SE 134 MILIONI VI SEMBRANO BRUSCOLINI, OVVERO: COSI' IL FONDO DI PREVIDENZA GDF GESTISCE I NOSTRI SOLDI - di Simone Sansoni, Salvatore Trinx e Giovanni Mazzarella

martedì 17 febbraio 2009

Pubblichiamo l’interessante articolo di Simone Sansoni, Salvatore Trinx e Giovanni Mozzarella sulle singolari modalità di gestione del Fondo Previdenza della Guardia di finanza.

Il titolo è della redazione del sito.

 

 SE 134 MILIONI VI SEMBRAN BRUSCOLINI

 IL SOGNO DI OGNI SPECULATORE

Provate a mettervi nei panni di un assicuratore al quale si presenti un cliente disposto a sottoscrivere una polizza previdenziale di 30/40 anni, con un premio mensile pari al 1,6% del reddito; immaginate anche che questo assicurato non abbia alcuna possibilità di decidere come e chi gestisca i propri risparmi. E tutto ciò senza possibilità di recesso.

Potete capire come queste condizione rappresentino un sogno per qualsiasi promotore finanziario; ebbene si tratta invece di “condizioni contrattuali” reali applicate dal loro Fondo di Previdenza ai circa 63.000 finanzieri in servizio.

 

CHE COS'E' IL FONDO DI PREVIDENZA?

Il “Fondo di Previdenza per il personale appartenente ai ruoli Ispettori, Sovrintendenti, Appuntati e Finanzieri” è un Ente che ha lo scopo di erogare una previdenza integrativa (aggiuntiva a quella principale fornita dall’INPDAP) e la possibilità di concedere prestiti agli iscritti.

E’ stato istituito dal R.D.L. 5 luglio 1934, n. 1187, convertito in legge 4 aprile 1935, n. 568, successivamente modificato ed integrato dalla - Legge 30 novembre 1961, n. 1326; è sottoposto alla vigilanza del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

I suoi Organi sono il Consiglio di Amministrazione (7 membri di cui 2 Ufficiali, 2 Ispettori/Sovrintendenti e 3 Appuntati/Finanzieri tutti in servizio permanente) ed il Comitato dei Sindaci, che ha il compito di seguire l’ andamento del Fondo, composto da 3 membri.

Entrambi gli organi collegiali sono nominati, su proposta del Comandante Generale, dal Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Al Fondo di Previdenza sono iscritti d'ufficio gli Ispettori, Sovrintendenti, Appuntati e Finanzieri in servizio permanente, all’atto della nomina a finanziere; al personale viene applicata una trattenuta mensile pari al 2% dell’80% dello stipendio lordo percepito, ossia l’1,6% al mese.

La principale finalità istituzionale dell’Ente è la corresponsione di un premio di previdenza a tutti gli iscritti che cessano dal servizio permanente.

I proventi delle contribuzioni ed ogni altra attività dell’Ente, per la parte eccedente il fabbisogno per il pagamento dei premi, possono essere impiegati in prestiti al personale (il cd piccolo prestito)


UNA BIZZARRA "GOVERNANCE"

Come detto l’unico organo di gestione del fondo è il Consiglio d’Amministrazione composto da 7 membri di cui ben due appartenenti alla categoria Ufficiali, uno dei quali ne è il Presidente; ci troviamo di fronte quindi ad una prima anomalia: il denaro prelevato coattivamente al personale ISAF viene gestito anche, e forse soprattutto, da due membri di altra categoria che però non contribuisce ad alimentarlo.

Si tenga infatti presente che gli Ufficiali della Guardia di Finanza hanno un altro fondo (la Cassa Ufficiali) alla quale versano contributi nella stessa misura (1,6% mensile); anche tale istituto è gestito da un Consiglio d’Amministrazione, composto in questo caso da 5 membri, tutti appartenenti però alla categoria contributiva.

In parole povere il denaro degli Ufficiali viene amministrato (giustamente) solo da tale categoria, mentre il denaro degli Ispettori, Sovrintendenti, Appuntati e Finanzieri viene invece amministrato anche (e soprattutto?!) dagli Ufficiali.

