoca?

Per ultimo, mi consenta, di segnalarle qualora fosse possibile di cancellare il grado tra i soci fondatori; i titoli “onorifici” preferirei fossero utilizzati in altri ambienti. 

Arrivederci e buona Fortuna.

A.D.”

 

LA RISPOSTA DEL DIRETTORE DEL SITO FICIESSE.ORG

 

Per tentare di mettere in cattiva luce la nostra associazione vengono utilizzate principalmente due suggestioni. La prima è quella di farla apparire come asservita a una precisa parte politica (attenti, questi signori sono organici ai Democratici di Sinistra!), la seconda è farla apparire come asservita agli interessi della categoria degli ufficiali GDF (attenti, gli ufficiali ti fregano!).

La lettera di AD richiama questi - secondo noi, infondati - stereotipi sui quali abbiamo ora l’occasione di soffermarci. Mi scuso, quindi, per la lunghezza della risposta.

Chiariamo subito ai lettori il fatto a cui fa riferimento il nostro interlocutore. La redazione del sito ha effettivamente detto “no” (o dovremmo dire niet, che fa più stalinista?) alla pubblicazione sul sito di una sua precedente lettera, intitolata “E’ LUI O NON È LUI?”, nella quale AD dice di aver segnalato il rischio che l’associazione si presti a fare da sponda elettorale ad una determinata parte politica (sempre i DS, per intenderci).

La lettera arrivò per posta elettronica nel mese di marzo ma poiché non era chiaro a chi si riferisse e quali fini si proponesse, telefonai al suo autore. Seppi, così, che “lui” era il parlamentare DS Elvio RUFFINO e che l’attacco si riferiva a vicende di un’altra associazione i cui iscritti si erano sentiti “illusi” dalle parole del parlamentare e di altri esponenti del suo stesso partito.

Feci presente, allora, che non avremmo dato corso alla pubblicazione del documento per una serie di motivi: 1) perché non siamo legittimati a trattare questioni interne ad altre associazioni; 2) perché cerchiamo di mantenere uno stile editoriale che evita, fin quando possibile, di portare attacchi alle persone; 3) perché l’onorevole Ruffino era tra coloro che stavano sostenendo Ficiesse CON I FATTI e non soltanto con le parole (sua l’iniziativa dell’interpellanza parlamentare urgente sul “caso Germi”, firmata da 40 deputati DS, a seguito della quale il governo ha riconosciuto la piena legittimità  dell’associazione).

Avevamo ragione o torto? Noi crediamo di essere stati nel giusto, ma si tratta ovviamente di un’opinione. Per consentire ai lettori di farsi la loro, oltre che per motivi di trasparenza, pubblichiamo integralmente, in allegato, la prima lettera inviata da AD.

Il fatto ci permette, però, di fare un’importante precisazione di rilievo generale.

Il sito NON È UNA BACHECA ELETTRONICA in cui ognuno può pretendere di vedere pubblicato quello che vuole, ma è un prodotto editoriale che ha un direttore responsabile e un editore (nel nostro caso, il Direttivo nazionale) legati tra loro da un accordo sulla linea politica e sullo stile da seguire.

Come tutti i prodotti editoriali, I CONTENUTI SONO DECISI IN PIENA AUTONOMIA DAL DIRETTORE, che ne assume la responsabilità sia nei confronti dell’editore sia nei confronti dei terzi ad ogni effetto di legge. Se la pubblicazione non è conforme alla linea o allo stile concordati, l’editore può sostituire il direttore responsabile. Se, viceversa, l’editore decide di cambiare linea o stile, è il direttore che può decidere di lasciare l’incarico.

Queste sono le regole del gioco.

Nel momento in cui viene scelto cosa pubblicare, quindi, non c’è democrazia, c’è responsabilità. Dove sta, allora, il meccanismo democratico invocato da AD? Sta nel funzionamento del Direttivo, ORGANO ELETTIVO CHE DECIDE A MAGGIORANZA I CONTENUTI DELL’ACCORDO CON IL DIRETTORE E CHE NE PUÒ CENSURARE, CON DECISIONI UGUALMENTE A MAGGIORANZA, L’OPERATO.

Ma entriamo nel vivo delle critiche.

Si afferma che l’associazione avrebbe un orientamento partitico e si chiede se ciò rientri tra le finalità  indicate dallo statuto. “L’ultima ciliegina” che, secondo AD, proverebbe la sudditanza dell’associazione nei confronti di una precisa parte politica sarebbe la pubblicazione sul sito della lettera aperta inviata il 17 maggio 2001 agli appartenenti alle forze armate e alle polizie a struttura militare da Walter VELTRONI, segretario DS, allora in corsa per la carica di sindaco di Roma, e apparsa sul sito il 25 maggio, a due giorni dal ballottaggio.

