AVVENIMENTI: "IN CORSA PER I DIRITTI. CIRCA SETTANTA TRA CARABINIERI, FINANZIERI E POLIZIOTTI NELLA LISTA DI PIETRO-OCCHETTO" di Sebastiano Gulisano

venerdì 12 marzo 2004

 «Siamo l’unico paese occidentale che vieta i sindacati ai militari». Il maresciallo Pallotta: «Meglio diventare rappresentante che rappresentato».

 

di Sebastiano Gulisano

 

Il ghiaccio l’ha rotto Il Giornale dei Carabinieri, il mensile fondato dal maresciallo Ernesto Pallotta, 43 anni, siciliano in servizio a Roma, che da anni si batte per la democratizzazione delle forze armate e di sicurezza.

È stato proprio Pallotta, attraverso il mensile che dirige, prima a parlare di una generica «rappresentanza politica dei militari», poi ad aderire alle aperture della lista Di Pietro-Occhetto.

Dopo è stata la volta di Progetto democrazia in divisa, un’associazione di finanzieri radicata principalmente nel Nordest. Mentre altre associazioni, sebbene non aderendo direttamente, lasciano liberi i propri iscritti di partecipare alla competizione elettorale e, come nel caso di Ficiesse (Finanzieri, cittadini e solidarietà), annunciano sul proprio sito internet (www.ficiesse.it) che segnaleranno sul sito e sul periodico Finanzieri e cittadini «i nomi dei politici che dichiarano di sostenere il riconoscimento del diritto di associazione professionale dei militari».

Analogo atteggiamento è probabile che assuma anche Assodipro (Solidarietà, diritti, progresso), l’associazione del mondo militare con più aderenti, migliaia di «lavoratori con le stellette» concentrati tra esercito e aeronautica. E la cosa potrebbe assumere proporzioni persino clamorose, stando a quel che scrive Pallotta sul portale del Giornale dei Carabinieri (www.nsd.it): «Cobar, coir e cocer militari attendono la fine dei lavori della commissione Difesa della Camera sull’iter parlamentare della riforma della rappresentanza militare per prendere una decisione». Cobar coir e cocer sono i tre organismi (locale, interregionale e nazionale) di rappresentanza di esercito, carabinieri, aeronautica e guardia di finanza.

La legge di riforma della rappresentanza in discussione alla Camera «configura i nuovo organismi come mere “appendici” dei comandi - chiarisce il colonnello Giuseppe Fortuna, presidente di Ficiesse -, mentre sono stati bocciati tutti gli emendamenti volti a concedere ai militari il diritto di costituire e aderire ad associazioni professionali».

«È una vita che chiediamo alle forze politiche più diritti per chi non ha voce» sottolinea Vincenzo Cretella, 47 anni, veneziano, fino a due anni fa brigadiere della guardia di finanza e un mandato da rappresentante cocer: «Poi mi sono dimesso, me lo hanno consigliato i medici, avevo subito un centinaio di procedimenti disciplinari e penali. Tra i militari - chiarisce Cretella - il mobbing si manifesta così, ed è un fenomeno di massa». Cretella è uno dei leader di Progetto democrazia in divisa, nonché tra i fondatori del Movimento finanzieri democratici che, però, ha deciso di non schierarsi con l’ex pm di Mani pulite.

«Il nostro è un Movimento trasversale - chiarisce il colonnello Vincenzo Cerceo, triestino, iscritto a Rifondazione comunista - e tra noi ci stanno anche dei leghisti. Io non credo che il progetto di Di Pietro avrà grande successo, ma daremo indicazione di votare i nostri iscritti».

Antonio Di Pietro è raggiante e snocciola le cifre: «Sono 74 i militari - tra carabinieri, poliziotti e finanzieri - che hanno aderito al nostro progetto di aprire le liste per meglio difendere i loro hanno dei diritti che, invece, gli vengono negati. Sono persone che hanno dato nobiltà a un ruolo e che rischiano la vita per tutelare la collettività, invece vengono bistrattati, come se dovessero vergognarsi del proprio lavoro: è chi commette reati, non chi li scopre, che deve vergognarsi», sottolinea il leader dell’Italia dei valori.