Se questa stranezza è stata prevista sin dall’origine già dalla norma istitutiva, un’altra invece si è consolidata di fatto nel tempo; infatti, tutti i membri del Fondo, che vengono scelti dal Comandante Generale, fino a qualche mese fa prestavano servizio in Roma.

Quindi il denaro degli appartenenti di tutto il territorio nazionale veniva amministrato solo da personale della capitale, con capacità e meriti quantomeno discutibili se si guarda al curriculum professionale circa le competenze necessarie per investire milioni di Euro.

Infine la terza anomalia riguarda il Comitato dei sindaci, ossia dell’organo preposto al controllo delle operazioni e dei bilanci; i membri vengono nominati dal Ministro, su parere del Comandante Generale: ebbene, ben due sindaci su tre sono scelti tra Ufficiali (il terzo è un civile; negli ultimi 5 esercizi risulta essere sempre stato il Dott. Patrizio Greco, mentre gli Ufficiali sono variati nel tempo).

In definitiva sia i controllori che una parte dei controllati sono di una categoria che non contribuisce al Fondo.

 

UNA GESTIONE REMUNERATIVA?

Abbiamo provato a dare uno sguardo ai rendiconti ed alle relazioni degli organi, disponibili dal 2003 al 2007; si tratta di documenti che risultano controfirmati dai membri degli organismi, peraltro quasi mai nel loro plenum tanto da far pensare a qualche dissenso interno.

Dal punto di vista finanziario il Fondo ha un’importanza notevole, ben maggiore rispetto al Fondo Assistenza Finanzieri; innanzitutto per l’entità patrimoniale (per il 2007 si tratta di oltre 134 milioni di euro) ed poi per la provenienza delle somme.

Se infatti per il FAF le entrate derivano principalmente da una quota parte dei proventi delle sanzioni amministrative provenienti dall’attività di servizio del Corpo (non viene ad esso destinato nessun importo prelevato ai Finanzieri), per quanto riguarda il Fondo di previdenza si tratta invece di somme coattivamente prelevate dalle buste paga del personale ISAF.

Da un sommario esame degli ultimi cinque rendiconti (dal 2003 al 2007) abbiamo fatto i “conti della serva” dai quali è possibile desumere che (S.E.&O.):
· Il rendimento medio annuo delle attività del fondo (composte da investimenti in titoli, liquidità ed immobili) è stata del 1,50%, inferiore sia al rendimento dei buoni postali che all’inflazione media del periodo (2,1%);
· l’assegnazione annuale complessiva delle somme ai congedati è di gran lunga inferiore a quella prelevata dal personale in servizio: l’entità complessiva degli accantonamenti sta quindi aumentando nel tempo.

(Si veda la tabella nel documento word in allegato)

Il rendimento del Fondo potrebbe aver avuto dei risultati così modesti per la tipologia degli investimenti; infatti a norma di legge i contributi riscossi devono essere investiti in “titoli del debito pubblico od in altri investimenti autorizzati dal Ministro per le finanze su proposta del consiglio di amministrazione”.
Sennochè sin dal 2003 gli investimenti finanziari sono stati tutti trasferiti dall’impiego prioritario in titoli di stato (che alla fine del 2002 ammontavano al 90%) a quello in titoli bancari ed assicurativi di natura perlopiù obbligazionaria; ad esempio su circa 126 milioni di euro investiti al 31.12.07, gli istituti che risultavano godere maggiore fiducia da parte del CdA del Fondo e del Ministro sono stati: Cassa di Risparmio di Firenze (32% degli investimenti), Monte dei Paschi di Siena (16%), Rasbank (11%) Aurora Assicurazione (12%; ma è la stessa compagnia che, grazie alle assegnazioni del FAF, assicura il personale del Corpo per i grandi interventi chirurgici?).

 

CASA, DOLCE CASA

L’investimento in immobili si aggira intorno al 1-2% delle attività; il Fondo di Previdenza è infatti proprietario di tre immobili: uno a Genova (ove ha sede il Nucleo di Polizia Tributaria in una prestigiosa zona), uno a Roma ed uno di recente acquisizione a Nettuno (ultimamente messo anche a bando per l’assegnazione).

