IL MESSAGGERO: “I MILITARI VOGLIONO IL SINDACATO: IN 3000 A ROMA”

mercoledì 28 febbraio 2001

ROMA (Carlo Mercuri) —Più tutela per la salute e il riconoscimento pieno dei diritti sindacali. Sono le richieste che hanno portato circa tremila militari a sfilare in corteo dal Colosseo a Piazza Venezia.

 

Nell’occasione i militari, provenienti da ogni parte d’Italia, hanno manifestato in borghese. Nel convegno seguito al corteo ha parlato il presidente di Euromil, l’organizzazione che raggruppa tutti i sindacati militari d’Europa.

 

Jens Rotboll, danese, ha affermato: «Esiste una direttiva del Consiglio d’Europa sui diritti sindacali dei militari che l’Italia ha ignorato». Il sottosegretario alla Difesa, Massimo Ostillio, ribatte: «Questo governo ha fatto per i militari quello che nessun altro governo, da vent’anni a questa parte, ha mai fatto».

 

 

ROMA - C’è chi ne ha contati duemila, qualcuno dice che erano molti di più, forse tremila. Certo è che, a chi li ha visti sfilare in abiti borghesi dal Colosseo a Piazza Venezia, hanno fatto impressione.

 

Il malessere dei militari si è coagulato, è diventato espressione fisica: dal Piemonte alla Sicilia, dal Veneto alla Sardegna, questi due o tremila lavoratori "speciali", in rappresentanza di decine di migliaia di altri, si sono dati appuntamento a Roma.

 

L’occasione è stata un convegno, promosso dall’Assodipro (un’associazione mista di militari e civili) per dire basta, come recita il logo, alla "Tratta del soldato". Che cos’è questa "tratta"? Quali sono i motivi della protesta dei militari? Ce n’è più d’uno, a sentire gli oratori del convegno. La "madre" di tutti i malesseri sembra proprio essere la questione irrisolta della rappresentanza militare. Come dice il maresciallo Enzo Trevisiol, dell’esecutivo dell’Assodipro: «Anche in Russia i militari hanno un sindacato che interviene perfino sulle questioni della Cecenia, mentre noi ci possiamo occupare solo delle banane e della frutta servita in mensa».

Al convegno i militari hanno invitato Jens Rotboll, presidente danese dell’Euromil, l’associazione che raggruppa tutti i sindacati con le stellette d’Europa. Rotboll dice: «Una risoluzione del 1988 del Consiglio d’Europa ha invitato tutti i Parlamenti europei a cambiare il sistema, affinché i militari si vedano riconosciuti gli stessi diritti fondamentali di tutti gli altri cittadini. Ora - continua Rotboll - solo un Paese, l’Irlanda, ha recepito il senso di quella risoluzione e ha cambiato. I parlamentari degli altri Paesi, specialmente di quelli del Sud Europa, non hanno capito una sola parola dell’iniziativa di Bruxelles. Ogni democrazia è orgogliosa dei propri sindacati civili - conclude Rotboll - Perché non dovrebbe esserlo anche dei sindacati militari?».

 

Il maresciallo Giuseppe Pesciaioli, del Cocer Esercito, prova a spiegare e, a mo’ di esempio, racconta il suo caso: «Scrissi un articolo su "Liberazione" sulla questione dell’uranio per dire che era paradossale che i vertici militari non sapessero. Sono stato denunciato alla Procura militare per aver leso la dignità delle Forze armate».

 

Tutto entra quindi nel gran calderone della protesta: c’è il nodo della rappresentanza, ma c’è anche la tutela del benessere del personale, e quindi l’affaire-uranio. C’è il riordino delle carriere che non va giù, c’è il contratto di lavoro, c’è la volontà di vedersi riconosciuto uno status di lavoratori "speciali".

 

Tre deputati seguono dalla platea gli interventi degli oratori e spesso annuiscono. Sono Salvatore Bonadonna, di Rifondazione; Marcella Lucidi, responsabile della Sicurezza per i Ds e Simone Gnaga, di Alleanza nazionale.

 

La Lucidi è sicura: «Bisogna riprendere il disegno di legge sulla rappresentanza militare aprendo alla libera sindacalizzazione», dice.

 

Gnaga non è d’accordo: «La sindacalizzazione non migliora la situazione - afferma - Però oggi ho visto un importante segnale di malessere presso i nostri militari. Ci servono più risorse».

Il sottosegretario alla Difesa, Massimo Ostillio, raggiunto telefonicamente, dice: «Dobbiamo badare al risultato finale, che è quello di raggiungere una legislazione in linea con le attese dei militari. Quanto alla sindacalizzazione io penso che ci vorrebbe una migliore organizzazione dei Cocer. Per il resto, ritengo che le istanze più importanti provenienti dal mondo militare siano quelle relative a un migliore trattamento economico, alla risoluzione del "nodo" della mobilità e al riconoscimento della specificità del lavoro "in divisa". In questo senso il Governo si è dato molto da fare e ha raggiunto più risultati di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi venti anni».


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