Non sappiamo a quali altre “ciliegine” il nostro interlocutore intenda riferirsi ma lo invitiamo a segnalarcele sempre, anche in modo aspro (purché corretto, come in questa versione della lettera), perché siamo convinti che le critiche facciamo bene a tutti, a chi le riceve e anche a chi le fa.

Veniamo alla risposta.

Sappiamo bene che nell’imminenza delle votazioni i politici acquisiscono una particolare “sensibilità” ai problemi della gente. Avviene per tutti, ed è avvenuto anche all’uomo politico VELTRONI che il 5 aprile scorso, a quaranta giorni dall’appuntamento elettorale del 13 maggio, decise di incontrare Ficiesse e altre associazioni al Palazzo delle esposizioni di Roma.

Ci furono molti interventi e tutti, compresi i nostri, furono di CRITICA ASPRISSIMA a quello che il centrosinistra, e i DS in particolare, avevano fatto nel corso della legislatura. Fu detto A CHIARE LETTERE e CON ACCENTI A VOLTE CONCITATI quanta fosse stata la delusione nel constatare che il primo governo guidato da un presidente del consiglio DS:

- aveva fatto un riordino delle forze di polizia guardando esclusivamente agli interessi dei vertici militari;

- aveva omesso ogni forma di controllo sugli effetti delle norme redatte dagli Stati maggiori e dai Comandi generali;

-  aveva rifiutato, con i suoi ministri finanche di ricevere le proposte scritte delle associazioni.

VELTRONI sembrò molto colpito dalle nostre affermazioni e disse le stesse cose che, più sinteticamente, ha poi scritto nella lettera aperta del 17 maggio. In particolare, affermò che era necessario modificare profondamente la legge sulla rappresentanza militare aprendo alla sindacalizzazione e che, in caso di sua elezione a sindaco di Roma, avrebbe stabilito un canale permanente di confronto con le associazioni, oltre che con la rappresentanza militare.

Poiché verba volant, poiché eravamo in campagna elettorale e poiché siamo autonomi nelle nostre decisioni, DECIDEMMO DI NON DARE ALCUNA NOTIZIA DELL’INCONTRO SUL SITO INTERNET.

Si comporta così un’associazione organica a un partito?

Successivamente, VELTRONI mise per iscritto quelle importantissime affermazioni e inviò all’associazione la lettera aperta che ci è pervenuta il successivo 25 (cioè due soli giorni prima del ballottaggio) e che fu inserita sul sito.

Perché è stato fatto?

Perché una delle prime linee-guida del Direttivo di Ficiesse è che quando un politico, specialmente se di livello nazionale, fa delle aperture favorevoli al nostro progetto ne dobbiamo dare notizia, chiunque sia il politico e a qualunque area egli appartenga.

Ciò è avvenuto anche in altre occasioni. L’8 marzo scorso, ad esempio, abbiamo diffuso il testo integrale dell’interrogazione parlamentare con la quale l’On. DELMASTRO DELLE VEDOVE (Alleanza Nazionale) ha messo meritoriamente in evidenza le condizioni di disagio in cui lavora il personale GDF (titolo: “Finanzieri costretti, per lavorare, a comprarsi codici e computer coi loro soldi”).

Ma la lettera di VELTRONI l’abbiamo pubblicata anche per un altro motivo.

Infatti, poiché scripta manent, Ficiesse sta per inviare, a sua volta, una lettera aperta al neo-sindaco per ricordargli gli impegni presi in campagna elettorale e per stimolarlo a creare il canale permanente di confronto che ha annunciato. E di tutto ciò cercheremo di dare tempestiva notizia ai nostri lettori e associati a mezzo del sito web.

Crediamo, con questo, di aver dimostrato che quanto scritto nell’art. 2 del nostro statuto (“l’associazione è autonoma e apartitica”) non sia una mera affermazione di principio.

A.D. critica, poi, l’azione tenuta dal centrosinistra nella scorsa legislatura nei confronti del personale delle Forze Armate.

In parte gli abbiamo già  risposto. Siamo d’accordo con una riserva. Secondo noi della redazione, il centrosinistra e segnatamente i due ministri che si sono avvicendati alla guida del dicastero delle finanze in questi ultimi anni si portano dietro UNA GRAVE RESPONSABILITÀ  POLITICA non solo sui decreti di riordino, dei quali abbiamo già  detto, ma anche sulla revisione organizzativa della Guardia di Finanza.