Quest’ultimo è stato acquisito nel 2006 ad un costo di € 1.144.049, valore aumentato nel 2007 di ulteriori 1.100.000 euro esatti; quello di Roma è invece stato parzialmente venduto nel 2007 (52 appartamenti) al prezzo di € 9.865.358 (si è più che decuplicato il valore storico dell’immobile), ad un prezzo medio di 190.000 € per appartamento.

(Si veda la tabella nel documento word in allegato)

Se per quanto riguarda l’immobile di Roma, il Fondo ha incamerato negli anni un canone di locazione costante (circa 160.000 €), per quanto riguarda invece la sede del Nucleo pt di Genova si può notare una certa variabilità nelle somme versate dal Corpo al Fondo: infatti se nel 2003 e 2004 il canone pagato è stato di circa 260/270mila euro, nel 2005 risulta aver pagato solamente € 66.957, non risulta aver versato nulla nel 2006, mentre nel 2007 ha versato al Fondo un canone di locazione totale di € 743.212, probabilmente comprensivo delle morosità pregresse.

Al di là della circostanza che un normale inquilino moroso verrebbe quantomeno colpito da un decreto ingiuntivo, resta comunque da vedere se la Guardia di Finanza versa ai Finanzieri un congruo canone di locazione in linea con i valori di mercato della città di Genova.

L’immobile di Nettuno non ha sinora fruttato in quanto per l’appunto solo ora è stato posto in concorso per l’assegnazione (ad un canone mensile di 7,65€ al mq); tuttavia appare discutibile la circostanza che tutto il personale, sia ISAF che Ufficiali, possa ugualmente concorrere all’assegnazione senza prevedere almeno una preferenza per coloro, ossia i finanzieri, che hanno contribuito economicamente alla costruzione degli immobili in questione.

Preme invece sottolineare che prima della dismissione del 2007, i conduttori degli appartamenti di Roma (zona Prenestina), considerando i dati contabili esposti nelle relazioni, risulterebbero aver pagato un canone medio di circa 250 € mensili (purtroppo non è dato sapere la metratura di tali appartamenti); anche per questi immobili ci si chiede se i prezzi erano congrui per la città di Roma ed ancora chi fossero questi fortunati inquilini visto che non risulta che fossero ISAF (salvo qualcuno baciato dalla dea bendata) bensì Ufficiali o addirittura civili? Tra l’altro alcuni di questi avrebbero riscattato questi appartamenti dei Finanzieri pur risultando morosi dei canoni!

(Si veda la tabella nel documento word in allegato)

Infine analizzando i costi ordinari di gestione degli immobili è possibile notare un aumento eccezionale dal 2005 in poi; il fenomeno è legato all’aumento esponenziale delle spese per prestazioni professionali: trattasi forse di costi relativi alla vendita degli appartamenti di Roma, perfezionata nel 2007, che hanno inciso fortemente sul rendimento degli immobili (nel 2006 vi è addirittura un risultato negativo della gestione specifica). Non è da sottovalutare anche l’ipotesi di spese sostenute per rientrare dei canoni non versati dagli inquilini morosi.

Non sono stati qui presi in considerazione le spese di manutenzione straordinaria in quanto inciderebbero su più esercizi, anche se sono stati imputati solo nell’anno di pagamento (ben 795.037 € nel 2007 e addirittura 1.255.463 € nel 2006); di contro non sono stati presi in considerazione le sopravvenienze attive dovute alla cessione degli appartamenti, peraltro valutati al costo storico nonostante la Corte dei Conti, nel corso dell’attività di vigilanza che istituzionalmente svolge anche sul Fondo, abbia rilevato che gli immobili non dovrebbero essere rapportati al valore storico ma al loro valore reale di mercato.


QUALI PROSPETTIVE PER IL FUTURO?

Non si è preteso qui di svolgere una revisione contabile della gestione del fondo; si è solo cercato di leggere, dal punto di vista di semplici iscritti (spintanei), quali siano gli aspetti più interessanti e dubbiosi del rendimento e gestione del patrimonio del fondo, al quale si contribuisce col proprio denaro ma al quale non si partecipa in alcun modo nella sua amministrazione.

