OBBLIGO DI COMUNICAZIONE DELLA NOTIZIA DI REATO AI SUPERIORI GERARCHICI: UNA NORMA "ECCENTRICA" E GRAVE CHE PUO' MINARE IL SEGRETO ISTRUTTORIO. Intervista di Antonella Manotti ad Antonino Intelisano, già Procuratore Generale Militare presso la Cassazione
La norma è stata inserita, lo scorso anno, in un decreto legislativo di mezza estate che disciplina tutt’altra materia, ovvero tra le “”Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato», approvato il 19 agosto scorso; si tratta dell’articolo 18, che, tra le norme transitorie e finali, stabilisce: «… al fine di rafforzare gli interventi di razionalizzazione volti a evitare duplicazioni e sovrapposizioni, anche mediante un efficace e omogeneo coordinamento informativo, il capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza e i vertici delle altre forze di polizia adottano apposite istruzioni attraverso cui i responsabili di ciascun presidio di polizia interessato, trasmettono alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale».
In altre parole ogni poliziotto, carabiniere o finanziere che consegna un rapporto o l’esito di un accertamento alla magistratura, deve comunicarlo al suo superiore. Il quale a sua volta informerà il proprio.
“Una novità – ci dice Antonino Intelisano, già Procuratore Generale Militare presso la Cassazione -che aggira, attraverso un’esplicita deroga, il segreto sugli atti d’indagine fissato dal codice. Norma che – si dice - sarebbe giustificata dalla necessità di coordinare gli organismi investigativi, evitando doppioni e razionalizzando le attività. Ma oggi il coordinamento spetta già ai pubblici ministeri titolari delle inchieste, non ai capi dei corpi di polizia che a loro volta hanno rapporti diretti con l’autorità politica, cioè i rispettivi ministri di riferimento.
Una disposizione che lascia perplessi anche per la “sede” scelta, afferma Intelisano. Se una modifica si voleva adottare, infatti, visto che esiste attualmente una commissione che sta studiando la revisione dell'ordinamento giudiziario, sarebbe stato più logico inserirla in tale contesto.
Invece è stata “ infilata” in un testo normativo non pertinente.
Ma, a parte questa considerazione sul metodo, siamo di fronte ad una norma “eccentrica” rispetto alla disciplina attuale, perché nella pratica può minare il segreto istruttorio dove il referente naturale dell’attività di indagine è il pubblico ministero.
Vorrei altresì ricordare che le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale vigente contemplano tutta una serie di norme che circoscrivono l’ambito di attività della polizia giudiziaria anche regolamentandone in modo specifico la funzione.
Tanto per cominciare, gli appartenenti alle sezioni non possono essere distolti dall’attività di polizia giudiziaria, se non per disposizione del magistrato dal quale dipendono.
Lei pensi che coloro che fanno parte delle sezioni di PG, sono soggetti a norme differenti rispetto a quella dei loro colleghi. Se si vuole fare, ad esempio, un procedimento disciplinare contro un componente della sezione vi è tutta una procedura particolare in cui è coinvolta l’autorità giudiziaria. I carabinieri, i finanzieri e gli appartenenti alla Polizia, se da un punto di vista giuridico, continuano a dipendere dai corpi di provenienza, sotto l’aspetto funzionale dipendono dall’autorità giudiziaria al punto che, se si vuole trasferire una persona, ci vuole il nullaosta del magistrato o, viceversa, occorre il gradimento della procura quando una soggetto passa alla Sezione di PG.
In altre parole, l’ordinamento si è preoccupato di garantire la coerenza del sistema nel rapporto polizia giudiziaria- autorità giudiziaria addirittura fino nei dettagli che sopra ricordavo.
D - Tornando alla norma, Dr. Intelisano, perché si teme che possa essere compromesso il segreto istruttorio se l’operatore di PG riferisce ai superiori?
Intelisano - Innanzitutto, i componenti della “scala gerarchica” cui fa riferimento la norma in questione, non sempre rivestono la qualifica di “ufficiali di polizia giudiziaria”.
Detto questo, è indubbio che attraverso questo sistema, si può sapere anche indirettamente quale indagine si sta conducendo. Se, ad esempio, devo comunicare al mio vertice che sono stato delegato a fare attività di indagine relativamente a questo o quel Comando, già sollecito una “attenzione” sul caso e, pur non conoscendo il contenuto dell’atto, si può ricostruire e ragionevolmente andare ad individuare chi c’è sotto l’obiettivo ed il controllo dell’autorità giudiziaria.
D – Si può dedurre che con tale norma viene compromessa la collaborazione tra Autorità Giudiziaria e Polizia Giudiziaria e l’indipendenza investigativa dei presidi di polizia giudiziaria?
Intelisano - Beh, certamente ci si potrebbe trovare davanti a potenziali conflitti di interesse, che potrebbero compromettere il buon esito delle indagini.
Condivido qui le preoccupazioni espresse da molti colleghi magistrati che, con proprie direttive, si sono soffermati sulla necessità di tutelare non solo un “interesse” investigativo, ma anche il dovere del pubblico ministero di assicurare il buon esito del possibile promovimento dell’azione penale, un dovere desumibile dal principio di cui all’art. 109 della Costituzione (“L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”) che consente al P.M. di vietare in concreto la diffusione – anche rispetto ai vertici delle Forze di polizia cui appartengono gli organismi che indagano sotto la sua direzione - delle informative di reato in presenza delle ragioni appena specificate.
D - In effetti più di un magistrato si è mostrato perplesso e preoccupato per questa «norma, sollevando dubbi sulla sua costituzionalità..
Intelisano - Si, siamo di fronte ad una norma con possibili profili di incostituzionalità e, ritengo, anche in contrasto con alcun norme del codice di procedura che attribuiscono al pm il ruolo di soggetto esclusivo dell’indagine. Quindi, o interviene una disciplina attuativa costituzionalmente orientata o, come è facile prevedere, ci sarà qualche organo giudicante che investirà della questione la Consulta.
Del resto siamo davanti ad un’evidente forzatura. Come si fa a pensare che un atto non ancora valutato dal pm possa arrivare sia pure come comunicazione generica sul tavolo di strutture gerarchiche le quali sono direttamente dipendenti dal potere esecutivo?
D - Timore di fughe di notizie verso il governo? Non ci si fida delle gerarchie delle FF.PP.?
Intelisano - Non si tratta di sfiducia verso i vertici delle forze di polizia o di pregiudizi, bensì di doverosa e scrupolosa attenzione al rispetto del segreto investigativo
Bisognerebbe almeno prevedere la possibilità da parte dell’autorità giudiziaria di impartire un ordine scritto agli ufficiali di PG di non riferire ai propri superiori anche per tutelare gli stessi operatori di PG da possibili ritorsioni nella propria carriera professionale, nel caso in cui non procedessero con la comunicazione “obbligatoria”.
A.Manotti