Su tale argomento, abbiamo sottolineato in numerosissime occasioni il nostro punto di vista: NON È STATA FATTA VERA INNOVAZIONE perché le soluzioni adottate sono vecchie sia nella forma che nella sostanza.

Ci sembra di aver segnalato con chiarezza, ad esempio:

  • che la riforma è stata scritta dai vertici GDF snobbando i rappresentanti del personale;
  • che gli stessi vertici hanno badato a mantenere sè stessi ben lontani dalle responsabilità  della gestione (i Comandi Interregionali non ricevono i piani annuali degli obiettivi)
  • che la struttura è stata appesantita invece che alleggerita in danno delle articolazioni di esecuzione del servizio;
  • che alcune funzioni sono state duplicate (ad esempio, i nuovi nuclei provinciali pt in sede di capoluogo di regione);
  • che le principali leve di gestione sono rimaste accentrate al livello nazionale;
  • che non è stata introdotta la negoziazione degli obiettivi tra centro e periferia;
  • che mancano sistemi premiali collegati ai risultati negoziati;
  • che i premi incentivanti sono distribuiti “a pioggia” e a prevalente vantaggio dei gradi più alti;
  • che è stato incoraggiato lo stile autoritario/paternalista in luogo di quello partecipativo.

Abbiamo scritto anche che, a parte ogni considerazione in punto di conformità  alla delega di cui all’art. 27 della legge n. 447/1997, non risponde a ragioni di pubblico interesse:

  • aumentare il numero delle categorie di personale (divenute, di fatto, cinque: appuntati e finanzieri, sovrintendenti, ispettori, ufficiali senza prospettive di carriera e ufficiali con prospettive di carriera);
  • scoraggiare i passaggi interni alle categorie;
  • continuare a reclutare personale con il titolo di scuola media inferiore;
  • accentuare la separatezza del settore aeronavale;
  • rispondere all’esodo con le ferme obbligatorie.

Dov’è la riserva rispetto a quanto afferma AD?

Secondo noi, NON È VERO che i provvedimenti di riforma siano andati a vantaggio della categoria ufficiali. sono andati a vantaggio di ALCUNI APPARTENENTI ALLA CATEGORIA UFFICIALI e segnatamente di quelli del contingente ordinario che si trovano al vertice dell’organizzazione o possono aspirare a raggiungerlo.

Anche questo lo abbiamo scritto. Con il nostro stile non barricadero, senza attacchi alle persone, ma anche SENZA PELI SULLA LINGUA.

Abbiamo scritto che queste scelte rischiano di essere distruttive perché invece di incoraggiare la coesione, la solidarietà , la trasparenza e la certezza delle regole, alimentano la divisione, il sospetto e la diffidenza e spingono i singoli a CERCARE PROTEZIONE NELLE CORDATE che sono una delle cause che favoriscono i comportamenti devianti (leggasi corruzione e disimpegno).

Un’ultima notazione.

A.D. chiede dove fossero gli ufficiali GDF quando “noi si protestava” e quale fosse, all’epoca, il loro pensiero. Probabilmente, continua a far riferimento alla storia di quell’altra associazione che noi, torno a ripetere, non siamo legittimati a trattare.

In via generale, però, posso dire che dobbiamo avere il massimo rispetto per tutti coloro che si sono impegnati e si impegnano per indurre democrazia nelle organizzazioni sociali, specialmente quando viene pagato un prezzo elevato in termini di sacrifici e di sofferenza.

Credo anche, però, che con la sfiducia e la diffidenza nei confronti degli ufficiali del Corpo si faccia soltanto il gioco di chi punta sulle divisioni e sulla frammentazione. Mentre dobbiamo convincerci che la presenza, significativa, di tutte le categorie di personale della GDF nella nostra associazione è una forza e un patrimonio prezioso che dobbiamo cercare di accrescere e non di disperdere.

Cosa pensavano, gli ufficiali iscritti all’associazione prima che Ficiesse decollasse?

Ovviamente, ognuno può rispondere per sé. Dal canto mio, posso allegare il testo di un mio intervento ad un convegno che si tenne a Roma il 30 giugno 1992, presso la Scuola di polizia tributaria, per il ventesimo anniversario dei Corso superiore presieduto dal Generale Meccariello, ispettore per i reparti d’istruzione, al quale parteciparono tutti gli ufficiali t.ST e i gradi più elevati della GDF. Quei fogli non ebbero diffusione perché gli atti non furono pubblicati e internet non esisteva ancora. Mi sembra contenga molti spunti che stiamo cercando di sviluppare con l’associazione.