Il COCER di questo X mandato ha più volte posto il problema della partecipazione del personale nella gestione degli enti previdenziali ed assistenziali; il Comando Generale in occasione del recente rinnovo del CdA del Fondo di previdenza ha dimostrato una timida apertura prevedendo, seppur tardivamente, un coinvolgimento dei COIR circa i criteri di designazione dei componenti. Le ultime nomine infatti pare abbiano tenuto in maggiore considerazione le realtà territoriali, anche se sono state fatte esclusivamente dalla gerarchia e non dalle rappresentanze del personale contribuente.

Tali piccoli segnali di disponibilità però non incidono la sostanza del problema, ossia la mancanza di rappresentatività degli attuali organi di gestione; infatti, al di là del valore dei singoli componenti, finché vi faranno parte dei non contribuenti, per giunta alla presidenza, e la loro individuazione sarà esclusivo appannaggio del Comandante Generale, non potrà dirsi soddisfatto il diritto del personale a gestire, anche indirettamente, il denaro che coattivamente gli viene prelevato.

Tale diritto discende proprio dalla obbligatorietà della quota contributiva; di contro sarebbe qualora la contribuzione avvenisse su base volontaria, quindi con l’accettazione implicita delle regole di governance.

Ma chi sottoscriverebbe liberamente una assicurazione del genere?

Vogliamo però porre alcuni quesiti ai Finanzieri contribuenti: posto che la previdenza principale è quella contemplata per tutti i dipendenti pubblici e che il Fondo in questione funge da integrazione (potrebbe definirsi una previdenza complementare ante litteram) è accettabile e lecito, anche dal punto di vista costituzionale, un prelievo forzoso ossia imposto ex legem, sulla retribuzione di ciascuno, peraltro senza alcuna partecipazione nella gestione del denaro prelevato?

Ed ancora, se paradossalmente ipotizzassimo domani la liquidazione del Fondo, i Finanzieri rientrerebbero in possesso di tutto il denaro loro riscosso negli anni, considerando tra l’altro che in prospettiva il personale contribuente in servizio sarò sempre meno mentre quello in quiescenza percettore sempre di più?

Il Fondo è nato in un contesto sociale e storico molto diverso dall’attuale; la maggior parte dei Finanzieri d’allora proveniva da ceti sociali modesti e con una bassa scolarizzazione. Lo Stato paternalistico degli anni ’30 si fece carico di prevedere una qualche tutela finanziaria per coloro che, congedatisi dal Corpo e magari tornati alle origine contadine, se lasciati a se stessi non avrebbero provveduto ad accantonare un adeguato risparmio durante il servizio attivo.

Si tenga infatti presente che all’epoca solo una minima parte del personale restava in servizio fino alla pensione, mentre per la maggior parte lo scopo della ferma era quello di raggranellare un certo gruzzolo per tornare al paesello da civile ed acquistare un pezzo di terra da coltivare.

Me i tempi ed i finanzieri in oltre 70 anni sono molto cambiati: non è più accettabile essere posti sotto tutela come dei minus habens, per giunta con un atto d’imperio che colpisce le retribuzioni.

Trattasi di questioni molto serie e complesse che a nostro parere non potranno avere risposta fintanto che la gestione del denaro di tutti non seguirà criteri di assoluta trasparenza, professionalità e soprattutto democrazia; al contrario se queste istanze non dovessero trovare sbocco in riforme sostanziali, a parere di chi scrive si potrebbe andare incontro a contenziosi dannosi sia per l’istituzione che per i singoli e che potrebbero sfociare in extremis addirittura nella liquidazione del Fondo.

Oggi più che mai il problema non può essere sottovalutato; la grave crisi internazionale che ha investito i mercati finanziari dimostra che anche persone più che competenti possono essere travolte: le contromisure oggi sono necessarie per difendere i nostri soldi.

Noi crediamo nella validità del principio del fondo; una gerarchia lungimirante può raccogliere questa nostra provocazione per dare continuità al Fondo traghettandolo nel futuro in una forma partecipativa, democratica e volontaria.

SIMONE SANSONI
SALVATORE TRINX
GIOVANNI MAZZARELLA

 

 


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