EPIFANI A IL NUOVO GIORNALE DEI MILITARI: “UNA RAPPRESENTANZA PIU' DEMOCRATICA E ASSOCIAZIONISMO PROFESSIONALE DARANNO MAGGIORE COESIONE E MOTIVAZIONE ALLE ISTITUZIONI MILITARI”
Riportiamo in anteprima l’intervista rilasciata dal segretario generale della CGIL, Guglielmo EPIFANI, al direttore de Il Nuovo Giornale dei Militari, Antonella MANOTTI, pubblicata sul numero del 28 marzo 2006 del Giornale che ringraziamo per l’autorizzazione.
INTERVISTA
DE “IL NUOVO GIORNALE DEI MILITARI”
A GUGLIELMO EPIFANI
“La cultura dei diritti deve essere un 'faro' per tutti”
(di Antonella Manotti)
Per la prima volta, ad un congresso nazionale della CGIL, prende la parola un Maresciallo dei Carabinieri; lo fa, per parlare dei bisogni di una categoria a cui viene ancor oggi negato il diritto all’autotutela. Sta cambiando qualcosa Epifani?
Nella storia dei congressi della CGIL non si riscontra un episodio simile. E’ la prima volta che un carabiniere parla ad un nostro Congresso nazionale, per esporre la condizione di un componente della rappresentanza, per chiedere il riconoscimento dei normali diritti di rappresentanza e contrattazione per i lavoratori dipendenti, come sono i militari. Mi sembra emblematico che il congresso che celebra il centenario della Confederazione veda questa novità. E’ la prova del fatto che una grande organizzazione, un sindacato generale debba interessarsi dello sviluppo e della salvaguardia dei diritti di tutti i lavoratori, naturalmente anche quelli in divisa. La Cgil, come si impegnò tanti anni fa per la nascita del sindacato di polizia, oggi si batte per l’espansione dei diritti di rappresentanza e contrattazione dei militari, per ottenere quello che già esiste in tanti paesi dell’Unione Europea, attraverso una profonda riforma della legge sulla Rappresentanza militare e il libero diritto di associazione per i militari.
Cosa ha rappresentato questo “momento” di dibattito per la confederazione, per i delegati, per i dirigenti sindacali?
L’intervento del maresciallo Decembrotto è stato seguito con grande partecipazione e curiosità dal congresso. In un momento molto delicato per il paese vi è stata una accoglienza calorosa. Il congresso - secondo me - ha compreso il senso di una rinnovata battaglia per i diritti e la democrazia, condividendo il senso e il contenuto delle parole del maresciallo. Ampliare i diritti della rappresentanza ed estendere la contrattazione significherà certamente avvicinare i militari e la società civile, rendendo sempre più simili i militari a tutti gli altri lavoratori.
Nel Suo intervento, il sottufficiale dell’Arma ha parlato di una carenza di “cultura della rappresentanza” all’interno del mondo militare. Ritiene che momenti di confronto, come quello offerto dal congresso della CGIL, possa aiutare il processo democratico all’interno dei Corpi Militari? Le chiedo questo perché c’è già chi vuole strumentalizzare la vicenda, ritenendo che vi sia il tentativo da parte della Confederazione, di condizionare le scelte politiche in materiA. Come vorrebbe rispondere a queste “accuse”?
Non c’è dubbio che ampliare e riformare il concetto di rappresentanza e di contrattazione all’interno dei Corpi militari significherà cambiare la cultura della rappresentanza e della contrattazione. Il futuro dovrà vedere la rappresentanza militare e gli Stati Maggiori che contrattano con ruoli diversi: da un lato la rappresentanza dei militari di tutti gli ordini e gradi, dall’altro gli Stati Maggiori, con il ruolo di vere e proprie controparti a fianco del Ministro e del Governo. Sarà necessaria una contrattazione che si dovrà dispiegare non solo a livello nazionale ma anche decentrato.
La CGIL forte della sua autonomia, ha come obiettivo difendere ed estendere i diritti dei lavoratori; anche in questa vicenda si comporterà secondo questo principio guida.
E’ il governo che verrà e il Parlamento che dovranno decidere se raggiungere questo stesso obiettivo.
Ma c’è proprio incompatibilità tra mondo sindacale e condizione militare?
No, come è dimostrato da tante esperienze di altri paesi e di altre democrazie. Naturalmente tutti devono cambiare mentalità. La cultura dei diritti deve essere il faro per tutti: nel mondo della produzione di beni e servizi, del pubblico impiego e nel mondo militare.
Se Lei dovesse “rassicurare” i Vertici, rispetto alle preoccupazione che un coinvolgimento del sindacato avrebbe per l’Istituzione militare, cosa si sentirebbe di dire?
Che nessuno vuole forzare i tempi, ma vogliamo una riforma sostanziale e visibile della rappresentanza militare e del libero diritto di associazione per i militari, con un nuovo e democratico sistema elettorale che definisca una rappresentanza democraticamente eletta per tutti i gradi dei Corpi Militari.
Un simile sistema più rappresentativo rafforzerà e motiverà di più la catena di comando e non potrà certo indebolirla, come intuisco credano gli Stati Maggiori; è infatti questo l’esempio della Polizia di Stato, dove la presenza di una rappresentanza sindacale forte e diffusa non ha messo in discussione in alcun modo la catena di comando.
Tornando alla questione: “sindacato si, sindacato no”, che ancora divide il mondo politico, ritiene sufficiente la risposta contenuta nei programmi elettorali e ritiene compatibile questa proposta con quella avanzata dalla CGIL nel suo convegno del novembre 2005 su “Costituzione e militari: rappresentanza e contrattazione”.
Come abbiamo detto concludendo il nostro congresso noi vigileremo su tutti i punti del programma di governo, in particolare su questo tema noi saremo attenti alle richieste che vengono avanzate a gran voce dai militari e dalla loro rappresentanza per una riforma forte e visibile. I punti essenziali mi sembrano il diritto di associazione, una contrattazione vera ed esigibile a tutti i livelli, un sistema elettorale trasparente e democratico. Non mi sembra importante il nome, ma il contenuto della rappresentanza riformata.
Su questi temi proporrete una linea comune con le altre confederazioni sindacali?
Certamente. La CGIL si è dotata da tempo di un Ufficio Sicurezza e legalità, perché ci sembra che questi temi siano di grande interesse per il sindacato confederale e per lo sviluppo di una politica unitaria di espansione dei diritti e di impegno sociale sui temi della sicurezza e legalità. Naturalmente proporremo anche su questi temi un percorso unitario.
Parliamo ora di politiche di Sicurezza; terrorismo e criminalità diffusa, fanno crescere il senso di insicurezza tra i cittadini. La sicurezza e la legalità, sono temi di dibattito nell’ambito delle vostre strutture territoriali, nei luoghi di lavoro, tra gli iscritti?
Sì, è molto presente nei nostri dibattiti e nelle strutture territoriali la percezione della rilevanza di questi temi, fino al punto che importanti strutture si sono dotate di uffici che seguono questi temi insieme a veri e propri coordinamenti territoriali. La CGIL, le sue strutture e gli iscritti credo che percepiscano fino in fondo l’allarme sociale che la questione sicurezza e criminalità suscita nel paese, ma esso va affrontato in maniera equilibrata e programmata . Il governo in questi ultimi cinque anni si è comportato invece in maniera contraria: da un lato ha coltivato e fomentato l’allarme sociale sul tema della sicurezza, e dall’altro ha messo in atto una politica di contrasto e prevenzione fatta di annunci, senza atti concreti. Ne sono un esempio i tagli alla sicurezza e giustizia nell’ultima legge Finanziaria, che hanno provocato grandi difficoltà operative per le forze di polizia e per i tribunali, il licenziamento di 1500 giovani poliziotti precari ed un tentativo di riordino delle carriere per i militari che rischiava di diventare una beffa, anche per i suoi contenuti e per l’esiguità delle risorse a disposizione.
I recenti scontri di Milano, favoriti da chi ha voluto la contrapposizione tra le Forze di Polizia e manifestanti, sono episodi che vi preoccupano? Come reagire per non vanificare tutto il lavoro e l’impegno profuso negli anni, dalla riforma della Polizia dell’81, per avvicinare la società civile e le Istituzioni preposte a garantire la sicurezza dei cittadini? Stiamo facendo dei passi indietro?
il rischio c’è ed è grande. Bisogna reagire in maniera meditata e senza indulgere alle emozioni. Non c’è dubbio che i fatti di Milano sono gravissimi e chi li ha provocati deve assumersi tutta la responsabilità politica, morale e anche penale. La magistratura farà bene ad agire in fretta ed a chiarire tutte le responsabilità palesi e nascoste delle devastazioni, delle violenze e di chi ha cercato lo scontro con le forze dell’ordine per accrescere l’allarme e la tensione sociale in un delicato momento elettorale. Oltretutto le azioni violente hanno oscurato una oscena esibizione di saluti romani, di vessilli e simboli fascisti e nazisti, vietati dalla legge, nelle strade di Milano. Non c’è dubbio che quella manifestazione era da vietare. Ma andranno anche chiarite le responsabilità di chi ancora una volta non è in grado di prevenire una violenza organizzata e annunciata da tempo. La logica sembra essere sempre la stessa, far crescere l’allarme sociale e poi non fare fino in fondo il lavoro di prevenzione. Ma credo che alla fine questo disegno non paghi e non pagherà chi lo ha concepito.