«Abbiamo scelto Di Pietro perché è un moderato - spiega Ernesto Pallotta - perché così stiamo rompendo gli equilibri e togliendo voti alla destra. Persino il Movimento sportivo Fiamma sta cambiando nome - rivela il maresciallo - per entrare a far parte di questo progetto». Pallotta è un uomo di sinistra e non lo nasconde, così come non nasconde che «sono stato invitato da Diliberto al congresso dei Comunisti italiani, ci sono andato, e ho ripetuto le cose che dico da sempre. Ma se vuole coinvolge massicciamente i militari non si può scegliere un partito della sinistra radicale», sostiene. Le sue battaglie per la democratizzazione dell’Arma, nel ’93, sfociarono nella costituzione di Unarma, associazione di carabinieri a carattere sindacale che aveva circa 3.500 iscritti, ma che fu bocciata dal consiglio di Stato e dalla Corte costituzionale. L’ultimo ricorso lo ha fatto alla Corte di Strasburgo, che non si è ancora pronunciata.

«Siamo l’unico paese occidentale a non avere sindacati di lavoratori con le stellette - precisa il colonnello Cerceo -, ma la nuova Costituzione europea prevede che chi lavora ha diritto a iscriversi ai sindacati. Anche se, lo so, prima che la approvano…». Cretella, invece, sottolinea un’altra «unicità»: «Siamo l’unico paese europeo ad avere una polizia tributaria militare». La smilitarizzazione della guardia di finanza è da sempre tra gli obiettivi del Movimento finanzieri democratici. C’è chi mastica ancora amaro ripensando alle battaglie degli anni 70, quelle che portarono alla legge sulla rappresentanza del 1978 e alla smilitarizzazione della polizia. I finanzieri avevano le stesse aspettative dei poliziotti, ma quelle speranze furono frustrate: «Il Pci frenò - ricorda un maresciallo ormai in pensione - perché temeva di vanificare anche la smilitarizzazione della polizia. Pecchioli (che nel Pci si occupava dei problemi militari, ndr) ci chiese di pazientare, dopo sarebbe venuto il nostro turno. Invece…».

La richiesta di smilitarizzazione è anche la strada che si appresta ad imboccare Ficiesse: «Nella malaugurata ipotesi fosse mantenuto il divieto di associazionismo professionale - ha deciso il direttivo -, intraprenderemo le iniziative necessarie affinché si giunga alla smilitarizzazione del Corpo». Nella scorsa legislatura il centrodestra ha presentato un disegno di legge in tal senso - primo firmatario l’attuale ministro della Difesa, Antonio Martino. «Martino ha fatto marcia indietro», nota Cerceo. «Ha avuto un’involuzione - gli fa eco Cretella -, lui che era un liberal ora ha diramato una circolare in cui vieta alle associazioni di fare proselitismo e propone che se un militare vuole aderire a un’associazione, anche di civili, deve chiedere l’autorizzazione al ministro: non era mai accaduto, dopo la legge 382 del 1978». È questo clima che spinge Pallotta a preferire la possibilità di «essere rappresentante e non rappresentato», malgrado Cerceo ricordi il tentativo del colonnello Pappalardo, ex presidente del cocer carabinieri e deputato del Psdi, «che non ebbe grande successo». Pallotta, invece, ritiene che «la tutela dei diritti sia così importante da dovere tentare in ogni modo: attraverso le vie giurisdizionali, referendarie ed elettorali». Candidati, dunque. Alle europee e alle amministrative: «Per noi - chiarisce il maresciallo dell’Arma - è un test in vista delle politiche».

Resta la grande contraddizione, almeno in apparenza, di una lista che candida pacifisti acclarati (Giulietto Chiesa, ad esempio) e militari. «È una scommessa, una sfida - chiarisce Di Pietro -, chi vuole la pace può stringere la mano al carabiniere che vuole la pace. Il vero poliziotto non è quello che manganella, ma è vicino a chi sfila per i diritti». Nemmeno Pallotta ci trova contraddizione: «È un modo per aprirci alla società civile, per abbattere le barriere che ci separano, in un momento in cui rischiamo di diventare un paese militarizzato, come gli Usa: dopo la scelta del governo di intervenire in Iraq, siamo sottoposti al codice militare di guerra». Già, lo prevede la legge 6 del 2002. Non era successo nemmeno durante la guerra contro Milosevic. E dire che questa, a differenza di quella, è «una missione di pace».


Tua email:   Invia a: