LAREPUBBLICA.IT: ARMANDO SPATARO: "GABRIELLI SBAGLIA, IL SEGRETO D'INDAGINE E' TUTELA, NON SFIDUCIA" di Carlo Bonini
LAREPUBBLICA.IT: ARMANDO SPATARO: "GABRIELLI SBAGLIA, IL SEGRETO D'INDAGINE E' TUTELA, NON SFIDUCIA" di Carlo Bonini
Il procuratore di Torino: "Un errore l'obbligo per la polizia giudiziaria di riferire ai propri vertici. Si modifichi la legge prevedendo che i pm, in casi specifici, possano ritardare la comunicazione di notizie di reato ai capi"
di CARLO BONINI - 10 Giugno 2017
ROMA. Le parole e gli argomenti del Capo della Polizia Franco Gabrielli nella sua intervista a Repubblica di ieri in difesa della legge dell'agosto 2016 che impone agli ufficiali di polizia giudiziaria la comunicazione per via gerarchica ai vertici delle forze dell'ordine delle informative di reato su cui indaga la magistratura, la sua sentita polemica con il Csm, hanno fatto discutere. Promettono una replica in quella sede (il Csm, appunto). Sollecitano il Procuratore di Torino, Armando Spataro, ex consigliere del Csm, già procuratore aggiunto di Milano, a una risposta. "Altrettanto non ipocrita - dice sorridendo - Perché nei confronti di Franco Gabrielli nutro una grande stima. Ho avuto l'onore di lavorare con lui in passato. E proprio per questo, con lealtà, voglio manifestare il mio dissenso".
Cos'è che non condivide?
"Innanzitutto l'approccio. Quando si discute di tutela del segreto investigativo, non si può dire che questo significhi nutrire sospetto e sfiducia nei confronti delle forze di polizia".
Ammetterà che sostenere, come è stato pure fatto dalla commissione del Csm, che quella legge è un "tentativo fraudolento" di minare il lavoro della magistratura, non è un'affermazione neutra. O no?
"Non ne farei una questione di aggettivi, ma di sostanza.
E la sostanza è che qui è in gioco un principio desumibile dalla Costituzione, l'articolo 129 sulla dipendenza dal pm della polizia giudiziaria, affermato nel codice di procedura penale agli articoli 56 e 329. E dunque, non è accettabile che un provvedimento legislativo ne autorizzi la sostanziale violazione".
Per quale motivo la condivisione per via gerarchica delle notizie di indagine dovrebbe violare il principio di dipendenza della polizia giudiziaria dal pm?
"Intanto i vertici delle forze dell'ordine non sono ufficiali di polizia giudiziaria. E inoltre il segreto di indagine ha anche una funzione di tutela: che la polizia giudiziaria non venga a trovarsi in una posizione imbarazzante rispetto ad immaginabili e potenziali conflitti di interesse".
Eppure queste obiezioni non erano state sollevate nel 2010 quando un obbligo di comunicazione analogo era stato introdotto per l'Arma dei carabinieri.
"Per l'Arma dei carabinieri esiste comunque una guida interna che espressamente prevede il rispetto del segreto investigativo".
Non le sembra una clausola di stile molto italiana? C'è l'obbligo di comunicare per via gerarchica le notizie, fatto salvo il segreto investigativo. Non si raggiunge lo stesso risultato se il pm, come la legge prevede, decide caso per caso, e per motivi di particolare riservatezza, di segretare le notizie di indagine?
"Con il sottoscritto sfonda una porta aperta. Il 7 febbraio di quest'anno ho firmato una direttiva in cui ho previsto che i sostituti mi segnalino i casi in cui ritengano di tutelare il segreto investigativo in modo tale che, come Procuratore, possa segnalare ai vertici della polizia giudiziaria di non procedere alla trasmissione per via gerarchica di determinate notizie. Per altro, in caso di opposizione alla mia direttiva sarebbe comunque possibile promuovere un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato dinanzi alla Consulta. Per questi motivi condivido l'orientamento del Csm, nel quale, lo dico sinceramente, non leggo alcuna offesa a Gabrielli. Basterebbe modificare la legge prevedendo espressamente la possibilità che i pm, in casi specifici e con provvedimenti mirati, dispongano che la trasmissione delle notizie di reato ai vertici delle forze di polizia sia omessa o ritardata quando reputino necessario tutelarne la segretezza. In questo modo si eviterebbe ogni tipo di retropensiero".
E' proprio sicuro, procuratore, che in questa discussione non vi sia neppure una punta di "ipocrisia"?
"Guardi, sono assolutamente d'accordo con Gabrielli quando punta il dito contro gli italici professionisti della dietrologia, secondo cui la norma avrebbe lo scopo di "sterilizzare l'azione della magistratura, interferendo nelle sue indagini". Piuttosto, penso sia necessario riflettere sul fatto che quella norma si inserisce in una inaccettabile tendenza alla "gerarchizzazione" investigativa. Che, per altro, si manifesta anche all'interno della magistratura".
Insisto sull'ipocrisia. Non le sembra che il cuore di tutta questa discussione sia una questione che riguarda non tanto i principi costituzionali, quanto i nomi degli indagati di singoli procedimenti?
"Su questo punto sono d'accordo. Mi pare evidente che il problema della necessità di tutelare il segreto investigativo si ponga per una percentuale esigua di casi. E che a nessun pm verrebbe l'idea di impedire la trasmissione da parte dei presidi investigativi ai rispettivi vertici di informative riguardanti furti, rapine, reati di ordinaria criminalità".
Non pensa che la norma di cui si discute fissi dei principi di responsabilità e dunque aiuti più facilmente a individuare i responsabili della violazione del segreto?
"Non lo credo affatto. Né credo che la nozione di coordinamento - compito che in senso tecnico compete ai pm - possa essere estesa fino a giustificare la comunicazione di una notizia di reato ai vertici delle forze di polizia che, peraltro, non rivestono la qualifica di ufficiali di Polizia giudiziaria. Persino la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, cui la legge attribuisce funzioni di coordinamento, non ha accesso illimitato ai registri delle notizie di reato delle singole Procure della repubblica senza l'autorizzazione del Procuratore. Insomma, penso anche io che occorra una leale interlocuzione e un reciproco rispetto tra istituzioni ed organi dello Stato. Ma, per favore, evitiamo di ribaltare il nostro ordinamento".