P.S. Nel prossimo Direttivo nazionale discuteremo della proposta di cancellare il grado tra i soci fondatori.

 GIUSEPPE FORTUNA 

 

ALLEGATO ALLA RISPOSTA DEL DIRETTORE DEL SITO

INTERVENTO DEL TEN.COL. T.ST GIUSEPPE FORTUNAAL RADUNO DEGLI UFFICIALI IN POSSESSO DEL TITOLO “CORSO SUPERIORE DI POLIZIA TRIBUTARIA” TENUTOSI IN ROMA IL 30 GIUGNO 1992

  

Signor Generale Ispettore, Signor Generale Comandante della Scuola, Signori Ufficiali,

vorrei fare qualche riflessione traendo lo spunto da uno dei più importanti temi che sono stati trattati quest’oggi, quello della lamentata mancanza di solidarietà degli ufficiali titolati tra di loro e fra questi e gli ufficiali non titolati.

Faccio parte del 19° Corso superiore, il corso che sta per essere licenziato dalla Scuola; un corso cavia – s’è detto – perché per primi abbiamo sperimentato un nuovo piano di studi dove grande rilievo hanno avuto insegnamenti quali la SCIENZA DELL’ORGANIZZAZIONE, il SERVIZIO DI STATO MAGGIORE, la PSICOLOGIA SOCIALE.

Nei due anni appena trascorsi si sono avvicendati sulla cattedra numerosi ufficiali del Corpo, titolati Scuola di guerra o titolati Scuola di polizia tributaria.

Ebbene, quasi tutti i t.ST hanno evidenziato, magari con toni ed accenti diversi, questo problema della solidarietà, della coesione. Quasi tutti ci hanno detto: “Ragazzi, quando tornerete ai reparti, con il titolo, non sarà più come prima. SARETE SOLI. I comandanti faranno continuamente capo a voi, mentre la maggior parte dei colleghi non vi daranno collaborazione o addirittura vi ostacoleranno”.

I t.SG, invece, hanno prevalentemente lamentato la mancanza di “cultura dell’organizzazione, difetto particolarmente grave negli ufficiali del Corpo incaricati d funzioni di stato maggiore, che sarebbe il principale responsabile della ormai frequente riformulazione di strategie di medio e lungo periodo da parte dei vertici che si avvicendano alla guida della Guardia di Finanza.

Ora, a me sembra che i problemi evidenziati siano soltanto due aspetti di un’unica, grande tematica: quella dell’efficienza di una organizzazione; efficienza intesa nel senso della utilizzazione (la migliore possibile) delle risorse a disposizione e, in particolare, della risorsa più preziosa: la risorsa umana.

Non v’è dubbio, infatti, che quando si parla di solidarietà e di coesione o quando si parla di “cultura” si fa riferimento all’uomo e non certo alle infrastrutture o ai mezzi tecnici di cui l’organizzazione dispone.

Ma soffermiamo la nostra attenzione sul problema sollevato dai t.ST (visto che questo è un convegno di t.ST) e proviamo a domandarci, magari chiedendo aiuto proprio alla scienza dell’organizzazione e alla psicologia sociale: quand’è che in un gruppo c’è “solidarietà”, quando c’è “coesione”?

Risposta: in un gruppo c’è coesione quando si verificano due condizioni. Primo: la certezza delle regole. Secondo la trasparenza nella loro gestione.

L’uomo inserito in una struttura organizzata collabora in modo partecipativo: se conosce le regole del gioco e se vede che tali regole trovano effettiva applicazione.

In tali situazioni, la maggior parte dei componenti di un’organizzazione accettano che i “migliori” (individuati secondo tali regole) salgano la scala delle responsabilità e che facciano carriera, senza che con ciò diminuisca l’impegno, da parte dei “non eletti”, al perseguimento degli obiettivi che gli vengono assegnati negli anni successivi.

Ciò, ovviamente, non toglie che ci sarà sempre qualcuno che non possedendo nella misura necessaria le qualità richieste dirà che chi sale in vetta ha barato al gioco. Questo - è vero - fa parte della natura umana. Ma gli altri membri dell’organizzazione, se le regole sono certe e se il meccanismo di selezione è trasparente, si accorgono della menzogna ed emarginano questo “qualcuno”, fino a costringerlo a rientrare nei ranghi o a uscire spontaneamente dal gruppo.

Ma proviamo ad applicare quanto appena detto alla Guardia di Finanza e prendiamo in considerazione i due momenti fondamentali che scandiscono la vita e la carriera di noi ufficiali: l’assegnazione ad un nuovo reparto e la promozione al grado superiore.

Ebbene, per quanto concerne l’assegnazione ai reparti non sono note le tipologie degli incarichi i i corrispondenti profili degli ufficiali che dovranno andarli a ricoprire.

Le determinazioni sono elaborate ogni anno, in segreto, al Comando generale. E con il Comando generale l’ufficiale può comunicare soltanto in modo formale, indicando in una carta periodica se e dove desidera essere trasferito oppure presentando istanza di revoca o di modifica del provvedimento, quando questo gli è già stato notificato, o, infine, ricorrendo al giudice amministrativo.

Per quanto riguarda le promozioni al grado superiore, sappiamo tutti ch’esse sono effettuate sulla base di criteri di valutazione che rimangono sconosciuti agli ufficiali valutati e che, per di più, variano ogni anno, a volte anche in modo radicale e dirompente, come è avvenuto nell’ultima valutazione al grado di maggiore.

In queste condizioni pensare che chi fa carriera o chi raggiunge sedi ambite abbia “barato al gioco” non è soltanto facile ma – mi si consenta – è lecito perché sta scritto nelle sentenze, sempre più numerose, emesse dai tribunali amministrativi regionali e confermate dal Consiglio di Stato.

E non si dica che la colpa è dei TAR. Sarebbe come dire che la colpa della malattia è del medico che fa la diagnosi. Se si verificano violazioni delle regole del gioco, ben vengano i TAR a rimuoverle affinché sia data soddisfazione a chi ne è stato danneggiato.

Ma allora, se le regole sono così incerte e aleatorie, come può esserci coesione? Come può esserci solidarietà tra gli ufficiali, titolati e non, della Guardia di Finanza?

Cosa proporre allora?

Alcune indicazioni sono già emerse nel corso di questa giornata. IO vorrei soltanto sottolineare l’urgenza, per il Corpo:

1) di stabilire regole certe e precise, conosciute da tutti gli ufficiali, in tema di trasferimenti e di promozioni;

2) che le variazioni delle regole siano sempre rese esplicite, unitamente alle motivazioni che ne hanno determinato il cambiamento;

3) che si cominci ad avere maggiore considerazione del profilo psicologico degli uomini, per rafforzare in loro il senso di appartenenza e per cominciare a ridurre quella sensazione di distacco, di lontananza, che l’ufficiale periferico avverte fortemente nei confronti del centro.

Solo così, a mio avviso, il Corpo passerà dalla “CULTURA DELL’OBBEDIENZA” alla “CULTURA DELLA PARTECIPAZIONE E DELL’EFFICIENZA”.

Signori, questo mio intervento non vuole essere, ovviamente, una sortita polemica nei confronti del Comando Generale e dei colleghi del personale.

Sono stato tre anni al Comando Generale. So che vi si lavora molto duramente. I colleghi del I Reparto li conosco tutti, li stimo e ho coscienza di quanto difficile e ingrato sia il loro lavoro.

Né sto criticando la forma militare della Guardia di Finanza perché, per quel che mi risulta, Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri – che sono militari – hanno definito da tempo, ai fini dell’avanzamento, i profili di carriera per gli incarichi riservati alla categoria ufficiali e adottano da tempo per la gestione dei trasferimenti, criteri assai diversi dai nostri, stabilendo, ad esempio, un contatto preventivo con l’ufficiale da trasferire, fornendogli una rosa di scelte alternative e dandogli precise garanzie se accetta sedi non ambite.

Con questo non voglio dire che Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri abbiano risolto d’incanto tutti i loro problemi. Ma certamente in quelle organizzazioni, più che nella nostra, si tenta di ricercare il consenso degli uomini che ne fanno parte.

Siamo in un momento storico di profonde trasformazioni. La società civile sta chiamando il Corpo (e l’amministrazione finanziaria tutta) a un radicale cambiamento di ruolo e all’assunzione di nuovi tipi di responsabilità.

Attenzione: se non ricerchiamo la partecipazione, partecipazione convinta, della maggior parte degli uomini della nostra organizzazione non stiamo su una strada nuova, che porta all’efficienza. Stiamo su una strada vecchia che, temo, porti alla disgregazione.

Grazie dell'attenzione

Ten. Col. tST Giuseppe Fortuna


Tua email:   Invia a: