INTERVISTA AL COMANDANTE DELLA GDF D’ARRIGO: PER LA FIAMME GIALLE DOPO DI ME È L’ORA DI UN CANDIDATO INTERNO (Sole24Ore)

martedì 23 febbraio 2010

Martedí 23 Febbraio 2010

Le strategie del fisco - INTERVISTA AL COMANDANTE DELLA GDF

D'Arrigo: con 1.660 ispezioni abbatteremo l'evasione estera

Per la Fiamme gialle. “Come nelle altre Armi dopo di me è l’ora di un candidato interno”

 

di Marco Mobili

ROMA - Un attacco frontale alle finte imprese che operano nella repubblica del Titano, fatto di indagini di polizia giudiziaria, verifiche fiscali, analisi delle transazioni commerciali. Cinquecento interventi mirati in tutt'Italia. Così il Comandante generale della Guardia di Finanza, Cosimo D'Arrigo, spiega al Sole 24 Ore la nuova offensiva contro l'evasione fiscale internazionale, sottolineando come sia impensabile avere un paradiso fiscale inglobato in un sistema produttivo senza poter far nulla per contrastarlo. Non c'è nulla di personale, nessun accanimento. È il nostro lavoro. Lo stesso ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha più volte sottolineato che lo "svuotamento" dei paradisi fiscali deve essere accompagnato da un'azione di contrasto molto forte e determinata. Lo scudo è l'altra faccia di una stessa medaglia.
L'operazione Slovenia della scorsa settimana e ora San Marino. Si vuole mettere pressione per le adesioni allo scudo o fanno parte di una strategia di più ampio respiro?
Abbiamo concertato diversi piani operativi con le Entrate, alcuni dei quali già intrapresi negli ultimi mesi, come i controlli degli intermediari finanziari di confine (Svizzera, Austria e ora Slovenia) che hanno più stringenti collegamenti con i paradisi fiscali. Abbiamo in corso circa 1.660 fra verifiche, indagini di polizia giudiziaria e altre investigazioni su casi di trasferimenti di capitali e investimenti all'estero non dichiarati, esterovestizioni di persone fisiche e società, riciclaggio di proventi da evasione in paradisi fiscali. Non c'è solo San Marino.
Con quali esiti?
Confortanti. Qualche bel gol nell'ultimo periodo lo abbiamo messo a segno anche noi. Con un gioco di squadra che ha visto coinvolti tutti: il terzo reparto operazioni che ha dettato gli schemi con un "nuovo testo unico delle verifiche"; i nuclei speciali, su cui abbiamo investito molto in formazione e strutture informatiche. Un nucleo di pensatori che grazie alla loro fantasia e alle intuizioni nell'osservare il mondo produttivo ha messo a punto progetti di indagine finalizzati su determinati obiettivi; i reparti sul territorio hanno fatto il resto, come detto segnando anche qualche bel gol.
Quali i paesi maggiormente coinvolti?
A oggi registriamo 650 fenomeni evasivi che interessano la Svizzera, 791 San Marino, 118 l'Austria, 23 il Liechtenstein, 20 il Principato di Monaco, 23 il Lussemburgo, i restanti il Regno Unito, la Slovenia, il Portogallo e l'Olanda. In questo quadro sono compresi gli sviluppi investigativi su soggetti sospettati di avere nascosto all'estero ingenti capitali.
Nomi di spicco?
I nomi sono a noi noti e contenuti esclusivamente nelle diverse "liste" che i nostri reparti hanno acquisito negli ultimi mesi grazie all'azione di intelligence.
Ma è davvero sufficiente solo una buona azione di intelligence?
È la la base da cui partire. Poi occorrono gli strumenti giuridici di cui ci ha ora dotato il legislatore. Molto importante, ad esempio, la presunzione legale introdotta dall'articolo 12 del decreto anti-crisi dell'estate scorsa, quello dello scudo fiscale (Dl 78/09): gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute nei paradisi fiscali in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale si presumono costituite ai soli fini fiscali, salva prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione.
L'avete già utilizzata o è ancora tutto sulla carta?
Ad oggi sono circa 30 i casi in cui la presunzione è stata già applicata dai nostri reparti, con proposte di recupero a tassazione che al momento si aggirano sui 40 milioni di euro. Ma è solo l'inizio.
Sul fronte delle indagini finanziarie e dell'euroritenuta?
Gli accertamenti sui conti rappresentano una base informativa molto utile per l'analisi di rischio volta all'individuazione di casi di evasione internazionale. Le comunicazioni dei movimenti di capitale verso l'estero che gli intermediari finanziari devono inoltrare all'anagrafe tributaria rappresentano un'ottima fonte di innesco per l'azione di recupero. Per quanto riguarda l'Euroritenuta, al di là della valutazione politica che certamente non mi compete, sul piano operativo non c'è ombra di dubbio che a questo meccanismo prediligiamo lo scambio di informazioni sui capitali detenuti all'estero.
Si parla in questi giorni di una modifica normativa che consentirebbe alla Guardia di finanza di avere per la prima volta un comandante generale interno. Che ne pensa lei che viene dall'esercito?
Si tratta di una scelta che spetta al Parlamento. Sul piano personale, trovo pienamente legittimo che la Guardia di finanza possa, al pari delle Forze Armate e dell'Arma dei carabinieri, avere un proprio comandante. Di questa aspirazione, che mi è stata manifestata dai comandanti del Corpo e dalla stessa base, ho ritenuto fosse mio dovere istituzionale non delegabile ad alcuno renderne partecipe il ministro dell'Economia e delle Finanze. In fondo i precedenti tentativi sono sempre naufragati perché l'istanza partiva da altri soggetti. Io solo, come comandante generale, proveniente dall'esercito, sono neutrale e di fatto garante di questa richiesta. In due anni e mezzo ho imparato ad apprezzare l'efficienza di questa organizzazione e trovo sicuramente positivo che, nell'individuarne il comandante, il governo possa già nel prossimo futuro contare anche sugli ufficiali della Guardia di finanza.

 

 


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