MINNITI (D.S.) A IL NUOVO GIORNALE DEI MILITARI: “RAPPRESENTANZE AUTONOME DAGLI STATI MAGGIORI E GARANZIA DEL DIRITTO DI ASSOCIAZIONE AI CITTADINI MILITARI”

martedì 04 aprile 2006

Riportiamo in anteprima l’intervista rilasciata dall’onorevole Marco MINNITI, dei Democratici di Sinistra,  al direttore de Il Nuovo Giornale dei Militari, Antonella MANOTTI, pubblicata sul numero del 28 marzo 2006 del Giornale che ringraziamo per l’autorizzazione.

 

 

INTERVISTA

DE “IL NUOVO GIORNALE DEI MILITARI”

ALL’ON. MARCO MINNITI

 

“Chiunque vinca dopo il 9 aprile, i temi della Sicurezza e della Difesa dovranno avere un carattere costituente”

 

(di Antonella Manotti)

 

 

 

On. Minniti, nel programma del suo partito, ben otto pagine sono dedicate alle politiche per la Sicurezza e Difesa. Impegni elettorali o una diversa attenzione verso questo settore?

 

Guardi, le questioni della Sicurezza e della Difesa, sono state sempre al centro del nostro impegno politico e parlamentare; è del tutto naturale quindi che ora diventano anche una delle priorità del nostro programma di governo.  Ma c’è anche una ragione più generale: in questi anni alle nostre Forze Armate è stato chiesto uno straordinario impegno, per la quantità degli uomini e dei mezzi impiegati e per la delicatezza dei compiti a loro affidati. Alle Forze Armate si è chiesto molto ed è stato dato poco.

 

Quindi, se andrete al governo, pensate di adottare misure concrete per restituire al settore, credibilità e risorse adeguate?

 

Sono convinto che la prossima legislatura chiunque vinca le elezioni debba avere sui temi della sicurezza e della Difesa un carattere costituente. Il nostro impegno va in questa direzione.

Vede, la situazione in cui si trovano le Forze Armate è disastrosa. A fronte della nuove esigenze imposte dai nuovi impegni sul piano internazionale e per la  costruzione di un nuovo modello di difesa europea, l’attuale maggioranza ha risposto con una progressiva diminuzione delle risorse assegnate al bilancio della Difesa, che ha compromesso la capacità operativa dello strumento militare. Una politica dissennata che non ha tenuto conto, altresì, che la sospensione del servizio obbligatorio di leva ed il passaggio al professionale, comporta interventi strutturali e riforme che non possono essere adottate in modo frammentario ed improvvisato, ma debbono essere inquadrate nell’ottica di una decisa e necessaria integrazione europea, al fine di razionalizzare i costi e  valorizzale le capacità e le caratteristiche del nostro strumento militare. Il governo di centro destra, non ha fatto nulla di tutto ciò, ma ha tagliato, tagliato, tagliato….

 

Quindi, per  affrontare i problemi delle Forze armate, non si può prescindere, a suo giudizio, dall’Europa?

 

Certamente, non vi può essere una efficace politica di sicurezza nazionale ed un progetto di difesa internazionale, se non ridiamo slancio e completiamo il progetto di difesa europea. Il nostro Paese deve trovare una sua naturale e strategica collocazione in Europa, come protagonista serio ed affidabile delle politiche di integrazione europea e – soprattutto - sostenitore di un  modello di difesa europea, attraverso cui passa anche la prospettiva di pace e di sicurezza dell’intero pianeta.

 

Integrazione europea per le politiche di difesa, per gli indirizzi strategici, per una ottimizzazione delle risorse, per  il rilancio dell’industria, e via dicendo. Ma integrazione, significa anche confronto tra le condizioni sociale e professionali degli operatori  del settore, formazione, trattamenti economici, diritti …

 

Certamente, ma l’ho già accennato prima. Il passaggio da un esercito di leva a quello costituito solo da professionisti, comporta maggiori oneri per stipendi ed indennità, ma anche più risorse per la formazione, per l’addestramento e per una migliore qualità della vita. Occorre superare quegli ostacoli che impediscono  ancora oggi, al cittadino –volontario- soldato, di poter contare su un rapporto di impiego in grado di fornire certezze e non precarietà.

 

E diritti …

 

E’ ovvio. L’ho già detto in più occasioni e lo ripeto: l’uomo è l’elemento centrale di qualunque organizzazione, quindi anche di quella militare ed esige, da parte nostra, la massima attenzione.

Quando si affronta un tema così importante come quello di una riforma dei Corpi dello Stato, si deve partire dal tema dei diritti della persona e degli spazi democratici che vanno  garantiti a chi opera in divisa al servizio del Paese. Ma, vorrei tornare un attimo sulla questione dei volontari….

 

Prego.

 

Per avere un esercito professionale efficiente occorre che il volontario abbia la certezza e il ruolo di un professionista inserito in una organizzazione efficiente e moderna. Egli ha diritto a misure di grande attenzione sociale per garantire adeguati istituti di protezione assicurativa e previdenziale,  alla tutela della salute, a politiche innovative nel campo degli alloggi di servizio e sul terreno dei diritti. Ed In tale contesto, penso anche che sia improcrastinabile una riforma dei codici militari…

 

 

Ecco, appunto, i codici. Un tentativo è stato fatto ma per fortuna è fallito nelle aule parlamentari.

