GLI ANGELI DI LAMPEDUSA. UNA GIORNATA CON LA GUARDIA DI FINANZA ALLA RICERCA DEI NAUFRAGHI (FAMIGLIA CRISTIANA)

domenica 28 settembre 2008

FAMIGLIA CRISTIANA n. 36 del 7 settembre 2008

IMMIGRATI
UNA GIORNATA CON LA GUARDIA DI FINANZA ALLA RICERCA DEI NAUFRAGHI

GLI ANGELI DI LAMPEDUSA

di Fabrizio Villa


Ecco come migliaia di uomini, donne e bambini sfuggono a una morte certa nel Canale di Sicilia, grazie all’azione quotidiana, discreta ed eroica, di un pugno di uomini.

 

Il sole splende da poco su Lampedusa e la sua gente lentamente si sta svegliando. La pista del piccolo aeroporto dell’isola è già in fermento. Su un aereo dell’Air One s’imbarcano gli ultimi passeggeri. Sono quasi tutti turisti, per loro la vacanza è finita. L’elicottero della Guardia di finanza, denominato Volpe 207, è pronto per un’altra missione impegnativa sul mare. Si ricerca l’ennesimo barcone della speranza diretto verso l’isola. La segnalazione è arrivata nella notte, da parte delle Autorità maltesi: a bordo ci sono uomini e donne che aspettano di essere soccorsi.

I "finanzieri volanti", scrupolosamente, completano le ultime verifiche al velivolo, un Agusta AB 412, prima dell’o.k. al decollo. L’equipaggio, che fa parte della sezione aerea di Cagliari, è composto da quattro uomini. Il primo pilota è il maresciallo Giuseppe Pellecame, il secondo è il maresciallo Giuseppe Vulpiani. Il finanziere scelto Giuseppe Chietera è l’operatore al radar e il capo equipaggio il luogotenente Leonardo Molfetta. Ci alziamo in volo, sono le sette in punto, sorvoliamo il porto e ci dirigiamo verso nordest.

 

Bisogna fare presto

Il mare è calmo. La visibilità è buona. Si viaggia alla velocità di 120 nodi, circa 240 km/h, a una quota di 500 piedi, circa 200 metri di altezza. L’equipaggio è molto concentrato e niente viene lasciato al caso. Ogni segnale del radar potrebbe essere l’imbarcazione degli immigrati. Ci sono in gioco vite umane e non si conoscono le condizioni di salute dei clandestini. Bisogna fare presto. A Lampedusa, frattanto, il capitano Nicola Monfreda, nome in codice "Oscar Tango Charlie", coordina la missione, avendo a disposizione una sala operativa di nuova generazione, dotata delle più avanzate tecnologie di comunicazione, di trasmissione dati e vigilanza radar. Il capitano ha, inoltre, il compito di coordinare l’attività operativa di tutti i mezzi aeronavali della Guardia di finanza schierati sull’isola.

Alle 8.43, dopo un’altra segnalazione, ci dirigiamo seguendo le coordinate dettate dal radar. Quello che si vede dall’oblò dell’elicottero è ancora un puntino all’orizzonte. Dopo pochi minuti ci siamo sopra, stavolta non ci sono dubbi: è un gommone con a bordo un’ottantina di extracomunitari. Sono africani, forse eritrei. Uno di loro è sicuramente lo scafista. Sono fermi, non navigano più e i loro occhi sono puntati fissi in alto, sull’elicottero.

Una bussola di legno dall’alto

Il primo pilota si mette subito in contatto con la sala operativa: «Volpe Due Zero Sette a Oscar Tango Charlie, abbiamo localizzato un gommone verde di 10 metri, con a bordo circa ottanta immigrati clandestini». Il capitano Monfreda risponde: «Oscar Tango Charlie a Volpe Due Zero Sette, si sta dirigendo sul posto Squalo Uno Zero Sette che li prenderà a bordo». A questo punto la motovedetta "Carreca", denominata Squalo 107, parte dal porto di Lampedusa e si dirige sul punto preciso segnalato da Volpe 207.

L’elicottero è in overing (è così che si dice in gergo, quando l’elicottero resta fermo, sospeso in aria). Questo permette all’equipaggio di rendersi conto delle condizioni degli immigrati. Dall’alto, scorgiamo una bussola di legno, un piccolo motore fuori bordo e delle taniche di benzina. Apparentemente sembra che tutti stiano bene, sono pure ben vestiti. Ci sono alcune donne tra loro, e un bambino. Aspettiamo l’arrivo del Carreca, la velocissima motovedetta con a bordo 12 uomini di equipaggio, comandati dal maresciallo Martone. Gli immigrati sono subito rifocillati con acqua e biscotti dagli uomini a bordo della motovedetta.

La missione è terminata, l’elicottero si avvia verso l’aeroporto di Lampedusa, gli immigrati, invece, una volta sbarcati, saranno affidati alle cure del personale medico presente al porto dell’isola e alle forze di Polizia, per il trasferimento presso il locale centro di prima accoglienza. Per la Guardia di finanza tutto questo ormai è routine. Il lavoro dei finanzieri è incessante e faticoso.

Oggi le condizioni del mare sono state favorevoli. Quando queste sono avverse, è difficile per tutti, soprattutto per le migliaia di disperati che tentano di raggiungere le coste siciliane. Ma ciò che non può diventare routine è la disperazione di queste persone; il contatto quotidiano con le storie dolorose di questi essere umani – trattati come animali dagli scafisti – è la parte più dura del lavoro dei finanzieri.

«Non smetto mai di pensarci».

«Dal punto di vista umano, il nostro è un lavoro che mi dà forti emozioni», commenta il capitano Nicola Monfreda, «anche se routine, non smetto mai di immedesimarmi in questa povera gente costretta a fuggire, lasciando la loro terra, rischiando la vita nella speranza di un futuro migliore. Mi addolora vedere donne e bambini soffrire. Il nostro compito non è solo quello di salvarli, ma anche di indagare sulle organizzazioni criminali che speculano. Quando ci riusciamo, la soddisfazione più grande è quella di averli arrestati».

Il fenomeno dell’immigrazione clandestina è per la Guardia di finanza motivo di particolare impegno operativo, essendo il solo Corpo costantemente impegnato a monitorare i confini nazionali e comunitari. Nello specifico, il servizio aeronavale ha il compito di controllare e tutelare le autostrade del mare, contrastando tutti quei traffici illeciti che vanno dal commercio di armi alla droga, all’immigrazione clandestina. Nei primi sette mesi del 2008, i militari della Guardia di finanza hanno individuato 5.295 clandestini (2.876 solo nelle acque antistanti l’isola di Lampedusa), ne hanno arrestati 328 e hanno sequestrato 45 imbarcazioni.

(La giornata ancora non è terminata e sull’isola, popolata di turisti e vacanzieri, l’emergenza continua, in contrasto con la spensieratezza di chi non sa neanche del dramma di quanti arrivano fin qui, dopo aver attraversato, in condizioni disumane, il mare della speranza.

 

 


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