GIULIANI SU IL SOLE 24 ORE: "BASTA CON I COMANDANTI GENERALI GDF PROVENIENTI DALL'ESERCITO. E ZIGNANI NON PARLI DI CORRUZIONE"

venerdì 22 giugno 2001

Riportiamo di seguito il testo della lettera inviata oggi al Direttore del quotidiano Il Sole 24 Ore. A seguire, l’articolo di cui si contestano i contenuti con una nota della redazione del nostro sito.

 

Gentile Direttore de Il Sole 24 Ore,

abbiamo letto sul Sole del 21 giugno scorso l’articolo a firma di Giuseppe Giuliani con il quale si auspica che il comandante della Guardia di Finanza sia tratto dalle fila del Corpo, invece che da quelle dell’Esercito.

Secondo l’opinionista, la recente concessione del grado di generale di corpo d’armata agli ufficiali delle Fiamme Gialle renderebbe matura la soluzione di concedere loro l’accesso alla funzione di vertice nazionale. In tal modo, si potrebbero evitare – prosegue Giuliani - “scivoloni” come quello preso dal generale Alberto Zignani che nella sua prima apparizione quale comandante del Corpo ha “tirato fuori” la questione morale, proprio lui che proviene dalla stessa istituzione che ha prodotto il generale Giudice, “protagonista” dello scandalo dei petroli.

L’associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà  è contraria alla soluzione che Giuliani, senza alcuna argomentazione, caldeggia.

Il problema centrale è che, nonostante i recenti provvedimenti di riordino, la Guardia di Finanza è rimasta una organizzazione militare di tipo tradizionale i cui vertici dispongono di poteri pressoché illimitati all’interno delle strutture. Tale modello, che non consente alcuna forma di dialettica interna, è IDONEO IN TEMPO DI GUERRA quando per prevalere sul nemico è necessaria la massima concentrazione degli sforzi; ma è PERICOLOSO IN TEMPO DI PACE, specialmente per un organismo di polizia economica e finanziaria, perché ostacola il confronto delle idee e fa chiudere l’organizzazione su sé stessa.

Per questi motivi, l’Associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà è decisamente contraria, finché non verrà  attuata la riforma per la democratizzazione delle rappresentanze militari, a comandanti generali provenienti dai ruoli della Guardia di Finanza, in quanto verrebbe accentuata l’autoreferenzialità  e la separatezza dell’istituzione dalla società  civile.

Un comandante generale di nomina politica e di provenienza esterna rappresenta, al momento, l’unica garanzia per contrastare il grave fenomeno delle “CORDATE” che costituisce una delle principali cause dei comportamenti devianti che si manifestano nel Corpo.

Anche per questo sorprende l’attacco personale al generale Zignani che nel corso della sua prima uscita pubblica ha correttamente ricordato la centralità  della questione morale. È vero che Giudice è stato “protagonista” dello scandalo dei petroli, ma tutti gli altri protagonisti, come il generale Lo Prete, non erano forse ufficiali di vertice della Guardia di Finanza? Ed è vero o no che i fatti, altrettanto gravi e dolorosi, di Milano e Venezia hanno visto protagonisti due ufficiali destinati a raggiungere i gradi più alti dell’organizzazione? E come mai i risultati della commissione interna di inchiesta che doveva individuare le cause “genetiche” della tangentopoli milanese non sono mai stati resi pubblici dai generali che l’hanno diretta?

Siamo solidali, pertanto, con il Comandante generale Zignani che affrontando con chiarezza, nella sua prima uscita pubblica, la questione morale ha dimostrato una competenza, una sensibilità  e un senso dello Stato ammirevoli.

E ci auguriamo che il primo quotidiano economico d’Europa non si limiti, su temi di tale rilievo, alle valutazioni di un singolo opinionista ma decida, come sempre fa, di dare testimonianza delle diverse posizioni esistenti.


GIUSEPPE FORTUNA - Presidente del Direttivo nazionale dell’Associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà Ficiesse

 

ALLEGATO

Giuseppe Giuliani su Il Sole 24 Ore del 21 giugno 2001, pagina 19

BASTA CON I COMANDANTI GENERALI GDF PROVENIENTI DALL'ESERCITO.E ZIGNANI NON PARLI DI CORRUZIONE

Ci saranno molte nuove stelle a brillare nel corso delle celebrazioni, che si svolgeranno oggi in tutta Italia, per l’anniversario di fondazione della Guardia di Finanza. Sono le stelle dei neo promossi generali di corpo d’armata, grado solo di recente “conquistato” dal Corpo, per effetto della nuova disciplina dell’ordinamento.

Nella storia militare il corpo d’armata venne “fondato” da Napoleone, per assicurare l’unitarietà  del comando in due o più divisioni, che erano la grande unità  fondamentale dell’esercito. Un corpo d’armata dei tempi moderni, basato su tre divisioni, poteva comprendere 2.000 ufficiali, 60.000 uomini di truppa, 22.000 quadrupedi, 5.000 carri e anche 250 bocche da fuoco (cannoni e obici).

Se si pensa che la Guardia di Finanza non raggiunge nel complesso 40.000 uomini, ben si comprende come i nove generali di corpo d’armata, a essa assegnati, siano forse un tantino esuberanti.

Bisogna però aggiungere per completezza dell’informazione che il fenomeno concerne tutte le forze armate e risale a un preciso periodo nel quale la progressione di carriera è stata vissuta come un espediente per assicurare una certa progressione economica, altrimenti inattuabile, in tempi in cui i militari venivano assicurati redditi di pura sopravvivenza.

A un certo momento, si sarebbe forse dovuto cambiare rotta ma ciò non è avvenuto. Anzi, la smania di progressione di carriera ha invaso tutti, al punto che molti appuntati sono stati promossi al grado di maresciallo maggiore. Sono passati, cioè, dal grado apicale della categoria “truppa” a quello della categoria “sottufficiali”, senza però un’adeguata preparazione di base. E ciò è molto grave, se si pensa che il passaggio ha comportato anche la “promozione” da agente a ufficiale di polizia giudiziaria e di polizia tributaria.

Ma la recente riforma ha eluso anche un altro appuntamento: quello della provenienza del comandante generale dalle fila del Corpo. Ormai, l’istituzione del grado di generale di corpo d’armata ha fatto venire meno uno degli argomenti che di solito venivano addotti per giustificare l’attribuzione dell’incarico a uno degli ufficiali dell’esercito che in quel grado abbondano. Ora che gli organici della Guardi di Finanza non hanno più tale carenza, non si comprende perché debba essere mantenuta una tale “riserva” per l’esercito, del tutto identica, in verità, a quella  che pesa sull’Arma dei Carabinieri. Anche per essa, da quando è stata “promossa” a forza armata autonoma, è caduto l’alibi che si trattava di un’arma dell’esercito. Ed è per questo che i tempi sembrano maturi – anche perché al dicastero della difesa siede un personaggio come Antonio Martino, caratterialmente estraneo a lobby - per una riflessione più attenta sul delicato argomento. In alternativa, occorrerebbe o consentire anche a un ufficiale della Marina o dell’Aviazione di assumere  il comando generale dell’Arma e del Corpo, oppure prevedere che anche i generali di corpo d’armata di Carabinieri e Finanza possano aspirare ai vertici delle altre forze armate.

La soluzione ottimale è però sempre quella della provenienza “interna”. Si eviterebbero così “scivoloni”, quale quello preso dal generale dell’Esercito Alberto Zignani che, nella sua prima  apparizione nelle vesti ci comandante delle Finanza, ha tirato fuori la “questione morale”.

Qualcuno gli dovrebbe ricordare che il più grosso scandalo patito dal Corpo, quello  “dei petroli”, ebbe per protagonista Raffaele Giudice, che era sì comandante del Corpo ma proveniva dall’Esercito.

GIUSEPPE GIULIANI

 

NOTA DELLA REDAZIONE DEL SITO FICIESSE.IT

Il 22 maggio scorso il Comandante generale della Guardia di Finanza, Alberto Zignani, ha illustrato alla stampa il rapporto sull’attività  svolta nel 2000 dalle Fiamme Gialle. In un passaggio, l’alto ufficiale si è soffermato sulla “questione morale” interna affermando che, certo, i fenomeni di corruzione tra i finanzieri vanno combattuti con gli strumenti repressivi ordinari, ma occorre altresì agire a monte per migliorare le condizioni di vita del personale. Da qui l’appello “alle competenti autorità  politiche, governative e parlamentari” perché vengano assunti provvedimenti idonei, anche dal punto di vista retributivo, per “affrancare il più possibile il personale da condizionamenti ambientali”.


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