 

Si, perché si è cercato di dare una risposta sbagliata ad un problema giusto; non dimentichiamo che i codici militari risalgono al 1941 e pertanto vi è la necessità ineludibile di riformarli, ma con una riforma che sia ispirata a valori democratici e tengano conto anche dei nuovi scenari di impiego dei nostri militari che, al di fuori dei confini nazionali, si trovano ad operate in contesti che richiedono certezza di diritto ma anche la opportunità di disciplinare i comportamenti in situazioni alquanto delicate…

 

Restando al tema di diritti, on Minniti, parliamo della Rappresentanza militare e della necessità di dare risposte nuove al bisogno di tutela del personale. Quale sarà il vostro impegno rispetto a questo problema?

 

E’ evidente che quando parliamo di diritti, sappiamo che occorrerà affrontare con più determinazione, rispetto al passato, la questione della riforma della rappresentanza.  E siamo consapevoli che, nell’affrontare il problema, occorrerà superare le resistenze che si sono manifestate in questi anni, per garantire agli organismi di R.M. un ruolo di parte sociale e quindi un reale potere di contrattazione. E’ necessario superare l’ambiguità del sistema, riservando agli Stati Maggiori, un ruolo di parte pubblica, così da consentire la necessaria autonomia ad entrambi i soggetti nelle varie fasi di concertazione, per giungere alla fine, ad un vero e proprio accordo contrattuale. Non come è avvenuto nel passato, quando, in assenza di accordi, il contratto è stato siglato solo dagli stati maggiori e dal governo. Se faremo questo, le  relazioni sociali miglioreranno e si eviterà la mortificazione in cui la RM è stata relegata spesso, nel contesto dei processi decisionali, che hanno portato alla approvazione di leggi su materie che interessano la condizione sociale, economica e previdenziale del personale.

 

Ma quando si parla di riforma della Rappresentanza, si riferisce solo al potere contrattuale del Cocer?

 

Ovviamente no. Dovremo ragionare anche su altre questioni, come il sistema elettorale, l’articolazione degli organismi ai vari livelli, i meccanismi di informazione ecc.

 

E il diritto associativo?

 

Il diritto di associazione garantito dalla Costituzione deve essere riconosciuto anche al personale militare. L’esercizio di tale diritto, nell’ambito di forme e modalità legittime, eviterà che vi siano interpretazioni ministeriali, artificiose e discrezionali , che hanno danneggiato il libero confronto e la partecipazione dei cittadini militari.

 

On. Minniti, affrontiamo ora un'altra questione: l’esigenza di intervenire sulle condizioni sociali e professionali del personale, impone anche l’opportunità di una maggiore equità retributiva all’interno del comparto.

 

Certamente. E lo abbiamo già prospettato nell’ambito del recente dibattito parlamentare sul riordino dei ruoli perché,  a nostro avviso, non si possono riordinare le carriere, senza intervenire contestualmente sul modello retributivo, tenendo conto di due fattori fondamentali. Innanzitutto che la crescita professionale acquisita nel tempo dagli operatori dei vari ruoli e categorie, deve trovare un riconoscimento nella retribuzione, nelle forme che la concertazione e la contrattazione definirà. In secondo luogo, considerando che il ruolo dei Marescialli è al momento “schiacciato”   in una situazione retributiva inadeguata. Mentre per gli ufficiali e dirigenti esiste, infatti, un meccanismo di adeguamento delle retribuzioni, per i sottufficiali no. Quindi, qualunque riforma, i cui contenuti debbono scaturire in sede di concertazione, deve assicurare risultati tali da garantire che la crescita professionale, gli incarichi svolti, la maturazione degli operatori nelle funzioni svolte, abbia un riconoscimento retributivo. Tutte le categorie del comparto debbono poter disporre di un meccanismo che consenta una dinamica retributiva, così come avviene oggi per gli ufficiali.

 

Non esclude anche una correzione del sistema dei parametri?

 

Non lo escludiamo, anche perché, rispetto agli intendimenti iniziali, la riforma dei parametri è diventata un’altra cosa. Un impianto retributivo legato al grado e non alle funzioni.

 

E sulla problematica delle operative, altra questione scottante e molto sentita all’interno delle categorie, e’ opportuno suo giudizio un intervento riformatore?

 

Potremo e dovremo affrontare la questione, anche alla luce dei nuovi assetti organizzativi che hanno modificato profondamente il panorama sul quale si basa il meccanismo attuale. Quindi, se prima era l’insoddisfazione di talune categorie, a sollevare il problema, ora sono le modifiche nell’impiego del personale, a consigliare un ripensamento del modello legislativo .

 

Tutto questo, se andrete al governo.

 

Se governeremo, avremo certamente degli strumenti più incisivi per intraprendere queste riforme ma, come le ho detto all’inizio di questa intervista, la nostra attenzione nei confronti di questo settore, c’è sempre stata e gli atti della legislatura appena conclusa, sono lì a dimostrarlo.

Mentre se andiamo a leggere il programma della Casa della Libertà,  non troviamo nulla, se non un generico ed alquanto stringato riferimento al “nostro impegno nei confronti dell’Europa…” e, per quanto riguarda la sicurezza, “l’aumento fino a diecimila unità dei poliziotti e dei carabinieri di quartiere”. Tutto qui. Nulla di nulla sulle problematiche specifiche del settore.

 

 


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