21 GIUGNO 1978: QUANDO IL PARLAMENTO APPROVO’ LA RAPPRESENTANZA MILITARE IN PIENA EMERGENZA DEMOCRATICA. PRECISAMENTE QUARANT’ANNI DOPO CADE IL DIVIETO DI COSTITUIRE SINDACATI TRA MILITARI – di Simone Sansoni

giovedì 21 giugno 2018

 

Il 21 giugno di quarant’anni fa le Commissioni riunite Affari Costituzionali e Difesa approvarono definitivamente, in sede legislativa, la legge recante “Norme di principio sulla disciplina militare." (sarà poi pubblicata come Legge n. 382 del 11 luglio 1978). Una riforma importante per l’epoca ma che oggi è del tutto obsoleta[1].

La conclusione dell’iter legislativo si svolse in un clima drammatico per il Paese, a causa del rapimento di Aldo Moro; in queste poche righe cercheremo di ripercorrere sommariamente quei tragici eventi occorsi contestualmente al percorso della legge.

La VII legislatura parlamentare (1976-1979) fu caratterizzata dal cd compromesso storico, ossia l’avvicinamento del PCI alla DC in vista di un possibile impegno governativo.

Il 6 agosto 1976, subito dopo le elezioni che videro una impetuosa crescita del PCI ed un arretramento significativo di tutta l’area di maggioranza di centrosinistra, nacque il Governo Andreotti III grazie proprio all’astensione del PCI.

E’ in questo quadro politico che inizia finalmente, sulla spinta dei movimenti democratici dei militari, una seria iniziativa di riforma dei regolamenti militari dopo l’abortito tentativo della cd bozza Forlani del 1975

Il 13 settembre 1976 l’allora Ministro della difesa Lattanzio presentò il disegno di legge n. 407 (Norme di principio sulla disciplina militare). Nel testo vi era per la prima volta la previsione di istituire per legge degli organismi interni di rappresentanza dei militari.

Nel corso dell’esame parlamentare sulla questione si formò di fatto una maggioranza DC-PCI che impedì qualsiasi tentativo da parte di altre forze politiche (principalmente PSI e Radicali) di introdurre la libertà sindacale per i militari.

Il 22 luglio 1977 venne approvato in prima lettura il disegno di legge, modificato rispetto quello di iniziativa governativa[2]. Il testo uscito dalla Camera, che approdò al Senato il 21 settembre 1977[3] resterà pressappoco immutato fino alla sua approvazione finale.

 

Al Senato l’iter, in sede redigente, fu ancora più veloce e già il 20 dicembre 1977 venne trasmesso alla Camera ove fu assegnato il 12 gennaio 1978 alla Commissione Affari costituzionali e Difesa, in sede referente.

Si arriva quindi ai drammatici giorni della primavera del 1978. Il Governo Andreotti III, che fino ad allora si era retto i piena emergenza terrorismo sulla “non sfiducia” del PCI, entra in crisi a causa delle imponenti manifestazioni di piazza; Aldo Moro ed Enrico Berlinguer cercarono di porre le basi per un nuovo governo che comprendesse anche il PCI, proprio per sopire le spinte più estreme delle masse.

Ma, il 16 marzo 1978, mentre si recava in Parlamento per partecipare al dibattito sulla fiducia al nuovo governo, Aldo Moro viene rapito dalle Brigate Rosse ed i cinque uomini della scorta uccisi[4].

Dinnanzi alla crisi più drammatica della storia repubblicana, il PCI accorda la fiducia al Governo Andreotti IV, ancorché monocolore DC.

Il clima di “solidarietà nazionale” si riflesse anche sull’iter per la legge 382:  il 12 aprile 1978 tutte le forze politiche ne chiesero l’assegnazione in sede legislativa in Commissione.

Il 9 maggio 1978 viene rivenuto il cadavere di Moro.

La legge sui principi fu poi formalmente assegnata alla sede legislativa (24 maggio) e procedette speditamente verso la sua approvazione finale, avvenuta proprio il 21 giugno 1978.

L’11 luglio 1978 uno dei primi atti del neo Presidente della Repubblica Sandro Pertini (eletto solo due giorni prima) fu la sua promulgazione; venne pubblicata in G.U. il 21 di quel mese.

Un destino ironico ha fatto in modo che a distanza di quarant’anni esatti, proprio il 21 giugno, produce i suoi effetti la sentenza della Corte Costituzionale che ha colpito uno dei pilastri della 382, ossia il divieto per i militari di costituirsi in sindacati.

Ora resta la necessità da parte del legislatore di regolare la trovata libertà per i militari e archiviare definitivamente la rappresentanza militare, quale residuato di un periodo buio.

Speriamo che tutte le forze parlamentari, vecchie e nuove, sappiano raccogliere e vincere una sfida così impegnativa.

Simone Sansoni

[3] Nel frattempo il Ministro Lattanzio fu costretto a dimettersi a seguito del “caso Kappler” (18 settembre 1977)

 


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